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Autore: Ghostclimber    08/06/2018    3 recensioni
Akira Sendoh non era al top della forma.
Per la precisione, stava così dal suo compleanno, un mese e mezzo prima.
Solo una volta, da febbraio, aveva sorriso davvero, ed era accaduto così in fretta che spesso si chiedeva se non l'avesse immaginato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Sendoh, Altro personaggio, Hiroaki Koshino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In realtà non ero intenzionata a pubblicare questa storia, perché più che altro è uno sproloquio mentale in cui corono il mio sogno d'amore con il personaggio di cui mi sono innamorata a prima vista dalla prima volta in cui, annoiata a morte e con un ghiacciolo in mano, mi sono sintonizzata su una puntata di Slam Dunk.

Ma gente, cos'è questo sito se non una raccolta di sogni?

Spero apprezzerete comunque ^^

 

Disclaimer, che mi ricordo di mettere una volta sì e tre no: i personaggi di Slam Dunk non mi appartengono, anche se vorrei mi appartenesse almeno Sendoh. Se mi appartenessero, come minimo Ru e Hana sarebbero già sposati, o quantomeno avrebbero le parti basse molto indolenzite. 

 

 

Akira Sendoh non era al top della forma.

Per la precisione, stava così dal suo compleanno, un mese e mezzo prima. La sua ragazza aveva avuto la decenza di mollarlo dopo San Valentino, ma non si era ovviamente degnata di fargli un regalo: era troppo occupata a compilare le richieste d'iscrizione alla sua nuova scuola, il Kainan, dove aveva trovato la sua nuova fiamma, Shinichi Maki.

Almeno, aveva inviato a Sendoh un messaggio di auguri, senza precisare se fossero auguri per la festa degli innamorati o per il suo compleanno. Era stata abbastanza chiara anche così, e veramente non ci sarebbe stato il bisogno di raggiungerlo, una settimana dopo, per dargli un bacio d'addio e dirgli: “mi spiace ma non ti amo più, ora sto con Maki.”, ma l'aveva fatto, e da allora Sendoh si era trincerato ancora di più nella propria ritrosia, pur mostrando a tutti il solito bel sorriso, per non far preoccupare nessuno, per non farsi chiedere cos'aveva.

 

Solo una volta, da febbraio, aveva sorriso davvero, ed era accaduto così in fretta che spesso si chiedeva se non l'avesse immaginato. Era al campetto con Fukuda, cercando di tirare su di morale l'amico dopo l'espulsione dalla squadra, quando un aggressivo lancio di Fukuda aveva fatto rimbalzare la palla con forza letale verso un gruppetto di ragazze di passaggio; una delle tre si era voltata a mezzo, in un nanosecondo era scattata in avanti e aveva stoppato la palla con una mano sola salvando la faccia di un'amica.

-Scusateci!- aveva urlato loro Sendoh mentre si avvicinava a loro, sforzandosi di non venire meno alla cordialità che tutti gli attribuivano come marchio di fabbrica, cercando di non vedere il volto della propria ex in quelli di ogni singola ragazza di passaggio.

-Nessun problema.- aveva risposto la ragazza che aveva preso la palla, lanciandogliela di nuovo invece di allungare le braccia per posargliela tra le mani; un gesto elegante, che tradiva una certa dimestichezza con i palloni da basket. La palla in questione aveva lasciato le sue piccole dita per fare una stretta parabola in aria prima di ricadere precisa tra le mani di Sendoh, che l'aveva acchiappata al volo senza neanche doversi concentrare.

-Bella presa!- si era complimentato.

-Grazie!- aveva risposto lei con un piccolo sorriso, che Sendoh aveva ricambiato prima ancora di accorgersene, poi si era allontanata senza un'altra parola assieme alle amiche.

-Oh, Yoko ti squarta se sai che hai parlato con un'altra!- commentò Fukuda.

-Yoko mi ha lasciato un mese fa.- confessò Sendoh, poi chiuse il discorso scattando a canestro. Fukuda era il primo a cui lo rivelava, e se l'aveva fatto era solo perché sapeva che Fukuda era abbastanza sensibile da capire quando è il caso di fare domande e quando no; difatti decise con garbo di starsene zitto, e insieme sfogarono la frustrazione giocando fino a quando il sole non fu tramontato.

 

Dopo quel giorno, Sendoh si era recato spesso al campetto, ufficialmente perché era uno dei pochi che c'erano nella prefettura, ma spesso si trovava a guardare i passanti e gli occasionali spettatori alla ricerca di quella ragazza, invano.

Non l'aveva più rivista, e di lei sapeva solo che aveva i capelli lunghi e lisci, la frangetta, un cappotto trapuntato blu e una sciarpa azzurra.

 

-SENDOH!- la voce del coach Taoka lo riprese mentre faceva un'azione.

-Coach?- chiese, sinceramente perplesso. Cos'aveva sbagliato?

-Ti muovi come un procione ubriaco! Tutti vi muovete come dei procioni ubriachi! Non avete disciplina, è per questo che per poco non vi siete fatti battere dallo Shohoku!

-Ma coach...- azzardò Koshino.

-Niente “ma coach”! Lo Shohoku è una squadra di buzzurri e per poco non vi asfaltano!

-Ma coach, Rukawa...- tentò Ikegami.

