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Autore: Francy_Kid    16/03/2018    4 recensioni
Chat Noir, la Belva Nera, un ragazzo che ha il potere di distruggere tutto ciò che tocca: una maledizione che lo vede essere temuto da tutti. Solo una ragazza, Marinette, sarà in grado di conoscerlo meglio e capirlo.
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•MariChat•
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INIZIATA: 9 Marzo 2017
CONPLETATA: 20 Marzo 2018
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Cap. 49






 

L'arma che Roux gli puntò contro era la stessa con cui l'aveva mirato prima che Lloyd lo aiutasse a fuggire; la riconobbe dalla canna e dal colore.

 

L'uomo rise, abbassando l'arma. «Sai, fino a poco tempo fa non riuscivo a capire come mai ti rifugiavi qui e mentre ti aspettavo ho potuto dare un'occhiata in giro.»

 

Il felino abbassò le orecchie quando il generale iniziò a rovistare nella tasca della giacca, tirando fuori una foto e mostrandogliela: erano due persone, una donna ed un ragazzo, molto somiglianti tra loro.

 

Chat riconobbe l'immagine e cercò di non dare il minimo cenno di rabbia o altro sentimento negativo, continuando a guardare Roux.

 

«Tutti i quadri raffiguranti questo ragazzo ed il padre sono stati rovinati, ma la donna no, lei è l'unica ad essere ancora intatta. Così ho pensato: perché la Belva Nera dovrebbe interessarsi di una donna così carina? Dopotutto sta facendo di tutto pur di possedere Marinette. E poi ho capito. Ho capito che tu sei il ragazzo qui raffigurato è questa donna è tua madre. Adrien Agreste è in realtà la Belva Nera. Quindi si spiega il motivo per cui gli Agreste sono spariti misteriosamente.» rispose con un ghigno, stracciando e gettando a terra la foto. «A me non importa chi tu sia. Puoi essere anche la persona che ha ricevuto un premio Nobel per la pace, ma hai ferito molte persone e non posso permettere che succeda ancora.»

 

Chat avrebbe voluto spiegargli come stavano le cose, o almeno dirgli che non era colpa sua, che non era ciò che voleva.

 

Ma ragionare con Roux era impossibile e lo aveva imparato dopo svariati giorni in cui era stato suo prigioniero.

 

Il ragazzo scese le scale lentamente, vedendosi nuovamente la pistola puntata contro; eppure non gli importava.

 

Uno dei due sarebbe uscito vincitore e lui avrebbe fatto di tutto pur di rivedere Marinette.

 

 

 

 

 

 

 

—•—•—

 

 

 

 

 

 

 

«Io persi il controllo perché lei non era innamorata di me. La maledizione ebbe la meglio sul mio corpo e sul mio spirito e mi fece uccidere la donna che amavo. Capiterà la stessa cosa a te e Chat Noir se uno dei due non ricambia. L'amore è ciò che permette di spezzare la maledizione, perché è solo con l'amore che si crea una nuova vita.»

 

Le parole di Fu rimbombavano nella sua testa nel mentre che correva verso Villa Agreste.

 

Aveva visto in televisione che Roux non era più alla Tour Eiffel, ma il luogo era comunque sorvegliato dai militari armati, molto probabilmente stavano aspettando che si presentasse la Belva Nera per catturarlo o, peggio ancora, abbatterlo.

 

Finalmente arrivò di fronte al cancello di Villa Agreste, notando all'interno della casa la silhouette di qualcuno; non le sembrava per nulla Chat, così riprese la corsa per andare a controllare di persona, restando appiccicata al muro per ascoltare principalmente ciò che dicevano.

 

«Non attacchi? Cosa c'è? Hai paura? O speri ancora che non attaccandomi ti possa salvare da quello che ti spetterà in futuro?» esclamò Roux con un ghigno stampato sul volto, facendo però un passo indietro quando Chat avanzò.

 

Aveva paura. Anche se era armato ed aveva maggiori probabilità di vincere contro la Belva Nera aveva comunque pura di lui.

 

Marinette, però, non poté restare con le mani in mano; si guardò attorno, cercando qualcosa con cui aiutare il ragazzo.

 

Non trovando nulla percorse qualche metro sulla sua destra, restando nei pressi della porta di ingresso, quando recuperò un pezzo di metallo, forse staccatosi da una ringhiera poco più in alto, ma in quel momento non serviva sapere da dove provenisse, quanto aiutare Chat.

 

Tornò davanti alla porta di ingresso, muovendo qualche passo verso Roux, che le dava le spalle.

