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Autore: BakemonoMori    07/06/2018    2 recensioni
Prima di una serie, i punti di vista dei vari prigionieri dell'attrazione di un luna park.
Questo è il caso dell'inconsapevole Helen, che pagherà a caro prezzo la sua innocenza.
Genere: Dark, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Un gioco, un’attrazione, sì, venne presentato come tale, ed inizialmente ci credetti pure, fino a che non mi
ci ritrovai intrappolata.

Il luna park venne nella mia città anche quell’anno, e la voce di una nuova, enorme, grandiosa attrazione si
sparse sempre più rapidamente, così da attirare a sé centinaia di curiosi ed amanti delle ambientazioni
d’azione e avventura.

Mi ritrovai ad esserne interessata, così decisi assieme ad Anthony, il mio più caro amico, di andarci il giorno
dell’inaugurazione, ed era pieno, eppure l’attrazione era talmente grande che ci permise di entrare tutti.

Eravamo circa un centinaio inizialmente, ma più superavamo la biglietteria, più persone si accalcavano
all’ingresso per partecipare alla prima, grandiosa, partita. “Sarà speciale” promettevano “E chi otterrà la
vittoria della PRIMA partita riceverà un premio, speciale come nessun altro” gracchiavano tutti gli
altoparlanti, che con la loro fredda voce metallica non fecero altro che aumentare il bizzarro senso di
inquietudine che mi pervadeva.

Eppure tutti erano, me compresa, così interessati e curiosi, nonché determinati a vincere, da non farci
neppure caso.

Le regole consistevano in una sopravvivenza “Uno dei partecipanti, scelto casualmente, avrà una pistola,
ovviamente finta, e tutti i concorrenti egli compreso indosseranno un corpetto con, evidenziati da una luce,
i punti vitali. Il prescelto dovrà sparare ed ‘uccidere’ gli altri, che potranno soffiargli via il ruolo scoprendo
chi egli sia senza ‘morire’. Chi sopravvive vince.”

La sfida divenne subito brutale, sembrava di essere sul campo di battaglia di un branco di barbari. Appena
varcato l’ingresso ci trovammo in un capannone, già molti ne erano usciti andando oltre, altri stavano
ancora entrando. I sensi erano al massimo della loro acutezza, ed ogni movimento era calcolato al
millimetro. E tra gli spintoni della massa, io ed il mio amico venimmo divisi praticamente subito, così decisi
di accucciarmi in un angolo per osservare e far eliminare un po’ di concorrenza.

Per mia fortuna scoprì l’oscuro segreto in tempo; vidi entrare un ragazzo, che cadde al suolo l’istante
seguente, attraversato in petto da un VERO proiettile. Sentì l’adrenalina attraversarmi in corpo, mentre
aggredì colui che entrò subito dopo, lo buttai a terra e lo presi a pugni, ancora e ancora, fino a quasi
rompergli il naso; cercò di bloccarmi, e quasi sussurrando mi disse “Ok, ok ti cedo il ruolo” la rabbia mi
invase più che mai, ma mi alzai comunque e tesi la mano per farmi dare l’arma. Come poteva essere così
tranquillo all’idea di aver ucciso una persona, o probabilmente più di una? Lo avrei scoperto a breve.

Si sollevò e tirò fuori l’oggetto, piccolo quanto un pugno, ma porgendomelo, prima di lasciarlo aggiunse “Ad
un solo patto…” ero tutt’orecchi, pronta a scaraventarlo a terra una volta di più “Non spararmi subito,
collaboriamo fino alla fine, poi lotteremo” l’offerta fu così allettante da spingermi ad accettare, avevo
bisogno di alleati, e per quanto poco mi fidassi di lui, ebbi come il sentore di necessitare della sua
protezione, non sarei mai riuscita a sparare tanto facilmente a qualcuno.

“Jacob” sussurrò freddamente “Helen” risposi di fretta.

Mi ritrovai di fronte alla prima occasione di compiere un omicidio dopo aver cambiato edificio, mentre
Jacob ancora si tamponava il viso con uno straccio trovato a terra entrammo, in quello che mi parve un
teatro, usato in quel momento come sala conferenze, e sopra al palco una donna che parlava ad un
microfono; non prestai attenzione a quello che diceva, così corsi dietro una quinta e mirai “I-io non ce la
faccio, non ne ho il coraggio” tentai di affermare, tremando come una foglia, ma prima che potessi
pronunciare questa frase, il mio custode mi strinse le mani, premette il grilletto e mi trascinò all’esterno.

Ci nascondemmo nel buio di un vicolo tra due edifici, ma di dove eravamo precisamente, non ne avevo
idea, quel luogo pareva andare contro ogni legge della fisica. Jacob si sedette “Chissà a chi andrà la kill” si
chiese crucciato; il suo unico pensiero era vincere, non si sarebbe fatto ostacolare da nulla, questo lo avevo
capito. Ma allora, perché non mi aveva attaccata? Perché si comportava in tal modo? Tutte domande a cui
solo il tempo avrebbe dato risposta.

Un manipolo infuriato e spaventato di persone sovreccitate uscì dalla sala, cercando in ogni angolo di quel
luogo fuori misura per trovarci, fino a che qualcuno mi afferrò da dietro; urlai e sparai istintivamente dal
basso, forandogli il cranio da parte a parte, e colpendomi allo stomaco per il rinculo.

