Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Makie Kojima    13/03/2018    0 recensioni
Pensieri di Min Yoongi in una notte d'estate.
Nascosti, guardinghi, attenti sempre. Quella vita l'avevo scelta io eppure non mi stava più bene. Mi sentivo sempre più in catene, l'amore dei miei compagni sembrava non bastare.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Aprii la porta cercando di non fare rumore. Mi sembrava tutto così strano. L'afa estiva mi permetteva di camminare scalzo per casa senza alcun problema e il contatto diretto con il legno non faceva che bene al mio umore. Chissà per quanto sarei riuscito a rimanere in quel modo, senza dire la verità a nessuno. Non sapevo nemmeno come avrei potuto dirglielo dopotutto. Come si può dire a qualcuno che si sta morendo? Non si può.
Mi diressi in salotto, accarezzando con la punta delle dita il divano e una marea di ricordi mi invase la mente.
Quante volte avevamo mangiato attorno al tavolino, quante volte ci eravamo messi a lavorare lì, a volte anche a notte fonda, cercando quella nota o quella sillaba che proprio non volevano saperne di uscire. Non potevo certo lamentarmi di quello che era capitato, tutto era stato casuale. Ero entrato per un motivo, in quella compagnia non proprio famosissima, eppure ora ero circondato dalle migliori persone al mondo nonostante il ruolo diverso. Non avevo la forza di pensare di perderle per sempre, non per una cosa del genere. Se dovevo andarmene, sarebbe stato ai miei termini, alle mie sole condizioni.
Superai il salotto e uscii sul balcone, inspirando profondamente. Eravamo abbastanza in alto perché il traffico non ci infastidisse, le luci cittadine si estendevano ai miei piedi. Sembravamo i padroni di Seoul, sebbene sapessi perfettamente quanto le nostre vite fossero costantemente in bilico. Una frase a metà, uno sguardo di troppo e ci avrebbero scoperti. Relazioni clandestine e per di più omosessuali; se fosse uscita una cosa del genere saremmo stati presi di mira, assolutamente. Non volevo affatto che ciò succedesse, non alle persone a cui tenevo di più. Nascosti, guardinghi, attenti sempre. Quella vita l'avevo scelta io eppure non mi stava più bene. Mi sentivo sempre più in catene, l'amore dei miei compagni sembrava non bastare.
Non bastava nulla. Che senso aveva vivere in quel modo, sopravvivere quegli ultimi mesi? Avrei voluto scappare, in qualche modo, ma ero troppo codardo per parlarne con qualcuno.
Ebbi un brivido quando i miei piedi nudi toccarono le mattonelle dell'esterno, facendo qualche passo per poter raggiungere il divanetto e sedendomi in un angolino. Speravo che il leggero dondolio mi aiutasse a calmare l'animo ma fu invano. Sentivo una rabbia crescente, una disperazione vuota, mi sentivo isolato da tutti e al tempo stesso nell'occhio di un ciclone. Non sarebbe bastata un'ora all'esterno per calmarmi, non sarebbe bastata la notte insonne.
Sapevo che qualcuno si sarebbe presto accorto della mia assenza in camera, dovevo fare presto. Jin era fin troppo buono con me, non mi meritavo una persona del genere al mio fianco. Ogni volta che avevo una caduta, ogni mio passo falso lui era lì, pronto ad aiutarmi; sapeva perfettamente cosa dire, sapeva perfettamente come toccarmi in questi momenti. Avevo bisogno di lui e al tempo stesso non volevo che mi stesse attorno.
Patetico.
Sussultai quando mi accorsi di piangere, da quanto avevo iniziato? Asciugai il viso con rabbia, graffiandomi sotto l'occhio ma senza badarci troppo. Cosa dovevo fare? Il cuore mi urlava di chiamare Jin, chiamare Jimin o Hoseok, qualcuno, mentre la mente no, la mente mi ingannava. Cosa li avrei chiamati a fare, come pensavo mi avrebbero potuto aiutare? Non sarebbero stati che inutili attorno a me, non potevano comprendermi.
Mi strinsi le gambe al petto, lasciando che le lacrime mi scorressero libere sul viso, senza fare rumore.
In silenzio.
Dovevo essere silenzioso, lasciare qualcosa a tutti e poi dissolvermi. Sarebbe successo comunque, tuttavia non avrei lasciato vincere la malattia. Così almeno credevo. Non potevo dargliela vinta ma cosa fare? Combattere fino all'ultimo? Arrendermi prima?
Mi alzai, come ipnotizzato. Oh, lo sapevo fin dall'inizio perché ero andato sul balcone, era inutile negarlo. Mi sporsi per vedere in basso. Era alto. Parecchio.
Feci leva sulle braccia, rimanendo con sole le punte dei piedi a terra, sporto troppo fuori forse.
Avrebbero sofferto meno. Avrei sofferto meno.
Sarei morto, volente o nolente. Tanto valeva farlo, no? Eppure le mie braccia non si muovevano, le mie gambe non volevano staccarsi da terra. Qualcosa mi tratteneva a terra, come se mi impedisse di scegliere come morire.
Chiusi gli occhi, le lacrime che scendevano sul mio viso, il respiro che iniziava a mancarmi. Mi sentivo estremamente egoista ma ero anche convinto fosse giusto, allora perché non ci riuscivo? Perché non saltavo e basta?
All'improvviso sentii due braccia forti stringermi per la vita e mi girai spaventato, trovandomi davanti il viso assonnato della persona che amavo. Che diamine ci faceva sveglio? Sussultai ricordandomi che stavo piangendo come una fontana e mi girai di nuovo, completamente in silenzio. Sentivo un'altra sensazione crescere dentro di me, un senso di colpa per aver anche solo pensato di fargli un male simile, di lasciarlo solo. Sentii le sue braccia stringersi leggermente; era lì per me, per me e basta. Quel momento era solo nostro, uno dei miei tanti momenti di cadute, di pensieri malefici. Appoggiai il capo alla sua spalla, singhiozzando come un bambino e ancora Seokjin non disse nulla. Non servivano parole, i suoi gesti mi stavano facendo capire molto più.
Mi sentii tirare leggermente e solo in quel momento mi accorsi che le gambe mi facevano davvero male per essere state tese sulle punte tutto quel tempo. Mi portò sul divanetto, quasi avesse paura che potessi sfuggirgli dalle braccia e buttarmi senza preavviso.
Ero egoista, lo ero sempre stato e in quel momento non ero nulla di diverso. Sempre egoista.
Alzai gli occhi su di lui, trovando un sorriso gentile e comprensivo, uno sguardo pieno di amore e preoccupazione, un corpo che non volevo abbandonare per nessun motivo al mondo.
Ero egoista e non avrei abbandonato quegli occhi, quel corpo o quell'anima nemmeno per il diavolo. Non potevo farlo.
Poggiò la sua mano sul mio viso e socchiusi gli occhi, finalmente in pace, di nuovo, con me stesso. Almeno per il momento.
Sarebbe stata dura, ci sarebbero voluti mesi, forse, ma non avrei mai più lasciato andare ciò che stavo per buttare al vento. Sorrisi debolmente, sapevo che mi avrebbe compreso fino all'eternità.
Mi stesi sulle sue gambe, stringendo la sua vita con un braccio; la sua mano iniziò a vagare tra i miei capelli e riuscii finalmente a calmarmi definitivamente.
Una sola parola uscì dalla mia bocca, tremolante e poco udibile ma ero certo avrebbe compreso. Ero felice si fosse accorto della mia assenza, potevamo avere una seconda possibilità.
-Grazie.-
   
 
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