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Autore: Elizabeth_Keats    02/07/2009    0 recensioni
"Avrei continuato a seguire le sue orme in silenzio come avevo sempre fatto, consapevole di quando valeva il mio cuore pulsante. E non importava se dopo questa ci sarebbero state altre ragazze. Non importava se io sarei rimasta per sempre solo l’amica dei tempi del liceo. Non importava se sulle scale avremmo continuato solo a chiacchierare e niente di più. Io lo sapevo quanto valeva questo… amore. Sì, amore."
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chelsea smile

 

Arrivai in anticipo quella mattina, non c’era ancora nessuno. Posteggiai la mia modesta auto nel piccolo parcheggio di fronte a scuola come tutti i giorni, notando, però, che questa volta solo un paio di macchine mi avevano preceduta. Tanto meglio, pensai con un’alzata di spalle, avrei avuto più tempo per un ripasso dell’ultimo minuto in vista dell’interrogazione di chimica in programma quella mattina. Nonostante ci avessi passato su pomeriggi interi, non ero ancora riuscita a farmi entrare in testa quella dannata robaccia, che per me aveva tanto senso ed utilità quanto un elefante in un negozio di cristalli. Aprii la portiera, recuperai lo zaino ed ero già diretta verso l’entrata della mia scuola, la St. James High School, ovvero l’unico liceo della piccola cittadina del New Jersey dove vivo da quando sono nata. È un piccolo paese non lontano dalla capitale, Trenton, di cui è del tutto inutile citare il nome, tanto lo conoscono solo quelli che ci abitano.

Senza esitare mi sedetti su uno dei gradini in cima alla scalinata d’entrata, dove di solito usa riunirsi la maggior parte degli studenti, tra cui io e il mio piccolo gruppo di amici, prima delle lezioni. Ma a quell’ora la famosa scalinata di granito chiaro era ancora deserta e non mi rimase altro da fare che sedermi al solito posto, prendere dallo zaino il mio “adorato” libro di chimica, pieno di formule e geroglifici sconosciuti, insieme all’ipod, mio inseparabile compagno di vita. Mi infilai gli auricolari da cui, mentre il mio sguardo vagava sulle pagine del libro, si sprigionò quella ben conosciuta melodia un po’ stonata che avevo in testa ormai da una settimana. Intanto le lancette sull’orologio continuavano a procedere lentamente verso l’ora x e il fatidico suono della campanella e il popolo studentesco iniziò a popolare il sito. Ma io ero ancora troppo presa dal mio ripasso frenetico per notare la figura alta e sinuosa che prense silenziosamente posto sul gradino di fianco a me.

«Ed ecco a noi la nostra cara Chelsea Skelton alle prese con…».

«Piantala!» sbottai senza però riuscire a trattenere un sorrisetto.

Nonostante avessi la musica a palla nelle orecchie avevo subito riconosciuto la sua voce. Mi tolsi gli auricolari, che gettai poi da una parte insieme al libro di chimica, dal quale alzai gli occhi per fissarli nei suoi. Un altro sorriso, questa volta più largo e marcato, mi illuminò il viso e distese le rughe di tensione per l’interrogazione imminente. Finalmente eccolo lì al mio fianco, come tutte le mattine del resto. Anche Malcom Tindale frequentava come me il quarto anno e, sebbene non seguissimo le stesse lezioni, ci eravamo conosciuti all’inizio del liceo tramite amici comuni. Da lì era nata una profonda amicizia che era cresciuta con gli anni e che ci portava a vederci ogni mattina davanti a scuola e durante l’intervallo nei corridoi, quasi fosse un’abitudine ormai sedimentata. E io vivevo di quell’abitudine: era una delle principali ragioni per cui ogni mattina la mia persona si dirigeva quasi contenta verso quell’edificio.

«Come mai così in anticipo stamattina?» chiese appoggiando la borsa dei libri e cingendosi le ginocchia con le braccia.

Domanda più che legittima, visto che di solito lui mi precedeva quasi sempre. «Mah, non so. Dev’essere scattato qualcosa nel mio orologio biologico».

«Brava!» esclamò Malcom e sorrise. «Interrogazione di chimica o sbaglio?».

«Non sbagli. Ho una fifa tremenda».

