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Autore: P h o e    11/06/2018    2 recensioni
Cross-over | M e r i c c u p
Sono passati quattro anni da quando la storia dell'orso Mor'du aveva sconvolto l'intero Dumbrok e coinvolto la regina Elinor.
Merida è finalmente libera di intraprendere la strada che più desidera, senza l'impegno di matrimoni o fidanzamenti di alcun genere.
Ma la storia si ripete come un terribile incubo quando Elinor consegna alla figlia una proposta di matrimonio da parte di un ricco nobile che promette prosperità al Regno in cambio della mano della principessa.
Cosa succederebbe se Merida venisse guidata, invece, da un destino completamente differente?
E se quel destino la portasse proprio da un Drago nero come la notte?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hiccup Horrendous Haddock III, Merida
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Under the clouds
Chapter XXIV: Blood and fire
 






Combattere una guerra non era mai stato insolito per loro.
Erano popoli combattivi, disposti a proteggere le proprie terre con il fuoco e il sangue. Vi erano stati temibili invasori che avevano seminato morte e distruzione tra uomini, donne e perfino bambini, e quando nemmeno i cavalieri più coraggiosi sono in grado di fronteggiare simili minacce, tocca al Re guidare i suoi uomini e difendere il regno. 
Ora toccava a lei, una principessa che non trovava insolito combattere, ma questa volta era diverso: Combattere per proteggere due popoli e due regni, fronteggiare un nemico che avanzava e che portava con sé in prima linea suo padre, il Re Fergus, di Dunbroch.
Colui che lo guidava era ossessionato dal potere ed era in grado di soggiogare chiunque, così come era successo ai suoi genitori. E sapeva che non si sarebbe fermato di fronte a niente per ottenere il potere che spettava a lei e a lei soltanto.
Il sole stava sorgendo a est e illuminava il mare sopra al quale si ergeva Berk, era stata una notte inquieta e bianca: Non vi era stato tempo per riposare, la battaglia era imminente e lei era turbata al pensiero di Hiccup.
Mille domande turbinavano nella sua testa, ma ciò che la torturava di più era l'idea che fosse solo, sebbene ci fosse Sdentato insieme a lui. E se fosse incappato in una delle tante trappole di Norman? Il pensiero che lui avesse potuto ideare un piano migliore del loro la stava logorando. 
Si guardò allo specchio con espressione impassibile: Indossava un'armatura da guerriera in ferro e portava al fianco la stoffa raffigurante i colori del suo Regno. 
Lo accarezzò lentamente e lo lasciò ricadere sulla coscia, era pronta. 
Il sole era ormai sorto quando lei uscì dalla capanna di Hiccup, dirigendosi verso i cavalieri di Berk, i quali affrontavano a testa alta le pieghe di un cielo aranciato e azzurro, pronto alla guerra in sella ai draghi. Erano maestosi, pensò mentre passava tra le linee per fiancheggiare Stoick.
Non vi era stato alcun riposo quella notte, nessuno aveva chiuso occhio in attesa della guerra, ma nessuno sembrava battere ciglio per questo. Combattere per ciò che ami e sacrificarti era un buon motivo per farlo e Merida sapeva esattamente perché lo faceva. 
Non aveva mai avuto nessuno al suo fianco, mai qualcuno che le avesse fatto dimenticare le sue abitudini di tiro con l'arco e si rendeva conto solo in quel momento, solo mentre aspettava di gettarsi nella guerra per qualcuno che amava e per un popolo che le aveva donato una casa per qualche mese, di quanto fosse maturata.
«Se le cose dovessero mettersi male... Affronterò io Norman, è il mio destino» proclamò al fianco di Stoick, che era il triplo di lei, eppure la guardò con ammirazione.
«Vi proteggeremo, principessa».
Quelle parole la rincuorarono, ma non ebbe il tempo di esplicare quasi la sua gratitudine, che una macchia nera all'orizzonte che si intravedeva appena stava volando nella loro direzione: Non c'erano dubbi sul fatto che quello fosse Sdentato.
Il cuore di Merida saltò un battito e per il sollievo si portò una mano al petto. Dalle linee posteriori di sollevò un urlo entusiasta che Hiccup avesse fatto ritorno. 
Ma vi era ben poco di cui essere entusiasti: Ben presto si resero conto che a cavallo di Sdentato non vi era Hiccup, ma una figura che Merida conosceva bene.
