Requiem della Rosa
Il mio
nome è Rosemary…. Sono nata in un mondo che voi… non potete capire…
…Un mondo in cui gli uomini, gli umani, non sono la
razza dominante… Non sono nemmeno in cima alla catena alimentare…. Un mondo in
cui ai piedi delle montagne, quando è notte, si può sentire il respiro di un
drago rimbombare nella valle…. Un mondo in cui esistono forze contro cui non ha
importanza il numero degli uomini che le combattono… Né quanto astutamente
pianifichino le loro mosse…
Un mondo in cui la vita di una persona può essere
stravolta in un battere di ciglia… o nel volgere di una giornata… da qualche
gioco di magia inventato da qualche stregone deciso a imbrogliare il fato… E a
volte non è necessario un grande incantesimo fatto di mille luci colorate e tonanti
parole…
Nel mio mondo… A volte basta anche solo voltare una
carta… Per cambiare la vita di una persona…
Sono nata in una piccola città. Mio padre aveva una
piccola bottega, mia madre curava me e i miei fratelli… Era tutto normale…
Tranne i miei capelli… Avevano un colore strano…. Tutti mi trovavano molto
bella…. Tutti mi trovavano molto strana…. I miei capelli erano azzurri…
Richard, il gioielliere, amava dire che il loro colore somigliava al riflesso
che un limpido cielo d’estate può avere attraverso un diamante. Nessuno sa
perché io sia nata così…. I cavalieri dell’Acciaio Bianco, i sacri protettori
dell’ordine del nostro regno, un ordine di cavalieri templari dedicati a
proteggere le nostre terre dalle orribili minacce delle creature disumane che
si annidano in ogni angolo della notte, hanno sempre fatto molte domande a mio
padre… Ma pare che, alla fine, quello strano colore fosse dovuto a un lontano,
lontanissimo parente elfico che doveva aver lasciato una goccia del suo sangue
nella nostra famiglia.
Tutti mi conoscevano al villaggio. Tutti erano miei
amici. Tutti mi sorridevano.
Conoscevo tutti al villaggio. Tutti erano miei amici.
Sorridevo a tutti.
Mentre crescevo e i miei genitori cominciavano a
pensare a qualcuno di adatto a cui darmi in moglie, i cavalieri dell’Acciaio
Bianco dissero che sarebbe stato meglio se avessero vegliato su di me e mi
avessero insegnato la disciplina. Mio padre sembrava preoccupato quando glielo
dissero… Io ero divertita. Forse anche io avrei difeso il regno dai malvagi
mostri. E così mi ordinarono di passare del tempo alla guarnigione… Io guardavo
i maschi allenarsi… E poi cominciai ad allenarmi anche io… Sembravo imparare
molto in fretta… Tutti dicevano che ero molto brava… Tutti dicevano che era
molto strano… Ma a me non importava: era divertente e facile… E cominciavo a
pensare cosa avrei fatto da grande e come sarebbe stato il mio ragazzo e… e
tante altre cose… ma stranamente… non pensavo mai di diventare un Cavaliere…
Combattere mi sembrava facile, ma non era quello che volevo fare… Ciò è buffo,
se ci penso ora…
______________
Caron sedeva di fronte alla cartomante, una donna
nelle cui vene scorreva sangue di Drago. L’aveva raggiunta dopo una lunga
caccia: doveva far ricorso ai suoi poteri di veggente. Possedendo un sangue così
potente, le sue erano ben più che millantate capacità da circo: essa conosceva
il Fato tanto bene che non solo poteva prevederlo, ma poteva addirittura
piegarlo. La cartomante si diceva possedesse un mazzo di tarocchi magici, dono
di un suo antico avo del ramo draconico, con il quale un temerario poteva
sfidare il destino per averne i favori. Caron era tanto temeraria. Pescando dal
mazzo coperto si poteva far girare
______________
Adesso la mia mente cerca di tornare ai confusi
ricordi di una vita normale… Mi chiedo cosa facessi durante il giorno, ci
ripenso continuamente, ma non vedo altro che le cose che fa ogni ragazza… Mi
vedo camminare per il villaggio, portare il cesto delle mele alla mamma,
