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Autore: Ghostclimber    24/04/2018    3 recensioni
Dopo la vittoria contro il Ryonan, lo Shohoku si ritrova a festeggiare in un locale di karaoke. Una voce parlerà ad Hanamichi, facendolo rendere conto di una verità scomoda...
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! E' la mia prima fic su Slam Dunk, e la prima con una coppia maschile... spero vi piaccia!
​La canzone è Diamonds and Rust (l'originale è di Joan Baez, la versione che mi ha ispirata però è dei Blackmore's Night), so che alcuni versi non corrispondono, ma Hanamichi li ha sentiti così! XD
​Enjoy e, se vi piace, lasciatemi una recensione! ^^

 

Una grande idea.

Una grande idea del cavolo.

Per celebrare la vittoria contro il Ryonan, tutta la squadra dello Shohoku aveva deciso di fare un giro di bevute in un locale di un amico di Mitsui, che aveva garantito di non chiedere l'età di chi ordinava alcolici.

Un vero peccato che fosse un locale di karaoke.

Hanamichi non poté trattenere un gemito di sofferenza al vano tentativo del “cantante” di turno di replicare Don't Stop Me Now. Non avrebbe saputo cantare decentemente nemmeno Pop! Goes The Weasel e ora sembrava un cane della prateria con la raucedine mentre straziava una canzone dei Queen. Dei Queen, porca miseria!

No, decisamente non c'era abbastanza alcool al mondo per tollerare quella schifezza. Per fortuna, i compagni di squadra erano così rumorosi da soffocare un po' il rumore. Beh, a parte Rukawa, ma Rukawa era un caso a parte.

-Nh.- soffiò la volpaccia in questione, seduta alla sinistra di Hanamichi.

Ecco, un altro punto a sfavore della serata! Alla destra di Hanamichi c'era Miyagi, ma lui era ormai sbronzo marcio e parlava a vanvera, col culo appoggiato solo per metà sulla sedia.

In preda ad una noia mortale che la birra ambrata aveva alleviato solo per i primi cinque minuti di novità, Hanamichi guardò Rukawa alzando un sopracciglio. Se avesse risposto, bene, altrimenti bene lo stesso.

-I Queen andrebbero vietati al karaoke.- soffiò Rukawa, con uno sguardo indispettito.

-Freddie Mercury si sta rotolando nella tomba.- concordò Hanamichi. Prese un altro sorso di birra e la tacca della rabbia raggiunse un punto critico: era disposto a provare ad andare d'accordo con la volpe, per amore del coach Anzai, ma proprio sui Queen? I Queen gli piacevano, e ora doveva sopportare di sapere che anche a quell'arrogante pezzo di merda piacevano.

-Fanculo.- borbottò nel boccale.

Finalmente la tortura era finita, e Miyagi si alzò in piedi ad applaudire sonoramente. Hanamichi sbraitò: -Ma che cazzo applaudi, pigmeo? Ha fatto cagare!

-Sono felice che abbia finito!- urlò Miyagi. Lo sentì tutto il locale, e anche la ragazza che stava salendo sul palco per il proprio turno si mise a ridere.

La karaoke machine cominciò qualche lieve accordo di chitarra. Hanamichi non riconobbe la canzone, con sollievo: un altro bel brano storpiato da un caprone sarebbe stato la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. La ragazza sul palco guardò verso il tavolo dello Shohoku e, com'era prevedibile, i suoi occhi si posarono su Rukawa. Gli rivolse un cenno col capo.

“Un'altra gallina senza speranza” pensò Hanamichi, ma con la coda dell'occhio vide Rukawa che alzava pigramente un braccio per rispondere al saluto.

-Miyagi- disse Rukawa. Il tono di voce era basso, ma il timbro caldo della sua voce riuscì ad attirare l'attenzione del compagno.

