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Autore: RebelShadow    12/03/2018    0 recensioni
In una Kirkwall preda di ambizioni individuali e sconvolgimenti politici, il Visconte Dumar fa del suo meglio per mantenere la pace tra la città e i qunari, mentre una serie di storie personali si intreccia cambiando il destino del mondo.
Anders vuole il cambiamento.
Aveline vuole proteggere la città.
Fenris vuole trovare il suo posto.
Merrill vuole la verità.
Sebastian vuole vendetta.
Varric vuole una storia.
Isabela non sa cosa vuole.
Mentre il templare Carver Hawke cerca di andare d'accordo con suo fratello ed Ignis Hawke di proteggere la sua identità di mago clandestino e mantenere la sua neutralità, l'ombra di un potente maleficar rischia di sconvolgere Kirkwall in fuoco e sangue.
"Ci troviamo sull'orlo del cambiamento. Il mondo teme l'inevitabile salto nell'abisso. Aspetta quel momento... E, quando verrà, non esitare a saltare!" -Flemeth
[Questa fanfiction ha l'approvazione di Sir Pelosotto]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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In the Blood I will Rise

"Quindi, quanti sono?"

Ser Andrew Trevelyan girò appena la testa, scrutando la giovane recluta templare mentre i cavalli avanzavano sull'altura: il ragazzo doveva non avere più di sedici anni e con tutta probabilità, non aveva nemmeno prestato il giuramento. 

Eppure aveva l'aria di qualcuno che si stesse dirigendo ad un banchetto, piuttosto che ad uccidere uomini e a rischiare la vita. 

L'arroganza delle reclute, decisamente. Probabilmente si credeva invincibile. Si era creduto anche lui invicibile, a quell'età. Il tempo lo aveva reso più saggio... O almeno così sperava, visto il suo grado di Cavaliere-Capitano di Ostwick, uno dei più alti raggiungibili nella città, a soli trentadue anni.

"Almeno una dozzina buona, ma non abbiamo le stime esatte."

La recluta sbuffò divertita, spostando un ciuffo di capelli castani. Era niente più che un ragazzotto, ma la sua armatura splendeva col simbolo dell'Ordine dei Templari, i guerrieri che avevano giurato di proteggere il Thedas dai pericoli della magia e i maghi stessi dai demoni che bramavano le loro anime.

"Viene da chiedersi perchè ci provino ancora, eh Capitano?"

L'armatura di Andrew era pulita, ma non splendeva come quella del ragazzino: una simile manutenzione era impossibile da tenere tra allenamenti e combattimenti contro stregoni folli... Ma Andrew avrebbe scommesso una borsa d'oro sull'inesperienza di quel ragazzo: probabilmente non aveva mai combattuto dei veri maghi in vita sua.

Fece segno agli altri templari di fermarsi, girandosi per fissare la reclutà negli occhi. Quantomeno il ragazzo non era stupido: a giudicare dalla posa improvvisamente rigida, doveva essersi reso conto di aver detto una cretinata.

"Ci provano ancora, recluta, perchè credono nella loro causa." Andrew si assicurò di fissare il suo sguardo nel ragazzo: aveva degli occhi normalissimi, castano scuro, ma più di un templare di Ostwick aveva sperimentato quello sguardo e tutti giuravano di non volerlo rivedere mai più. Andrew era un comandante amato, ma anche rispettato abbastanza da far provare vergogna negli errori dei suoi subordinati.

Era un difficile equilibrio, ma Andrew non voleva essere una figura troppo distante nè troppo amichevole.

"Ci provano ancora, perchè credono che la loro libertà personale  valga più della sicurezza di tutti gli abitanti di Ostwick, dei Liberi Confini, dell'intero Thedas. Se riuscirai a sopravvivere alla vita dei templari, ragazzo, scoprirai che esistono molti nemici per il nostro ordine. Abbiamo giurato di proteggere e di servire: affronterai demoni, affronterai maghi che sono poco più che delinquenti e predoni e maleficarum che si curano solo di sè stessi. Ma scoprirai che i maghi che lottano per una causa, per quanto errata, sono i peggiori. Noi come templari sappiamo che si sbagliano, ma quando un uomo lotta per una causa comune, quando ha fratelli e sorelle d'armi... Allora quello è l'uomo più pericoloso che incontrerai nella tua vita. 
E questo è perchè i ribelli sono gli uomini più pericolosi che incontrerai nella tua vita."