festeggiare la sorella di Anna che si era fidanzata con Romio, aiutare la mamma
con i panni al fiume, scappare dai ragazzi che ci inseguono con qualche
millepiedi tra le dita… Poi altre cose forse un po’ meno normali per una
ragazza, ma così semplici che proprio…
Vedo me e i ragazzi della guarnigione che sediamo tra
gli scranni mentre il sacerdote spiega dottrina, mi vedo in piedi mentre ripeto
la lezione, mi vedo nella piazza d’armi mentre Aron, il mio sergente, mi sgrida
bonariamente perché ho fatto male il volteggio… È allora, è quando penso ad
Aron che poi mi torna in mente tutto… Mi ricordo i suoi occhi… Mi ricordo che
brillavano alla luce della torcia, perché era buio… Era notte…
Mi aveva dato un appuntamento segreto vicino alla
guarnigione… Ero così emozionata… e pensavo a tutte quelle cose che può pensare
una ragazza normale quando un ragazzo le dà appuntamento di notte… Ma quando
sono arrivata all’appuntamento… I suoi occhi mi hanno detto tutto ben prima che
lui parlasse… Non erano gli occhi di un ragazzo che vuole dichiararsi… erano
gli occhi più grevi che avessi mai visto… Con quegli occhi mi ha guardato e mi
ha detto che avevo ventiquattro ore… Ventiquattro ore per salutare le persone
care… Ventiquattro ore per chiudere tutte le faccende in sospeso… Ventiquattro
ore prima che i Cavalieri dell'Acciaio Bianco portassero a termine la condanna
a morte che avevano emesso nei miei confronti... Mi consegnò perfino un rotolo
di pergamena su cui diceva fosse scritto tutto... Ma io non l'ho mai aperto...
I suoi occhi mi avevano già detto ogni cosa... Non era uno scherzo... E l'unica
cosa che volevo sapere... il Perchè... Perchè dovevo morire... Quello sapevo
che non c'era davvero scritto... Perchè non avevo fatto niente nella mia
vita... A parte portare il cesto di mele alla mamma, aiutarla a lavare i panni al
fiume... E, ovviamente, essere nata con i capelli azzurri...
...Così, in un solo istante, ho guardato quegli occhi
e ho cominciato a cadere... Il mio cuore ha cominciato a battere all'impazzata
e ho cominciato a correre... Mi avevano sempre detto di non sprecare la mia
vita... E ora avevo un solo giorno...
...Ventiquattro ore fa, quando mancavano Ventiquattro
Ore prima che deponessero dei fiori sulla mia tomba, io stavo correndo verso
casa, con le mani che mi tremavano, l'ombra della morte che già mi avvolgeva...
Nemmeno per un secondo avevo pensato che tutto si potesse risolvere per il
meglio, o che fosse solo uno scherzo... Gli occhi di Aron erano chiarissimi...
Tutti i fili sciolti della mia vita si sarebbero riannodati stanotte solo per
essere recisi con un colpo di spada...
...Ventiquattro ore fa, quando mancavano Ventiquattro
Ore prima che deponessero dei fiori sulla mia tomba, io stavo svegliando la mia
famiglia e stavo dicendo loro di prepararsi a partire... Loro mi guardavano
come fossi pazza... Mi avrebbero voluto sgridare per quello scherzo... forse
non avevo gli stessi occhi di Aron, mentre glielo dicevo... Ma avevo il suo
rotolo... E mentre correvo per casa raccogliendo le cose dei miei, mio padre
leggeva... e impallidiva... fino a diventare bianco come la luna che ancora
brillava nel cielo... ma io non avevo tempo, volevo solo stringerli ancora un
poco e aiutarli a partire in fretta, prima che i Cavalieri decidessero di voler
prendere anche loro...
Se ci penso, quei momenti adesso mi sembrano così
lontani... E la fretta che mi sembrava di avere, non è nulla di fronte a ciò che
mi scorre dentro ora.
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Una stoccata sul fronte, una sul fianco, lo scudo
della guardia rimbomba forte nella notte.
Rosemary scatta in avanti, preme il suo scudo contro il
petto della guardia, gli intrappola le braccia sotto di esso.
