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Autore: Chiga    03/06/2018    0 recensioni
Ritrovamento di un cadavere vicino a un torrente. Un collega e amico della vittima indaga correndo molti rischi.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il corpo era dietro un cespuglio proprio accanto alla segheria quando gli operai giunsero al lavoro il lunedì mattina. Ad accorgersene fu Bepi che col suo motorino era sempre il primo ad arrivare.
La foschia mattutina che si aggiungeva ad un cielo dal colore indefinito privo di segni premonitori caratteristico di quelle zone, non gli aveva impedito di scorgere una lunga ombra scura fuoriuscire dal cespuglio. Si era avvicinato ed aveva visto un corpo di donna prono a terra con le spalle ed il viso riversi nel torrente. Le acque lambivano la testa mentre i lunghi capelli formavano un ventaglio che galleggiava in superficie. L’uomo, attonito, corse incontro ai suoi compagni di lavoro che stavano sopraggiungendo per dare l’allarme. Si formò un capannello di persone che discuteva animatamente azzardando ipotesi.
“Non toccate nulla!” disse Bepi “Chiamiamo subito le forze dell’ordine”.
Alle 9.00 quando arrivò il proprietario della segheria sulla sua auto nuova, la polizia era già da un pezzo sul posto ed aveva iniziato i rilievi del caso.
Gli operai guardarono sgomenti il loro “capo” quasi cercando in lui una rassicurazione, un punto fermo cui aggrapparsi in mezzo a tutto quel trambusto.
Giunse anche il medico legale e iniziò ad ispezionare il corpo che, trascinato fuori dall’acqua e posto in posizione supina, sebbene avesse il volto tumefatto dai sassi e fosse gonfio, restituiva alla vista sembianze vagamente note. Ci fu un brusìo  tra gli astanti.
Ognuno stava costruendo nella  propria testa un “sua verità”, ma tutti gli operai sembravano riconoscere in quel corpo Linda. La segretaria, la contabile dell’azienda che preparava loro le buste-paga.
Il “principale” cercò di calmare gli animi :”Chi ci assicura che sia lei? E’ vero, stamattina non è venuta al lavoro, ma potrebbe essere a casa con la febbre o aver avuto un problema in famiglia!”.
Poi aggiunse: “La polizia non ha trovato nessun documento che attesti l’identità di quella donna, così conciata potrebbe essere chiunque!”.
In effetti nella borsa che era poco distante dal corpo non c’era nessun documento. Il medico legale aveva detto che la morte risaliva quasi sicuramente alla giornata di sabato e che era stata colpita alla testa con un corpo contundente, ma sarebbe stato più preciso dopo l’autopsia.
“ ‘Ndemo tusi, tutti a casa! Lasciamoli lavorar in santa pace” disse il proprietario.
Prima che gli operai abbandonassero lo spazio antistante la segheria si udì una voce dal forte accento partenopeo dire: “Ehi guaglio’, chi ha avvistato pe’ primo o’ cadavere?”.
Bepi,  che ad udire la parola “cadavere” sentì un pugno nello stomaco, fece un passo avanti dicendo “Io, commissario!” “Non sono commissario, sono l’ispettore Zampa” rispose la voce “Comunque domattina vieni all’ufficio di polizia per il verbale”.
Lasciarono la segheria soli o in piccoli gruppi che continuavano a discutere dell’accaduto, erano discorsi che avrebbero poi continuato in piazza. L’evento sarebbe stato per giorni al centro dell’attenzione. Il ritrovamento di quel corpo aveva interrotto il tranquillo tran-tran di una nebbiosa cittadina del basso vicentino.
Una volta a casa, Bepi non riusciva a darsi pace e decise d’indagare per conto suo. La prima mossa fu quella di prendere la rubrica telefonica e comporre il numero di Linda. Come prevedeva il telefono squillò a vuoto. Allora pensò di chiamare Cesco, il fidanzato storico della donna.