La recluta si limitò ad annuire, pietrificata ed imbarazzata dal rimprovero. Andrew provò ad addolcire la pillola.

"Non ho problemi a scherzare in una locanda ad Ostwick o nel mio ufficio di fronte ad un bicchiere e se prenderai i voti come templare, scoprirai che la mia porta è sempre aperta. Ho preso i voti quando avevo la tua età e vivo tra i templari da quando avevo cinque anni. Ma qui, sul campo di battaglia, ti voglio concentrato e rispettoso del nemico... O ti troveremo elettrificato tra i cadaveri. Per la sicurezza dei tuoi compagni e per la tua. Sono stato chiaro?"

"S-si, Capitano. Chiedo scusa, Capitano."

"Scuse accettate. Procediamo, adesso."

La recluta abbassò la testa, rimanendo in silenzio per il resto del tragitto: se per paura o per pensare, si sarebbe visto nella battaglia a
venire,pensò Andrew.

***

Andrew si sbagliava. Non erano una dozzina.

Erano due dozzine. Il travestimento da contadini era eccellente, ma sfortunatamente per loro, la loro identità era già trapelata.

Questo, per gli standard degli eretici, era molto inusuale: i maghi in fuga tendevano a viaggiare da soli o al massimo in piccoli gruppi, nel tentativo di non attirare sgradite attenzioni. 

I più audaci avevano basi dai numeri più ricchi, ma nessun gruppo di eretici aveva effettivamente l'organizzazione o i numeri per battere i templari... E se anche fossero riusciti a cacciare l'Ordine da Ostwick, il resto del Thedas si sarebbe scagliato su di loro, reprimendo ogni tentativo di rivolta. Il Tevinter Imperium era solo l'ombra del suo antico potere, ma ogni mago che tentava di uscire dagli schemi
della Chiesa era visto come un pericolo, un ritorno ai giorni oscuri.

Andrew avrebbe supposto fossero i resti di una cabala di maleficarum... Ma le cabale sopravissute al Quinto Flagello e all'opera purificatrice dell'Eroina del Ferelden si contavano sulle dita di una mano e nessuna era nei Liberi Confini.

In ogni caso, anche in due dozzine, quei maghi non avrebbero vinto contro i templari: Andrew avrebbe fatto il suo dovere... Ma lui gli doveva delle risposte.

Fece un cenno agli altri templari, dando il segnale d'attacco ed un secondo dopo gli eretici si trovarono circondati.

"Mani a terra! Buttate i bastoni!" 

Invece di obbedire, i maghi tentarono di difendersi, scagliando incantesimi disordinati sui loro nemici. 

Andrew assorbì un incantesimo entropico come se nulla fosse, il lyrium nel suo corpo che lo difendeva mentre si lanciava contro quello che sembrava il loro capo, un vecchio dall'aria spaventata ma determinata. 

Non si sarebbe arreso.

Questi non sono ribelli, si rese conto mentre buttava l'incantatore a terra, stordendolo con l'elsa della spada mentre vedeva la recluta che aveva rimproverato schivare una fiammata da una giovane ragazza e trapassarla da parte a parte: il suo volto si contrasse alla vista del sangue della maga, ma in sua difesa, il templare si comportò bene.

Probabilmente pensava che giovani ragazze carine non potessero ribellarsi: ci siamo cascati tutti, credendo che solo vecchi stregoni
dalla barba sporca e il ghigno malvagio potessero far del male.


Eppure, mentre i maghi cadevano uno ad uno -sconfitti da soli dieci templari- Andrew si rese conto con una crescente sensazione d'orrore che quelle persone, eretici o no, non sapevano nulla.