-Rukawa è una dannata matricola! Dovete imparare a usare più tecnica, altrimenti altro che torneo interscolastico! Il Kainan lo vedrete solo dagli spalti!

-Ma coach...- Uozumi si bloccò da solo, notando lo sguardo assassino di Taoka.

-VENTI GIRI DI CORSA, ADESSO!- il coach continuò a bastonarli per altre tre ore, al termine delle quali i ragazzi erano insicuri sulle gambe, sudati e pronti a crollare. Uekusa sembrava sull'orlo di un collasso, i capelli di solito pettinatissimi di Ikegami erano tutti fuori posto e persino Sendoh non era certo che sarebbe riuscito a tornare a casa vivo.

-TUTTI QUI!- li richiamò all'ordine il coach Taoka. I ragazzi si trascinarono verso la panchina e attesero che il coach, con le braccia conserte e una vena che gli pulsava pericolosamente sulla tempia, dicesse qualcosa.

-Domani c'è la partita d'esordio della squadra femminile.- annunciò. Nessuno osò parlare, ma la domanda inespressa rimase sospesa: “e allora?”

-La coach Hayashi ha messo su una squadra abbastanza buona, ed esigo che domani tutti voi veniate a vederle giocare.

-Ma coach...- riprovò Koshino. La fatica di trovare il fiato per proseguire la frase gli fu risparmiata dallo sguardo del coach, pervaso di un'ira funesta.

-NIENTE “MA COACH”!- ripeté, come prima, e per un attimo Sendoh si sentì gelare la spina dorsale: non avrebbe potuto reggere altre tre ore di punizione, neanche dieci minuti. Si odiò per avergli dato la scusa per riprenderlo: ancora una volta si era trovato a pensare a Yoko, e al fatto che l'aveva spesso rimproverato di passare troppo tempo a giocare a basket e troppo poco con lei.

-Le femmine giocano pulito e sono in grado di applicare degli schemi di gioco invECE DI CORRERE A CAZZO DI CANE IN GIRO PER IL CAMPO COME DEI CAMOSCI IN CALORE!- nessuno osò fiatare. L'allenamento di quel giorno era stato davvero uno schifo, se ne rendevano tutti conto. Senza Sendoh, o con un Sendoh così loffio e poco propositivo, la squadra non valeva un fico secco. Nessuno sapeva che diavolo gli prendesse, non era tipo da confidenze, quindi non potevano nemmeno provare a farlo riprendere.

Il coach li guardò uno ad uno, soddisfatto del rispetto che era riuscito ad imporre. Mise le mani sui fianchi e ordinò: -Domani alle due meno un quarto vi voglio tutti qui, chiunque mancherà dovrà dimostrare di essere in punto di morte altrimenti per tutto il campionato scalderà la panchina! E ora veloci, a cambiarvi!- era chiaramente un ultimatum, e nessuno dei ragazzi fu così stupido da ribattere, nemmeno Hikoichi, che forse però era solo ammutolito dal terrore.

Sendoh si cambiò con lentezza e accolse con un sospiro il tepore dell'acqua calda che scioglieva i muscoli tesi. Rimase sotto il getto in silenzio, a godersi la fine di quell'allenamento che sembrava più che altro una rievocazione storica di un campo di prigionia russo e ad ascoltare i borbottii dei compagni di squadra. A quanto pare, nessuno aveva voglia di andare a veder giocare delle ragazze, tranne Uozumi, che ad un certo punto stupì tutti sfoderando l'idea che magari avrebbero trovato delle stangone in cerca di un uomo da condannare a morte per Snu-Snu, come le aliene giocatrici di basket che c'erano in una puntata di Futurama.

-Oh, sì, e per un po' di Snu-Snu devo sorbirmi quaranta minuti di ragazze che palleggiano e saltellano qui e là per il campo?- commentò Koshino.

-Molti fondamentali e pochi punti, è più divertente!- citò di nuovo Uozumi, imitando il tono primitivo del personaggio di Futurama. Questo, esattamente come nel cartone, scatenò le risate di tutti. Anche Sendoh si unì al divertimento, sebbene più per apparenza che per reale spasso.

Mentre si frizionava i capelli bagnati con un asciugamano, il mezzo sorriso della sconosciuta ragazza al campetto gli tornò in mente. E quel gesto così elegante... al momento era stato sicuro di avere di fronte una persona che giocava a basket, per quanto fosse bassa e sembrasse anche un po' cicciottella. Si crogiolò per qualche istante nella fantasia di rivederla, riconoscerla e salutarla... anche se non era per niente il suo tipo ideale, fatto restava che l'aveva fatto sorridere davvero quando da settimane pensava di avere in serbo solo sorrisi finti.

-E tu, Sendoh, che ne pensi?- chiese Ikegami.

-Mah... tanto non avevo niente da fare comunque.- nicchiò con nonchalance, più preoccupato all'idea di essersi dimenticato a casa le mutande di ricambio che a quella di doversi sorbire una partita di basket femminile: poteva sempre farsi una dormita sugli spalti, se si fosse ricordato di sedersi fuori dal campo visivo del coach. Aveva scacciato la ragazza dalla propria mente: era inutile sperare che si fosse iscritta al Ryonan. Innanzitutto, il campetto era a dieci chilometri da lì, e poi l'avrebbe notata. Forse. Era bassa davvero, poteva essersi confusa nella folla... ma ecco che ci ricascava.