«Be’, di sicuro farai meglio di me con la mia sufficienza risicata».

Per un attimo calò il silenzio tra di noi e io, come mi accadeva spesso, mi soffermai ad osservarlo, mentre lui guardava gli altri studenti entrare svogliati nel cortile della scuola, probabilmente in cerca di un viso conosciuto. Quel giorno di primavera il sole splendeva radioso e i suoi raggi davano ai capelli biondi del mio amico dei meravigliosi riflessi dorati. Gli occhi di un profondo color nocciola erano socchiusi contro il riverbero della luce e la fronte aggrottata. Seguii con attenzione il profilo del naso e delle labbra, anche se ormai sapevo di conoscerlo a menadito. Le spalle dritte e la figura asciutta e vagamente atletica… Malcom, nonostante io lo vedessi come la perfezione fatta a persona, non era certo il tipo di ragazzo che dava subito nell’occhio per la sua bellezza sfrenata e spesso passava in secondo piano. Per quanto mi risultasse non aveva mai avuto una storia vera, anche se erano molte le ragazzine che gli sbavavano dietro, e di certo il suo carattere a prima vista abbastanza timido ed imbranato non lo aiutava molto con le ragazze. Ma io rimanevo comunque del parere che, se solo l’avesse voluto, avrebbe potuto prendersi qualsiasi ragazza. Per questo non vedevo per quale ragione avrebbe mai dovuto perdere tempo con me, l’immagine della banalità. Distolsi a forza lo sguardo da lui e mi costrinsi a riportarlo sulle pagine del libro. Ma l’attrazione verso la mia sinistra era troppo forte, come la forza magnetica di una calamita, e mi portava di tanto in tanto a gettare un’occhiata nella sua direzione. Alla fine notai che aveva tirato fuori dalla tasca dei jeans il cellulare e nel vederlo trafficare furiosamente con la tastiera m’incuriosii un poco: a chi starà mai scrivendo a quell’ora della mattina? Però al momento mi sembrò inopportuno indagare e rimasi zitta, giocherellando con una ciocca di capelli e aspettando che fosse lui a prendere la parola per primo.

«Mi scuso in anticipo se oggi potrei sembrarti un po’ assente» sussurrò con una strana luce negli occhi e un mezzo sorriso.

«Perché?» domandai.

Lui sulle prime sembrò esitare, forse per trovare le parole giuste. «Be’… diciamo che mi sento un po’pazzo. E felice». E sorrise ancora: quel giorno i suoi sorrisi sembravano proprio sprecarsi.

«Ah. E… ehm… come mai?». Mi sentivo quasi una bambina petulante a porre tutte quelle domande.

Lui per la seconda volta apparve a disagio e guardò in tutte le direzioni meno che la mia: avevo toccato forse qualche tasto dolente? Oppure c’era qualcosa che non voleva dirmi?

«Mmm… così. Non farci troppo caso».

«Ah… ok».

Altro silenzio imbarazzato tra di noi, mentre gonfi e neri nuvoloni di dubbio s’impossessavano della mia mente e probabilmente anche della mia espressione. Cercai con tutte le forze di distendere i muscoli facciali, sforzandomi di raggiungere una neutralità abbastanza credibile. Ma tra i pensieri, quelli no, non riuscii a diluirvi un po’ di calma. Possibile che mi stesse nascondendo qualcosa? La risposta mi giunse istantanea: probabile. In fondo io e Malcom in generale non parlavamo mai apertamente tra di noi di ragazzi e ragazze. E questo mi aveva sempre un po’ confortata, perché nel caso fossi diventata la sua confidente per questo genere di cose significava che ormai non avevo più alcuna speranza. Però il non esserlo del tutto mi lasciava come al buio nel bel mezzo di un campo minato. Mentre riflettevo un groppo mi chiuse pian piano la gola, procurandomi la nausea. Per fortuna fui tolta dall’impiccio di dover parlare dall’arrivo di Liz, una delle amiche mie e di Malcom, al quale seguì poco dopo il suono della campanella. Me io sapevo benissimo che quella sarebbe stata una lunga giornata di riflessioni e paranoie. E probabilmente il germe di qualcosa che non avevo calcolato ma con cui mi sarei presto trovata faccia a faccia.

