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Autore: lory_micco    10/06/2018    1 recensioni
Terry Archibald e Riccardo Di Rigo sono due nobili Ateniesi, entrambi sono figli di due tra i capi più importanti di Atene: gli Arconti.
Atene, fino a quel periodo, era il centro del mondo, tutti dipendevano da quella polis e le sue decisioni potevano cambiare la sorte dell'intera regione.
Ma se un'altra città, potente quanto lei se non di più, minacciasse Atene? Quali decisioni dovranno prendere i capi greci per evitare una sconfitta clamorosa?
Questa è la mia prima ff, nata dal mio immenso amore per l'antica storia dei greci e dell'avanzata delle nuove civiltà.
Spero vi possa piacere.
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Ibuki Munemasa, Shindou Takuto
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Terry Archibald


Corsi per le vie lastricate, schivando i bambini che correvano per le strade affollate. Dovevo raggiungere l'Acropoli per assistere al sacrificio per Zeus, ma mi sono trattenuto in palestra più del dovuto.
Mi chiamo Terry Archibald e sono un nobile. Sono figlio dell'Arconte eponimo di Atene e ben presto anch'io comincerò gli studi per poter intraprendere la carriera politica.
Il vento leggero continuava a scompigliarmi i capelli bianchi, già di loro abbastanza ribelli, facendomeli ricadere sul volto, rallentandomi. Per fortuna i miei occhi viola scuro sono abituati alla vista precaria perciò riuscii a proseguire. I muscoli delle gambe e delle braccia mi aiutavano ad essere più veloce.
Mancare al rito celebrativo di Zeus sarà un disonore per me e la mia famiglia.
La statua di Atena si presentò davanti ai miei occhi pochi minuti dopo, facendomi sentire piccolo in confronto alla sua possenza.
Ripresi un po'di contegno e cominciai a camminare a testa bassa, osservando i piedi scalzi sporchi di terra. I sandali erano ancora in palestra, tanto ero preso dalla lezione.
Alzai lo sguardo verso il tempio di Zeus, bianco, imponente.
Mi inchinai, chinando nuovamente il capo e rialzandolo pochi attimi dopo. Raggiunsi il resto della folla che si era radunata intorno al grande focolare.
< Finalmente sei arrivato > a parlare era stato il figlio dell'Arconte polemarco di Atene, Riccardo Di Rigo.
Ha la mia stessa età, ma è molto più basso rispetto a me, un grande disonore per la famiglia. Più si è alti, più il cielo dove gli dei sacri dimorano è vicino.
Riccardo compensa la sua mancata altezza con l'intelligenza, infatti a quest'età riuscirebbe a guidare da solo un'intera falange.
Il vento gli smuove i capelli grigio-marroni mossi vicino al volto, nascondendo gli occhi bordeaux dalla mia vista.
Mi guardò dalla testa ai piedi, abbassai il capo, imbarazzato.
La mia tunica era sporca di sabbia, il viso era sudato e la corona d'alloro aveva perso quasi tutte le sue foglie.
Sorrise divertito, indicando una bacinella d'acqua.
< È meglio che ti dai una lavata, prima che comincino a scuoiare gli animali >
Annuii sciacquandomi il viso dalla polvere e dalla sabbia. Pochi minuti dopo cominciò la cerimonia.

< Grazie, mi hai salvato > dissi lanciando a Riccardo uno straccio. Avevamo appena terminato la lezione di combattimento.
< Di cosa mi ringrazi? > chiese, passandosi lo straccio sul viso.
< Di avermi indicato la bacinella e aver impedito che mi presentassi alla cerimonia conciato come un normale cittadino >
Riccardo sorrise, tamponandosi con dell'acqua un livido.

Le lezioni sono sempre estenuanti, passiamo tutto il tempo a combattere con delle spade di legno, colpendoci senza risparmiarci.
Molte volte siamo usciti zoppicando o pieno di lividi e tagli da quei combattimenti.
Non oso pensare cosa succederà quando cominceremo gli scontri con il carro e passeremo dalle armi in legno a quelle in bronzo.
lo salutai e ci demmo appuntamento in palestra per il giorno dopo.

Mio padre mi attendeva a casa, una villa costruita interamente in pietra bianca, vicino all'Acropoli. Nonostante la ricchezza della mia famiglia, in casa c'era solo il minimo necessario.
Un tavolo lungo in legno, una finestra, un divanetto decorato con seta purpurea e un tavolino più piccolo in vetro costituivano il soggiorno.
La cucina invece era sempre occupata dalle ancelle, non avevo il permesso di entrarci.
Avevamo due stanze separate da un corridoio, una di queste era la mia, dove vi erano un giaciglio in paglia dove sopra era poggiato un morbido telo, un cuscino in piume, un tavolo in legno e tante tavolette in cera per i miei studi.
L'altra era quella dei miei genitori, nella quale potevo entrare solamente con il loro permesso, anzi, con il permesso di mio padre.
Era costituita da un letto matrimoniale e un armadio al fianco di esso, grande e in legno d'ebano. La scrivania era molto grande e su di essa erano stese delle strane stoffe di color giallo chiaro. Non sapevo cosa fossero, ma mio padre diceva che venivano da sud e si chiamavano "papiri".
Infine, l'ultima stanza era quella riservata a mia madre, che passava tutto il giorno a filare e pulire i panni.

Quando rientrai in casa ero solo. Mio padre arrivò quasi un'ora dopo di me, bianco in volto.
Mi alzai dal divanetto, avvicinandomi.
< Cosa succede padre? >
< Alcune voci dicono che una popolazione barbara voglia invadere la nostra terra >
Mi irrigidii, che fossero nuovamente i Persiani?


Angolo dell'autrice :
Ciao a tutti!!!
Questa è la mia prima storia e spero veramente di aver fatto un buon lavoro e di avervi interessati. Non so quante persone leggeranno la mia storia, o se verrà letta, ma darò comunque il massimo perché possa attirare l'attenzione
Al prossimo capitolo!

 
  
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