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Autore: FairyCleo    20/04/2018    4 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 58

Quello che le leggende non dicono

 
Ce l’aveva fatta.
C’era riuscito per davvero. Grazie allo sforzo compiuto all’unisono da coloro che avevano creduto di contare meno di zero, Vegeta era riuscito a spingere Oozaru al di là di quella spaventosa porta rossa, ponendo fine alle angherie di quel mostro dall’aria così familiare eppure così tremendamente spaventosa.
E di lui, non vi era più traccia. Non vi era più traccia del re dei saiyan, del guerriero che aveva sacrificato ogni cosa per il bene del mondo, dell’uomo che aveva perso tutto prima di perdere anche se stesso.
Vegeta era sparito insieme al nemico, insieme a quel mostro che aveva preso possesso del corpo del figlio, e di lui non si avvertiva più la presenza.
Prigioniero di un luogo senza spazio e senza tempo, era pianto da chi era rimasto indietro, da chi soffriva e gioiva insieme, da chi non sopportava l’idea di aver assistito inerme al suo sacrificio ma che ne comprendeva pienamente le ragioni.
Eppure, per quanto quel gesto fosse stato nobile, per quanto fosse stato necessario, non avrebbero mai potuto accettarlo pienamente. Anche perché qualcuno, tra loro, era divorato un tarlo insistente e irrefrenabile. Qualcuno, tra loro, credeva che forse le cose non erano esattamente come sembravano.

