YOU MOVE ME
Chapter one
A KISS ON THE CHEEK MEANS Friendship
Erano venti minuti che Kurt era seduto su quella sedia, con la testa mollemente poggiata sul palmo della mano e gli occhi che vagavano distratti sulle pagine del libro di Algebra.
Se la sua intenzione, quando si era accomodato, era stata quella di studiare, dopo quello che era successo di certo non ci sarebbe riuscito.
Come ogni altro pomeriggio, lui e Blaine erano andati prima in caffetteria e poi, bicchieri fumanti alla mano, nella sala comune della Dalton per studiare, aiutandosi per gli esami di fine trimestre. Era stato tutto come al solito, con le pause passate a commentare l’ultimo numero di Vogue o il singolo in cima alle classifiche e i momenti di studio in silenzio, con Kurt che, ogni tanto, aveva gettato uno sguardo al volto concentrato ma pur sempre adorabile del ragazzo di fronte a lui intento ad evidenziare tutto il libro.
Poi il telefono di Blaine aveva iniziato a squillare, riempiendo la sala comune con le note dell’ultima canzone di Katy Perry, segnalando l’arrivo di un messaggio, ed entrambi si erano beccati i rimproveri degli altri studenti e anche di qualche professore.
Kurt aveva letto il nome di Nick sullo schermo illuminato dell’amico, seguito da una serie di frasi in maiuscolo che gli avevano fatto pensare ad un’emergenza.
Non appena Blaine aveva finito di leggere il messaggio, aveva lanciato a Kurt uno sguardo a metà tra lo scocciato e il rassegnato, aveva chiuso i libri con un tonfo e li aveva riposti nella sua borsa.
«Scusami, Kurt ma devo andare. Nick ha combinato il solito disastro. Torno appena ho finito» aveva detto Blaine, prendendo la borsa e la giacca blu dalla sedia.
Ed era in quel momento che era successo: il ragazzo, come se fosse stata una cosa naturale, si era chinato su Kurt e aveva lasciato un bacio sulla sua guancia che, nell’istante immediatamente successivo, si era tinta di un rosso ancora più acceso di quello sui bordi della cravatta della divisa.
Blaine, per fortuna, non se ne era accorto, come non aveva notato i suoi occhi sgranati per la sorpresa di quel gesto che avevano vagato allarmati per tutta la sala, o il battito cardiaco tremendamente accelerato; aveva biascicato un “torno presto” giusto un po’ imbarazzato ed era sparito oltre l’elegante porta di legno.
Kurt aveva guardato un’ultima volta gli altri ragazzi nella sala, tutti troppo concentrati sui loro libri per aver notato quello che Blaine aveva fatto.
Distrattamente, aveva passato le dita sulla guancia, aveva chiuso gli occhi e, per un istante, era riuscito a sentire ancora una volta la sensazione delle labbra morbide di Blaine sulla sua pelle e le emozioni che quel gesto gli aveva provocato.
Ci stava pensando da venti minuti, il libro di Algebra ormai abbandonato ad un angolo del tavolino di legno e un sorriso distratto ad illuminargli il volto ancora arrossato.
Ogni volta che abbassava le palpebre, ecco che la scena gli si ripresentava, il respiro gli mancava nei polmoni e le labbra invisibili di Blaine erano di nuovo sulla sua guancia.
Kurt non sapeva come interpretare quel gesto. Forse Blaine non ci aveva pensato, forse era stato qualcosa di automatico, qualcosa che per il più giovane era normale.
Più cercava di dargli un senso, più si sentiva oppresso, come se avesse avuto un enorme peso sul petto, come se avesse voluto scoppiare a piangere per la gioia e per la frustrazione allo stesso tempo.
Ed era esattamente quello che stava per fare, con gli occhi già lucidi che pizzicavano per le lacrime che volevano uscire, se Blaine non fosse rientrato dalla stessa porta da cui era sparito ormai mezz’ora prima, sedendosi sulla stessa sedia e guardandolo con la stessa espressione dolce di sempre.
«Non hai idea di cosa sia successo» iniziò Blaine, tirando fuori di nuovo i libri e aprendoli sul tavolo. Mentre parlava, raccontando di come Nick, Jeff e quel pazzo di David avessero avuto la brillante idea di trasformare la stanza di Blaine e Nick in un laboratorio di chimica, facendo esplodere un composto, Kurt non faceva altro che guardarlo, gli occhi fissi su quelle labbra rosee e dolci e, come aveva potuto constatare sulla sua pelle, morbide. Era come ipnotizzato.
«Sai, Kurt» Blaine pronunciò il suo nome, spostando lo sguardo sui suoi occhi azzurri, «sono felice che almeno il mio migliore amico sia sano di mente».
Blaine gli sorrise, quel sorriso raggiante che gli illuminava il viso e che contagiava sempre anche Kurt che, in quel momento, si ritrovò ad alzare un sopracciglio, sorpreso.
«Sono il tuo migliore amico?» gli chiese, il cuore che batteva forte e il respiro trattenuto.
«Certo!» rispose Blaine con quel tono che assumeva sempre quando stava dicendo qualcosa di ovvio, mentre sfogliava il volume di Algebra alla ricerca della pagina con gli esercizi.
Mentre anche lui si rimetteva al lavoro, Kurt ripensò a tutte le ore passate a pensare a cosa rappresentasse per Blaine, quando la risposta era sempre stata ovvia.
Non poteva negare di aver sempre sperato, dal primo momento in cui l’aveva visto su quelle scale, di poter essere qualcosa di più di un amico. E ci sperava ancora ma, per il momento, gli bastava sapere che, tra tutti i suoi pazzi amici alla Dalton che conosceva da più tempo, per Blaine Kurt era più importante.
Forse un giorno avrebbe ricambiato i suoi sentimenti, forse un giorno il più giovane avrebbe capito che quello che li legava non era amicizia ma qualcosa di più profondo che nemmeno Kurt era riuscito a comprendere a pieno; c’era ancora tempo per quello, però. Il bacio sulla guancia e la rivelazione non del tutto scontata di Blaine erano più che sufficienti per quel pomeriggio.
Con la mente che ogni tanto tornava a quel gesto e con gli occhi che si spostavano sempre più spesso dalla pagina alla figura di Blaine di fronte a lui, Kurt riprese a studiare, la bocca che non voleva saperne di smettere di sorridere e sulla guancia ancora la sensazione dolce delle labbra del ragazzo.