L’uomo gli rispose con la bocca impastata di sonno e di alcol. Quando Bepi  gli chiese notizie di Linda, lui rispose che non l’aveva vista né sentita da giovedì, quando tra loro era scoppiata una lite e lei aveva sbattuta la porta e se ne era andata a casa sua. Le liti tra i due non erano infrequenti e sempre per gli stessi motivi: la gelosia dell’uomo e il suo vizio di eccedere in grappini; “La dipendenza dalla bottiglia è una brutta bestia” Linda glielo diceva sempre e lui puntualmente rispondeva che non era dipendente da niente  e che la bottiglia poteva buttarla in qualsiasi momento, quando non gli avesse più dato piacere, come fosse stata una donna.
La telefonata di Bepi non era stata affatto infruttuosa perché non solo aveva confermato i suoi sospetti, ma aveva anche allarmato Cesco. L’uomo che era sì un po’ alticcio, ma non proprio un incosciente, dette a Bepi il numero di Lella, la sorella minore di Linda che viveva con la madre in un paese poco distante. “Telefonale tu e chiedi notizie! Se sente la mia voce mette giù la cornetta” disse.
Bepi si passò una mano tra i capelli rossicci per  assicurarsi che la sua testa fosse ancora lì ben piantata sul collo, perché a lui sembrava stesse per scoppiare. Indugiò qualche minuto, il tempo di prepararsi un discorsetto che non spaventasse troppo la giovane, ma che potesse spiegare bene la situazione. Tentò più volte di parlarci, ma senza alcun risultato. La trovò solo dopo mezzogiorno perché Lella faceva la maestra elementare. In quelle ore d’attesa lui aveva tagliato e ritagliato il suo discorso, tanto che  al telefono si limitò a chiederle notizie di Linda poiché non era andata al lavoro, non rispondeva alle chiamate e non era nemmeno col suo fidanzato. Lella che aveva risposto con una bella voce argentina, durante la telefonata assunse un tono più grave; le parole di Bepi le avevano messo addosso ansia, cominciava a preoccuparsi per la sorella che non sentiva da venerdì sera.
Il giovane trascorse una notte lunga e tormentata. I brevi periodi di sonno agitato erano squarciati dalle ricorrenti immagini del corpo della donna, ora riverso nell’acqua, ora capovolto sul greto del torrente con gli occhi fissi nel vuoto, ora pietosamente avvolto in un telo prima di essere rimosso. Alle immagini vive e forti se ne alternavano altre più sfocate: il ricordo di Linda dietro la scrivania, Linda che rideva facendo ondeggiare i bei capelli biondi, Linda che aveva una buona parola per tutti, Linda di cui tutti erano segretamente innamorati.
La mattina si alzò  con una  strana sensazione  addosso, un misto d’incertezza, speranza, impotenza di fronte agli eventi. Appena uscito, passò in edicola e comprò il giornale. Cercò la pagina locale del quotidiano e trovò un trafiletto: “cadavere di giovane donna rinvenuto nel al torrente vicino alla segheria; la polizia indaga”.
“Ancora non si sa nulla” pensò lui speranzoso “magari non è davvero Linda, magari è solo una storia che mi sono costruito io, magari Lella e sua madre non avranno da piangere nessuno!”.
Con questi pensieri in testa, Bepi entrò nell’ufficio di polizia.