 

How could this be real

I was too scared to show what I am

 

Non posso credere a quello che ho appena sentito. No, di certo devo aver mal interpretato. Eppure le parole che ho sentito uscire dalla bocca di Vanessa rivolte a Liz durante la lezione di storia avevano proprio quel significato. “Ma lo sai che ieri ho visto Malcom con una ragazza? Hai presente quella bionda dell’ultimo anno? E sembravano molto intimi per di più…”. Tutto ciò, ovviamente, l’aveva detto a voce abbastanza alta perché anch’io potessi sentire per bene: come al solito non poteva fare a meno di rigirare il coltello nella piaga. Ma ora il problema non era Vanessa o il suo pessimo carattere, bensì qualcosa che fece saltare subito un paio di battiti al mio povero cuore e mi fece venire le vertigini. Resistetti mezz’ora in quello stato pietoso e alla fine chiesi al professore di poter uscire: tutte quelle ansie e i sospetti influivano negativamente anche sul mio fisico. Senza neanche pensarci, mi fiondai in bagno e mi ci chiusi per un buon quarto d’ora, aprendo la finestra perché mi sentivo letteralmente soffocare.

Malcom con una ragazza? Ma com’era mai possibile? Proprio lui, l’ultima persona che avrei mai immaginato in certi atteggiamenti con il sesso opposto. Lui che sembrava sempre così imbranato, ma che nonostante tutto riusciva sempre ad avere un suo fascino. E io che di questa storia non ne sapevo niente. Come non aveva potuto dirmelo che usciva con qualcuna? Ero stata una stupida a credere che… Mi appoggiai al muro, sconfitta, passandomi una mano sul volto e ricacciando indietro le lacrime che premevano per scorrermi sulle guance. Anche perché se avessi pianto di sicuro al mio ritorno qualcuno l’avrebbe notato. Forse perfino lui. Ormai al mio cervello era palese ciò che il mio cuore provava per Malcom. Costantemente in questi quattro lunghi anni, ma più insistentemente nell’ultimo periodo. Non credo di aver mai provato qualcosa del genere per nessuno e fin dal primo momento in cui l’avevo visto, quando gli avevo stretto la mano balbettando impacciata il mio nome, avevo capito che era una persona diversa. E anche se la mente diceva al cuore che lui era soltanto un mio amico e che sarebbe stato meglio che rimanesse tale, il sentimento non poteva essere frenato. Ormai compariva con regolarità nei miei sogni, a volte nelle vesti di un angelo bellissimo o abbracciato a me senza dire una parola oppure sempre più spesso come una figura silenziosa ed indifferente che fuggiva via da me. Nessuno sapeva di tutto ciò, o almeno non avevo mai fatto a nessuno una dichiarazione ufficiale. Più di una persona dopo averci visti insieme nei corridoi della scuola non poteva fare a meno di affermare quando stessimo bene insieme e lanciarmi qualche frecciatina infantile a riguardo. Ma io rimanevo zitta e facevo orecchie da mercante alle voci che ogni tanto circolavano. Malcom, invece, pareva del tutto estraneo alla faccenda. Più volte mi ero chiesta se fosse trapelato qualcosa dai miei comportamenti che gli avesse fatto capire quanto stessi male per lui. Ma poi mi ricredevo e mi dicevo che io ero troppo abile a nascondere i miei sentimenti e che lui era un po’ troppo lento a capire certe allusioni. E non avevo neppure il coraggio di dirglielo a viso aperto: avevo paura di rovinare un’amicizia importante e… e non sapevo bene nemmeno io cosa. Forse non volevo sentirmi rifiutata, anche se quell’ultima novità faceva cadere tutte le mie aspettative. Avevo sempre sperato e a volte anche creduto che lui provasse qualcosa per me, anche poca roba, ma qualcosa. Che non si volesse esporre come facevo io, ma che tutto ciò sarebbe venuto a galla quando sarebbe stato il momento giusto. Però ora si era infranto tutto e avevo perso la partita. Aveva vinto la bella bionda popolare e l’amica timida e leale doveva farsi da parte.

 

And nothing will change

I was lying

This is defeat

 

«Ehi, stai bene? Hai una faccia…».

