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Autore: Mary P_Stark    04/04/2018    3 recensioni
Maine, 1833
Lucius Bradbury è a capo di una fiorente compagnia navale nelle selvagge terre del Nord degli Stati Uniti e porta avanti i suoi affari grazie all'appoggio del fidato amico, e nativo americano, Albert Greyhawk. Quando giungono a Bass Harbour gli amici di una vita, Lucius è messo di fronte a una realtà di cui, fino a quel momento, non si era reso conto; possibile che la sua amicizia con Lorainne Phillips si fosse trasformata in amore?
Possibile che, grazie a quelle lettere scambiate negli anni, la sua amicizia con lei si fosse trasformata in un legame più profondo? Ed era poi vero che tutto era nato grazie alle lettere?
Quando Lucius si trova innanzi a Lorainne dopo anni di separazione, questi e mille altri dubbi sorgono nel suo animo... e non solo in quello del nobile scozzese.
Ma Lucius potrà permettersi di abbandonarsi alla passione, ammettendo con lei ogni cosa, pur sapendo che Lorainne se ne andrà entro qualche mese? (Seguito dei primi tre capitoli della Serie Legacy)
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra, Secessione americana
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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2.
 
 
 
 
Silver Greyhawk osservava il marito dall’alto del primo piano della villa mentre, al fianco del padrone di casa, era intento a dialogare con i loro ospiti nel giardino sul retro di Liberty House.

Aveva preferito non scendere dabbasso, neppure per rispettare le comuni regole della cortesia. Lei era la moglie dell’attendente del principale e, oltre a essere amica di Lucius, era anche la capocuoca di Liberty House.

Era quasi certa che Lucius avrebbe voluto presentarla ai suoi amici, così come suo marito, ma non se l’era davvero sentita.

Inoltre, non doveva nulla a quell’accozzaglia di nobili provenienti da un altro paese e, anche se era in debito con Lucius Bradbury, non aveva nulla a che spartire con gli altri bianchi di sua conoscenza.

“Curiosare di nascosto non migliorerà la situazione, né li farà andare via prima” mormorò una voce comprensiva, alle spalle della donna lakota.

Volgendosi a mezzo, i neri e lisci capelli sparpagliati sulle spalle, Silver fissò malamente la cameriera che aveva parlato – Janine – e replicò: “Non sono affari tuoi, quel che faccio, e nessuno mi vieta di guardare da una finestra.”

Janine sospirò esasperata, si sistemò un ricciolo dei neri capelli sotto la cuffietta bianca che indossava e asserì con calma: “Silver, nessuno ti sta dicendo che non puoi farlo… ma covare odio a priori non servirà a farti dormire bene la notte. Quando imparerai a calmarti e darci un po’ di fiducia? Non sei più in Sud Dakota, e neppure in quel campo di prigionia.”

Il solo sentir nominare il suo paese – e quello che le era successo – la fece rabbrividire.

Chetandosi subito, Janine le sfiorò con delicatezza un braccio, mormorando dolcemente: “Nessuno ti farà del male, qui, Silver. Davvero. Men che meno gli ospiti di lord Bradbury.”

Silver tornò a lanciare per un attimo uno sguardo oltre la finestra dopodiché, scostandosi, mormorò roca: “Quando avrai visto la tua famiglia trucidata, tuo figlio trapassato da una baionetta e le tue carni malmenate da uomini senza onore, allora potrai parlare, Janine.”

La cameriera preferì non dire nulla, sapendo bene cosa avesse passato la donna, poco meno di cinque anni addietro.

Lucius Bradbury l’aveva trovata ferita e afasica, caricata come un sacco su un carro di schiavisti nei pressi di New Orleans, assieme al marito, legato con catene e imbavagliato perché non parlasse.

Janine non conosceva i motivi che avevano spinto il loro signore a comprarli da quel mercante di schiavi, ma un giorno, di ritorno dai territori del Sud, si era presentato con loro.

Lei e Zoe, le due uniche cameriere presenti a Liberty House, lì sull’isola di Acadia, si erano prese cura di Silver, sia a livello fisico che mentale.

