La notte

Con Zoro invece le piaceva rimanere in silenzio, lasciare che lo spazio tra loro si azzerasse, che le loro anime dannate si trovassero mentre i loro corpi danzavano ad un ritmo selvaggio, primordiale.
Nel buio delle notti trascorse insieme, all'archeologa sembrava di riuscire finalmente a vedere il vero Zoro, a stringersi alla sua parte più profonda e libera, al ragazzo che stava dietro la maschera della belva e dell'uomo tutto d'un pezzo, ligio solo al dovere e all'onore.
Quando entrambi furono scossi dall'ultima, potente scarica di piacere che svuotò loro la mente di ogni pensiero coerente, rimasero per un po' fermi, stretti in un abbraccio quasi tenero che Zoro come sempre era il primo a rompere, prima di rotolare sul materasso per rimettersi a dormire, e l'archeologa aspettava sempre con smania di poter vedere i suoi lineamenti finalmente distesi, una serenità quasi innocente calare sul suo volto.
Prima di farlo però, la guardava fugacemente per un'ultima volta, e Robin spiava il tempo fuori per sapere se la notte era tersa e serena come sembrava, o se pioveva, o se si era alzato il vento.
In quegli istanti provava un singolare miscuglio di emozioni: