Io odio le sorprese! …a
parte questa.
Una vena pulsante fece bella mostra di sé sulla fronte ampia
dello shinobi, ignorando la folta matassa di capelli mori che gli ricopriva parte
del volto come una tenda, e nonostante l'uomo si stesse mettendo d'impegno a non sputare
negli occhi del proprio – ex – migliore amico; se dopo tanto tempo uno che
diceva di esserti amico non aveva ancora compreso i tuoi gusti, allora c’era
qualcosa che non quadrava.
Hashirama guardava con aria entusiasta il proprio migliore
amico, facendo guizzare le iridi nocciola tra il volto perennemente contratto
di Madara – aspetta: quella che batteva sul viso era una vena? – e l’oggetto
che gli aveva portato con grazia e calma. …ad essere onesti, si era fiondato in
casa del suo amico senza il benché
minimo preavviso, spalancando la porta della sua stanza e gettandoglisi al collo
con entusiasmo ed affetto, gridandogli “BUON COMPLEANNO”. Il Senju si grattò la
nuca, iniziando a pensare che forse il proprio comportamento poteva essere apparso
un po’ maleducato, e che forse avrebbe dovuto pagare all’Uchiha una visita dall’otorino
per l’orecchio sinistro, ma poi, come una folgore, il pensiero della faccia che
avrebbe fatto il moro appena avesse aperto il pacchetto lo fece riempire di
orgoglio ed emozione. Ah, sì, questa volta si era impegnato a cercare il regalo
perfetto per quello scorbutico, e per quanto ogni anno da quando avevano fondato
il villaggio di Konoha, l’altro gli ripetesse che non sapeva che farsene dei
suoi regali e delle sue moine da moccioso, lui non aveva demorso. Questa volta
era sicurissimo che Uchiha Madara si sarebbe sciolto come un cubetto di
ghiaccio lasciato al sole.
All’ennesimo sorriso smagliante che l’impiastro lì presente
gli rivolse, con gli occhi che scintillavano – fremevano – di curiosità, quasi
nono sapesse cosa ci fosse in quel pacco cilindrico – decorato da un’orribile
fiocco arancione, per giunta – i buoni propositi di mordersi la lingua e
cercare di farlo schiodare dalla sua stanza per sfinimento andarono a farsi
friggere. Così Madara prese un profondo respiro e disse con voce calma:
«Hashirama, cosa ti dico sempre, da tre anni a questa parte,
in questo stesso, preciso giorno?»
…forse il tono usato era stato troppo calmo, poiché chiunque conoscesse un minimo l’Uchiha, sapeva
che se una qualsiasi cosa non gli andasse anche di poco a genio, non si sarebbe
fatto problemi a dire ciò che pensava senza peli sulla lingua. L’Hokage avvertì
un brivido lungo la schiena, mentre con il volto divenuto livido per il
comportamento anomalo dell'altro annuiva debolmente, in segno di scuse. Ma il moro, fedele
alla sua indole di spietato predatore e signore della guerra, fli aveva gettato uno
sguardo di fuoco, ignorando completamente gli occhi supplichevoli del Senju:
«Ti ripeto sempre le stesse cose. Da tre fottutissimi anni: IO
ODIO LE SORPRESE, LE FESTE, LE RICORRENZE, I MALEDDETTISSIMI REGALI CHE TU OGNI
ANNO MI PROPINI!!!
COSA C’È DI COSÍ DIFFICILE DA CAPIRE PER LA TUA TESTACCIA
QUADRA?! NON VOGLIO ASSOLUTAMENTE NULLA… specie da te-»
Un sussulto uscì dalle labbra di Madara, che abbandonò la
sua battaglia verbale contro quella testa di legno che era il Senju, mentre gli
occhi gli si sgranarono increduli: il pacchetto si era appena mosso.
…stava forse impazzendo? I pacchetti non si muovono, o non
hanno l’abitudine di intromettersi nelle sue lezioni di vita, eppure gli era
parso che… trasalì nel vedere che il regalo, ancora, si era sollevato di poco
da terra per poi riadagiarsi subito, quasi dentro ci fosse qualcosa di vivo. Lanciò uno sguardo torvo all’indesiderato ospite,
per poi focalizzarsi sul regalo di compleanno che l’altro gli aveva portato.
«Avanti! Aprilo!!!»
«Se questo è uno scherzo, Senju, ripiangerai di essere nato.»
L’acidità con cu aveva risposto non aveva minimamente intaccato
l’euforia che Hashirama stava mostrando di colpo, e la cosa lo fece irritare
ancora di più. Decise che per ripicca avrebbe aperto il più velocemente
possibile quel regalo, per poi buttarlo fuori a calci da casa sua ed esser lasciato
finalmente in pace. Perciò estrasse il kunai – facendo sbiancare Hashirama – e tagliò
il fiocco arancio, per poi sollevare il coperchio della scatola e cristallizzarsi,
arrossendo fino alla punta delle orecchie.
Nel fondo c’era un piccolo gattino, dal pelo nero e lo
sguardo giallo, vispo, con un fiocchetto di raso rosso a mo’ di collare, che
picchiettava la zampetta contro il bordo del cartone, miagolando di tanto in
tanto.