-Sì?- chiese Miyagi, lo sguardo un tantino fuori fuoco, ma il cervello ancora abbastanza funzionante da farlo rendere conto che Rukawa che parlava di sua spontanea volontà era un evento più unico che raro. Hanamichi si spostò all'indietro mentre il suo acerrimo nemico si protendeva davanti a lui per dire: -Se prendi per il culo anche lei ti spezzo le ossa.- Anche se Haruko era dall'altra parte del tavolo, Hanamichi quasi udì il suo cuore spezzarsi. Stava per spaccare la testa di Rukawa contro il bordo lurido del tavolo, quando accaddero due cose. La prima fu che Rukawa fece una postilla alla propria affermazione (ma com'era chiacchierone stasera!). -È mia cugina.-

La seconda cosa fu che la cugina in questione cominciò a cantare. Una voce insospettabilmente calda uscì dal minuscolo essere umano sul palco, zittendo l'intero locale.

“Well, I'd be damned, here comes your ghost again,

but that's not unusual, it's just that the moon is full and you happened to call.”

Rukawa si raddrizzò e prese un sorso dal cocktail da finocchi che aveva ordinato, un vodka qualcosa. Hanamichi quasi non se ne accorse. Il suo sguardo era catturato dalla ragazza sul palco, che era una specie di versione in miniatura del suo più acerrimo nemico; la sua voce aveva imposto il silenzio in soli due versi, tanto che pure Miyagi si era zittito, e chi era di spalle rispetto al palco si era girato a guardarla.

“And here I sit, my hand on the telephone,

hearing a voice I'd known a couple of light-years ago,

heading straight for the fall.”

Era così espressiva, metteva tutta l'anima in quella canzone, un piccolo diamante nella folla di debosciati stonati come la merda che aveva usurpato il microfono e stuprato le orecchie dei presenti.

“As I remember, your eyes were bluer than robin's eggs,

and my poetry was lousy, you said.

Where are you coming from? A booth in the Midwest”

Occhi più blu delle uova di pettirosso, Hanamichi trattenne il fiato. Un paio di occhi blu apparvero nella sua mente, invadenti, indesiderati. La sua mano tremò tanto intorno al boccale che un paio di gocce di birra spumeggiarono sul tavolo e sul suo braccio, nonostante avesse già bevuto metà della sua pinta.

Perché non erano gli occhi di Haruko.

Non erano gli occhi di una delle altre cinquanta ragazze che l'avevano scaricato.

Non erano gli occhi di una ragazza, in realtà.

Erano gli occhi di Rukawa, che tante volte l'avevano perforato, accompagnate da una parola o due di disprezzo.

“Ten years ago, I bought you some cufflinks,

oh and you brought me something,

we both know what memories can bring...”

La voce della cugina di Rukawa (Rukawa, Rukawa, sempre quella maledetta volpe, neanche i suoi parenti sono sfigati o brutti o incapaci, ma che cazzo!) si ruppe un po' sul secondo verso, colmando il cuore di Hanamichi della stessa amarezza che aveva chiaramente guidato l'autrice della canzone a scriverli. Di botto si rese conto che il disprezzo che Rukawa gli dimostrava in così tante occasioni lo colpiva a fondo.

“...they bring diamonds and rust.”

Ruggine. Ruggine come il colore dei capelli che aveva tagliato dopo la sconfitta contro il Kainan. Ruggine come si sentiva dopo aver ricevuto uno dei lapidari commenti di Rukawa.

Lo guardò con la coda dell'occhio durante un breve stacco musicale, e si trovò di fronte quegli occhi, “più blu delle uova di pettirosso”, che lo scrutavano glaciali. Rukawa non abbassò lo sguardo, costringendo Hanamichi all'ennesima ritirata, l'ennesima sconfitta. Le guance gli bruciavano, e per un istante fu felice di essere immerso nella fumosa semioscurità che fino a qualche minuto prima l'aveva indispettito, lui che amava il sole e la luce.

Rivolse risolutamente lo sguardo verso la ragazza sul palco (ma cos'era, una famiglia di bellezze? Doveva proprio assomigliargli tanto? Era come essere in una sadica stanza degli specchi del Luna Park!) e attese che il rossore delle proprie guance sfumasse.