Era l’inizio di una nuova giornata di scuola e come al solito ero seduta sulla mia cara scalinata con i miei amici attorno. E c’era anche Malcom, ovviamente. Faceva finta di niente ed era tranquillo e sorridente anche più del solito; mi faceva male vederlo, però come al solito lo cercavo: non potevo proprio farne a meno. Sono masochista lo so, ma dopotutto si continua ad amare l’aria anche quando ogni respiro ci brucia la gola, no?

«Sì, sto bene» risposi cercando di nascondere la stizza per quella domanda. «Solo… be’, l’umore non è il massimo. Ho avuto una giornata di merda ieri».

«Ah» sospirò lui e per un attimo mi piacque vederlo davvero dispiaciuto. «In effetti è un po’ di giorni che sembri giù di corda».

«Sì… si vede che non è il mio periodo fortunato. Sono stanca».

Del tutto indifferente al mio temporale interiore, non solo viene a sbattermi in faccia la sua felicità, costruita anche se a sua insaputa sulla mia tragedia, ma mi viene pure a chiedere come mi sento! Era come chiedere a un malato terminale cosa ne pensasse del tempo. Ma continuai a stare zitta e a soffrire in silenzio, magari anche con qualche lacrima. Ok, più di qualche lacrima. In fondo al cuore, però, c’era ancora un angolino che sperava che questa fosse solo una storia passeggera, una semplice sbandata di percorso e che Malcom sarebbe tornato subito da me appena avesse capito che nessuno può comprenderlo come faccio io. Ieri li ho visti insieme, lui e la bionda di cui ignoro ancora il nome ma che già considero il mio nemico numero uno, che camminavano mano nella mano nei corridoi. Non ho retto e sono dovuta scappare in classe sotto lo sguardo interrogativo di Liz, che però ha evitato di fare domande al riguardo, grazie a Dio. Quanto dovrà durare ancora questo tormento? Per fortuna tra non molto sarebbero iniziate le vacanze estive e così non avrei rivisto Malcom per un po’. Forse era proprio questo quello di cui avevo bisogno: non pensarci. E mettermi il cuore in pace accettando la sconfitta. Ma non ero sicura di riuscirci, perché ormai lui per me era l’aria che respiravo e l’acqua che bevevo e probabilmente la lontananza, il pensarlo assieme a quell’altra mi avrebbe fatto soltanto più male. Almeno allora avevo il sollievo/tortura di vederlo. Ma poi?

 

Bear with me this is all I have left

 

Il giorno dopo sarebbe stato l’ultimo giorno di scuola. Sospirai seduta alla mia scrivania, scrutando il cielo azzurro fuori dalla finestra aperta insieme ai rami degli alberi scossi dal vento. La storia tra il mio amico-ma-qualcosa-di-più e la sua nuova fiamma si era consolidata a vista d’occhio e non credevo di poter più insinuare la mia presenza in qualche crepa per riportare Malcom alle origini. Quel che era stato fatto ormai apparteneva alla storia e non poteva più essere cancellato. Nonostante tutto io continuavo a sperare. A sperare di sorridere con l’unica persona che desideravo abbracciare per tutta la vita. Ma forse le mie erano soltanto le fantasie di una ragazza come tante, ingenua ed imbranata, che sognava ancora il principe azzurro delle fiabe. E che non ha ancora capito che individui del genere non possono esistere. Anche perché sarebbe imbarazzante andare in giro con quel vestitino azzurro. Mi ero illusa che Malcom, se non rispecchiarlo, almeno si avvicinasse al modello di ragazzo con cui avrei voluto coronare il mio sogno di “e vissero felici e contenti”. Mi ero sbagliata. Non c’era nulla per me su quella sponda del fiume, solo dolore e un sogno che sarebbe rimasto per sempre tale e per sempre deriso. Anzi, a dir la verità mi chiedevo se sarei tornata a sorridere come prima. Come quando pensavo a un sorriso che mi aveva rivolto, a una frase particolare che mi aveva detto o al calore della sua mano stretta alla mia d’inverno quando faceva freddo. Sorridevo come una scema quando sentivo la sua voce o la sua risata. Sorridevo nello scorgere il suo sguardo smarrito o qualcuna delle sue facce buffe. Sorridevo ironicamente nel prenderlo in giro per qualche nonnulla. Sorridevo quando al suo compleanno mi aveva ringraziato per il regalo, che gli era piaciuto tantissimo. Sorridevo nel sapere di averlo accanto e nello sperare di piacergli e di aver acceso una piccola fiammella nel suo cuore. Ma ora avrei sorriso di nuovo? Il mondo aveva ormai perso i suoi colori sgargianti per me e il tutto era ridotto a un pessimo film muto in bianco e nero. Agivo come un automa e vivevo nel passato, che continuava a riaffiorare nei miei incubi.