 

Chat spostò lo sguardo appena dietro l'uomo non appena vide la ragazza, cercando di nascondere la sua espressione sorpresa, fallendo.

 

«Cos'hai? All'improvviso hai paura?»

 

L'uomo fece per girarsi e controllare chi avesse attirato l'attenzione della Belva Nera, sentendo un urlo rabbioso prima che venisse violentemente colpito alla testa da un oggetto contundente.

 

Marinette respirò affannosamente nel mentre che guardava Roux cadere a terra privo di sensi e con un taglio sanguinante sulla testa; lasciò cadere a terra il pezzo di metallo, che produsse un sordo tintinnio, per poi calciare la pistola a diversi metri di distanza dalla portata di chiunque.

 

Spostò gli occhi su Chat Noir, che la fissava con la bocca aperta ed un'espressione di pura sorpresa.

 

«Che c'è? Se lo meritava.» esclamò, facendo una linguaccia e strizzando l'occhio.

 

Il ragazzo si mosse velocemente verso la giovane, stringendola in un abbraccio.

 

Emise un miagolio strozzato, simile ad un mugolio, seguito da altri brontolii. La stava sgridando, ne era consapevole ma ora non le importava nulla.

 

«Adrien, non mi interessa se mi avevi detto di starmene lontana dai guai. Lo sai che io non ti do mai retta.» ridacchiò, punzecchiandogli la unta del naso con l'indice. «Avevi bisogno di aiuto ed io sono accorsa. Non mi ringrazi nemmeno?»

 

Il felino brontolò nuovamente, abbassando le orecchie e mettendo il broncio.

 

"Ce l'avrei fatta anche da solo"

 

Marinette rise, poggiando la fronte sul suo petto, prendendogli le mani. «Prima te ne sei andato senza concludere ciò che stavi per fare.» esclamò, guardandolo con le guance leggermente velate di rosso.

 

Il ragazzo strabuzzò gli occhi, capendo poco dopo ciò realmente intendesse dire.

 

La storia che raccontò Fu gli balenò nella testa e lo rese agitato

 

Aprì la bocca come per dire qualcosa, ma la corvina gli mise le mani sulle guance, attirandolo più vicino a sé; le loro labbra erano a pochi centimetri di distanza e riuscivano a guardarsi perfettamente negli occhi.

 

Il biondo fece fatica a rimanere lucido nel mentre che si perdeva nel suo sguardo: quei sorridenti occhi azzurri simili a due zaffiri. Erano davvero magnifici.

 

«Non devi temere per ciò che hai sentito da Fu.» disse, accarezzandogli la guancia in un gesto confortante. «La maledizione uccide solo se il sentimento non è ricambiato, ma Io ti amo. Ti amo con tutta me stessa. Ora dipende solo se tu ami me, Chaton.»

 

Come poteva non amarla?! Pensava ogni parola che aveva scritto sulla lettera e, anche se avrebbe voluto averglielo detto in un modo più romantico e con parole più ricercate oltre che romantiche.

 

Ma ora non poteva dire nulla, gli era solo possibile fare un semplice gesto: portò la mano sul petto, per poi spostarla in avanti con il palmo rivolto verso l'alto.

 

Entrambi sorrisero quando la ragazza restituì il gesto, avvicinandosi ulteriormente.

 

Chat si piegò leggermente per essere allo stesso livello della corvina, alzandole leggermente il mento con l'indice.

 

Le loro labbra si toccarono e subito l'aria attorno a loro si fece elettrica: scariche verdi si propagarono dall'anello e Chat si staccò dalla giovane, con la paura di farle del male.

 

Sentì un forte dolore alla testa e se la prese tra le mani, ringhiando e piegando il busto per le forti fitte, come se stesse per esplodere.

 

Marinette fissò la scena preoccupata, cercando di avvicinarsi a lui, ma Chat si allontanò di qualche passo.

 

I suoi occhi divennero totalmente verdi, come quando perdeva il controllo e fissò la giovane ragazza davanti a sé.

 

L'adolescente si portò le mani alla bocca.

 

Che Fu si fosse sbagliato? Magari non c'era davvero cura per quella maledizione. E se il sentimento era ricambiato ed a perdere la vita era il possessore dell'anello?

 

No, non poteva essere.

 

Chat lasciò andare un ringhio di dolore, versando lacrime che gli rigarono la maschera nera prima delle guance.

 

Arrivò a pensare che era finita, che sarebbe morto in quella casa dopo aver causato solo guai e terrore.

 

Però, almeno, avrebbe rivisto sua madre.

 

Senza fiato e senza più alcuna energia crollò sulle ginocchia e la tuta di pelle nera iniziò a sgretolarsi, cadendo a terra poco a poco.

 

Marinette accorse in suo aiuto, prendendolo appena prima che picchiasse la testa a terra, accarezzandogli il viso.

 

Lacrime calde le bagnavano le guance e le impedivano di vedere in maniera nitida, ma il viso pallido senza maschera di Adrien –e  bagnato dalle sue lacrime– era ben visibile.

 

Passò la mano tra i capelli biondi, guardando il palmo quando le orecchie da gatto si sgretolarono tra le sue dita, per poi spostare nuovamente l'attenzione sul volto del ragazzo davanti a sé.

 

«Adrien... Adrien, ti prego, rispondimi...» sussurrò con voce strozzata, tirando su con il naso. «Ti prego... la maledizione è stata spezzata, puoi tornare a vivere normalmente... Per favore...»

 

Le sue preghiere sembravano non essere ascoltate: non respirava ed il suo cuore sembrava non battere.

 

Sistemò il ragazzo a terra, mettendosi accanto a lui ed iniziando a praticare il massaggio cardiaco.

 

«Adrien! Apri gli occhi! Hai vissuto un anno di inferno ed ora che è tutto finito mi abbandoni così?!» urlava, mentre premeva al centro del suo petto ritmicamente, per poi iniziare la respirazione bocca a bocca. «Ho passato mesi a cercare una soluzione per aiutarti.» disse riprendendo a premere sullo sterno. «Mi hai salvata da uno stupratore, sei rimasto al mio fianco per tutto il tempo in cui avevo bisogno di una persona che mi ascoltasse, mi hai fatta ridere, mi hai fatta piangere, mi hai fatta innamorare di te! Non permetterò che tu muoia! Non ora!»

 

I secondi passarono lenti, ma più tempo passava più la speranza iniziava a scemare.

 

Il ritmo di Marinette divenne sempre più lento ed anche la respirazione era minore.

 

Restò con le labbra poggiate su quelle del ragazzo per un po', staccandosi quando un singhiozzo le scosse il corpo; poggiò la fronte contro la sua, restando con gli occhi chiusi.

 

Finita. Era finita.

 

Adrien non c'era più. Il ragazzo che tutti consideravano un mostro ma che lei amava era morto.

 

La sua mente le fece rivivere tutti i ricordi che aveva vissuto con lui, quando una mano calda e tremante le sfiorò la gota.

 

Riaprì gli occhi, dai quali caddero altre lacrime prima che fosse in grado di mettere a fuoco.

 

Due occhi verdi, anch'essi lucidi, la stavano guardando, ed un dolce sorriso ornava il volto del ragazzo che poco prima credeva morto.

 

«Ehi...» sussurrò Adrien con voce roca.

«Ehi.» rispose lei, tirando su con il naso. «Se osi farmi spaventare ancora così giuro che ti uccido con le mie mani.»

«Scusami, non era mia intenzione.» rispose, per poi schiarirsi la gola, sentendo come un gatto che graffiava ad ogni parola che pronunciava.

 

Marinette lo aiutò a mettersi a sedere, ringraziando il fatto che aveva indosso lembi di quello che dovevano essere i vestiti che aveva prima della trasformazione.

 

 Barcollò, aiutato da Marinette a stare in piedi, per poi guardare l'anello, ora di colore argento, che aveva ancora al dito.

 

«Quindi è davvero finita.»

Marinette annuì. «Sì, è finita.»

Adrien portò l'altra mano all'anello, sfilandoselo senza difficoltà, sorridendo e sentendo le lacrime piangergli gli occhi. «Posso avere una vita normale, finalmente.» esclamò asciugandosi le lacrime, facendo annuire la ragazza. «Posso finalmente dirti che ti amo.»

 

La corvina arrossì, girandosi di spalle e tastandosi le guance con le mani, iniziando a pronunciare frasi sconnesse.

 

Adrien sorrise intenerito, prendendole la mano e baciandole il dorso. «Non vedevo l'ora di dirtelo. Ti amo, Marinette.»

«Ti amo anch'io, Adrien.» rispose felice.

 

Il biondo le prese il viso tra le mani, baciandola.

 

Era da tanto che avrebbe voluto sentire il sapore delle sue labbra e finalmente poteva. 

 

Roux si riprese poco dopo, ringhiando quando vide i due ragazzi impegnati a flirtare ed a comportarsi come se lui non fosse lì.

 

Si guardò attorno, non trovando la sua pistola, ma sfilò con pugnale affilato dallo stivale destro, alzandosi con difficoltà a seguito della botta in testa.