“Well you burst on the scene, already a legend,

the unwashed phenomenon,

the original vagabond,

straight into my heart.”

Hanamichi rabbrividì. Quella canzone sembrava scritta per lui, per la volpe, quella maledetta volpe. “Dritto al mio cuore”. Dritto... no. No, cazzo, no.

“And there you stayed,

temporarily lost at scene...”

E adesso, perché gli veniva in mente l'immagine di lui che collassava sulla panchina dopo aver segnato quella miriade di canestri contro il Kainan? L'aveva odiato allora, aveva pensato che gli stava bene per aver oscurato il Genio del basket, ma non c'era stata forse anche un po' di... preoccupazione?

“The Madonna was yours for free,

yes the girl on the half-shell

would keep you unharmed”

Quei versi lo fecero pensare ad Haruko. La piccola, bellissima, dolce Haruko, che si sarebbe gettata sotto un treno in corsa per Rukawa... ma sorprendentemente non provò nulla, neanche un briciolo di gelosia. Solo una certa amarezza. Distolse gli occhi dalla ragazza sul palco per guardare Haruko, per cercare quel sussulto del cuore che aveva sempre accompagnato il suo rapporto con lei. La guardò, bevve la sua immagine, e avvertì quel battito fuori corsa del cuore, quando il ginocchio di Rukawa gli sfiorò inavvertitamente la coscia, rendendolo di colpo consapevole di essere seduto a pochi centimetri da lui. Hanamichi sentì l'intero lato sinistro del proprio corpo farsi bollente, e la cute sotto i capelli gelarsi. Non poteva essere in... no, non voleva neanche pensarlo.

“Now I see you standing with leaves falling around

and snow in your hair...”

Non stava immaginando di passeggiare d'autunno e poi d'inverno mano nella mano con Kaede Rukawa, non lo stava facendo!

“Now you're smiling at the window of that hotel over Washington square”

Ok, lo stava facendo. Da domani basta con la birra. La voce della ragazza si tese in un lieve ansito ad accompagnare il verso successivo:

“Our breath comes out white clouds

and mingles and hangs in the air”

Per mischiarsi, due respiri devono essere davvero vicini. La sensazione di gelo si sparse dal cuoio capelluto sul viso, il collo e le spalle di Hanamichi, la cui immaginazione stava correndo così tanto che quasi sentì fisicamente un soffio caldo sulle labbra. Chissà come doveva essere scrutare da così vicino negli occhi blu di quella maledetta volpe, e vederci dentro qualcosa che non era disprezzo.

“Speaking strictly for me,

we both could have died then and there”

Morire, schiattare sul posto, non dover convivere con la consapevolezza di essersi preso una cotta per un altro ragazzo, non solo, di essersi preso una cotta per Kaede “volpe” Rukawa, oh maledizione, l'aveva pensato per intero, morire, schiattare sul posto, quella sì che era un'idea!

“Now you're telling me

you're not nostalgic,

well then give me another word for it,

you were always so good with words,

and at keeping things vague.”

Oh, ecco, finalmente qualcosa che non c'entrava niente con Rukawa! Bravo con le parole... tzè! Ma se a malapena fiatava! Ma erano sempre parole affilate come coltelli, vero? Sempre appuntite, sempre dritte al cuore; tutto sommato sì, era bravo con le parole. E i rarissimi complimenti erano così evanescenti che sembravano sussurri nel vento. “Mi spiace per la tua schiacciata. È un peccato, con le tue abilità.” solo ora, Hanamichi si rendeva conto che non era stato uno sfottò ma un complimento.

“Cause I need some of that vagueness now,

it's all coming back too clearly,

oh, I love you dearly!”

