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Autore: TwinStar    25/04/2005    30 recensioni
Fuori dalla finestra spalancata la osservi e lei osserva te.
Bella, bianca e amorevole come la madre che vorresti avere.
Ti parla con la sua voce invisibile, ti accarezza coi suoi lunghi capelli d’argento. Senti la natura sospirare piano, liberando tutto ciò che è intrappolato dentro di te. Gli alberi respirano, il mondo respira.
Ma non tu. Tu piangi.

Una storia dedicata ad un bambino che troverà la forza nella luna.
Una storia dedicata alla luna, impassibile matrigna.
Una storia dedicata all'amore.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Sirius Black, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ringraziamenti (di cui sentivate certamente la mancanza) di inizio fan fiction: A Sirius e Remus per essere così carini anche (e soprattutto, se no non ci scrivevo sopra delle storie) nella sofferenza; a chi commenta, chi ha commentato e a chi commenterà (con un particolare saluto affettuoso a quelli che COMMENTEREBBERO, MA… XD); a chi appezzerà un Sirius un po’ fuori dai canoni del fandom a cui tengo in maniera particolare; a chi non lo apprezzerà anche se in quel caso sarò costretta a lanciar bastonare; al colore verde che sta bene nel titolo, sta bene anche al mio cane ma non sta affatto bene a me; a internet; al sole, al mare, alle nuvole; agli ondeggianti pettorali di Hugh Jackman, che dovrebbero essere dichiarati illegali in parecchi stati.

Alla luna, impassibile matrigna.

Perché l’amore che cerchiamo possiamo trovarlo solo dentro noi stessi. 

Twinstar

 

 

ED E’ ALLORA CHE VEDI LA LUNA

 

La solitudine non ti ha mai spaventato.

Ti hanno cresciuto abituandoti a stare da solo.

Dovevi essere un dio bello e irraggiungibile, consapevole solo della tua grandezza.

Hai passato gli anni dell’innocenza sentendo i tuoi passi echeggiare in sale deserte, alla ricerca di una voce che non fosse la tua eco triste, di un’immagine che non fosse quella riflessa in uno specchio dalla cornice d’oro, di un abbraccio che non fosse quello delle tue piccole mani bianche strette contro il tuo corpo dalle forme acerbe.

Poi ti sei accorto che non potevi sentire il dolore della solitudine.

Perché non avevi mai vissuto senza di essa.

E non hai più versato lacrime.

 

Non fa male stare da soli.

Puoi sopportarlo, anzi, ti piace.

Sono le parole a farti male, loro ti squarciano il cuore con zanne affilate. Sei una vergogna, grida tua madre mentre la sua mano grande e forte ti colpisce prepotente la pelle nuda. Senti il bruciore, senti la pelle gonfiarsi e quel solletico strano che però ti fa venire voglia di tutto tranne che di ridere. Però quello non fa male. Non come le parole, almeno. Il dolore fisico prima o poi passa. Sei il disonore della famiglia! Artigli e zanne continuano a lacerarti dentro. Sei un mostro! No, non sei tu il mostro. E nemmeno tua madre è un mostro, anche se ti sta facendo tanto male. Sono loro i veri mostri, sono quelle parole che ti svuotano, che ti scavano dolorosamente le viscere dal ventre.

Tu di male non hai fatto proprio niente.

Quelle che dice tua madre sono solo bugie.

Bugie che dice solo per il tuo bene, perché sei stato smistato a Grifondoro mentre lei credeva che fosse meglio andare a Serpeverde insieme alla tua famiglia. Anche quando ti picchia col dorso della mano, quando ti sferza la pelle con quel grosso anello incastonato d’ametiste e diamanti con lo stemma di famiglia in rilievo, quello che porta all'anulare destro, lo fa solo per il tuo bene.

Il bello è che a volte riesci quasi a crederci.

Però l’amore è una fabbrica d’inganni.

Osservi quegli occhi in cui riesci a vedere i tuoi. Tu e lei siete così simili che quasi ti fa male, più degli schiaffi. Vedi in maniera così totale il legame di parentela che vi unisce, quel cordone ombelicale che non è mai stato davvero reciso, che al di là di questo per te non c’è niente.

La luce nei suoi occhi è una luce che ti acceca, che scivola su te, bambino innocente, come l’incantesimo di un mago e come un assassino che nel sonno ti colpisce. Il dolore nuovo lenisce quello vecchio; ora potrebbe continuare a colpire all’infinito e non importerebbe più.

E’ solo per il tuo bene.

E’ solo per il tuo bene.