Lord Bradbury e Thomas Seamoury, il loro capo maggiordomo, si erano invece occupati di Albert e delle ferite causate dalle catene e dalle frustate procurategli dai loro carcerieri.

Silver era versata in gravi condizioni per quasi un mese, curata sommariamente a New Orleans prima di essere caricata in fretta su una nave per tornare al nord.

Preda di febbri altissime, era stata in bilico tra la vita e la morte più di una volta ma, alla fine, ne era uscita viva, pur se con l’animo in pezzi.

Albert si era ripreso più in fretta, ma la perdita del figlio aveva pesato molto anche su di lui.

“E’ in ansia?” mormorò Zoe alle spalle di Janine, sorprendendo la cameriera.

Sobbalzando leggermente, Janine si volse a mezzo e, annuendo, disse: “Vorrei soltanto che capisse che non tutti sono come i mostri che le hanno spezzato il cuore e le hanno strappato la patria e il figlio.”

“Sono ferite così profonde, le sue, che mi stupisce il solo fatto che voglia ancora respirare, un giorno dopo l’altro” le replicò Zoe, spiacente.

Le due cameriere si lasciarono con uno sguardo dolente, prima di tornare ai loro rispettivi compiti, sperando che la comune amica trovasse dentro di sé il desiderio di lasciare per sempre l’odio che la divorava.
 
***

Passeggiando dentro casa senza una meta precisa, Lorainne si imbatté per puro caso nella sala della musica e, ammirata, si avvicinò per meglio osservare un pianoforte a coda.

Gli altri avevano preferito rimanere all’esterno ma, per Lorainne, il vento era divenuto troppo fastidioso, così aveva chiesto – e ottenuto – di poter gironzolare per la villa senza accompagnatore.

La nera e sericea superficie dello strumento a coda che tanto l’aveva incuriosita, rifletteva la luce proveniente dall’esterno, emanando vaghe tonalità iridescenti.

I tasti d’avorio sembravano leggermente consunti, segno che il pianoforte non era soltanto un bell’oggetto d’arredo, ma uno strumento amato e utilizzato.

Che Lucius fosse un provetto pianista?

In tutta onestà, lo sapeva visto solo durante le sue visite ad Aberdeen, e in occasione di alcune sue comparsate a York, perciò non sapeva cosa piacesse veramente a Lucius.

Sfiorando la tastiera con dita esitanti, Lorainne pigiò un tasto per saggiarne l’accordatura e, quando la trovò perfetta, sorrise spontaneamente.

Era sempre stata un’amante della musica, in ogni sua forma e declinazione, e trovare un pianoforte perfettamente accordato era come, per Violet, vedere una nave al suo varo.

Levando lo sguardo dal pianoforte, curiosò intorno a sé, ammirando la piccola collezione di strumenti di Lucius, trovando un violino irlandese, una scottish pipe e un flauto traverso.

Chiusi in una cristalliera, scorse una coppia di nacchere in corno, un ottavino in argento e, sorpresa delle sorprese, un piccolo tamburo dall’aria consunta.

Chissà perché si trovava lì?

“Non dovreste essere fuori con gli altri?” esordì seccamente una voce alle sue spalle.

Lorainne si volse sorpresa, sobbalzando leggermente e, nel vedere una donna che non conosceva, si chiese fuggevolmente chi fosse.

Nel notare le sue chiare origini indigene, però, ipotizzò potesse trattarsi di Silver Greyhawk, perciò non se la prese per il suo tono così rigido e sferzante.

Albert non aveva detto loro nulla, riguardo ai motivi che spingevano la moglie ad avercela con gli uomini bianchi, ma Lorainne aveva visto sotto molte forme la malignità dell’uomo.

Ogni volta che aveva curato un bambino, o cambiato i medicamenti a un malato, lei aveva scorto il lato più oscuro degli uomini.

Poteva immagine, anche senza conoscere la verità.

Avvicinandosi un poco alla donna, perciò, sorrise cordiale e disse: “Il vento si era fatto davvero forte, così ho preferito rientrare e dedicarmi alla scoperta della casa. Voi dovete essere Silver, la moglie di Albert. E’ un piacere conoscervi. Io sono Lorainne Phillips.”

Allungò timorosa la mano, non sapendo bene se l’altra donna l’avrebbe accettata o meno.