Lui cerca di arretrare per liberarsi mentre il
compagno sul fianco ritorna dalla posizione di parata e si rifà sotto.
Una spinta più decisa dello scudo e l’uomo perde
l’equilibrio, uno scatto sul fianco per intercettare la lama dell’altro poi, con
lo schiocco di un tuono, lo scudo della ragazza si schianta sull’elmo della
guardia rimasta facendola rovinare a terra con le mani che lasciano le armi per
raggiungere il volto dolorante.
La coda dell’occhio coglie il più vicino degli
armigeri di guardia correre verso di lei per prenderla alle spalle mentre un
altro già la incalza scavalcando il compagno caduto per confrontarla. Con un
volteggio Rosemary cambia l’impugnatura della spada, non ha tempo per girarsi,
fa scivolare la lama accanto al suo fianco mentre si sbilancia indietro.
L’avversario vede solo troppo tardi la spada uscire da sotto il suo braccio
mentre lei gli cade addosso. La ragazza pianta il piede all’ultimo istante
trasformando la sua caduta in una giravolta, con un balzo salta il corpo della
guardia appena trafitta, l’altro invece ci inciampa nella foga di raggiungerla.
Mentre lei finisce di girare su se stessa l’uomo perde l’equilibrio in avanti,
la ragazza distende il braccio con lo scudo, lo colpisce con esso dietro la
nuca mentre cade. Poi si volta verso il primo avversario che si è appena
rialzato, la sua carica spenta davanti allo spettacolo dei compagni sconfitti.
Mentre si alza ne incrocia lo sguardo: anche se ha
appena abbattuto tre suoi compagni, il suo sguardo è quello di una bestia in
trappola.
Anche se è stata lei che li ha assaliti, il suo
sguardo è quello di una tigre che non ha più alcuna via di fuga.
Anche se è stata lei a irrompere nel monastero dei
Cavalieri dell’Acciaio Bianco la notte in cui dovevano giustiziarla, non ha lo
sguardo di un aggressore, ma di un fuggiasco.
E allora perché non scappa? Perché irrompere nel luogo
dal quale di certo non potrà mai uscire viva? Perché ha scelto di aprirsi la
strada con l’acciaio non per sfuggire
alla loro morsa, ma per addentrarvisi?
“Perché stai facendo tutto questo?!” Le chiede infine
con la voce che lotta contro l’affanno della fatica e della paura.
Non ha tempo Rosemary.
Proprio oggi ha imparato quanto vale il tempo e quanto
poco ne abbiano riservato per lei.
E ci vorrebbe troppo tempo, troppo davvero per
formulare quella risposta in modo che la capisca chi ha deciso che lei deve
morire a causa del colore dei suoi capelli. Altri guardiani stanno arrivando,
ogni parola è un regalo che farebbe loro. Ogni parola sarebbe inutile per chi
ha già deciso che lei deve morire. E poi, chi ha condannato a morte una ragazza
perché ha i capelli azzurri non vuole davvero sentire. O forse vuole solo
sentire la verità di cui si sente baluardo.
Potrebbe salvarsi, Rosemary, se potesse parlar loro
abbastanza da far nascere il Dubbio… Il Dubbio che, nonostante i capelli
azzurri, non è diversa da loro… Ma forse no. Forse tutto il tempo all’accademia
era proprio servito a quello, a sradicare il dubbio dalle menti dei cavalieri.
A renderli certi che una donna, no, peggio, una ragazza che ha i capelli
azzurri, che brandisce una spada con abilità, che sa confrontarsi con gli
uomini, non può essere umana. E allora perché deluderli? Perché provare ad abbattere
un muro di odio costruito con tanta dovizia? Perché perdere tempo a costruire
una risposta diversa da quella che vogliono sentire, visto che è l’unica a cui
crederanno?
“Perché odio tutti gli umani” Sibila mentre lo scruta
decisa a non perdere altro tempo.
“Non hai neanche vergogna! L’Alto Templare era nel
giusto! E noi che ti abbiamo sempre trattata come una di noi!” Le rinfaccia
l’avversario, la sua fede rinforzata dalla sfrontatezza di lei.
“Ma non più, vero? Questi maledetti capelli mi sono
cresciuti un briciolo di troppo e ora mi merito solo di essere giustiziata!”