Mentre aspettava, vide uscire da una porta una giovane donna che si sedette nella sedia accanto alla sua. La guardò in maniera discreta e vide bei capelli chiari raccolti sulla nuca, un viso dai lineamenti delicati senza ombra di trucco, ma angosciosamente contratto mentre i grandi occhi verdi pieni di lacrime gli sembrarono tenere foglie coperte di rugiada. Lei si stringeva nell’impermeabile color salvia più per cercare di difendersi dal mondo che dal freddo. A Bepi sembrò una creatura  impaurita, la cui fragilità era però intrisa di una raffinata eleganza. Istintivamente le sorrise e lei come un automa disse: “Sono  venuta a denunciare la scomparsa di mia sorella e l’agente mi ha detto di attendere il commissario perché  è stato ritrovato il corpo senza vita di una donna”. Il giovane capì immediatamente che quella doveva essere Lella e ne ebbe conferma quando l’agente disse: “Signorina P. entri pure, il commissario ora è libero!”. Era lo stesso cognome di Linda,  le supposizioni di Bepi erano esatte e istintivamente si alzò dalla sedia come per accompagnarla. L’agente fece un segno di diniego poi ci ripensò, entrò nell’ufficio del commissario e tornò dicendo che lui come testimone del ritrovamento del cadavere avrebbe potuto fornire chiarimenti utili all’indagine. Lella e Bepi vennero così ricevuti insieme.
Il commissario con uno spiccato accento milanese fece subito notare ai due la sua efficienza nel raccogliere prove, fare ricostruzioni e risolvere i casi in breve tempo. “Se non fosse per me quest’ufficio non andrebbe avanti! Ordine  ci vuole, scattare, scattare!” disse pieno  di sé e con voce antipatica.
I racconti incrociati di Lella e Bepi chiarirono del tutto la situazione, mancava solo l’atto doloroso del riconoscimento. “La farò accompagnare in macchina da un agente” disse il commissario.
“Può venire anche lui?” chiese Lella indicando Bepi.
“Veramente il riconoscimento è prerogativa dei soli famigliari, non c’è la mamma?”
“Nostra madre non sa ancora nulla, è malata di cuore, ho bisogno di tempo per comunicarle una notizia così sconvolgente” fece lei di rimando.
“Va bene, va bene si faccia pure accompagnare dal testimone” disse il commissario.
Durante il tragitto in auto nessuno dei due ebbe il coraggio di parlare. Se ne stavano muti, ognuno col suo dolore. Quando furono davanti al corpo di Linda, la sorella non poté fare altro che annuire. Non c’erano dubbi. Fu allora  che entrambi scoppiarono a piangere, in maniera convulsa lei, in modo sommesso lui.
Bepi le posò una mano sul braccio e Lella sentì, attraverso gli indumenti, tutto il calore e l’affetto del giovane.
La mattina seguente la cronaca locale del quotidiano portava questa notizia: “ E’ stato indagato e sottoposto a fermo il fidanzato della donna uccisa. La soluzione del caso è imminente”.
Bepi quando lesse il giornale scosse la testa e pensò “Hanno preso un abbaglio, perché Cesco avrà pure i suoi difetti, ma non farebbe male a nessuno. In fondo è un povero diavolo la cui unica colpa è stata quella di aver amato per tanti anni una donna che era “troppo” per lui”.
L’uomo era stato sospettato di essere l’assassino di Linda a causa del litigio tra i due, testimoniato da un vicino e  del ritrovamento del documento d’identità della vittima a casa sua.
Nel pomeriggio , Bepi chiamò Lella che era rimasta molto turbata dalla notizia e non riusciva a costruirsi una sua personale opinione perché i  suoi pregiudizi nei confronti di Cesco e il dolore per la perdita della sorella  le annebbiavano la mente. Comunque decisero d’incontrarsi per parlare. Si dettero appuntamento al Caffè Centrale, dove poter chiacchierare in tranquillità.
Quando lei arrivò, lui era già seduto e la stava aspettando. Ordinarono due cioccolate calde.