-E comunque sarà inutile, sono quasi tutte matricole adesso che Yoko e il suo gruppo hanno cambiato scuola... sarà come guardare una partita di bambini delle elementari.- commentò Uekusa. Sendoh cominciò a vestirsi alla rinfusa, il più velocemente possibile, per evitare la domanda che sarebbe seguita: nonostante la sua naturale discrezione, tutta la scuola aveva saputo che usciva con Yoko. Uekusa, sottile come un treno che cerca di infilarsi in una galleria fatta con i Lego, pose la domanda proprio mentre Sendoh si buttava la borsa sulla spalla e cercava di uscire alla chetichella dagli spogliatoi: -A proposito, Sendoh, tu non ci stai insieme? Come mai ha cambiato scuola?

-Ah... eh... non stiamo più insieme, non te lo so proprio dire.- buttò lì, e poi guadagnò finalmente l'uscita. Sul tragitto verso casa cercò di convincersi che era meglio così, che i suoi compagni di squadra gli volevano bene e non l'avrebbero preso in giro, che prima o poi sarebbe dovuta saltar fuori la faccenda, ma niente lo consolò.

 

Akira Sendoh, sempre gentile con tutti, sempre disponibile e cordiale, era disperatamente solo.

Figlio unico di genitori separati, che avevano accolto con favore la sua richiesta di frequentare il liceo fuori Tokyo perché allontanarlo avrebbe consentito ad entrambi di passare più tempo con i rispettivi compagni, nessuno nelle fila degli amici tranne qualche occasionale apparizione di Fukuda e della ragazza che ricopriva il ruolo di capitano della squadra di basket femminile, che dopo la rottura tra lui e Yoko si era dichiarata dalla sua parte; ma anche questi due non erano mai entrati abbastanza a fondo nella mente e nel cuore di Sendoh, che preferiva non gli venissero rivolte domande personali e che era parecchio restio a parlare dei propri sentimenti ad alta voce. Preferiva crogiolarsi in essi da solo, così che nessuno avesse alcun appiglio per fregarlo: era buono ma non coglione, e sapeva per esperienza diretta che aprire il proprio cuore a qualcuno spesso serviva solo a concedere a una persona di infilarti una mano nel costato e strizzare, strizzare, strizzare, fin quando non eri a terra, in lacrime e sanguinante.

“Se hai bisogno, non esitare a chiamarmi”, gli aveva detto Tomoyo della squadra femminile, incazzata come una iena con Yoko: Sendoh apprezzava l'offerta, ma non l'avrebbe mai chiamata. E non per paura che lei gli andasse dietro, era noto a tutti che lei era lesbica, ma perché non voleva dare di nuovo il permesso di entrare a chicchessia. Anche ad una persona chiaramente benintenzionata: la strada per l'inferno bla, bla, bla.

Entrò nell'appartamentino vuoto che i suoi gli avevano preso in affitto e scrutò nel frigo: un vasetto di maionese e una zucchina che avrebbe presto cominciato a camminare da sola. Troppo stanco persino per chiamare un take-away, si buttò direttamente a letto, e tra sé e sé si disse che almeno l'allenamento da gulag di Taoka l'avrebbe aiutato ad addormentarsi subito. Così fu.

 

Naturalmente era in ritardo di dieci minuti buoni per l'appuntamento con la squadra.

Si stupì di trovare il coach tranquillo e di buonumore, e quando chiese il motivo ai compagni con una sola occhiata e un sopracciglio sollevato, Koshino bisbigliò: -La partita è alle tre. Ci ha fatti trovare qui con molto anticipo perché sapeva che saresti stato in ritardo.- Sendoh arrossì e si grattò la nuca, imbarazzato. In metropolitana, fu con sollievo che si accorse che i suoi compagni non sembravano intenzionati ad approfondire l'argomento Yoko e si rilassò un pochino.

Gli spalti erano poco affollati, e il sollievo di Sendoh aumentò quando riuscì a scivolare in una panchina alle spalle di Taoka: in caso di noia avrebbe potuto tirare fuori il Nintendo. Ma il coach non sembrava intenzionato a lasciarlo in pace; si voltò verso di lui e gli disse: -Tieni d'occhio come gioca la numero 7. È una buona playmaker, mi ha detto la Hayashi, molto furba, e se tu prendessi spunto dal suo modo di giocare potresti migliorare esponenzialmente.- Sendoh sollevò le sopracciglia. -Tanti fondamentali e pochi punti.- bisbigliò Uozumi alla sua destra, a voce abbastanza bassa da non farsi sentire e conseguentemente squartare dal coach.

-Eccole che entrano.- annunciò Ikegami col tono piatto di uno che ti dice che stasera a cena si mangiano ramen, come al solito. Uozumi sospirò, sconsolato: a parte Tomoyo, le altre ragazze non erano molto alte, un paio erano addirittura nella categoria di altezza che generalmente viene indicata col poco cortese appellativo di “tappo”.

-Beh, la numero 8 è carina, almeno.- commentò Koshino. Sendoh si sporse a guardarla: era una biondina dall'aria timida con le guance rosse di imbarazzo, piccola e dalle forme ancora un po' infantili. Parlava, o per meglio dire ascoltava un'altra ragazza, più alta e muscolosa, che disquisiva di qualcosa con aria corrucciata mentre si legava i lunghi capelli ricci in una coda disordinata.