Silver, in effetti, ristette immobile per diversi secondi, fissando nervosa quella mano protesa, prima di accettarla con un tocco rapido e leggero.

Pur se veloce e un po’ secco, il gesto rilassò Lorainne che, più tranquilla, si guardò intorno e chiosò: “Lord Bradbury ama la musica? Ho notato che il pianoforte ha la tastiera un po’ consunta.”

Gli occhi scuri e ruvidi di Silver corsero subito allo strumento e, pur se di poco, lo sguardo le si addolcì, divenendo quasi tenero.

“Lo suona spesso. Voi suonate?” asserì Silver, tornando a guardarla con espressione dubbia.

“Più volte di quanto la mia famiglia avrebbe voluto, almeno all’inizio” ammise Lorainne, ridendo di se stessa.

“Non vi apprezzavano?”

“Apprezzereste una cornacchia che strepita al vostro orecchio?” ironizzò Lorainne, sorprendendo la donna col suo dire.

“Direi di no” scosse il capo Silver.

“Ecco, all’inizio suonavo davvero male ma, dopo lunghi e penosi anni, sono finalmente migliorata, e ora posso dire di aver raggiunto livelli apprezzabili” asserì la giovane, ammiccando leggermente.

Silver le afferrò un polso per sollevarle una mano, ma Lorainne non le disse nulla, preferendo lasciarla fare.

Era evidente quanto la donna volesse capire qualcosa su di lei e se, per farlo, doveva lasciarsi esaminare – anche in modo un po’ brutale – poteva tranquillamente sopportarlo.

Gli anni passati a curare i bambini negli orfanotrofi, così come nelle fabbriche, le avevano insegnato molte cose, sulla psicologia umana. A volte, le persone ferite si comportavano come gli animali; erano guardinghi, e spesso mordevano, prima di iniziare a fidarsi.

Aggrottando la fronte, Silver mormorò: “Suonate uno strumento a corda. O non vi curate delle vostre mani, in alternativa.”

Ridendo sommessamente di fronte a quello che, qualsiasi altra donna, avrebbe visto come un insulto, Lorainne asserì: “Suono la viola, il violino e il pianoforte, e mi diletto con il flauto.”

“Provatemelo, o non vi crederò” ordinò Silver, con tono vagamente ironico.

La stava mettendo alla prova, o era il suo modo per sciogliere il ghiaccio?

Lorainne non seppe dire di no e accettò la sfida e, dopo essere tornata al pianoforte, si sistemò sullo sgabello per iniziare a suonare ciò che riportava lo spartito.

Il Preludio in C Maggiore di Bach.

Evidentemente, Lucius era un appassionato di classici, nonostante si atteggiasse a uomo anticonformista e moderno.

La cosa divertì in qualche modo Lorainne, che iniziò a suonare con slancio, dando un tocco più rapido e allegro al brano.

Silver si accigliò nel notarlo ma, prima ancora di poter accennare alla cosa, si ritrovò a fissare le mani della giovane che stava suonando.

Sembravano quasi fluide, sui tasti d’avorio, come acqua che scorreva tra le rocce conformandosi al terreno e, al tempo stesso, plasmandolo sotto di sé.

Creava musica pur seguendo le note dello spartito – che peraltro non stava guardando – e dava un tocco personale a un brano già di per sé molto bello.

Lorainne non si accorse del prolungato esame di Silver, troppo impegnata a lasciarsi trasportare dalla musica e dalla perfetta accordatura dello strumento.

Fu solo quando un leggero battito di mani si sovrappose alle ultime note suonate, che la giovane si accorse della presenza di qualcun altro, oltre a lei e Silver.

Volgendosi entrambe verso la porta della sala, trovarono Lucius ancora intento a battere le mani, la spalla poggiata contro lo stipite e gli occhi chiari puntati su Lorainne.

“Sapevo che sapevi suonare molto bene, visto che Violet ha sempre decantato le tue qualità in merito…” esordì lui, smettendo di applaudire per avanzare verso il duetto di donne. “… ma si era dimenticata di dirmi che sei eccezionale.”