 
*
 
“Ci è riuscito” – aveva commentato Dende, incredulo – “Ci è riuscito per davvero. Non riesco a crederci… Mi viene da piangere dalla gioia”.
Aveva davvero gli occhi lucidi, il piccolo Supremo. Era come se si fosse appena svegliato da un incubo spaventoso. Era scosso, stravolto, ma felice di sapere che le cose non erano come aveva creduto. Oozaru era stato intrappolato. Vegeta, grazie al suo sacrificio, era riuscito a sconfiggerlo e a porre fine all’inizio del suo dominio incontrastato. Stava forse sognando? Sì, stava sicuramente sognando, non poteva essere altrimenti. L’incubo doveva essersi trasformato in un sogno, non vedeva altre alternative. Per questa ragione aveva iniziato a darsi del piccoli pizzicotti sulle guance e sul dorso della mano destra. Il dolore era reale. Il rossore (per quanto potesse notarsi sulla sua pelle verde) pure. E se tutto quello era vero, se tutto quello era reale, lo era anche un’altra cosa: la certezza che non avrebbero mai più rivisto il saiyan che portava il nome di un pianeta ormai distrutto da tempo. Non avrebbero ma più rivisto Vegeta.
Senza quasi rendersene conto, si era girato verso Bulma e il piccolo Trunks. I defunti membri della sua famiglia erano uno di fronte all’altra, immobili. Il loro composto dolore era tradito dagli occhi lucidi di entrambi e dalle spalle tremanti della donna dai capelli turchini. Il suo bambino, il frutto dell’amore che provava verso quel burbero re, guardava dritto nell’enorme sfera di cristallo, ma Dende era certo che ormai la sua vista fosse troppo offuscata per poter distinguere ciò che vi era mostrato. Non avrebbe mai più rivisto il suo papà. Aveva perso ogni cosa: la sua vita, la possibilità di crescere, e l’affetto di un uomo dai modi barbari che lo amava più di ogni altra cosa al mondo. Sì, aveva ancora la sua mamma, ma quella non era davvero Bulma. Quella donna era solo parte della giovane mamma, moglie e scienziata che tutti avevano avuto modo di conoscere. E Dende era certo che se le avessero concesso di tornare in vita grazie alle sfere del drago avrebbe rifiutato senza esitazioni. Non avrebbe mai accettato di vivere la sua vita senza il marito e senza il figlio. Dalla dimensione che si trovava dietro la porta rossa non si poteva tornare indietro. Non si poteva e basta. E la sua sarebbe stata un’esistenza vissuta a metà.
“Papà…” – aveva sussurrato il piccolo dai capelli color lillà, poggiando entrambe la mani callose sulla liscia e fredda superficie della sfera. La porta rossa, chiusa, sbarrata per sempre, troneggiava imperiosa in quello che era stato il palazzo di Oozaru, sormontando le piccole figure dei superstiti. Essa simboleggiava l’inizio e la fine: la fine della guerra e l’inizio di un infinito tormento. Il suo papà era un eroe. Re Vegeta, il re del saiyan, era un eroe, ma lui non lo avrebbe visto mai più.
Goku era rimasto in silenzio, leggermente in disparte, rigido, contratto, accanto a un Vickas che aveva serrato le palpebre e se ne stava in silenzio a sua volta, perso in un mondo che solo a lui poteva essere noto.
Vegeta non c’era più. Il suo storico rivale, il suo antagonista, colui che considerava quasi un fratello, non c’era più e lui si sentiva… Vuoto. Goku sentiva un vuoto nel petto che difficilmente avrebbe potuto colmare. La perdita di Vegeta era stata un colpo impossibile da incassare, un colpo che lo aveva messo completamente KO. Avvertiva una spiacevolissima sensazione di torsione all’altezza dello stomaco, peggiorata dopo che i suoi occhi si erano posati sulla sua migliore amica e su suo figlio. Avevano dovuto assistere alla scomparsa dell’uomo che amavano e che li amava con tutta l’anima. Le azioni di Vegeta, seppur estremamente nobili, seppur messe in atto per la salvezza dell’universo, avevano riversato il loro peso sulle spalle di quelle due creature così innocenti e così indifese. Perché sì, per quanto Trunks fosse un coraggioso guerriero, in quel momento non era altro se non un bambino indifeso che aveva appena perso per sempre il suo adorato papà.
E si era sentito tremendamente in colpa, Goku. Si era sentito in colpa per non essere stato in grado di aiutare il suo amico e per aver abbandonato Goten quando Chichi lo portava in grembo. Il dolore provato da sua moglie e dal loro secondogenito doveva essere lo stesso che stavano provando Bulma e Trunks, ma lui aveva fatto finta che non ci fosse, che loro potessero stare bene anche in sua assenza, preoccupandosi solo della sua crescita personale e dei suoi allenamenti. E si sentiva un verme, Goku. Per aver messo se stesso al primo posto, per non essere intervenuto quando serviva, per essere rimasto in disparte.
Tremava.
Tremava di rabbia e di vergogna.
Di Oozaru non vi era più neanche l’ombra, la pace era stata ristabilita, ma Vegeta… Vegeta non era più lì. Un uomo aveva sacrificato la propria libertà e forse la sua stessa vita per un bene superiore. Un uomo aveva pagato il prezzo della salvezza dell’umanità mentre lui era rimasto indietro a guardare.