-Harumi Shimokawa,- annunciò Hikoichi, sfoderando un quadernetto: -Primo anno, un metro e sessanta per cinquantacinque chili, gioca in difesa e occasionalmente tira da sotto canestro; ha una buona mira ed è capace di saltare molto in alto. Quella con cui sta parlando è Sakura Ogawa, primo anno, un metro e settanta per cinquantotto chili, ala piccola e tiratrice da tre; veloce e precisissima nei movimenti, ha una media di novantacinque tiri da tre punti su tre.

-Hikoichi, cosa sei, una spia russa?- chiese il coach, trasecolando.

-Beh, ha detto che sono brave, ho raccolto qualche informazione! Ho fatto male?

-No, fai come ti pare, ma preferirei raccogliessi informazioni sui nostri rivali invece che sulle ragazze della nostra scuola.

-L'ho già fatto, coach, domani le porto i fascicoli che ho compilato.- Taoka quasi cadde dalla panchina.

-Sì, ma l'informazione che mi serve dov'è?- indagò Koshino.

-Quale?- chiese Hikoichi, quadernetto levato in aria e pronto all'uso.

-È single?- stavolta, Taoka cadde davvero dalla panchina. -Beh,- disse quando si fu ripreso dalla sorpresa, -Che mi dici della numero 7? La coach Hayashi ha detto che è molto brava.

-Kumiko Ishida, primo anno, un metro e cinquantasei, cinquantacinque chili, playmaker.

-Tutto qui?

-L'anno scorso non giocava, la coach Hayashi ha detto che si allena più che altro con il cugino.- la numero 7 emerse da dietro la considerevole mole di Tomoyo, entrando finalmente nel campo visivo di Sendoh, il cui cuore mancò almeno un paio di battiti.

Era lei.

Avrebbe riconosciuto anche a un miglio di distanza quello sguardo severo e quella frangetta. Si stava sistemando la coda di cavallo e anche dagli spalti Sendoh poteva rendersi conto di essersi sbagliato a giudicarla cicciottella: era ben piazzata, sì, ma era un unico fascio di muscoli, aveva i fianchi stretti e due tette da sballo. La vide rivolgere un sorriso gentile a Tomoyo, che le parlava, annuire e poi gettarsi teatralmente in ginocchio: leggendo il labiale, capì che la stava omaggiando chiamandola “Oh, Capitano, mio Capitano!”. Sendoh non poté trattenere un sorriso.

Continuò a guardarla mentre si rialzava e rideva assieme a Tomoyo, godette di quell'immagine che non sperava più di rivedere, e quando la coach Hayashi la toccò sulla spalla non poté non invidiarla. Voleva essere lui a toccare... -Hikoichi, come hai detto che si chiama la numero 7?

-Aspetta...- Hikoichi riguardò in fretta gli appunti, desideroso di rendersi utile: -Kumiko Ishida.

-Grazie.- voleva essere lui a toccare Kumiko Ishida. Si rigirò quel nome nella mente per non dimenticarselo, per assaporarlo.

La Hayashi stava indicando loro, adesso, e tutte le ragazze alzarono educatamente un braccio per salutare. Sendoh rispose con entusiasmo, fissando Kumiko, che però si limitò a scrutarli tutti da sotto la frangetta senza soffermarsi con lo sguardo.

-Due minuti!- annunciò una voce incorporea: la partita stava per cominciare. Le cinque titolari, Tomoyo, Kumiko, Harumi, Sakura e una ragazza dai capelli corti che Hikoichi aveva affermato si chiamasse Sachiko, si riunirono in cerchio, le braccia sulle spalle delle compagne, e sembravano incoraggiarsi. Una voce limpida si levò dal gruppo, abbastanza forte da raggiungere gli spalti, e Sendoh avvertì un brivido nel riconoscerla come quella di Kumiko, che intonava un paio di versi di una canzone dei Five, lievemente adattata. Le altre si unirono al coro: -Five bad girls with the power to rock you, blowin' ya'mind, so you gotta get into, five! Whatcha waitin', four! If you wanna, three, two, one, let's do it!- con un ultimo scossone delle mani sulle spalle, le ragazze entrarono in campo. Kumiko e Sakura si disposero in attacco, Harumi e Sachiko in difesa. Tomoyo, la più alta, era ovviamente il saltatore. Al fischio dell'arbitro, un potente schiaffo della mano di Tomoyo spedì la palla in direzione di Sakura, che passò subito a Kumiko: con uno scatto da velocista, la piccoletta saettò a canestro e segnò in corsa. L'altra squadra, il Toyotaro, nemmeno aveva avuto il tempo di capire che la partita era cominciata e già erano in svantaggio di due punti.

Per Sendoh era come vivere in un sogno. Il pensiero di Yoko sfiorò la sua mente e fu subito scacciato da un passaggio di Kumiko, che poteva solo essere definito “perfetto”: aveva ricevuto la palla e senza esitare, senza nemmeno guardare, l'aveva lanciata con precisione nelle mani di Tomoyo, che era corsa a schiacciare.

Taoka gongolava: -Allora? Che vi ho detto? Giocano bene o no?