Hashirama sorrise trionfo mentre osservava gli occhi
solitamente contratti dell’altro luccicare di tenerezza: sapeva di aver fatto
centro. Ogni Uchiha, chi più chi meno, è un gattaro: infatti hanno pure un
contratto con i gatti ninja. Rise apertamente, consapevole di aver vinto quella
piccola sfida, godendosi quella scena in cui il burbero Madara si stava godendo
il proprio regalo, facendosi mordicchiare l’indice dai piccoli denti del micio.
Assunse uno sguardo furbo nel constatare che l’altro era troppo preso dalla
palla di pelo per prestargli troppa attenzione, così decise di fare una semplice
costatazione:
«Ma non avevi appena detto che odiavi le sorprese?»
In risposta il moro gli lanciò uno sguardo torvo, smorzato
dall’alone rosso che ancora gli colorava le guance, per poi sollevare il gatto
con una mano e portarlo al petto, dicendo:
«Infatti odio le sorprese…a parte questa.»
Un mese dopo…
Hashirama proruppe nella stanza senza nemmeno bussare, ma
oramai era una consuetudine che si dimenticasse le buone maniere in quella
villa; tanto le urla che invocavano il suo nome lo annunciavano meglio
degli squilli di tromba.
Madara oramai si era rassegnato alla cosa, ma se avesse
saputo che quel dannato Senju avrebbe “adottato a distanza” il suo regalo, glielo avrebbe lanciato
dietro – con grande dispiacere per quel bel gattino che sarebbe caduto nelle
grinfie di quello scapestrato dell’Hokage-sama. Di consolazione era quella palla
di pelo nera che gli girava intorno e che spesso gli si strusciava contro. Stava
godendo la morbidezza del pelo sotto il tatto quando l’impiastro aprì la porta,
fiondandosi davanti alle ginocchia dell’Uchiha – se la prima volta il moro era
inorridito per l’azione equivoca, urlando e mendando le mani, oramai si era dovuto abituare – e dicendo con voce squillante come quella di
un bambino:
«Come sta oggi il nipotino?»
Nipotino. Già; così aveva preso a chiamarlo. Tuttavia Madara
doveva dire mea culpa e basta, poiché un nome, a distanza oramai di un mese,
non lo aveva ancora trovato.
«Hai trovato un nome?»
Gli chiese il Senju mentre schiacciava i cuscinetti del gatto,
guardandolo interrogativo.
«Non ancora. Non voglio dargli un nome banale come Kuro1
o MouKou2: vorrei qualcosa di originale. Pensavo a Tonkatsu3,
o Korokke4, ma non mi convincono molto…»
Hashirama lo guardò, sconcertato. Ma che diavolo stava
dicendo? Gli era forse venuta fame? Perché chiamare un animale come delle
portate?! Un pensiero lo fece gelare sul posto, lasciando la presa sulle
zampette del felino, perdendo istantaneamente il suo buon umore: non vorrà mica
mangiarlo?!
Si schiarì la gola, cercando di fare – per quanto la tensione glielo permettesse – l’indifferente:
«…perché questi nomi…davvero appetibili?»
Madara lo guardò con fare rassegnato, come se gli avesse
letto nella mente e gli stesse dicendo con gli occhi “ma quanto puoi essere
idiota per pensare che mi mangi i gatti!”; puntò l’indice dietro i capelli
lisci del Senju, facendogli segno di guardare.
Una volta voltatosi, Hashirama rimase basito da quel che
vide: il gatto si era poggiato sopra la trapunta del futon5, aveva
morso l’angolo e aveva tirato verso di sé, strattonando la coperta e
catapultandosi all’indietro, finendo completamente coperto… per poi sbucare con
il musetto fuori dal rotolo di stoffa che si era venuto a creare.
«Ora capisci?»
Oh, sì. Hashirama fu costretto ad ammettere che i nomi erano
perfetti per quel felino che più che un animale pareva un… involtino? Un lampo
gli attraversò la mente, mentre si precipitò a voltarsi verso l’Uchiha:
«Perché non lo chiami Harumaki6?»
«Harumaki?» ripeté scettico e al tempo stesso colpito il
moro, osservando il musetto del gatto che pareva essersi appisolato in quel
risvolto di coperte. Beh, Harumaki… e involtino primavera sia.
1: “Nero”, nome tipico giapponese dato ai gatti
neri. I gatti neri sono segno di fortuna in Giappone.
2: “tigre feroce”. Scusate; Madara è pur sempre
uno shinobi.
3: cotoletta giapponese.
4: crocchetta di patate giapponese.
5: letto tradizionale giapponese: consiste in una trapunta disposta a terra come materasso, un cuscino e delle coperte per restare al caldo.
6: involtino primavera giapponese.
Angolo dell’Autrice:
Nulla di
particolare da dire, se non che volevo assolutamente pubblicare qualcosa per il
mio compleanno, tanto per farmi un regalo (dato che è tantissimo che non scrivo
più nulla così, per piacere di farlo) ed anche perché ero in luna buona oggi.
Oramai si
sarà capito che adoro questi due: ah, io e i pg secondari che forse si calcola
1% della popolazione mondiale del fandom… vabbè, l’idea c’era già da tempo, e
comunque io sono più che convinta che se Hashirama avesse voluto vincere la
guerra senza avere perdite, gli sarebbe bastato piazzare davanti a Madara, agli
Uchiha, un gatto. E la guerra non ci sarebbe stata! Perché tutti gli Uchiha
sono dei gattari.
Perché? Perché
sì.
Ok, spero di
avervi strappato una risata.
Miao a tutti
e alla prossima.