“Il tuo tormento è condivisibile solo in parte” – Vickas non aveva parlato. Al millenario saiyan bastava usare i poteri psichici di cui disponeva per esprimere i suoi pensieri. Goku odiava quella sua capacità, nonostante ne disponesse a sua volta, e la odiava perché lo faceva sentire vulnerabile e violato. Eppure, in quella circostanza, non avrebbe potuto non ringraziarlo per aver deciso di non rendere pubblico quello che ci sarebbe stato tra loro. Non avrebbe sopportato di vedere su di sé gli sguardi di Bulma e di Trunks. Sarebbe stato troppo anche per uno come lui.
“Vickas… Non è il momento di…”.
“Sì, Goku. Invece lo è”.
Vickas aveva preso un profondo respiro e aveva chinato leggermente il capo, continuando a tenere gli occhi chiusi. Era come se si stesse concentrando, come se avesse difficoltà a mantenere il contatto con chissà chi o chissà cosa. Lo invidiava, Goku. Invidiava le sue abilità, invidiava la sua calma, invidiava… Non sapeva neanche lui cos’altro invidiava. Ma non si sentiva a suo agio. E questo Vickas lo sapeva perfettamente.
“Vegeta è vivo” – aveva detto, serio – “Lo sento e lo vedo, Goku. È lì dentro… Con lui… E temo il momento in cui entrambi riapriranno gli occhi”.
“Vickas… Perché mi dici queste cose? Perché?”.
Già, perché? Perché diamine continuava a tormentarlo? Perché era così criptico? Perché custodiva gelosamente tutti quei segreti? Gli costava così tanto parlare con chiarezza?
“Mantieni la calma, Son Goku”.
“La calma? LA CALMA?”.
Stava per esplodere. Adesso capiva perfettamente come si sentiva Vegeta quando era colto da un impeto di rabbia. Perché si divertiva a provocarlo? Perché lo tormentava?
“Per una volta, parla chiaro! Che cosa vuoi da me?”.
“Che tu veda”.
Lo aveva appena sfiorato con la punta delle dita. Era stato un attimo, ma era bastato affinché potesse vedere ciò che lui vedeva, percepiva, e per cui soffriva. Con quel semplice tocco, Goku aveva visto i suoi tormenti e quelli del re dei saiyan. Aveva percepito il dolore, il senso di vuoto, di immensa solitudine che regnava in quel luogo che non poteva neanche definirsi tale. Ed era caduto in ginocchio, Goku, causando panico tra i presenti. Dende era stato il primo a soccorrerlo, chiedendogli preoccupato cosa gli fosse capitato, ma era stato impossibile per il saiyan spiegare il perché dell’improvvisa vertigine che lo aveva costretto a chinarsi, a respingere il conato che per poco non lo aveva fatto soffocare.
Lo aveva visto. Aveva visto il suo corpo ferito e nudo fluttuare nel nulla, aveva visto le sue lacrime e aveva percepito tutta la paura che albergava nel suo animo, in quell’animo che aveva stretto tra le braccia non troppo tempo prima.
“Goku… Goku… Tirati su… Avanti… Tirati su” – Dende era preoccupato, ma non aveva osato toccarlo. La sua mano avrebbe attraversato la sua sagoma senza che potesse realmente aiutarlo. Ma, ora che ci pensava, se Goku era fatto di solo spirito, come poteva soffrire fisicamente?
“Devi… Devi portarmi lì…” – aveva detto, cercando di tornare a respirare regolarmente – “Devi portarmi lì subito”.
“Goku, ma con chi stai…?” – ma poi, Dende aveva capito, e aveva portato entrambe le mani alla bocca, per soffocare l’orrore che stava per venire fuori – “No! Non puoi farlo! È impossibile! Non puoi farcela!”.
“Io non lo lascio lì!” – aveva urlato, cercando di trattenersi – “Non se lo merita! Non lo merita… Io non lo posso lasciare lì”.
Bulma e Trunks si erano avvicinati al Son, con la loro dignità e il loro dolore, e gli avevano sorriso, seppur con una punta di amarezza. Quello era il Goku che conoscevano. Quello era l’amico che li aveva sempre protetti e sorretti nei momenti più difficili, un uomo deciso e certo di ciò che avrebbe dovuto fare, nonostante le difficoltà, nonostante fosse una cosa impossibile. Ma erano certi che lui non avrebbe potuto fare niente per l’uomo che amavano.
“Questo era il tuo piano sin dall’inizio” – aveva affermato, mettendosi in piedi – “Tu volevi che ci trovassimo lì, insieme. Tu volevi che lo fermassimo per sempre”.
Vickas non aveva risposto, limitandosi a guardarlo con quei suoi grandi occhi scuri. Goku aveva ragione. Era quello il suo piano. Glielo aveva accennato appena quando stava per passare a miglior vita, aveva cercato di ripeterglielo più volte prima che Vegeta si sacrificasse e ora glielo stava confermando con quel silenzio pesante come un macigno.
“Portami lì, Vickas. Portami lì subito. Per favore… Ti prego. Portami da lui”.
E in uno schiocco di dita, Goku era scomparso sotto lo sguardo attonito dei presenti.
“GOKU!” – lo aveva chiamato Trunks, cercando di raggiungerlo ovunque egli fosse – “GOKU!”.
Ma non lo avrebbe mai potuto sentire. Goku era lontano, in un posto che non aveva niente a che fare col loro tempo e il loro spazio.
“Vickas…” – Dende gli si era avvicinato, cercando dentro di sé un coraggio che pensava di non avere – “Tu sai quello che fai, non è vero?”.
Il saiyan millenario lo aveva guardato a lungo, in silenzio. Forse, per la prima volta da quando tutta quella storia era iniziata, anche lui cominciava a temere che qualcosa non sarebbe andato come doveva.