-Lo dice solo perché ha una cotta per la Hayashi...- commentò Ikegami, un po' piccato perché Harumi stava dimostrando di essere un difensore impenetrabile. Saltellava a destra e a sinistra, senza un ritmo apparente, confondendo gli avversari, e dimostrava una notevole capacità di elevazione se qualcuno cercava di aggirarla dall'alto.

-DILLO UN'ALTRA VOLTA E LUNEDÌ TI FACCIO PULIRE LA PALESTRA CON LA LINGUA!- lo rimproverò Taoka, tirandogli un coppino. Nel frattempo, Sakura aveva messo dentro un tiro da tre assolutamente superbo, che dopo soli sette minuti di partita aveva portato il Ryonan ad un vantaggio decisamente scandaloso: 23-5.

-Alla faccia dei pochi punti...- commentò Uozumi.

-Però ci sono anche tanti fondamentali...- biascicò Uekusa, un po' sconvolto.

Sendoh, dal canto suo, aveva occhi solo per Kumiko: correva da una parte all'altra del campo senza mostrare la fatica, anche se era zuppa di sudore, e dirigeva il gioco con gesti secchi e concisi. Si scostò la frangia dagli occhi, e questa le rimase appiccicata ai lati della fronte; Sendoh ebbe la breve immagine di lei che faceva la stessa cosa dopo un'accanita sessione di esercizi in orizzontale e dovette sopprimere un gemito. Senza parlare, cambiò posto e scese in prima fila; si appoggiò alla ringhiera per guardare più da vicino la partita, e ogni volta che Kumiko correva nella sua direzione il suo cuore faceva un balzo.

 

Il primo tempo si concluse con un punteggio di 58-10 per il Ryonan. Sendoh era come ipnotizzato a guardare il petto di Kumiko che si alzava e si abbassava rapidamente mentre si riposava, sdraiata sulla panchina con un asciugamano in faccia. Si era alzata la maglietta per rinfrescarsi, completamente ignara dell'effetto che provocava con il ventre piatto e ben delineato così in bella vista. Tomoyo le picchiettò gli addominali con un dito e Kumiko si arrotolò come un armadillo, ridendo. La colpì con l'asciugamano, tra le risate generali.

Sendoh distolse a fatica gli occhi da quella visione paradisiaca per controllare il cellulare: sì, aveva salvato il numero di Tomoyo. Forse era giunto il momento di mandarle un messaggio, di buttarsi. Le avrebbe chiesto qualche informazione su Kumiko, trincerandosi dietro alla bugia che il coach gli aveva detto di studiare il suo modo di giocare. Doveva solo trovare una maniera di giustificare domande più personali, tipo “ha un fidanzato che devo sfidare a singolar tenzone?” o “ha mai dichiarato di essere interessata a giocatori di basket molto alti pettinati come dei porcospini?”.

La voce di Koshino lo distolse dalle proprie elucubrazioni: -Ehi, Sendoh. La partita è più interessante del previsto, non trovi?- chiese in tono allusivo.

-Già... la partita.- rispose lui. C'era una scintilla maliziosa negli occhi di Koshino: -Avanti, dimmi cos'hai in mente.- aggiunse.

-Ecco, sai com'è... le belle ragazze, se sono single, non restano single molto a lungo...

-Continua...- Sendoh sentiva già una mano strizzargli il cuore. E se Kumiko fosse fidanzata? E se qualcuno l'avesse già invitata ad uscire?

-Dopo la partita, pensavo di trattenermi un attimo, giusto il tempo di fare i complimenti alla nostra validissima squadra femminile. Un gesto di onesta cortesia, niente più.

-Già, niente più...- Sendoh ghignò. Quel ragazzo, così aggressivo in campo, spesso abbastanza stupido da raccogliere le provocazioni senza pensarci due volte, aveva anche un lato molto più sottile, che raramente mostrava. In effetti, gli piaceva.

-Ci stai? Andarci da solo mi... ecco... mi pare stupido.- Koshino era arrossito fino alla base del collo: evidentemente c'era anche un lato morbido.

-Di' pure che t'imbarazza, playboy...- ribatté Sendoh, punzecchiandolo con un dito.

-L'ho sempre sospettato che eri uno stronzo!- sbraitò Koshino, facendosi se possibile ancora più rosso e mollandogli un pugno sulla spalla.

-Coach!- chiamò Sendoh, -Koshino mi picchia!

-Sei grosso abbastanza per cavartela da solo!- rispose il coach, -E comunque piantatela, vi state rendendo ridicoli!- i due riportarono gli occhi sulle ragazze a bordo campo, che li guardavano e ridacchiavano. Stavolta fu il turno di Sendoh di arrossire, dato che Koshino aveva già raggiunto una gradevole tonalità color aragosta. Si misero entrambi composti e assunsero delle espressioni che sarebbero state più adatte ad una veglia funebre piuttosto che ad una partita di basket.

-Sai...- disse Koshino, esitante, -Credo sia la prima volta che parliamo di qualcosa di personale. È strano, dopotutto ci conosciamo da più di un anno.

-Sì, ecco...- Sendoh decise di rispondere con sincerità, -Non sono il tipo che fa amicizia in fretta.