E’ solo per il tuo bene.

E’ bello pensarlo, rende tutto più facile.

Anche mentre le membra si attorcigliano e contorcono e tirano come un elastico, mentre le mani annaspano nell’aria, mentre le tue grida si perdono nel volto gelido di colei a cui devi la tua vita e il tuo tormento, mentre il tuo corpo viene attraversato da una scarica elettrica del colore del sole al tramonto, mentre senti miliardi di spilli arrugginiti che ti penetrano le carni e il tuo unico desiderio è quello di morire, pensi che tutto quello che ti fa la mamma è solo per il tuo bene. Sei convinto che non sia possibile che una madre possa odiare il proprio figlio, e che debba esserci per forza una spiegazione dietro tutta questa violenza insensata.

Ma tu non sai proprio qual è.

Perché sei troppo piccolo per capire.

Ma troppo grande per dimenticare.

 

Non hai paura di ritrovarti faccia a faccia con te stesso, dopo.

Quando tutto finisce ti ritrovi esanime sul pavimento, a pancia in su a fissare il nulla. Ti piace il nulla, ti dà sicurezza. Perché quando non accade nulla la mamma non ti picchia. Perché quando non accade nulla il papà non torna a casa a dare man forte alla mamma. Perché quando non accade nulla non ti devi vergognare di non essere stato smistato a Serpeverde.

Tu non volevi neanche andarci, a Grifondoro!

Non l’hai chiesto tu, è capitato e basta!

Vorresti gridarlo al mondo, e invece ti limiti a fissare il nulla.

Ti piace il nulla, ti è sempre piaciuto. Perché anche tu sei nulla.

Guardi le tue mani sporche di sangue e polvere con occhi vitrei, e sospiri, e pensi a quanto fossero belle un tempo, quando erano tutte bianche e vederle ti dava solo un gran senso di pace, quando sentirle sul tuo corpo in tenere carezze non ti dava che piacere.

Ora tutto ciò che provi è nausea.

E desideri che qualcuno arrivi a porre fine al dolore.

Ignori le voci nella tua testa che ti dicono che ti meriti tutto questo.

Ignori tuo fratello che ti osserva poggiato allo stipite della porta a braccia conserte. Non hai bisogno di vederlo in volto per sapere che ha di nuovo sulle labbra quel sorrisetto saccente e soddisfatto. Lui è il beniamino della famiglia, il cocco di mamma e papà, ma non gliene fai una colpa. Sei tu che sei un cattivo figlio, e non meriti il loro affetto. Sei uno spostato, un anormale, un mostro.

Regulus no. Regulus ha un anno meno di te. A settembre comincerà a frequentare Hogwarts, ma non c’è bisogno di essere un Cappello Parlante per sapere in che casa verrà smistato. Il suo destino è già scritto in un libro che non gli è permesso leggere ma del quale conosce già il finale.

Basta guardarlo negli occhi per vedere l’uomo che diventerà.

E quell’uomo non ti piace per niente.

Però non ti piaci nemmeno tu.

Non ti piace nulla.

Ti piace il nulla.

 

Ed è allora che vedi la luna.

 

Fuori dalla finestra spalancata la osservi e lei osserva te.

Bella, bianca e amorevole come la madre che vorresti avere.

Ti parla con la sua voce invisibile, ti accarezza coi suoi lunghi capelli d’argento. Senti la natura sospirare piano, liberando tutto ciò che è intrappolato dentro di te. Gli alberi respirano, il mondo respira.

Ma non tu. Tu piangi.

Perché le ferite ti fanno male.

Perché la mamma non ti ama.

Perchè non ti piace stare da solo.

Perché senti di non meritarti nulla di quello che ti accade.

Però questo pensiero invece di gettarti nella disperazione, ti conforta. Improvvisamente il mondo non è più il posto orribile che ti sembrava fino ad un attimo prima. Credi di nuovo nell’esistenza di uguaglianza e giustizia, credi che possano ancora esserci stelle cadenti in cielo, quadrifogli nei prati, e arcobaleni dopo un temporale.

E ti convinci di poter andare avanti ancora un altro giorno.

 

Tu ami la luna.

Hai sempre amato la luna.

E ami tutto ciò che è ad essa connesso.

Perché sai che niente se non la luna può salvarti.

Per questo quando quel ragazzino insignificante con i capelli biondo spento e l’espressione triste che non avevi mai visto prima si siede vicino a te a lezione di divinazione sai già che è lui l’anima gemella che ti ha riservato il destino.

Perché tu ami la luna.

E quel bambino ha la luna negli occhi.

  
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