Gli abbaia di rimando con rabbioso sarcasmo proprio prima di scattare di nuovo
all’attacco.
______________
La cartomante aveva spiegato il mazzo di tarocchi
davanti a Caron, dopo essersi accertata che avesse ben compreso quale fosse il
rischio di giocare con il Destino. Ma era solo una questione di forma. Con i
suoi poteri divinatori sapeva sempre chi e quando le avrebbe fatto visita… E
sapeva quindi che la Cacciatrice non avrebbe esitato a sacrificare la sua vita
per raggiungere la sua preda.
Mentre disponeva le carte aveva spiegato alla cupa
visitatrice che avrebbe dovuto scegliere quante volte voleva sfidare la sorte…
E per ogni volta avrebbe pescato un arcano, poi, uno a uno, la cartomante li avrebbe
scoperti per lei e le avrebbe rivelato cosa le aveva riservato il destino… e
solo quando tutte sarebbero state voltate il fato avrebbe fatto il suo corso.
Caron aveva deciso di scegliere tante carte quante
sono le dita di una mano; in quel numero c’erano abbastanza possibilità di
trovare la carta che dava la risposta alla sua domanda senza accrescere troppo
il rischio di incorrere nelle sciagure che il mazzo sapeva portare.
Fino a quel momento, però, le carte che aveva voltato
avevano confermato ciò che pensava del suo legame col Fato… Sempre in attesa di
servirle un piatto colmo di scherno e miseria. Il Diavolo era stata la prima
carta e anche le sue non proprio complete conoscenze di occultismo le
suggerivano non fosse il migliore auspicio, ma la comparsa successiva del
dodicesimo Arcano, l’Appeso aveva se possibile suggerito un seguito ancora
peggiore. La terza carta era stata il Fante di Spade, del quale non conosceva
il significato, mentre quella successiva si voltò rivelando la Torre… Non
avrebbe scommesso sulla sua capacità di interpretare quei segni, ma
l’inquietante sorriso che si dipinse sul volto della cartomante, in parte
celato dal cappuccio riccamente decorato, non la mise di buon umore. Le labbra
della sua ospite avevano il colore dello smeraldo e i riflessi del rame più
scintillante, se fosse un accorgimento cosmetico o un segno del suo retaggio
draconico, poco importava: l’espressione che assunsero, appena sotto l’ombra
che il broccato le gettava sul volto, svelava una gustosa sensazione di
sorpresa. La sorpresa per un essere come lei era il frutto proibito: dotata
della capacità di vedere il futuro, nulla accadeva senza che fosse previsto e,
sebbene molto utile, tutto ciò a lungo andare era diventato noioso. Di una cosa
sola non conosceva mai l’esito… Quali carte sarebbero state estratte dal mazzo
incantato… Per questo concedeva il privilegio di attingere a un simile
artefatto a tutti coloro che fossero abbastanza audaci e abili da cercarla… Per
poter vedere la trama del Destino tessersi in una forma nuova e sconosciuta
persino a lei.
Caron in quel momento le aveva offerto un piatto ricco
come pochi altri e ogni carta che aveva scelto aveva echeggiato nella sua anima
mostrandole il futuro della Cacciatrice… Rinnovato da ciascuna carta. E a dire
il vero tutte queste evoluzioni erano state piuttosto macabre… Ma mancava
ancora l’ultima carta e, più che mai, la Cartomante era impaziente di sapere se
ci sarebbe stato uno di quei colpi di scena di cui la sua vita era
completamente vuota…
“Queste tre carte – Disse la Cartomante portando in
evidenza i tre Arcani Maggiori – Mostrano grande sventura…” Disse confermando i
timori di Caron “Rappresentano l’odio di un Signore dell’Abisso, la Debolezza e
la Prigionia… Sono tre tra i più terribili doni che il mio mazzo sa fare…”
“Volta l’ultima” Le disse Caron gelida, ignara o
ignorando quanto fosse importante quel momento per la sua ospite e indifferente
alla sua sorte. Nonostante la sua arte l’avesse messa in guardia, sentire un
tale sprezzo per la propria incolumità dalle vive labbra della Cacciatrice
rafforzò solo di più il gusto che traeva da quella sua divinazione. Quella
giovane donna era così differente dai cavalieri che avevano cercato altre volte
il suo consiglio che la storia che le si spiegava sotto gli occhi e che la
vedeva protagonista valeva più di qualunque epica scritta dai più arditi
compositori delle corti dei re.