-Però scommetto che con la numero 7 vorresti fare amicizia mooolto alla svelta!- sogghignò Koshino, guadagnandosi una gomitata nelle costole. Era proprio simpatico, quel tipo. Mentre il fischio dell'arbitro richiamava le ragazze in campo, Sendoh si chiese se era proprio il caso di non fare amicizia con nessuno. Solo perché aveva avuto un paio di brutte esperienze, con Yoko ma anche prima, quando alle elementari era un tipetto piccolo e gracilino, non voleva necessariamente dire che tutte le persone al mondo fossero stronze.

 

La seconda metà della partita fu emozionante come la prima.

Kumiko, apparentemente preda di una trance agonistica, aveva messo a segno tre tiri da tre punti di fila, e il pubblico aveva cominciato a incitarla per nome. Lo sguardo di completo stupore che le aveva illuminato il viso mentre guardava incredula la folla fu come un balsamo per Sendoh, che gettò al vento ogni proposito di fare l'eremita per il resto della vita: cominciò anche lui ad incitarla, e finalmente lo sguardo di Kumiko si posò su di lui.

Ci fu un istante di sospensione, in cui gli occhi di lei si dilatarono un pochino e le guance si tinsero di rosso. Sendoh avvertì il proprio cuore che cominciava a battere furiosamente nel petto, come se volesse scappare fuori e gettarsi tra le braccia di quel fenomeno in formato tascabile. Era sull'orlo di una pesante figura di merda, stava per cercare di attaccare bottone nel mezzo di una partita di basket con una persona che stava giocando, quando Kumiko venne colpita allo stomaco da una pallonata di Tomoyo e Sendoh fu salvato in corner; l'oggetto dei suoi desideri si focalizzò di nuovo sulla partita e scartò un'avversaria con una finta, per poi passarle sotto il braccio teso e dirigersi verso il canestro. Saltò, come per tentare una schiacciata, e due ragazze del Toyotaro saltarono con lei, tagliandola fuori. Senza perdere un istante, Kumiko gettò la palla verso il basso, facendola rimbalzare violentemente verso Sakura, che tirò dalla linea dei tre punti e segnò.

Il vantaggio era enorme, ora, di 72-12, e il Toyotaro cominciava a mostrare segni di disperazione. Una giocatrice dal fisico bovino mollò una spallata ad Harumi, mandandola a terra di fronte a dove sedevano Sendoh e Koshino; quest'ultimo attaccò a sbraitare: -Arbitro! L'ha fatto apposta, quella stronza! Arbitro!- il fischio dell'arbitro confermò il fallo e assegnò due tiri liberi al Ryonan. Per la gioia di Sendoh, Kumiko era corsa in aiuto dell'amica. Con gesti affettuosi le massaggiò la clavicola offesa, parlandole da vicino con aria partecipe, ma a voce così bassa che Sendoh non riuscì a carpire il suono della sua voce. Harumi teneva il capo abbassato e annuiva in maniera quasi impercettibile; Koshino bisbigliò: -Dei, quant'è carina...- Sendoh si voltò per trovarlo quasi sciolto sulla ringhiera, un braccio penzolante e l'altro sollevato a reggere il mento.

-Vengo con te.- si sbilanciò.

-Cosa? Dove?- ribatté Koshino, che era ormai concentrato in fantasie lontane e cadeva dalle nuvole.

-Dopo. A parlare con loro.

-Sei ben cotto, eh?- lo prese in giro Koshino.

-Ha parlato il pollo allo spiedo!- rispose Sendoh, con una risata sincera. Distolse gli occhi dal compagno di squadra giusto in tempo per cogliere l'immagine di Kumiko che appoggiava la fronte a quella di Harumi in segno d'incoraggiamento e la sospingeva verso l'area dei tiri liberi con una lieve pacca sul fondo della schiena. “Vorrei che schiaffeggiasse le mie, di chiappe!” urlò una voce nella testa di Sendoh.

-Mi spiace per Yoko.- disse Koshino. Sendoh si voltò verso di lui, ma il compagno non lo stava guardando. -Voglio dire, immagino tu ci sia stato male. Ma onestamente mi è sempre sembrata una gran stronza. La numero 7 mi sembra un partito migliore, per te.

-Kumiko.

-Eh?

-La numero 7, si chiama Kumiko.- Sendoh non sapeva cosa rispondere. Per la prima volta si rendeva conto di essere benvoluto da qualcuno che in silenzio aveva cercato di conoscerlo a spizzichi e bocconi, di essere stato l'oggetto di preoccupazione sincera, senza doppi fini. Stentava a crederci, anni di testa nel gabinetto alle elementari lo rendevano molto diffidente, ma Koshino pareva davvero un ragazzo onesto. Rifletté che ormai non era più il tipetto mingherlino e un po' strano che era stato in passato, e finalmente realizzò di essere bravo, bello e amato; la sensazione era strana, inconsueta, ma ritenne che poco a poco avrebbe potuto anche abituarcisi. Pareva proprio che andare a quella partita fosse stata un'ottima idea. -Grazie.- disse, anche se ormai era rimasto zitto per cinque minuti buoni. L'unica risposta che ottenne fu un lungo gemito, perché Harumi si era alzata la maglietta per tergersi il sudore dal viso e aveva lasciato emergere un bel pezzo di pelle. Batté la mano sulla spalla di Koshino e commentò: -Lo so, lo so...

-Amico, ho il cazzo così duro che potrei spaccarci il cemento armato.- si lamentò Koshino, seguendo la corsa di Harumi con gli occhi a cuoricino.