Lorainne sorrise leggermente imbarazzata, sistemandosi nervosamente un ricciolo dietro l’orecchio e, nel rialzarsi, asserì: “Non penso di essere molto meglio di altri pianisti che ho avuto il piacere di ascoltare.”

“Dissento totalmente. E tu che ne dici, Silver?” replicò Lucius prima di lanciare un’occhiata curiosa all’indirizzo della donna.

“E’ acqua” disse soltanto la nativa americana, sorprendendo Lorainne, ma non Lucius.

“Acqua, eh? Può essere. Avrebbe senso, visto che la sorella maggiore ama tanto il mare, e la minore è dispettosa quanto un ruscello di montagna. Potrebbe essere connaturato nelle sorelle Phillips” annuì lord Bradbury, sorridendo poi a una confusa ospite. “Pare che Silver ti abbia appena dato un nome lakota.”

“Come, prego? In che senso?” esalò sorpresa Lorainne, scrutando Silver in cerca di spiegazioni.

Fu Lucius, però, a parlare.

“Devi sapere che, nella cultura del Popolo, le nazioni che governano…”

…governavano…” sottolineò aspra Silver, correggendo il suo datore di lavoro.

Lucius le sorrise contrito, ma disse: “Spero sempre si arrivi a un accomodamento, lo sai.”

“Allora, wanikiya1, sei più stolto di quanto potessi pensare di un uomo bianco” asserì Silver, con un leggero sorriso.

Lorainne non si erse a difesa di Lucius unicamente perché lo vide sorridere in risposta a quello che, alle sue orecchie, era suonato come un autentico insulto.

C’era ovviamente qualcosa che non le stavano dicendo, e doveva aver a che fare con il loro passato comune.

E quella parola che non aveva compreso… cosa mai poteva voler dire?

“Tornando al nostro discorso…” disse infine Lucius, lanciando un’occhiata divertita a Silver. “… per il Popolo, è consuetudine scegliere il nome delle persone seguendo le loro attitudini, o eventi particolari a esso legati. Silver, per esempio, deve il suo nome a una stella d’argento che trovò da piccola. Era un oggetto così singolare, per la sua tribù, da portare i suoi genitori a chiamarla, per l’appunto, Stella d’Argento.”

Silver fissò malissimo Lucius, ma lui non le diede corda e, per contro, le domandò: “Quindi, cara, quale sarebbe il nome di Lorainne?”

Mni itaca”  bofonchiò a quel punto la donna, pur non riuscendo molto bene a tenere il broncio a Lucius. Una luce di ilarità brillava nei suoi occhi di pece.

Lorainne lo saggiò sulle labbra un paio di volte, prima di domandarne il significato.

Silver, allora, mormorò: “Significa ‘acqua che scorre’. Le vostre dita… sono come acqua di un torrente che scivola tra le rocce, e producono un suono molto bello.”

Lorainne arrossì per quel bellissimo complimento e, sorridendo di puro cuore a Silver, esalò: “E’ un nome davvero stupendo, e sono contenta che la mia musica vi sia piaciuta. Suonerò ancora per voi, se lo vorrete… e se Lucius mi permetterà di usare ancora il suo pianoforte, ovviamente.”

“Oh, per questo non ci sono problemi” dichiarò l’uomo, ridendo sommessamente. “Sarà un piacere ascoltare qualcuno con maggior talento del sottoscritto.”

“Dubito di esserti così superiore, ma suonerò volentieri, vista la collezione di strumenti che possiedi” asserì allora Lorainne. “A tal proposito, mi chiedevo l’origine del tamburo, e…”

“Quello non si può suonare” intervenne a sorpresa Silver con tono lapidario.

Sorpresa, Lorainne si volse per scrutarla con il dubbio negli occhi e la donna, nel mordersi un labbro, se ne andò senza scusarsi, lasciandoli soli.

Lucius non la richiamò e, con un sospiro, si volse per dare una spiegazione all’ospite.

“Appartiene a suo padre. E’ l’unica cosa che siamo riusciti a recuperare, della sua gente. Il villaggio era stato distrutto, quando tornammo nei luoghi d’origine di Albert e Silver, dopo che… beh…”

Interrompendosi, Lucius pensò a cosa dirle, combattuto tra quanto ammettere, e quanto tenere per sé.

