TUTTO ALLE TRE

La tua valigia è lì sul pavimento
ricordo il giorno quando l'hai portata
settimo piano quante scale eppure quanto ero contento
mentre scendevo quel mattino per aprirti la mia porta.
 

Quella valigia grande abbastanza per portarti via tutto quello che ti appartiene, senza lasciare niente indietro, me la ricordo molto bene.
Il momento in cui Austria mi disse che avrei potuto portarti a casa mia.
Una casa enorme per il bambino che eri all’epoca, per me una delle tante ville che avevo fatto costruire.
Fare le scale non fu un problema quel giorno, ero troppo contento di vederti.

Entrasti come arriva un uragano
successe come quando passa il vento,
ma io non ti capivo non ho mai capito niente
quel mondo che creavi intorno a me sembrava solo strano.
 

Quando aprii la porta per farti entrare, fu come se un vento fortissimo fosse arrivato a scompigliare la mia vita.
Nonostante abbia passato tutta la tua infanzia e la tua adolescenza standoti accanto, tu dicevi che non ti capivo, che non ho mai capito niente.
Per me, in fondo, quel mondo fatto di insulti e di testate sembrava solo strano.

Poi ieri sera quando son tornato
c'era un silenzio che gelava il cuore
era un deserto un luogo abbandonato
più niente intorno, più nessun rumore
ed inciampai nell'ombra di me stesso
in quella casa c’era tutto a posto
sulla valigia chiusa avevi messo due righe:
«Vengo a prenderla alle tre».

Quando ieri sera, dopo la festa a casa di Gilbert, sono tornato a casa, ho notato un profondo silenzio, uno di quelli sordi, gelidi, che ti fanno venire i brividi. Nessun segno, nessun rumore che mi indicasse la tua presenza.
Sono inciampato in qualcosa, probabilmente nei miei stessi piedi, nella mia ombra, sul pavimento non c’era nulla. Tutta la casa era in ordine, come se non fossi mai stato lì.
Solo dopo mi sono accorto della valigia e del biglietto con scritto: «Divento indipendente, vado a vivere a casa di Feli, vengo a prenderla alle tre.»

È ancora notte ed io mi son svegliato
è strano risvegliarsi di traverso
in questo letto grande troppo grande grande come un prato
dove mi sento solo come un cane stupido e disperso.

Mi sveglio completamente avvolto nel buio, nel pieno della notte.
In quel letto matrimoniale enorme, nel quale mi è sempre piaciuto dormirti accanto, è strano svegliarsi di traverso. Ripetevi sempre che era troppo grande, troppo simile a un prato nel quale ci si sdraia a prendere il sole.
In questo momento mi sento solo e stupido, tu mi chiamavi sempre stupido, forse lo sono veramente. Tutto sommato non mi sono mai accorto delle tue sofferenze e di quello che volevi realmente.

E quando un uomo scopre sul suo viso
lacrime calde chiare di bambino
tutto l'orgoglio muore all'improvviso
mi alzo ad un tratto vado a un tavolino
e su quel foglio gocce di sudore
gocce di pianto pochi segni scuri
ogni parola è un grido di dolore:
«ti chiedo scusa torna a casa amore».

Le lacrime scorrono senza che io me ne accorga, mi ritrovo il volto bagnato, sento il mio orgoglio scomparire. Mi alzo, dirigendomi a quel tavolino, quella piccola scrivania, lasciata in un angolo della stanza.
Un foglio, poche righe, che per poco non vengono cancellate dalle lacrime e dal sudore. Ogni singola lettera contiene tutto il mio dolore, le mie grida.
“Ti prego, torna a casa, mi amor”

Angolo dell’autrice
Dunque, questa storia è nata qualche anno fa ed è stata la mia prima storia scritta e pubblicata nel fandom di Hetalia, avevo 15 anni e non sapevo ancora bene cosa significasse scrivere una fanfic (non che adesso lo sappia, ma diciamo che sono migliorata).
La songfic è stata realizzata grazie alla canzone “Tutto alle tre” dei Pooh, che non penso conoscano in molti.
Tutto il testo è stato revisionato dalla sottoscritta, dalla mia amica e dalla mitica Mikirise, che ringrazio ancora moltissimo per la pazienza che ha nell'aspettare che io beti le sue storie ahah
Io vi lascio e spero di riuscire a revisionare altre storie su Hetalia nel giro di poco tempo 
Baci e abbracci
Moi Moi
Fintastic_world