Lui ne avrebbe dovuto rispondere.

Non era una battaglia, era un massacro: quelle persone avrebbero potuto essere ricondotte al Circolo ed invece lui aveva consigliato (ordinato) di portare in maggior parte reclute spaventate ed inclini ad uccidere i maghi a vista.

Perchè?

L'Incantatore anziano era a terra, svenuto sul colpo: l'unico segno della battaglia era una lieve striatura nerastra sull'armatura di Andrew. 

Ser Trevelyan, Cavaliere-Capitano dei templari di Ostwick, sollevò la spada.

"Vorrei poterti riportare al Circolo, ma non posso. Possa il Creatore perdonarmi." 

L'acciaio freddo raggiunse il cuore del vecchio nello stesso momento in cui la preghiera venne sussurrata dalle labbra di Andrew.

"Non avrebbe dovuto tentare di usare la magia del sangue." Non lo aveva fatto e nessuno avrebbe chiesto giustificazioni, ma voleva darle e sapeva che gli avrebbero creduto.

Una volta inviato la maggior parte del gruppo ad esplorare i dintorni in cerca di fuggitivi -sapeva che non avrebbero trovato nulla- e l'unico altro templare anziano presente a radunare i corpi, trovò penosamente facile avvicinarsi al carro trasportato dai ribelli...

...La runa si trovava nel mezzo di un mucchio di coperte e vestiti: Andrew la osservò per un momento, ma non gli semrava diversa dalle tante altre rune che aveva visto durante la sua carriera, nè comprendeva i simboli incisi su di essa.

La infilò nella bisaccia, avvolgendola in un panno e si diresse verso la pila di cadaveri.

"Scaviamo una fossa e diamole fuoco. Quantomeno troveranno redenzione nel Creatore."

"E dopo?" 

Gli occhi di Andrew si allacciarono a quelli dell'altro uomo: improvvisamente si sentiva stanco.

"Quello che facciamo sempre: ci prepariamo alle prossime morti inutili." 

L'altro templare annuì con un gesto secco.

Iniziarono a scavare, mentre un piccione li osservava interessato prima di librarsi in volo.

***

Probabilmente erano eretici, Comandante, ma non hanno voluto arrendersi. Uno di loro ha tentato di usare la magia del sangue, ma sono riuscito a fermarlo subito. Pericolosi? Sì. Preparati? No.

Il Comandante di Ostwick aveva scrollato le spalle, ascoltando il rapporto sulla missione: per gli standard dell'Ordine, era un successo. I templari avevano fermato dei maghi, tra cui un maleficar confermato e nessun artefatto pericoloso era sfuggito loro.

Andrew avrebbe giurato di sentire il peso della runa nascosta nella sua bisaccia.

Uno dei vantaggi nell'essere un templare d'alto rango, nobile e con una quantità inaudita di cugine e zii e altri parenti nella Chiesa era il fatto che le sue attività non erano assolutamente controllate. Se venivi dalla famiglia giusta, a nessuno importava se passavi la notte in una locanda o in un bordello anzichè in caserma.

Il fatto che la condotta di Andrew fosse sempre stata eccellente nonostante la mancata sorveglianza poi, lo rendeva al di sopra di ogni sospetto.

E allora che ci faccio qui, con una runa non registrata in tasca?

Si era tolto l'armatura e aveva preso in prestito uno dei ronzini comuni dalla tenuta della sua famiglia, per poi cavalcare per tre ore fuori dalle mura di Ostwick. Ormai era quasi mezzanotte, ma fortunatamente non incontrò banditi.

Non era incline a mostrare pietà, visto il suo umore attuale.

La grotta si trovava a lato della strada, apparentemente desolata. Andrew legò il ronzino e si sedette.

Ci vollero meno di dieci minuti prima che due maghi uscissero dalle ombre, avvicinandosi a lui.

"La vostra lama, Sir." 