“Non hai paura di ciò che le mie carte ti promettono?”
Le chiese per poter sentire una risposta che già conosceva, ma della quale
bramava udire il suono vero e non sognato.
“Se hai i poteri che dicono, allora puoi conoscere
anche il passato oltre al futuro… E se hai visto il mio, saprai che nessuna
delle torture che mi mostri è per me un supplizio maggiore di quello che già
devo sopportare vivendo…”
Ammirata da quanto profondo e puro corresse quel fiume
di ghiaccio nell’anima della Cacciatrice, la Cartomante non potè fare a meno di
sorridere compiaciuta un poco di più… Né potè evitare di scoprirsi ansiosa come
una ragazzina nell’avvicinare la mano all’ultima carta.
Il Mazzo avrebbe davvero condannato la donna a quelle
orribili vicende? E come avrebbe reagito? Avrebbe avuto la forza di vincere
anche queste o la sua vita sarebbe stata spezzata?...
Solo chi sa ogni cosa può apprezzare tanto il sapore
dell’incertezza…
______________
Esiste poi davvero un Paradiso o un Inferno? E’ in uno
di questi dove sono diretta? O in qualche modo riuscirò a tornare indietro?
Chi può dirlo?
Ma forse non esiste più un “Dietro” a cui tornare… Ora
che il momento della mia morte è stato scritto sulla pergamena di Aron, ora le
cose di cui era fatta la mia vita cominciano a sbiadire… Le persone che ho
conosciuto, le cose di cui ho riso, i posti che ho visto… I propositi che
avevo… quelli sopra ogni cosa… stanno svanendo. Cancellati dall’imminenza della
mia esecuzione. Cancellati da questa prospettiva che mi hanno regalato con una
condanna a morte senza giustizia e senza senso.
Tutte le cose a cui avevo pensato. Tutte le cose che
volevo fare. Tutti i posti che volevo vedere. Tutte le parole che volevo dire.
Non ho più tempo.
Mi hanno dato ventiquattro ore e con questo dono non
hanno cancellato solo il mio futuro; queste ventiquattro ore hanno inghiottito
anche tutto il mio passato.
Le cose che prima stringevo tanto vicino al cuore, le
cose che avevo pensato avrei ricordato per sempre, ora hanno solo un gusto
amaro… no, nemmeno… è solo insipido.
Sono i ricordi di una ragazza che non diventerà mai
grande. Sono i ricordi di una bambina che all’inizio di un libro sono così
dolci e teneri che rendono ancora più bello tutto ciò che viene dopo…
Ma il mio libro finisce stanotte.
E così quei dolci ricordi sono solo il segno di una
vita che non è stata ancora vissuta e vicini alla fine del libro non hanno lo
stesso sapore… Forse non ne hanno affatto
Il sole sarebbe tramontato incendiando l’orizzonte
come ogni giorno, ma questa volta si sarebbe portato via la mia vita…
Quando fantasticavo con gli altri ragazzi di come
avrei vissuto la mia vita, avevo sempre sospettato che qualcosa di quelle
avventure meravigliose non sarebbe accaduto… che forse non avrei sposato un
principe che mi facesse diventare la sua principessa o che non avrei sconfitto
terribili draghi di cui avrei saccheggiato le tane… ma alcune cose che mi
scaldavano il cuore, quelle pensavo sarebbero state il dolce che a nessuna vita
può essere strappato… quelle pensavo di stringerle forte tra le mani…
Pensavo che avrei vissuto per fare ciò che mi sembrava
tutti potessero fare: sposarmi, avere dei figli, guardarli giocare, diventare
nonna…
Ma il mio libro non era scritto così… il mio libro è
già finito.