 

Quella ragazza era sempre in mezzo, mettendogli i bastoni fra le ruote.

 

Afferrò il braccio di Marinette, stringendolo abbastanza forte, per poi puntarle la lama alla gola.

 

«Vedo che ti sei levato quella ridicola tutina. Ma poco importa, oggi tutti mi considereranno un eroe! Sarò colui che ha ucciso la Belva Nera anche se, ahimè, sono arrivato troppo tardi per salvare la ragazza che aveva imprigionato.» ghignò, spingendo la lama contro la pelle della ragazza, dalla quale uscì un rivolo di sangue, facendola squittire dal dolore, simile ad una puntura d'ape.

«Lascia–» Adrien iniziò a tossire, il dolore alla gola gli impediva di alzare troppo lo voce.

 

Guardò Roux in cagnesco quando lo sentì ridere.

 

«Non preoccuparti. Farò passare le vostre morti per un incidente.» esclamò l'uomo, non importandosene delle lacrime di paura della ragazza che teneva tra le braccia.

 

Era pronto a usare il coltello quando una voce profonda e roca lo fermò di colpo.

 

«Generale d'armata Gaillard...» mormorò sospeso Roux, allentando la presa attorno a Marinette, che ne approfittò per fuggire tra le braccia di Adrien.

«Generale di brigata Roux. Vuole spiegarmi cosa ha intenzione di fare con quell'arma?» domandò l'altro irato, avanzando con passo deciso verso quest'ultimo, portando le mani dietro la schiena e gonfiando il petto, mentre una decina di uomini in divisa si schieravano ai suoi lati.

 

Era un uomo sulla sessantina, con occhi color marrone scuro, capelli grigi, ma tenuti perfettamente in ordine ed un paio di baffi tagliati ordinatamente sopra il labbro superiore, il volto ornato di rughe data l'età.

 

Aveva un'aria seria e trasmetteva prepotenza, lasciando trasparire l'importanza che rappresentava all'interno dell'esercito, soprattutto perché aveva ammansito Roux.

 

«Io... Io volevo solo...» iniziò l'uomo, gesticolando in maniera sconnessa.

«Stava mettendo in pericolo la vita di due civili. Anzi, una la stava uccidendo con le sue mani. Non dovrebbe proteggere le persone, generale Roux?»

 

Era una domanda retorica, poco ma sicuro, pensò Marinette, stringendo la mano ad Adrien quando lui le chiese se stava bene.

 

«Il nostro compito è di servire la patria e proteggere i cittadini, ma lei ha mancato ad entrambi ed ora crede farla franca, giusto?»

«Ma la Belva Nera...» tentò di dire Roux, ma venne subito interrotto da Gaillard, che alzò la voce.

«Chat Noir non è qua. E mi spiega cosa significa ciò che le mie orecchie hanno sentito? Che avrebbe ucciso questi giovani e fatto sembrare il tutto un incidente. Portatelo via.» aggiunse, e  subito, due uomini, afferrarono Roux da entrambe le parti, facendogli cadere il coltello di mano e trascinandolo a forza verso l'uscita della villa.

«Voi non capite! Adrien Agreste è Chat Noir! Lui è la Belva Nera!» urlò finché le porte della macchina non si chiusero, per poi farsi largo tra la folla di giornalisti curiosi e dirigersi verso fuori città.

«L'ho sempre detto che quell'uomo non era una bella persona.» disse sorridente Lloyd, sbucando da dietro le spalle di Gaillard.

 

Marinette ed Adrien si sorpresero a vederlo lì, ma sapevano che, infondo, c'era lui dietro tutt'a quella faccenda.

 

Oppure non si sarebbero mai spiegati come un generale d'armata fosse arrivato in così poco tempo.

 

«Dottor Lloyd, si occupi dei due ragazzi. Io devo andare.» borbottò il generale, dando loro le spalle. «Hanno avuto una giornata davvero intensa.»

 

Presto l'esercito abbandonò la villa; restò solo la polizia per tenere a bada i giornalisti ed i paramedici impegnati a visitare Adrien e Marinette, mentre Lloyd rispondeva alle domande che i media ponevano, ovviamente non rilasciando moli dettagli.

 

Adrien sembrava essere il più malridotto tra i due e lo caricarono in barella su un'ambulanza, mentre Marinette, che aveva un taglio superficiale causato dalla lama del coltello di Roux alla gola, lo accompagnò in ospedale.

 

Per tutto il tragitto si tennero per mano, come se non volessero venire divisi.

 

Ma da quel giorno non lo sarebbero stati mai più. Sarebbero stati insieme.

 

L'una tra le braccia dell'altro.




 
  
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