C’era un tiglio proprio davanti alla mia finestra e il vento era talmente forte da strapparne qualche foglia. Una, sospinta da quest’ultimo, venne spinta nella mia camera e si posò con il delicato volteggiare di una farfalla davanti a me sulla scrivania. Quasi fosse la risposta che cercavo, notai che la foglia in questione aveva la forma abbozzata di un cuore. Per un attimo mi sentii quasi insultata: quello era un cuore vivo ed integro a dispetto del mio frantumato in mille piccoli pezzi. Senza controllare le mie mani ed agendo quasi d’istinto, presi una penna e iniziai a scarabocchiare distratta sulla sua superficie verde: tutto pur di tenere impegnata la mente. Alla fine con un certo stupore guardai quello che avevo scritto: Malcom. Sul volto mi si dipinse un sorriso amaro nel costatare che, anche se l’avessi dovuto perdere del tutto, lui non sarebbe potuto mai essere veramente lontano da me. Perché era parte di me. E così mi accorsi che la mia non era solo una cotta di quelle passeggere tipiche dell’adolescenza. Non seppi perché ma questo pensiero mi fece sentire un po’ meglio, forse perché seppi per certo che quella ragazza non avrebbe potuto amarlo mai così intensamente come avevo fatto io. E poi io sarei stata sempre lì, giusto? Quando avrebbe avuto bisogno di me sarei stata al suo fianco come una vera amica, per consolarlo o incoraggiarlo, condividere qualsiasi cosa e ridere di stupidaggini. Avrei continuato a seguire le sue orme in silenzio come avevo sempre fatto, consapevole di quando valeva il mio cuore pulsante. E non importava se dopo questa ci sarebbero state altre ragazze. Non importava se io sarei rimasta per sempre solo l’amica dei tempi del liceo. Non importava se sulle scale avremmo continuato solo a chiacchierare e niente di più. Io lo sapevo quanto valeva questo… amore. Sì, amore. E me lo sarei tenuto stretto, altroché. E avrei visto di risollevarmi da questo stato pietoso, perché dovevo sorridere, dovevo farlo per lui. Solo per lui e basta.

Voltai la foglia e sulla pagina inferiore iniziai a scrivere a getto.

 

Vorrei stringerti forte tra le braccia per un tempo indefinito

Vorrei tenerti per mano senza dir nulla

Vorrei baciarti fino a perdere il fiato

Vorrei farti ridere con qualche battuta idiota

Vorrei vederti arrossire sussurrando un timido “ti amo anch’io”

Vorrei asciugare le tue lacrime cullandoti dolcemente

Vorrei sussurrarti dolci parole all’orecchio fino a tardi

Vorrei guardarti dormire senza avere mai sonno

Vorrei parlare con te di ogni cosa, anche la più piccola

Vorrei contare i battiti del tuo cuore e tenere il ritmo del tuo respiro

Vorrei dormire cullato dal suono della tua voce

Vorrei sognare sempre e solo te

Vorrei inebriarmi del tuo profumo fino ad esserne ubriaco

Vorrei dedicarti ogni cosa bella e ricoprirti di regali

Vorrei semplicemente dirti quando sei importante per me

Vorrei regalarti un sorriso per ogni giorno dell’anno

Vi prego recensite in tanti! Ho scritto questa cosa col cuore, davvero, ed è molto importante per me, quindi ho un assoluto bisogno di sapere che ne pensate. Spero vivamente che questa one-shot sia di vostro gradimento e che magari riesca anche a tirare un po' su di morale qualcuno (senza troppe pretese, ovvio). A presto! :)

  
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