“Bella sensazione eh?” non capivo di cosa stesse parlando, eppure, ora che me lo faceva notare, mi sentivo
stranamente bene, troppo bene, ma lui deve aver colto il mio sguardo confuso poiché aggiunse “Quel
corpetto, ad ogni uccisione ti spara in vena una sostanza simile ad una droga, stessa assuefazione, stessa
sensazione di benessere, con l’aggiunta di un forte eccesso di adrenalina. Ti fa sentire una favola, ed a
breve ne vorrai di più”, come faceva a saperlo non ne avevo idea, mentre ne parlava aveva un malato
ghigno in viso e la sola idea del significato di quelle parole mi terrorizzava, volevo rifiutarmi di credergli,
eppure le sensazioni che descriveva erano proprio come mi sentivo. Inutile dire che avevo paura.

Dagli stonati altoparlanti uscì un’acuta voce che recitò “Dieci concorrenti rimanenti”, come poteva essere
possibile? Non avevamo ucciso neppure una ventina di loro, non potevano essere rimasti in dieci.

Nessun problema, la soluzione mi si parò dinanzi pochi attimi dopo: Una coppia di persone, due ragazzi,
uno saltò addosso all’altro mordendogli la gola e lasciandolo lì a morire affogato nel suo stesso sangue.

Una scarica di adrenalina, un altro urlo ed una scarica di colpi si uscirono dalla pistola contro il
sopravvissuto; ero spaventata dalle mie stesse azioni, non capivo cosa mi stava succedendo “Devono aver
aumentato la dose costante per accorciare i tempi” “Ma tu come fai a rimanere così tranquillo?” furono le
parole che la curiosità mi fece pronunciare, ma non ne ricevetti come risposta. Egli sollevò semplicemente
la manica sinistra, scoprendo decine di cicatrici di fori, apparentemente di siringa. Lo guardai confusa e
dispiaciuta, mi sentivo in colpa, sarei dovuta rimanere in silenzio, ma il sorriso e lo sguardo che ricercava i
miei occhi era talmente rassicurante che mi scaldò subito il cuore, facendomi dimenticare per un attimo
tutto il resto.

Mi sollevò facendomi alzare in piedi, mi strinse il polso e mi trascinò in una direzione a me ignota. Pareva
muoversi come se conoscesse ogni angolo di quell’inferno metropolitano.

Dietro ogni angolo giaceva silente almeno un cadavere, quando qualcuno è disperato farebbe di tutto per
sopravvivere, ma grazie alla velocità del passo che Jacob sosteneva riuscì a non prestarci troppa attenzione.

Ci trovammo ai piedi di quella che si rivelò essere una scuola; due piani di incubi, più uno interrato e
misterioso. I superstiti potevano essere nascosti dovunque.

Chissà se Anthony sarebbe stato tra loro…

Entrammo, ma non appena varcammo la soglia, le porte dietro di noi sbatterono e si serrarono. Io sobbalzai
ma Jacob continuava ad essere impassibile.

Volevo scoprire il suo segreto, eppure sentivo che era qualcosa di talmente oscuro che nessun essere
vivente lo avrebbe mai scoperto.

“Sei partecipanti” stridette di nuovo ogni cassa presente, così da aumentare esponenzialmente la mia
naturale adrenalina, e forse anche la dose di quella robaccia, non sono più in grado di dirlo

Vagando a caso entrammo in una sala enorme “Cara vecchia aula magna” affermò Jacob con della sincera
malinconia in voce, quando di colpo una vecchia megera lo assaltò, saltandogli addosso da dietro,
mordendolo e graffiandolo, ma prima che potessi fare qualsiasi cosa, ecco che la scaraventò a terra e le
spezzò l’osso del collo. Ed in segno di rispetto le chiuse addirittura gli occhi, rimasti aperti dal trauma. Non
credevo che lo avrebbe mai fatto, non in un posto del genere almeno.

Qualcuno deve aver assistito alla scena, perché un istante dopo due agili figure balzarono verso di noi
“Merda!” urlò Jacob buttandosi a terra, mentre io, forse per riflessi, forse sotto effetto della droga, riuscì a
colpire l’altra al volo, seguita da un’istintiva raffica di calci, pugni e percosse generiche contro quella che
tratteneva il mio socio a terra.

Quella roba mi stava rendendo un mostro.

Vagammo nella vastità di quella scuola, non trovando nessuno, eppure gli altoparlanti ripetevano senza
sosta “Tre concorrenti”. Quando di colpo, appena prima che potessimo scendere le scale verso il
seminterrato un urlo di terrore, ed un ragazzo le risalì ad una velocità inaudita, come se fosse stato
inseguito da qualcuno, o qualcosa. In un attimo si schiantò contro di me e potei fermare Jacob appena in
tempo gridando “Anthony!” era vivo, mi sentivo così felice che iniziai a ridere, sempre di più, sempre di più.

Avrei dovuto uccidere il mio salvatore o il mio migliore amico, una scelta semplice, non riuscivo a smettere
di ridere. Sentivo la droga scorrere nelle vene in cui ribolliva il rapido sangue.

Puntai la pistola senza esitazione, e senza smettere di ridere premetti il grilletto. Dopodiché buio.

Mi risvegliai sul lettino di un ospedale, accanto ad esso vi erano loro, sani e salvi “Hai distrutto il sistema”
sghignazzò Jacob, mentre sollevato Anthony sorrise.

I medici erano riusciti a togliere il proiettile dal mio cervello causando solo alcuni problemi motori alle
gambe. Così nonostante la sedia a rotelle che oramai mi accompagna senza sosta, continuo la mia
tranquilla vita da diciottenne, ottenendo il premio da tempo promesso:

La vita

   
 
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