Andrew estrasse la spada e la girò, porgendo l'impugnatura nelle mani della donna. Sembrava sulla quarantina e l'aria allegra gli ricodava più una fornaia che una ribelle.

Alla fine, neanche lui era diverso dalle reclute quando si parlava di apparenze.

L'uomo invece lo guardava con aperta diffidenza e Andrew riconobbe subito la stessa aria tra spavalderia e paura che spesso circondava le reclute alle loro prime esperienze. Decise immeditamante che tra i due, la più pericolosa era la donna.
"Molte grazie, Sir. Ora il mio compagno vi coprirà il volto, ma non abbiamo intenzione di essere violenti. Prenda la mia mano mentre la conduciamo oltre le misure di sicurezza."

"Se avessi voluto fare resistenza, non sarei venuto." Intrecciò la mano in quella calda della donna, sentendo curiosamente calli molto inusuali nei maghi, tipici dei lavori manuali. Molto meno gentile fu il sacchetto spinto sulla sua testa dall'altro mago, che iniziò a condurlo con il bastone premuto sulla sua schiena, pronto a reagire.

Andrew ebbe la gentilezza di non notare il tremore nervoso dell'arma.

Camminarono così: lui bendato, appoggiandosi alla mano della maga davanti a lui e il nervoso eretico più giovane a concludere la fila, il bastone pronto ad una mossa nemica che non venne mai.

Andrew non si prese nemmeno la briga di provare a contare mentalmente i passi. Non erano così stupidi.

Approfittò invece del silenzio per calcolare cosa avrebbe detto, come avrebbe convinto il mostro a parlare... Ma prima che potesse decidere come dosare minaccia e richiesta, la donna davanti a lui si fermò.

"Siamo arrivati, Sir."

Andrew prese un ampio respiro appena il cappuccio gli venne bruscamente tolto, osservando il luogo in cui si trovava mentre i due maghi scomparivano oltre una piccola porta, lasciandolo solo.

La sala era ampia e stranamente luminosa, probabilmente per qualche tipo di magia: faceva freddo, ma non eccessivamente e nonostante fosse evidente si trovassero in una delle remote grotte e gallerie che si snodavano nei Liberi Confini, era impossibile dire dove. C'erano tappeti, tavoli, librerie... Andrew avrebbe scommesso che molti contadini e rifugiati dal Flagello avrebbero dato il braccio per vivere lì. Non era un palazzo nobiliare certo, ma era dignitosa e quella sala in particolare sembrava più un posto dove vivere che una base ribelle.

"Andrew!"

Quello fu il momento in cui il suo cuore saltò un battito. Sapeva che era nelle loro mani, ma non aveva pensato fosse lì... O che lo avrebbe visto...

"Credence?! Che ci fai qui?" 

Suo fratello, Credence Trevelyan, era stato portato al Circolo di Kirkwall all'età di dieci anni, quando aveva mostrato di possedere poteri magici, per evitare che la sua presenza ad Ostwick distraesse il fratello maggiore dai suoi doveri come templare. In virtù della sua famiglia e del suo rango tuttavia, Credence aveva avuto il diritto di mantenersi in contatto con il resto dei Trevelyan via lettera e persino di partecipare ad alcuni eventi... Per quanto il decenne li trovasse noiosi.

Ma due mesi prima, era scomparso dal Circolo. Un mese dopo la sua scomparsa, Andrew aveva incontrato lui... E scoperto la verità su suo fratello.

"Non sei contento di vedermi?" Credence sembrava piuttosto allegro per un fuggitivo. Si era alzato di parecchi centimetri, probabilmente a causa della pubertà imminente e aveva messo su alcuni chili che sembrava aver perso nella vita sedentaria dei maghi, ottenendo la forma incerta di un giovanotto scattante, ma ancora infantile.

"Certo che... Ma non pensavo che fossi q-oh lascia perdere." Per un momento, i due fratelli si abbracciarono.

"Sono contento di vederti, Credence. Come stai?"

"Meglio che a Kirkwall, credimi. La Comandante Meredith è una bastarda... Sì, lo so non dovrei dire bastarda ma è vero! Io me la sono cavata solo perchè sono un Trevelyan ed è severissima con i maghi!"