«E' NORMAN!» urlò mentre tutti si zittivano, terrificati da quella visione. Una sola domanda aleggiava nell'aria, nonostante nessuno lo chiedesse: Dov'era Hiccup?
Merida sfilò una freccia dalla faretra e si fece avanti, posizionandola tra la corda e l'impugnatura, ben tesa. Si avvicinò mentre Norman atterrava e scoppiava a ridere, era una risata maligna che stava facendo abbassare lo sguardo perfino a Sdentato.
La paura si stava impossessando così tanto di lei che sentiva le mani tremare di qualcosa che era un misto tra terrore e rabbia.
«Dov'è Hiccup?» domandò tagliente puntandogli la freccia sotto il naso, «E dov'è il mio popolo?»
«Il tuo popolo?» ripetè quello, portandosi una mano sul ventre e ridendo di gusto per prendersi gioco di lei, come se già tutto gli spettasse e gli appartenesse, «Niente di tutto ciò che vedi qui è più tuo ormai, la nostra vittoria è inevitabile e imminente»
Merida lo fissava con astio, così tanto rancore che aveva represso per tutto il male che era arrivato al suo seguito. Lei non lo avrebbe mai dimenticato.
«Dov'è Hiccup» sussurrò tra i denti, con le lacrime agli occhi.
Lui le scostò la freccia e si avvicinò a lei così tanto che Stoick sfoderò la sua spada, pronto ad attaccare, ma Norman sapeva ciò che stava facendo, molto più di tutti loro messi insieme e il dubbio che avesse avuto un piano migliore del loro era ormai certezza.
«Consegnatemi i draghi e il vostro futuro capo non si farà male» ordinò gelido come un vento nordico, guardando Merida ma riferendosi a tutti loro, «Consegnatemeli!»
Merida si voltò a guardare il popolo di Berk rammaricata. Dovevano consegnare i draghi o probabilmente la vita di Hiccup ne sarebbe andata di mezzo e nessuno lì poteva sopportare una perdita del genere, lei per prima. 
Lentamente ogni drago fu liberato dal peso del proprio cavaliere e spinto a raggiungere il cospetto di Norman. A Merida tremavano le mani dalla rabbia, lanciava sguardi carichi di omicidio rivolti a colui che aveva rovinato tutto ciò che di bello c'era in due popolazioni. 
Norman ghignava soddisfatto di quella vittoria che probabilmente nemmeno progettava nei suoi piani di conquista delle Highlands. Ma ora con un esercito di draghi poteva considerarsi invincibile. 
«Oh, sì» sussurrò facendo un piccolo gesto con la mano che portò tutta Berk a voltarsi, «Venite pure col ragazzo».
Dalle ultime linee sbucarono un centinaio di uomini. Cavalieri dalle brillanti armature di ferro come quella di Merida e il simbolo del Regno che apparteneva ancora a Fergus. Quest'ultimo guidava gli uomini che si facevano largo tra i loro avversari. 
Vederlo al seguito di qualcuno che non meritava altro che morire, qualcuno di così spietato come Norman, creava una profonda lacerazione nel cuore di Merida. Ma ciò che faceva più male era la vista delle catenere che teneva tra le mani: Una corda di pesanti anelli di metallo che tenevano imprigionato Hiccup.
Fergus si era creato un varco tra le persone grazie a quella visione, mentre tutti lo fissavano angosciati. Ora era Norman che aveva al suo cospetto i draghi e il popolo di suo padre, era riuscito ad ottenere tutto con l'inganno.
Mentre veniva trascinato, lo sguardo di Hiccup si posò su Merida e lei ricambiò inquieta.
«Adesso liberalo, hai i draghi» sibilò Merida, stringendo i pugni mentre suo padre e l'esercito fiancheggiava Norman.
La tensione era così palpabile che nessuno di Berk osava fiatare con la vita di Hiccup che vacillava tra le mani di quel tiranno. 
«Che potere hai per darmi ordini, principessa?» ghignò, scimmiottandola come se la sua presenza non avesse alcun potere su di lui. Così Merida si rivolse al padre che teneva tra le mani le catene.
«Padre...» cercò la comprensione in lui, ma non vi leggeva altro che apatia nel suo sguardo.
«Dunbroch sarà in buone mani con Norman, ma tu questo non vuoi capirlo, non sei in grado di prenderti le tue responsabilità, figlia»
Gli occhi di Merida si riempirono di lacrime: Era mai possibile che quel maledetto avesse avuto il potere di soggiogare chiunque? Era stato perfino in grado mettergli contro il suo stesso padre, il suo stesso sangue e lei ne aveva abbastanza di tutto quanto.