-Voi due, cos'avete tanto da chiacchierare?- lo richiamò il coach, -Vedete di seguire la partita!

-Ho come il sospetto che ne vedranno molte altre...- commentò Uozumi, ghignando, -E non dovrà nemmeno minacciarli!

-Uh, gossip, adoro il gossip!- trillò Hikoichi, sempre sul pezzo, -Chi avete puntato, dai?

-Non lo vengo certo a dire a te!- rispose Koshino in un grugnito aggressivo, imporporandosi, -Non voglio certo che lo sappia tutta la scuola!- Hikoichi rivolse lo sguardo a Sendoh, che si schernì e alzò le mani: -Non guardare me, non dirò una parola. Lo dovrai capire da solo, Mata Hari!- la squadra rise alla battuta, e anche il coach si unì al divertimento. Con un ultimo guizzo di stupore, Sendoh riconobbe il sollievo nelle loro risate e capì che aveva destato preoccupazione in tutti loro nell'ultimo periodo. Sorrise con sincero affetto, ricordando i versi di una canzone che aveva ascoltato qualche giorno prima alla radio: “Io credo in infinite notti d'estate passate in compagnia di buoni amici a sentirsi bene”.

-Trenta secondi!- li richiamò all'ordine il coach, e i ragazzi si voltarono a guardare gli ultimi istanti della partita. Il Toyotaro tentò un'azione, ma la palla non entrò nel canestro. Tomoyo prese il rimbalzo e passò a Kumiko, che attraversò il campo zigzagando ad una velocità impressionante e passò di nuovo la palla a Tomoyo. Il capitano saltò e mise a segno un'ultima schiacciata appena prima del fischio dell'arbitro.

-Il Ryonan vince, con un punteggio di 101 a 12!- annunciò una voce incorporea, e lo stadio esplose: tutti inneggiavano al Ryonan, mentre le ragazze in campo si abbracciavano strette. Kumiko scoppiò in lacrime e Tomoyo la sollevò senza sforzo con un abbraccio spaccaossa; Sendoh avvertì l'impellente bisogno di correre in mezzo al campo e fare altrettanto.

-Cominciamo ad uscire, ragazzi?- disse il coach. Sendoh cercò lo sguardo di Koshino per comunicargli che lui era disposto a nascondersi in bagno e incappare nell'ira funesta di Taoka pur di restare indietro e salutare le ragazze, ma il coach lo precedette: -Ho promesso alla coach Hayashi che le avremmo aspettate fuori dal palazzetto per tornare a scuola insieme.- senza aspettare un solo secondo, scattò in piedi e si diresse verso l'uscita, seguito a ruota da Koshino e dai commenti a doppio senso dei compagni di squadra.

 

“Weee... are the chaaampions, my frieeends! And weee'll keep on fiiightiiing till the eeend!” un coro di voci esultanti precedette l'apparizione delle ragazze. Sendoh cercò subito Kumiko con lo sguardo, registrando solo marginalmente Taoka che alzava un braccio per attirare l'attenzione della coach Hayashi e lei che rispondeva saltellando felice e mettendosi a correre verso di loro. Le ragazze la seguivano a passo più lento, ancora intente a cantare e probabilmente troppo esauste per mettersi a correre: -Nooo tiiime for loooseeers, 'cause weee aaare the chaaampiooons!- Kumiko aveva sciolto la stretta coda, preferendo una morbida treccia che poggiava sulla spalla ben delineata, e cantava con entusiasmo. Tomoyo, di fronte a lei, si arrestò dietro alla coach, che già aveva cominciato a vantarsi con Taoka: -Allora? Che te ne pare, sono brave le mie ragazze, vero?- Kumiko non si accorse della sosta e andò a sbattere contro la schiena di Tomoyo, per poi esclamare: -Oh, porca vacca, il naso!

-Ed ecco Kumi-chan che si fa subito riconoscere!- la prese in giro Sakura.

-Ragazze!- le richiamò all'ordine la coach, -Avete già conosciuto i ragazzi della squadra maschile?- le ragazze dissero “ciao” e “piacere” con dei lievi inchini. Sendoh non riusciva a proferire parola, e anche Koshino era un blocco di marmo. Si chinarono meccanicamente. E adesso? Cioè, non è che poteva andare lì a presentarsi come se niente fosse! Il suo non indifferente cervello, che fino a pochi istanti prima aveva lavorato come un dannato, intessendo piani di battaglia e formulando scenari teorici in cui uscivano insieme, si baciavano, si sposavano e facevano tanti bambini ma soprattutto facevano tante volte quella cosa che serve a fare i bambini, si era trasformato in una scimmia che batteva i piatti. Temeva quasi di parlare con la voce di Homer Simpson.

Fu Tomoyo a risolvere l'empasse: si diresse con passo sicuro verso Sendoh e lo abbracciò. Per un breve istante la scimmia mollò a terra i piatti ed esclamò: “queste braccia hanno stretto anche Kumiko!”, poi Tomoyo sciolse l'abbraccio e disse: -Sendoh! Come va, bellezza?