Lorainne, allora, mormorò spiacente: “Le fecero del male? Ho visto dei segni di legatura, sui suoi polsi. Poiché sono diversi anni che abita con te, ne ho dedotto che fossero così profondi da lasciare cicatrici indelebili.”

“Diciamo pure che non furono gentili, con lei” si limitò a dire Lucius, percorso da un fremito.

L’unico insulto che le era stato risparmiato era stato lo stupro, e solo perché gli uomini che l’avevano presa l’avevano considerata poco più di un animale.

Per il resto, il suo corpo era stato offeso in mille modi diversi, prima che Albert riuscisse a trovarla, ben deciso a salvarla.

Dopo aver ucciso una decina di uomini per liberarla, era stato colpito alle spalle con un fucile, caricato su un carro assieme a Silver e ad altri nativi come loro, e condotto a New Orleans per essere venduto illegalmente.

Solo il caso aveva voluto che Lucius e i suoi uomini – accompagnati da un gruppo di soldati del Settimo Cavalleggeri di New York – avessero incontrato quei loschi figuri sulla rotta del sud.

Il capitano Lawrence Kerrington aveva chiesto debito conto della cosa, finendo con il liberare le persone indebitamente rapite dai loro villaggi e mettendo ai ceppi i contrabbandieri di uomini.

Alla fine, solo Albert e Silver erano rimasti con loro, poiché quest’ultima non avrebbe potuto intraprendere il viaggio di ritorno, a causa delle ferite che le erano state inferte.

Presosi la responsabilità di salvarla, Lucius aveva fatto rotta per il porto di New Orleans, era salito sulla sua nave ed era tornato a casa in tutta fretta, al nord.

Lì, aveva chiesto a Zoe e Janine di prendersi cura di Silver e, da quel giorno, la coppia di nativi era rimasta con loro.

Era occorso più di un mese, perché Silver si riprendesse.

Quando Lucius aveva infine accompagnato i due nelle sconfinate praterie dove erano nati e cresciuti, aveva toccato con mano l’oscenità perpetrata dall’uomo bianco.

Si era ritrovato di fronte a una distruzione capillare, alle tende ancora fumanti, ai resti di una battaglia impari. Solo messo di fronte a quello scempio, Albert aveva accettato di seguire Lucius al nord definitivamente.

Le braccia strette intorno al tamburo che, un tempo, era stato del padre, Silver aveva assentito al compagno e, senza una parola, era risalita a cavallo per non voltarsi più indietro.

“Penso che andrebbe anche a me, sparare un poco” mormorò a sorpresa Lorainne, strappando Lucius da quell’incubo a occhi aperti.

“Come, prego?”

Lei gli sorrise a mezzo, e disse: “Sarah voleva dimostrare a Silver di saper sparare bene, nonostante le sue origini nobili. Beh, al momento, vorrei sparare anch’io. Anche perché, l’alternativa sarebbe piangere e, per diverso tempo, spero di aver chiuso, con le lacrime.”

Ciò detto, si scusò con Lucius e se ne andò, lasciandolo con un dubbio annoso nell’animo.

Perché, Lorainne aveva pianto al punto tale da rimanere senza lacrime? Cosa l’aveva fatta soffrire tanto?

Nelle sue lettere, non aveva accennato a nessun evento infausto, o avvenimento che potesse averla ferita in qualche modo.

Rammentava parola per parola di ciò che la ragazza era solito scrivergli dalla sua terra natia, perciò era certo di questo.

Quindi, cosa era successo, a casa, che lei non aveva avuto il coraggio di dirgli, ma che tanto l’aveva sconvolta?

Uscendo turbato dalla sala della musica, si diresse verso l’esterno per scoprire se avrebbe messo in pratica i suoi propositi, ma si bloccò a metà  strada, trovando Silver in attesa.

Vagamente sorpreso, la vide rigirarsi le mani con fare nervoso e, inclinando il capo per la curiosità, le domandò: “Cosa succede, Silver?”

Lei lo fissò con i suoi profondi occhi di pece, prima di ammettere: “Desidero scusarmi con te. Per prima.”

Levando un sopracciglio con autentica sorpresa, l’uomo replicò: “Non mi sembra tu abbia fatto niente.”