"Visto le continue voci di resistenza e questo gruppo non posso dire che sia strano... Noi templari abbiamo il mal di testa ultimamente. Ma non voglio parlare di come stavi prima, nano. Voglio che mi racconti di te."

Credence tentò di lanciargli uno sguardo feroce al soprannome, probabilmente per sembrare più adulto ed Andrew suppose non fosse il momento per informarlo che il suo sguardo feroce lo faceva sembrare ancora più giovane e ben poco spaventoso.

"Non è male... Siamo sempre in fuga ed è un pò stressante, ma Mastro Eric insegna a me e agli altri apprendisti più giovani. Non siamo molti perchè la maggior parte di noi viene immediatamente mandata in luoghi sicuri ma noi siamo casi speciali. Io per il mio nome, altri per altre ragioni... Ma siamo solo in sei tra gli Apprendisti."

"Mastro Eric?"

"L'uomo che ti ha portato qui! Come insegnante è fantastico: è estremamente paziente ed un paio di volte ha anche convinto il Lord a darci qualche lezione. Il Lord ci avrà rivolto la parola due volte da quando sono qui, ma i suoi consigli sono utilissimi su come focalizzare la nostra magia e come avvicinarci ai demoni. Per il resto siamo piuttosto liberi finchè rimaniamo nelle nostre stanze e non è diverso dal Circolo, solo senza sguardi truci dei templari."

Andrew deglutì: tutti i maghi, nel sonno, visitavano l'Oblio, il regno da dove veniva la magia. Gli Apprendisti imparavano a resistere alla possessione come prima cosa, prima di qualunque incantesimo. Improvvisamente sentì brividi di terrore sulla sua schiena.

"Cosa vuol dire ti sta insegnando ad avvicinarti ai demoni? Credence, ti ha per caso insegnato la magia del sangue?!" 

Se quel bastardo aveva-

Credence scoppiò a ridere. "Si vede che non conosci il Lord eh fratellone?"

"Non sono mai stato incline a diffondere informazioni, tantomeno ai templari, Credence."

I due si girarono verso la voce profonda -e vagamente sarcastica- che aveva parlato: Andrew non potè fare a meno di notare il rispetto nel sorriso di Credence.

"Stavo rassicurando mio fratello, Mio Signore. A proposito, grazie per avermi permesso di vederlo."

Alto e sinuoso come l'oscurità, lui possedeva tratti irriconoscibili, poichè non erano tratti: l'intero corpo del mago era rivestito da una tunica nera, stivali alti e guanti dello stesso colore e il cappuccio calato sul volto: lì dove avrebbe dovuto esserci una faccia, si trovava una maschera di cristallo rosso, inespressiva. 

In mano, come una beffa, impugnava un bastone dorato da mago, sulla cui somma c'era una blasfema riproduzione di Andraste.

Nuda.

Lord Egrast vestiva i colori della notte, si mascherava con il sangue e impugnava una blasfemia alla sposa del Creatore.

"Sono sempre commosso dall'affetto familiare. Tuttavia Credence, io e tuo fratello dobbiamo passare agli affari. Temo che la visita sia finita... Raggiungi il nostro guaritore dietro la porta, lui ti accompagnerà nella tua stanza."

Credence si voltò verso suo fratello, lasciandosi abbracciare.

"Mi mancherai, vedi di non farti uccidere fratellone."

"Credence io-"

"Io starò bene, tranquillo. Beh ti direi di salutare i nostri genitori, ma immagino che avresti difficoltà a dire loro che mi hai visto... Quindi ciao." 

Con la fretta impacciata degli adolescenti, Credence scomparve oltre la porta.

Andrew fissò la maschera del maleficar.

"Me lo hai fatto incontrare per ricordarmi come mi tieni in pugno, vero?"

"In parte." Il mago oscuro si avvicinò ad Andrew, accomodandosi ad un tavolo. Andrew rimase in piedi.