 
*
 
La porta si era richiusa un attimo dopo che Vegeta e Oozaru erano spariti dietro i suoi battenti, ma nessuno conosceva il segreto che si nascondeva dietro essa, neppure gli dei. Per quanto fossero creature esperte e millenarie, peccavano di presunzione, e non conoscevano tutti i segreti che si celavano nelle pieghe del tempo. Vickas era l’esatto opposto. L’ambizione, la sete di conoscenza e di potere avevano aperto la sua mente, permettendogli di scoprire ogni singolo, piccolo segreto di quel mondo e non solo. Gli dei avrebbero dovuto sapere che dal momento in cui si apriva quella porta, altrettanti piccoli squarci si aprivano in diversi punti dell’universo. Era un rischio. Quello che era lì dentro avrebbe potuto approfittarne per poi uscire, ma altro sarebbe potuto entrare. E questo aveva fatto Vickas con Goku: aveva approfittato di uno di quegli squarci per consentire al Son di entrare e di compiere la sua missione. Aveva calcolato tutto, il saiyan millenario, tutto. Non avrebbe mai permesso a Oozaru di rimanere ancora in vita. Ma adesso, cominciava a temere di non poter concedere molto tempo ai due saiyan per sconfiggere il nemico e tornare indietro. Non lo aveva dato a vedere, ma i suoi poteri si stavano prosciugando. Il suo compito stava per concludersi, ma doveva resistere. Doveva resistere…
“Fate presto… Non voglio lasciarvi lì”.
E non avrebbe voluto davvero per nessuna ragione al mondo. Per questo, doveva provare a resistere solo un altro po’.

Continua…


Vi chiedo umilmente scusa per il ritardo con cui ho aggiornato questo mio scritto ormai giunto al termine.
Martedì si è laureato il mio fidanzato e ho curato la parte relativa alle bomboniere e alle decorazioni della sala in cui si è svolta la festa e anche le decorazioni della sua casa (per chi non lo sapesse, mi diletto in decorazioni e affini) e non ho avuto tempo neanche per morire. Stanotte parto per Roma! Vado a sfilare con il gruppo di rievocazione storica del mio paese per i Natali! =) Sarò una delle Vestali. Sono stressata, stanca ma felice.
Ma torniamo a noi.
Bene. Ci siamo quasi. Goku ha supplicato Vickas di aiutarlo a raggiungere Vegeta. Non avrebbe mai potuto lasciarlo lì, non trovate? Non sarebbe stato da lui.
Devo dire che Vickas mi fa quasi tenerezza (quasi). Spero davvero che riesca a resistere fino alla fine. Pensate che dramma sarebbe se dovessero rimanere imprigionati entrambi i saiyan in quel luogo tremendo.
Bene, ciò detto, vi saluto, promettendovi maggiore puntualità.
A presto!
Un bacino
Cleo
   
 
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