Lella mentre sorseggiava la bevanda era più rilassata rispetto al giorno precedente e osservò l’uomo che aveva di fronte come se lo vedesse per la prima volta. Pensò  che aveva proprio un bel viso leggermente squadrato, con un naso regolare e due fossette ai lati della bocca ed  i suoi simpatici occhi nocciola ricevevano dalla luce riflessi dorati; ma soprattutto il suo sguardo era leale, sembrava uno di cui potersi fidare. Il giovane la mise al corrente della sua intenzione di rinvenire prove per scagionare Cesco, cominciando proprio l’indomani quando avrebbe ripreso il lavoro alla segheria. Secondo lui  infatti lì poteva trovarsi la prova per risolvere il caso. Lella annuì mentre gli manifestava tutta la sua angoscia per dover comunicare alla madre la tragica fine di Linda. Bepi posò la mano sulla sua e rimasero così per alcuni minuti; il contatto tra i due era magnetico, prima  di alzarsi dal tavolo lui prese un tovagliolo e le pulì l’angolo della bocca sporco di cioccolata. Fu un gesto di tenera complicità che strappò a Lella un sorriso. Uscirono sottobraccio incontro all’imbrunire.
La mattina seguente, quando riprese il lavoro alla segheria, tutti avrebbero voluto  commentare l’accaduto, ma il proprietario fece subito intendere loro che non ammetteva alcuna chiacchiera in proposito, tanto più che il colpevole era stato assicurato alla giustizia. Un atteggiamento questo che esacerbò ulteriormente l’animo di Bepi, ora più che mai deciso a scoprire la verità.
Così in un momento di pausa entrò con una scusa nell’ufficio del “ principale” e con noncuranza gli chiese: “La polizia ha sentito anche voi, signor Cristallo?”
“Ci mancherebbe altro!” rispose lui “Il cadavere era  vicino al torrente, mica nella segheria. Io  non rispondo di quello che accade fuori della mia azienda!” Aveva pronunciato quelle parole con voce astiosa e concitata, accompagnata da un leggero tremore delle mani.
“Ci mancherà, vero?” fece Bepi
“Sì … sì” tagliò corto l’altro.
Quel breve colloquio aveva dato al giovane la prova che il “ principale” era rimasto molto scosso dalla morte di Linda, ma non solo in quanto sua dipendente; doveva esserci qualcosa d’altro.
Occorreva indagare sul passato di Linda!
Il  giorno successivo, il quotidiano riportava la seguente notizia: “L’autopsia ha rivelato che Linda P. era al secondo mese di gravidanza. Aumentano le prove a carico del fidanzato!”.
Mentre Cesco continuava a proclamarsi innocente e a dire che se avesse saputo di quel figlio in arrivo sarebbe stato felice, il fermo si tramutò in arresto.
“Bisogna agire e subito!” comunicò Bepi a Lella che era anche lei all’oscuro dello stato della sorella. La giovane in quei giorni era stremata: il lavoro a scuola che aveva dovuto riprendere, il ricovero  in ospedale della madre colta da infarto, il piccolo negozio di casalinghi da mandare avanti da sola. Nonostante ciò  si dichiarò pronta a collaborare con Bepi che, dal canto suo utilizzò ogni minuto di tempo libero per alleviare le sue incombenze. Tra i due stava nascendo un sentimento.
“Perché mai Cesco avrebbe dovuto dare appuntamento a Linda vicino alla segheria , di sabato mattina? Era un posto fuori mano per loro e poi, l’arma del delitto con le impronte dov’era?” si chiedevano Bepi e Lella. Il giovane cercava di ottimizzare il suo tempo alternando indagini all’interno della segheria a rilevamenti sul terreno antistante. Appena poteva, entrava di soppiatto nell’ufficio che era stato di Linda per trovare indizi. Il rischio che correva era grande; avrebbe potuto essere scoperto da un momento all’altro. Le sue ricerche però non portarono a nulla. Intanto Lella cercava di contattare amici e conoscenti che potessero fornire qualche informazione utile, ma anche i suoi tentativi furono infruttuosi.
Il giovane  che per amore di Lella, ma anche per amore di giustizia voleva arrivare alla verità,  decise di compiere il passo più pericoloso: introdursi nottetempo nell’ufficio del  “principale”. Col cuore in gola entrò di soppiatto nella segheria deserta, la sua torcia si muoveva sicura illuminando  i vari  ambienti. Fuori solo la luce della luna che brillava in un cielo insolitamente limpido.