…Per questo Diciotto ore fa, quando mancavano Diciotto
Ore prima che deponessero dei fiori sulla mia tomba, davo il mio bacio d’addio
alla mia famiglia prima che si allontanasse lungo la strada oltre il fiume che
porta lontano dalle terre del ducato. Per questo dicevo loro che non li avrei
seguiti. Per questo dicevo loro che sarei tornata indietro dai Cavalieri
dell’Acciaio Bianco, che non sarei fuggita.
E ai loro occhi sbarrati che mi chiedevano nella luce
dell’alba se stessi scherzando io rispondevo che non era affatto un scherzo… E
che avevo bisogno del loro Augurio… E della promessa che sarebbero vissuti
liberi.
…Così Tredici ore fa, quando mancavano Tredici Ore
prima che deponessero dei fiori sulla mia tomba, io correvo a perdifiato tra i
boschi inseguita dai Cavalieri che mi davano la caccia. Li conducevo lontano
dai miei familiari, lasciando loro credere che stessi tentando la fuga. E
intanto dentro di me cominciavo a sentire più chiara la forma di quella pazzia
che stavo facendo.
Perché non volevo fuggire. Perché non volevo chiedere
aiuto.
Perché, in vero, non volevo nemmeno sopravvivere.
Più il sole attraversava il cielo del mio ultimo
giorno e più io mi lasciavo dietro qualunque dubbio su cosa fosse meglio fare…
perché più mi avvicinavo alla mia ultima ora, più le cose svanivano e diventava
chiaro quale fosse l’ultima cosa che mi era rimasta… L’ultima pagina che mi era
rimasta…
______________
I balestrieri sugli spalti scoccarono i dardi. Senza
perdere il ritmo, Rosemary piegò il busto indietro, schivando la traiettoria
del primo. Trasformò la schivata in un’acrobazia con un unico flessuoso
movimento. Il secondo dardo le passò vicino alla schiena mentre volteggiava in
aria. La guardia a cui andava incontro le si fece innanzi con foga, con rabbia.
Il suo affondo fu intercettato dalla spada di Rosemary non appena toccò terra.
La ragazza trattenne la lama avversaria lontana dal suo corpo mentre,
continuando a girare, entrava nella guardia del soldato. I balestrieri nel
tentativo di colpirla continuarono a tirare, senza riuscire a fermarsi neanche
quando si accorsero che era sparita dietro la sagoma del loro compagno. La
guardia crollò sullo sterrato trafitta dai proiettili dei suoi commilitoni, ma
altri erano già pronti per stringerla in un assalto senza scampo.
Davanti, dietro, a destra e a sinistra. Ovunque
volgesse lo sguardo, i cavalieri dell’Acciaio Bianco irrompevano nel chiostro
centrale del loro monastero per affrontarla. Sugli spalti i balestrieri si
spostavano di continuo per seguire i suoi movimenti in cerca di un tiro
preciso, ma esitavano a scoccare. No, non era perché le torce non erano
sufficienti a illuminare il bersaglio nella notte. No, non era per paura di
colpire i loro compagni. Era perché non capivano. Anche i fanti la circondavano
a piccoli gruppi, girandole attorno, per studiarla. Nemmeno loro capivano.
Pensavano che da un momento all’altro quella strega avrebbe tentato qualche
sortilegio… Per questo pensavano che avesse osato introdursi proprio nel loro
sacro monastero… Per che altro motivo se no?
Ma Rosemary non era una strega.
Era solo una ragazza con i capelli azzurri che loro
avevano condannato a morte.
Il giovane davanti a lei esitò un poco, fintando
leggermente verso di lei per prendere tempo. Un compagno più bramoso di punire
la strega falciò la lama verso di lei brandendo la spada con entrambe le mani.
Rosemary abbandonò il gioco del primo piegando il busto come un giunco sferzato
dal vento. La lama le passò poco sopra la testa lasciando il torso
dell’avversario scoperto dallo slancio e lì la spada di lei trovò il suo
bersaglio. Volteggiò sul lato lasciando che il nemico trafitto rotolasse oltre
di lei. Poi tornò all’altro giovane che ancora seguiva con lo sguardo sgomento
il compagno. Rosemary lo sorprese con una stoccata alla base dell’elsa
facendogli lasciare l’arma, poi partì veloce con il braccio sinistro che
portava lo scudo schiantandolo sul volto mascherato dall’elmo per mandarlo a
terra.