"La mia runa, Sir Trevelyan." 

Andrew infilò la mano nella bisaccia, ma non la tirò fuori, scegliendo invece di fissare il volto di cristallo del suo interlocutore.

"Voglio spiegazioni."

"Oh? E su cosa? Pensavo avessi già messo in chiaro le cose, Sir. Io ho tuo fratello e finchè le cose rimangono tali, io ti controllo." 
Trattenendo l'ira, ormai tristemente familiare, che provava ogni volta che Egrast gli ricordava il ricatto con cui lo teneva in pugno, Andrew estrasse la runa, senza però porgerla.

"Ed è per lui che devo sapere o giuro su Andraste che farò scattare questa runa."

"Vana minaccia, considerato che non sai nemmeno cos'è. Ancora una volta i templari mostrano la loro ignoranza... Ma voglio divertirmi." Con un cenno del suo bastone, Egrast spostò le sedie del lungo tavolo nella sala, accomodandosi in un istante.

"Siediti, Trevelyan e porgi le tue domande." Sebbene la maschera desse un tono metallico alla sua voce, ad Andrew parve di notare una nota di divertimento. Trattenendo l'impulso di sfregarsi i capelli biondo cenere, un vizio che aveva nei momenti di nervosismo, si limitò a scoccare uno sguardo mortifero allo stregone. 

"Preferisco stare in piedi, grazie."

Egrast rise ed Andrew ne approfittò per pensare a cosa chiedere: la prima domanda gli risultò ovvia, mosso dalla preoccupazione per suo fratello.

"Credence ha detto che sta imparando come avvicinarsi ai demoni... Se stai tentando di trasformare mio fratello in un maleficar io-"

"Tu non potresti comunque impedirmelo" replicò Egrast, mentre si poggiava sullo schienale della sedia come se fosse in un momento di totale calma e non davanti ad un potenziale nemico.

"Ma no, Trevelyan. Nessuno nei Cavalieri Dell'Arcano conosce la magia del sangue ad esclusione di me stesso. In effetti, come forse avrai sentito, abbiamo combattuto maghi del sangue e demoni tanto quanto i templari, in passato."

Andrew aveva in effetti sentito delle voci, ma dal momento che il mercante ubriaco che le aveva raccontate nella migliore taverna di Ostwick aveva anche narrato come Lord Egrast fosse in realtà la Divina in incognito, non era stato molto propenso a considerarle.

"Dubito facciate un lavoro buono come i templari."

"Hai ragione, noi non uccidiamo ogni singolo mago che ci sembra una minaccia per il nostro fanatismo religioso." Una sfumatora di ghiaccio si era inserita nella voce dello stregone.

"Ma per rispondere alla tua domanda... C'è poco spazio per dei bambini da queste parti, ma i pochi che non posso allontanare si trovano protetti al meglio delle nostre possibilità e ho disposto che vengano istruiti a dominare i loro poteri. Demoni e spiriti sono parti stesse della magia... Anzichè instillare in loro le sciocchezze del Circolo e spaventarli per i loro doni, preferisco che i maghi giovani come Credence imparino a riconoscere i demoni e gli spiriti e a trattare con loro con confidenza: un mago sicuro di sè ha meno probabilità di finire posseduto rispetto ad un mago spaventato e ignorante perchè la Chiesa ha deciso di non approfondire lo studio della magia oltre alla loro convenienza personale."

Andrew sapeva che Lord Egrast era una persona di cui non fidarsi, dal momento che lo aveva letteralmente ricattato, ma quello era- "Sei pazzo! Non funziona così!"

"Hai avuto la tua risposta Trevelyan e ti assicuro che tuo fratello è libero da ogni influsso demoniaco. Se hai intenzione di tediarmi con le banalità del tuo ordine, puoi andare."

"No. Ho altre domande." Andrew ingoiò la furia: Egrast era un fanatico e ragionare con lui era impossibile. Inutile sprecare il fiato.

"Quelli che mi hai fatto attaccare per prendere la runa. Non erano maghi del sangue e non erano ribelli."