Hanamichi dovette resistere alla tentazione quasi irrefrenabile di piazzarsi le mani in faccia e gemere come una ragazzina idiota. Appoggiò entrambi i gomiti sul tavolo e afferrò il boccale con due mani, allargò le gambe e piantò saldamente i piedi in terra, come alla ricerca di un appoggio stabile adesso che il mondo stava scivolando via, liquefacendosi nello sguardo glaciale di una maledetta volpe arrogante ed egocentrica.

“And if you're offering me diamonds and rust,

I've already paid!”

La voce della ragazza raggiunse il culmine sull'ultimo verso della canzone, e le sue parole, come quelle rare e appuntite del suo bellissimo cugino, colpirono così a fondo Hanamichi che quasi gli si spezzò il cuore nel petto, e gli si mozzò il respiro, e la testa prese di colpo a girargli, tanto che dovette appoggiarsi allo schienale della sedia. Perché quali cazzo di speranze poteva pensare di avere con la volpaccia? Kaede Rukawa, l'uomo di ghiaccio, che con un solo schioccar di dita avrebbe potuto avere ai propri piedi tutte le ragazze di Kanagawa, Haruko per prima. E che non aveva mai dato motivo di credere che fosse interessato al gentil sesso, o al sesso in generale, o a qualcosa che non fosse il basket o se stesso.

Beh, nessuna. “Nessuna” era la risposta. Ma almeno non sarebbe arrivato un due di picche, perché mai e poi mai Hanamichi si sarebbe abbassato a dichiararsi. Mai. Sarebbero dovute piovere rane e grandinare trote.

Gli applausi, scroscianti, cominciarono mentre la ragazza ancora gorgheggiava sulla chiusura del pezzo, ripetendo “Diamonds and rust” con voce sempre più flebile e vibrante, ma Hanamichi non riusciva a costringersi a battere le mani. Aveva la vaga sensazione che sarebbe caduto a terra come una pera matura se solo avesse staccato i palmi della mano dalla superficie zozza e appiccicosa del tavolo del bar, dove le aveva piazzate così saldamente che gli erano sbiancate le nocche.

E poi un tocco lieve, delicato, una mano calda sulla coscia sinistra, poco sopra al ginocchio. La diafana mano di Kaede Rukawa, quella che aveva sbattuto nel canestro così tante pallonate da non poterle contare.

-Va tutto bene, Hanamichi?- un sussurro, appena udibile nel fragore degli applausi, il suo nome pronunciato per la prima volta dalla voce di Rukawa, e (oh mio Dio) quant'era bello pronunciato da lui, e (oh mio Dio) perché doveva succedere proprio a lui?

Hanamichi cercò freneticamente dentro di sé per trovare un po' di esuberanza, un tantinello di aggressività (“Leva quella mano, baciapiselli!” o “Certo che sì, un Genio come me è sempre al top!”), e con orrore vide la propria mano sinistra staccarsi dal tavolo. La guardò muoversi come se fosse quella di un estraneo e la osservò posarsi su quella di Rukawa.

-Sì.- si udì rispondere in un filo di voce, -Sì, penso di sì.- assaporò il contatto con quella mano, più piccola della sua ma muscolosa, insospettabilmente calda, tanto che sentiva la gamba scottare. Ecco, adesso l'avrebbe menato fino ad ammazzarlo. E lui si sarebbe fatto menare senza un fiato, o forse con un unico gemito di gratitudine. Ma Rukawa non si ritrasse.

-E tu?- chiese Hanamichi. E cos'era che tingeva adesso le guance del bel moro sotto la frangetta sbarazzina? E quegli occhi (più blu delle uova di pettirosso), non erano colmi di disprezzo, ma di... no, Hanamichi non poteva, non osava sperarlo.

-Alla grande.- rispose Rukawa. La sua mano indugiò ancora sulla coscia di Hanamichi giusto il tempo di dargli una lieve stretta, quasi impercettibile, poi si ritrasse con dolcezza mentre la bellissima volpe si girava per bere un altro sorso del proprio cocktail.

Ma prima che le sue labbra si arricciassero intorno alla cannuccia, Hanamichi fu certo di averle viste incresparsi in un sorriso.

   
 
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