Tese di nuovo le braccia che poco prima erano state abbassate insieme all'arco e puntò la freccia alla gola di Norman, era così vicina che ci avrebbe messo meno di un secondo a trafiggerlo, così poco e tutto sarebbe finito. 
La tentazione era così alta che le sue mani fremevano di rabbia e desiderio. 
«LIBERATELO! SUBITO!» urlò con così tanta rabbia da stupire perfino Stoick L'immenso.
Norman non si mosse, nel suo sguardo non si leggeva paura, ma l'insopportabile sguardo di chi sapeva di aver vinto, di chi sapeva di avere tutto dalla propria parte. 
Così si avvicinò alla freccia in segno di sfida e si premette con la gola contro la punta d'acciaio, era gelida e a Merida sarebbe bastato così poco per finirla, così poco.
«Fallo» la sfidò, sorridendo mentre tutta Berk tratteneva il fiato.
Merida sentiva gli occhi di tutti puntati contro, quelli preoccupati della sorte di Hiccup, quelli di chi non capiva come una figlia potesse ribellarsi al suo destino e gli occhi di Hiccup che la fissavano carichi di dispiacere di non averle potuto dire quanto l'amava, gli occhi di chi sapeva che ormai era troppo tardi e che qualcosa di brutto si stava per compiere, molto presto.
«Fallo, così tutti vedranno fino a che punto puoi spingerti per il potere» continuò lui.
«Non lo farò» disse Merida, con gli occhi colmi di lacrime e la voce che tremava di rabbia, «Io non sono come te, non ho interesse nella conquista di un regno per arrivare al potere, io ho persone che amo e la mia famiglia e tu non porterai via niente di tutto questo!»
E senza alcuna attendere oltre, cambiò repentinamente direzione, scoccando la freccia la quale andò dritta a conficcarsi nella mano di Fergus. Quest'utimo si ritrovò con il palmo passato da parte a parte dalla freccia e ululò di dolore, lasciando immediatamente le catene per cadere sulle ginocchie e tenersi la mano ferita.
Accadde tutto così velocemente che Merida ebbe appena il tempo di realizzare: Nell'esatto istante in cui le catene caddero a terra, Stoick innalzò la spada al cielo e urlò per incalzare i propri cavalieri di draghi a combattere. Berk era nettamente svantaggiato numericamente, ma avevano i draghi e in men che non si dica il villaggio diventò campo di battaglia. Tutti i cavalieri di Berk erano saliti sui propri draghi e stavano attaccando dall'alto, volteggiando tra le capanne, ma era un vero e proprio atto di masochismo combattere via aerea, perché i cavalieri di Norman si nascondevano dietro le abitazioni  per proteggersi e scagliare il fuoco contro le abitazioni significava radere al suolo Berk e questo limitava ogni mossa.
Presto furono costretti a cessare gli attacchi dall'alto e contrastarli via terra, ma erano nettamente in svantaggio. Ci fu un vero e proprio scontro tra Berkiani e i cavalieri di Norman, i fendenti squarciavano l'aria e andavano ad abbattersi contro le spade avversarie.
Il villaggio si trasformò presto in un campo da battaglia, dove corpi e arti cadevano a terra inermi. 
Il fuoco dei draghi aveva creato una vera e propria nuvola di polvere che costrinse Merida a chiudere gli occhi. Tenne comunque le orecchie ben tese, girando su sé stessa per captare ogni minimo movimento e intercettarlo. Non sapeva dove fosse Hiccup, né che fine avesse fatto Norman.
Poi, d'improvviso, sentì un dolore lancinante alla testa che la fece rotolare a terra, su un fianco, proprio sul ciglio della scogliera dove si affacciava Berk e sotto la quale si infrangevano le onde contro le rocce. Rantolò di dolore, toccandosi il punto leso e appurando che stava sanguinando.
Ma non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi che una mano l'afferrò per i capelli e la tirò su di forza, facendola gemere di dolore, con un braccio avvolto attorno al proprio collo. Sentiva la propria schiena appoggiata al petto di qualcuno e quando questo le sussurrò all'orecchio, capì perfettamente di chi si trattava. 
«Guarda cos'hai fatto» sibilò Norman come un serpente, costringendola a guardare. 