Un attimo prima di venir colpito Rosemary lo aveva
guardato negli occhi… Quel suo ultimo giorno le aveva portato via così tante
cose… Ma quelle che erano rimaste erano così vere. I suoi occhi e il suo sguardo
erano più veri che mai. Lo vedeva nello sguardo degli altri quanto fossero
colpiti dai suoi occhi.
Erano degli occhi disperati. Ma non chiedevano pietà
Erano gli occhi di chi non ha speranza di salvarsi.
Erano gli occhi di chi non ha nulla da perdere.
Quelli sono gli occhi che fanno più paura quando
brandiscono una spada.
E mentre era lei che andava a cercare i suoi
avversari, anziché attenderli, volteggiava tra i dardi che volevano trafiggerla
e guardava i Cavalieri negli occhi. Anche lei guardava dentro i loro occhi e
vedeva tutto. Vedeva quelli di chi voleva ucciderla perché non era umana,
perché la odiava. Li cercava nella mischia come una tigre impazzita e ne
incrociava le spade. Stoccava a destra e dietro di sé per tenere a bada gli
altri che la circondavano. Gli lasciava credere che si fosse distratta e mentre
sollevavano la lama per punirla, scattava come un serpente scagliando un
affondo più veloce del loro “sacro zelo” e li passava da parte a parte.
Vedeva quelli che invece esitavano a colpirla. Avevano
gli occhi di quelli che, forse, all’udire della sua condanna si erano chiesti
“perché?” e ancora se lo chiedevano. Li evitava mentre giocava di gambe tra gli
altri avversari. E quando provavano a fermarla sfruttava la loro indecisione
per stordirli con lo scudo o con l’elsa della spada, o per disarmarli.
La sua danza senza posa continuava tra i soldati che
cercavano di capire dove volesse andare, a quale ala del chiostro stesse
puntando.
Ma il viaggio di Rosemary era finito lì. Nel chiostro
centrale del monastero di chi l’aveva condannata a morte. Non c’era nessun
piano. Non c’era nessun sortilegio in arrivo.
Mentre frustava in ogni direzione per tenere a bada
gli avversari, mentre caricava con lo scudo un bersaglio per rompere
l’accerchiamento, Rosemary non pensava ad altro se non a percepire la direzione
del prossimo fendente e la distanza da tenere dal prossimo nemico. A quello e
al perché…
Al perché avesse chiesto ai suoi cari di farle quella
promessa. Al perché avesse chiesto loro di vivere liberi e di farlo per lei. Al
perché che le aveva chiesto poco prima la guardia che le sbarrava la strada per
il chiostro. Al perché che le bruciava negli occhi.
Vivere liberi… Mentre incassava l’attacco di una spada
contro il suo scudo e si apriva la strada sull’altro lato con un fendente,
Rosemary pensava che avesse usato quelle parole perché… Perché era proprio come
lei non si sentiva più… Prigioniera di una pergamena che la condannava a morte.
Prigioniera di una colpa che non aveva scelto. Prigioniera di un marchio che
altri avevano deciso essere blasfemo. Prigioniera dei suoi capelli azzurri.
Prigioniera dell’ignoranza altrui.
Per questo aveva voluto quella promessa. Perché voleva
che almeno loro non vivessero una vita scritta dalle mani degli altri.
Per questo aveva chiesto la loro benedizione. Perché
non voleva fuggire. Perché voleva tornare indietro e riprendersi il suo Libro.
Era rimasto poco di quel suo Libro: una pagina appena. L’ultima pagina. E la
fine era già scritta. Finiva quella notte.
Rosemary turbinò su se stessa, calcolando i tempi
delle stoccate, misurando i passi tra gli avversari. Precisa bloccò sul nascere
il colpo del suo avversario di destra, poi si riavvolse nel suo turbine e
sorprese quello di sinistra intercettandone la lama e spezzandola tanto era il
suo impeto.
E mentre lo faceva… no, Rosemary non sperava… Non
sperava di riscrivere la fine della sua Storia. Sapeva quanti fossero i suoi
avversari e sapeva che l’avrebbero sopraffatta. Sapeva che sarebbe morta.