"In effetti, non lo erano. La loro unica colpa era essere fuggiti dal massacro del Circolo del Ferelden durante il Flagello. Ma che importa? Sei un templare, Trevelyan. Dovresti essere lieto di uccidere pericolosi fuggitivi."

"Non faccio parte dell'Ordine per brama di sangue, lo faccio per proteggere il mondo da gente come te." 

"E con tutta la furia del giusto e il disprezzo che mi riservi nella tua voce, mi hai comunque fornito ciò che volevo... O almeno, lo stai per fare, dato che ho avuto la cortesia di risponderti." Egrast allungò una mano guantata di nero sul tavolo e anche se Andrew non poteva vedere il volto dello stregone dietro la maschera, ebbe la sensazione che stesse ghignando. 

Concentrandosi sul volto di Credence per darsi forza, il Cavaliere-Capitano spinse la runa verso l'altro lato del tavolo: in un istante era già sparita nella mano guantata di nero del maleficar.

"Direi che abbiamo concluso, ti farò scortare fuori di qui Trevelyan."

"Potrei averti dato una runa comune." La sfida venne istintiva per Andrew: probabilmente avrebbe dovuto essere più maturo, ma in quel momento la vergogna e la rabbia lo stavano circondando completamente, facendogli desiderare di strappare via quella maschera rossa e rompere il volto del mago a cazzotti.

Lord Egrast non si prese nemmeno il disturbo di girarsi, mentre si allotanava dandogli le spalle.

"Potrei dire che Credence ne subirebbe le conseguenze... Ma la verità è che mi hai dato la runa giusta."

"Come lo sai?"

"Oh..." A quel punto, Egrast si concesse una vera risatina, perfettamente udibile. "Me lo ha detto un piccione."

***
Le piccole zampe dell'animale si arpionarono su una roccia, mentre svolazzava in uno dei tanti cuniculi della rete di grotte sotteranee, non visto o ignorato dai pochi presenti. Fu solo al suo arrivo nella stanza che il piccione si poggiò sul tavolo, osservando la figura seduta da sola, la maschera di cristallo rosso posata di fianco a lui.

Erano ormai le sette del mattino.

Lord Egrast alzò lo sguardo verso il volatile, sorridendo sarcastico mentre riassumeva la sua forma umana, strofinandosi la barba tra il biondo e il rossiccio: odiava la sua forma animale, ma non poteva negarne l'utilità.

"Anders." Una nota di sollievo era presente nella voce di Egrast -qualcosa che Anders sapeva era riservata solo a lui, come solo lui vedeva il volto dietro la maschera- e per un solo attimo, bastò il familiare suono di quella voce, priva dell'incantesimo che, legato alla maschera, la modificava per renderla irriconoscibile da quella dell'identità civile del capo dei Cavalieri dell'Arcano. Dentrò di sè, Anders sentì Giustizia fremere: allo spirito non piaceva l'altro mago, sopratutto per il suo legame demoniaco: qualcosa che Anders stesso disapprovava.

Ma Giustizia non conosceva Lord Egrast come Anders.

"Hai l'aria stanca."

"Ho finito di parlare da poco con il nostro illustre Cavaliere-Capitano." 

"Andiamo a letto, quando tornerai a Kirkwall dovrai essere riposato." Egrast ghignò, ignorando Ser Pelosotto, che aveva deciso di annunciare la sua presenza con un miagolio e saltando sul tavolo: in realtà, Anders sapeva che ad Egrast non piacevano molto i gatti.

"Con la reputazione che ho in pubblico, non penso si noterebbe se non fossi riposato. E comunque, adesso abbiamo tutto quello che ci serve."

La runa nella mano di Egrast scintillò per un istante, mentre sorrideva contemporeanamente ad Anders.

"Presto dovremo lasciare queste caverne... Ma non importa. Tempo di iniziare."

Da qualche parte dentro di sè, Giustizia fremette di anticipazione a quelle parole.

Anders sorrise.
 
   
 
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