Berk era diventata un vero e proprio cimitero, il sangue si allargava sul terreno e gli uomini cadevano come manichini senza vita. Merida guardò agghiacciata quello spettacolo e socchiuse gli occhi per il dolore alla testa. Poi, ad un tratto, distinse suo padre, un uomo corpulento e alto il doppio di un cavaliere, in mezzo alle spade che tagliavano l'aria e i loro occhi si scambiarono per brevi istanti in cui  le loro menti, tra padre e figlia, si lessero a vicenda. 
Per un solo breve istante Fergus scorse ciò che Norman ne stava facendo di sua figlia e abbassò la spada, abbassò la guardia. Questo bastò per consentire a Norman di fare un breve cenno del capo all'arciere alle spalle del re e in quell'istante il tempo si fermò.
L'urlo raccapricciante di Merida squarciò il cielo un secondo prima che la freccia scoccasse e si conficcasse nella schiena del padre, passandolo da parte a parte. 
Il tonfo che ne seguì fu sordo e rallentato, come se il tempo si fosse veramente fermato. Tutti smisero di combattere, nessuno che si scambiava più un solo fendente e Merida che tremava tra le braccia di Norman osservava la macchia di sangue sotto il corpo del padre allargarsi a macchia d'olio.
Era morto con il viso rivolto verso Merida, con gli occhi aperti e lo stesso sguardo d'intesa che si erano scambiati un attimo prima della tragedia. 
«Il re è morto!» urlò a gran voce Norman, gettando Merida ai propri piedi, mentre quest'ultima stringeva la terra con le mani, fino a conficcarsela nelle unghie per la rabbia, «Il vostro egoismo ha portato alla morte del sovrano di Dunbroch, ora io prenderò il suo posto e chi si opporrà a me verrà sterminato!»
L'unico rumore che si sentiva erano le lacrime di Merida che tintinnavano sul terreno, nessuno osava fiatare, nemmeno Stoick. 
«Non sei il re!» poi come un fulmine, una macchia nera sfrecciò tra Merida e Norman e si fermò poco più distante. 
Hiccup scese da Sdentato, le catene erano sparite e ora reggeva nella mano la sua spada di fuoco. Fece qualche passo avanti per fronteggiare Norman, senza paura.
«Non sei il re e non sarai mai il re che Fergus era, non ti spetta nessun diritto di sovranità, Merida è la legittima proprietaria di Dunbroch» parlò a gran voce. 
«Sta zitto» sibilò l'altro, estraendo silenziosamente la spada.
«Per cosa combattete?» continuò invece Hiccup, risoluto, rivolgendosi ai cavalieri che portavano lo stemma di Dunbroch, «Un tiranno avido che non vuole altro che il potere è intenzionato a conquistare le Highlands e ha soggiogato Fergus per iniziare il suo piano di conquista. Per cosa state dando la vita? La vostra principessa combatte con noi, ed è la vostra unica salvezza. Per cosa combattete, allora?»
Ci fu un silenzio generale dopo le parole che Hiccup aveva rivolto ai cavalieri, ma soprattutto a Merida, per confortarla e darle la forza della quale ora era stata prosciugata a causa di quella perdita. Qualcuno lasciò cadere la spada e fece qualche passo indietro, la resa era arrivata.
«Non c'è più nessuna guerra» disse Hiccup, rivolgendosi a Norman, «E' finita»
Quello sorrise, «No, non è ancora finita»
E si gettò verso Hiccup, con la spada alzata al cielo e l'espressione dentro la quale si leggeva vendetta, odio e molta, molta rabbia. Era intenzionato a ucciderlo e non vi era niente a frapporsi tra loro.
Niente se non Merida. Probabilmente Norman l'aveva data per scontata, considerato lo stato in cui era, ma le parole di Hiccup l'avevano rassicurata, le avevano dato la forza di alzarsi e di gettarsi su Norman per spingerlo dal lato opposto, sul ciglio della scogliera.
Gli abbracciò il petto e si mosse dal lato opposto, urlando per lo sforzo e il dolore che si portava dentro: «NON SARAI MAI IL RE DI DUNBROCH!» 
E poi entrambi caddero dalla scogliera.








 

Nota autrice
Sono in ritardo di quasi un anno ma finalmente posso annunciare il penultimo capitolo di questa storia, il prossimo sarà quello conclusivo per la vostra immensa gioia, sono felice di aver portato a termine questa storia, anche se con i miei lunghi tempi.
Spero vi piaccia! Fatemi sapere.

 
  
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