“Per… beh, per la tua amica” sottolineò a quel punto lei, arrossendo suo malgrado.

Lucius, allora, sorrise comprensivo e asserì: “Non devi preoccuparti che Lorainne possa essersi offesa in qualche modo.”

“E’ una nobildonna, e io sono solo una donna come tante. Come puoi dire che non si sia offesa? Le altre, sul Continente, sono…” brontolò per contro Silver, venendo però azzittita da un gesto calmo di Lucius.

“Credimi, Lorainne non è ‘le altre’. E neppure le sue sorelle. Se ti convincerai a conoscerle, scoprirai che sono donne molto gentili e generose, con un cuore grande e vedute molto più ampie di quanto tu non abbia avuto occasione di notare in passato, in persone loro pari” le spiegò gentilmente Lucius. “So benissimo che, per la maggiore, le donne di New York e Boston sono molto altezzose, ma loro non sono così. Posso assicurartelo. Inoltre, sanno cosa voglia dire il dolore.”

A quel punto, Silver lo fissò scettica, ma ancora Lucius disse: “Te lo concedo, non per esperienza diretta. Ma curano i malati e i feriti, nella città in cui vivono, e i loro genitori sono i protettori di numerosi orfani, che tengono al sicuro in orfanotrofi da loro gestiti e sovvenzionati. Non sono persone insensibili.”

Silver, allora, annuì cauta e mormorò: “Mi scuserò con lei, allora.”

“Penso che potresti insegnare a Lorainne e a Sarah a tirare con arco e frecce. Lory mi stava giusto dicendo che voleva mostrarti la sua capacità di tiratrice” le sorrise lui, notando la sua evidente sorpresa.

“Le tue amiche… sparano?”

Ridendo della sua aria sgomenta, Lucius la prese sottobraccio e asserì: “Se non sono cambiate negli anni, sanno fare anche più di questo. Vengono da famiglie anticonformiste, e conoscono mio cugino che, per anticonformismo e femminismo, è un baluardo più che saldo.”

“Voi bianchi siete strani. Mi domando come possiate aver conquistato il mondo” esalò Silver, scuotendo il capo ma seguendolo lungo il corridoio.

“Credimi, a volte me lo chiedo anch’io, Silver” asserì l’uomo, dandole un’amichevole pacca sulla mano.

Lei allora gli sorrise appena e, ripensando al modo in cui Lorainne aveva suonato, mormorò: “Sembra una bella persona.”

“Sì, credo anch’io che lo sia” annuì Lucius comprendendo subito a chi lei si stesse riferendo.

Sentire il suono del pianoforte lo aveva attirato come un magnete e, quando aveva scorto Lorainne suonare, non aveva potuto che fermarsi in assorta contemplazione.

Lo aveva sorpreso notare con quanta attenzione anche Silver la stesse studiando, ma ancor di più lo aveva colpito l’estrema naturalezza dei gesti di Lory.

La musica scorreva in lei proprio come l’acqua a cui Silver l’aveva paragonata. E lui, ora, desiderava sentirla suonare ancora una volta.

Forse, glielo avrebbe chiesto di persona, ma avrebbe preferito trovarla ancora una volta immersa nella pace di quei momenti rubati, quando non sapeva di avere un pubblico extra ad ascoltarla.

Sì, così sarebbe stato davvero perfetto perché era convinto che, in quei momenti, Lorainne potesse raggiungere la perfezione.

E lui amava assaporare momenti come quello.






1 Wanikiya (Linguaggio lakota): significa "salvatore".




Note: conosciamo così Silver, la moglie di Albert, e comprendiamo quanto la sua vita sia stata difficile e segnata da lutti e torture. Contrariamente ad Albert, che è riuscito ad andare avanti per cercare una nuova via per se stesso e la moglie, Silver sta avendo ancora difficoltà ad accettare la sua vita senza il figlio, e lo scoglio maggiore è dato dal suo odio verso i bianchi.
Incontrare Lorainne, però, sembra averla destabilizzata in qualche modo, e Lucius ne è sia sorpreso, che affascinato. Vedremo come andrà avanti la cosa, e se le due donne potranno avvicinarsi.
  
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