Perlustrò l’ufficio e trovò qualcosa: un cassetto chiuso a chiave. “Accidenti!” si disse senza però scoraggiarsi, anzi intenzionato a scoprirne il contenuto segreto. Armeggiò un po’, ma senza risultato. Poi pensò che la chiave potesse essere nascosta da qualche parte, cercò e fortunatamente la trovò dentro una busta tra due faldoni. Aprì il cassetto e vide una fotografia di Linda e un’altra in cui  i due erano insieme col mare sullo sfondo. Poi trovò una scatoletta quadrata di velluto, l’aprì e dentro c’era un braccialetto al cui interno era inciso “A Linda con amore”.
Bepi rimise tutto a posto, lasciò la segheria e se ne andò con questa novità sconvolgente nel cuore: Linda e il “principale” erano amanti!
Cristallo aveva moglie e due figli e la loro storia clandestina avrebbe potuto essere causa di un epilogo così tragico. Bepi non sapeva come mettere a frutto la sua sensazionale scoperta. Non poteva certo recarsi all’ufficio di polizia e dire che si era introdotto nella segheria, macchiandosi del reato di violazione. Allora, confortato anche da Lella pensò di contattare l’ispettore Zampa in modo amichevole, per un consiglio.
L’ispettore era un buon uomo che non condivideva del tutto il modo in cui il commissario aveva condotto le indagini;  ascoltò con attenzione il racconto del giovane e gli disse che l’unica via d’uscita sarebbe stata quella di rinvenire l’oggetto contundente con cui era stata colpita la vittima. Solo le impronte avrebbero inchiodato l’assassino.
Le ricerche  effettuate dalla polizia non avevano dato risultati, ma Bepi avrebbe potuto cercare con calma anche nella zona circostante, spingendosi oltre i luoghi di rilevamento degli agenti. Così fece.
Si armò di pazienza e cominciò la sua perlustrazione. Le ricerche durarono qualche giorno finché la sua tenacia fu premiata. Nascosta sotto un cespuglio trovò una sbarra di ferro la cui estremità era intrisa di sangue. Non la toccò, ma informò subito il commissario che stavolta arrivò insieme a Zampa.
Un agente ripose la sbarra dentro un sacchetto per farla analizzare, intanto l’ispettore strizzò l’occhio a Bepi proprio mentre il commissario commentava: “Giovanotto, sei sempre in mezzo! Non vorrai mica rubarci il mestiere?”.
Con il ritrovamento del corpo del reato e la collaborazione del commissario e dell’ispettore, Cesco venne scagionato; le indagini furono indirizzate da Zampa su Cristallo che si scoprì essere l’assassino. La squallida storia tra i due aveva trasformato l’amore in morte quando l’uomo aveva visto minacciata la sua tranquillità famigliare dall’arrivo imprevisto di un figlio.
La verità aveva finalmente trionfato, soprattutto grazie al coraggio di Bepi  e alla sua perseveranza, supportati dalla sensibilità di Lella e dalla fiducia che aveva riposto in lui.
I due erano liberi ora di vivere serenamente il loro amore.
Era però in agguato una spinosa questione da risolvere.
Con l’arresto di Cristallo e la sua condanna, la segheria  venne chiusa e Bepi rimase senza lavoro.
Lella di fronte a questo ulteriore ostacolo non si perse d’animo, ma escogitò una soluzione che avrebbe risolto i problemi di tutti.
Disse infatti al  suo “moroso”: “Che ne diresti di dirigere un negozio di casalinghi che potremo ingrandire insieme e rendere più moderno? In fondo metterti in proprio è sempre stato un tuo sogno, no?”.
Bepi accettò la sua proposta di lavoro.
Lella accettò la sua proposta di matrimonio.
 
   
 
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