-Bene, direi. Ehi, siete state grandi, complimenti!- sperava che il battito sfrenato del proprio cuore non si sentisse tra una parola e l'altra, ma non poté evitare ai propri occhi di spostarsi per un attimo su Kumiko, che aveva smesso di tastarsi il naso e stava alzando il dito medio in direzione di Sakura, un sorriso sbarazzino sulle labbra. Tomoyo voltò la testa quanto bastava per capire cosa stava guardando Sendoh, che arrossì violentemente quando la ragazza riportò gli occhi su di lui. Con un sorriso che dava ad intendere che aveva capito tutto, disse: -Grazie, è tutto merito di Kumiko. È una playmaker davvero eccezionale. Aspetta, te la presento. Kumi-chan!

-Non è colpa mia!- rispose l'altra, con aria di falsa innocenza.

-Neanche l'ultima volta, vieni qui che ti devo presentare una persona.- Kumiko si avvicinò, e il suo posto fu occupato da Koshino, che stava giocando il tutto per tutto e aveva apparentemente deciso di presentarsi a tutte le ragazze della squadra da solo.

Sudando, Sendoh tese la mano verso Kumiko, aspettandosi di svegliarsi da un momento all'altro. La sensazione di quella manina calda nella propria era troppo bella per essere reale. -Akira Sendoh. È un piacere conoscerti.

-Kumiko Ishida. Piacere mio.- Kumiko sembrò esitare per un secondo, poi arrossì e disse: -Sono una tua fan, giochi davvero da dio!- Sendoh restò basito per un attimo, mentre Kumiko sfilava la mano dalla sua e ci nascondeva dietro la faccia. Di fronte al suo evidente imbarazzo, Sendoh non poté che ridere. La scimmia nel suo cervello gli mandò alle labbra una risposta: -Beh, detto da te è davvero un complimento! Bella partita.- si congratulò.

-Oh... grazie...- rispose lei, mentre le guance si tingevano di un delicato rossore. Sendoh esitò un secondo, poi commentò: -Sa un po' di dejà-vu, non trovi?- Kumiko restò basita e alzò gli occhi verso di lui, che le sorrideva. Tomoyo chiese: -Ma allora vi conoscevate già?

-Ci... ci siamo incrociati nelle vacanze...- le rispose Kumiko, poi si rivolse di nuovo a Sendoh: -Ma non avrei mai pensato che potessi ricordartelo.

-Un viso come il tuo non si dimentica.- rispose Sendoh, sentendosi un passo più vicino a ricominciare a vivere. Aveva guardato giù dal ciglio della paura di restare nuovamente ferito e aveva scoperto che era di nuovo pronto a volare. Con la coda dell'occhio vide Tomoyo che ghignava, soddisfatta, ma era concentrato sullo sguardo stupito di Kumiko, che lo fissava come se fosse un alieno. Aggiunse: -Ho sperato davvero tanto di rivederti.

-Ah... io... ecco...

-Kumiko, respira!- la prese in giro Tomoyo. Kumiko le rivolse uno sguardo colmo di gratitudine che Sendoh non capì, fin quando non la sentì spezzare la tensione con una citazione del Signore degli Anelli: -“Il segreto è respirare! Noi nani siamo scattisti nati, pericolosissimi sulle brevi distanze!”

-Siete sprecati per la corsa campestre!- chiosò Sendoh. Kumiko scoppiò a ridere, e quel suono per Sendoh significò spiccare il volo. Voleva dirle che l'amava, anche se la conosceva a malapena, che voleva baciarla, portarla all'altare, portarla in camera da letto. Invece disse solo: -Venerdì prossimo giochiamo, venite a vederci?

-Non ho mancato una sola delle vostre partite e non comincerò proprio ora! Alle tre, vero?

-Alle tre. A venerdì, allora.- Sendoh la guardò allontanarsi, sentendosi vivo, sentendosi felice. La vide stringere la mano a Koshino e rivolgergli qualche parola, poi la voce di Tomoyo penetrò nei suoi pensieri: -Stai finalmente meglio, vero?- la guardò; sogghignava.

Finalmente uscito dal suo esclusivo bozzolo di dolore, Sendoh si rese conto di non aver capito una beata minchia della vita: non tutte le persone che cercavano di avvicinarsi a lui volevano fotterlo, aprirsi al prossimo voleva dire rischiare ma non farlo significava limitarsi a sopravvivere, gustarsi la vita a metà. Sorrise a Tomoyo: -Sì, sto meglio.

-Bene. Eravamo tutti preoccupati per te.

-Lo so. Mi dispiace. Cercherò di evitare di chiudermi fuori di nuovo.

-Già, perché adesso hai bisogno di me per rimorchiare Kumiko!- Sendoh si sentì arrossire e cercò di balbettare qualcosa. Tomoyo rise, trionfante: -Non preoccuparti,- gli disse, -Si capisce che non lo dici solo per quello. E sì, penso tu abbia buone speranze con lei.- Sendoh rimase in silenzio. I suoi compagni di squadra si erano messi a chiacchierare con le ragazze, mentre il coach Taoka tubava con la Hayashi, e Kumiko stava misurando la differenza di altezza tra sé e Uozumi: gli arrivava poco più in alto dello sterno. Uozumi la sollevò senza sforzo prendendola per le braccia e la protesta di Kumiko arrivò fino a lui: -Nessuno può lanciare un nano!- Sendoh ridacchiò.

Dopotutto, il basket femminile non era poi così male.

   
 
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