Ma sarebbe potuta morire in silenzio su un patibolo.
O in ginocchio su un ceppo.
O gridando con un dardo che le trafiggeva la schiena
mentre fuggiva.
…Oppure poteva non arrendersi nonostante fosse tutto
scritto.
Senza dubbio, sarebbe morta.
Prima o poi le sue membra si sarebbero stancate. O un
avversario sarebbe stato più abile o svelto. O semplicemente sarebbe scivolata
per sbaglio e l’avrebbero finita. Ma questo era tutto quello che le era
rimasto.
Una Ultima Pagina vuota con la fine già scritta.
Ma quella sarebbe stata la sua pagina. E fino alla Fine avrebbe continuato a scrivere. Avrebbe
scritto: Non mi arrendo.
Non mi arrendo.
Non mi arrendo.
Anche se è tutto inutile…
…Non mi arrendo.
Non mi arrendo!
Perché anche se il suo libro finiva quella notte,
almeno su quella pagina, avrebbero potuto leggere che oltre a morire… era anche
vissuta.
______________
Per la prima volta da quando Caron si era seduta di
fronte a lei, la Cartomante aveva sollevato il capo abbastanza perché le si
vedessero gli occhi. E stavano scintillando. Scintillavano mentre voltava
l’ultima carta.
Scintillando per la sorpresa… o per la gioia… Ma se
questo fosse bene per lei, Caron non sapeva dirlo. Specie visto il modo in cui
la Cartomante aveva accolto con un sorriso le tre carte che la condannavano.
E l’Indovina era davvero senza parole e senza fiato…
E’ difficile provare il sentimento della gratitudine per chi vede ogni cosa
come una precisa catena di eventi decisa dal Fato. Le azioni umane (e non
umane) diventano piccole nella prospettiva dell’eternità e raramente un gesto
gentile può riverberarsi a sufficienza nel tempo per essere notato da chi ha la
vista tanto lunga.
Ma quel giorno la Cartomante era davvero grata a Caron
di aver cercato il suo consiglio, di aver lasciato che il suo mazzo giocasse
con la sua vita. Perché le aveva portato il dono per lei più prezioso: quello
della sorpresa.
“La Ruota della Fortuna!” Annunciò euforica, quasi
spiritata, mentre rivelava la carta anche alla Cacciatrice.
“Quale è il suo significato?” Chiese Caron a questo
punto più che mai incerta su come interpretare l’entusiasmo inaspettato della
sua ospite.
“Questa, mia cara, è la Regina del mio mazzo…” Le
rispose guardandola per la prima volta negli occhi e sorridendo beffarda. “La
Ruota dà la possibilità a chi la trova di scegliere il proprio destino.
Permette di realizzare i propri desideri. Puoi desiderare di pescare una
qualunque carta dal Mazzo… e la troverai di certo… Oppure puoi desiderare di
non averne mai pescata un’altra.” L’implicazione fece acuire ancora di più
l’attenzione di Caron che comprendeva come quella carta avrebbe potuto stravolgere
il verdetto che fino a quel momento il Mazzo aveva emesso contro di lei “…Ma non
potrai scegliere tutte le carte che
desideri: sarà ancora la tua fortuna a scegliere per te…”
In risposta a un gesto della mano della Cartomante, la
carta si sollevò in aria e si poggiò su un impossibile quanto magico equilibrio
su uno dei suoi angoli.
“Tocca la carta. Toccala piano… Ed essa prenderà a
girare” Le ordinò l’Indovina sempre più coinvolta da quel raro gioco “Per ogni
giro che farà su se stessa, potrai scegliere una carta da far comparire o da
cancellare… Ma bada: solo pochissimi di coloro che hanno trovato questa carta sono
riusciti a farle compiere quattro rivoluzioni e nessuno mai ne ha viste di più… Tu dovrai quindi eguagliare i più
fortunati di loro se vorrai sfuggire al tuo Destino e ottenere ciò che volevi!”
Caron avvicinò allora il dito affusolato a un angolo
della carta. Lo fece senza troppa convinzione e con le labbra incantevoli colte
nella smorfia di chi non ha mai trovato molta amicizia nella “fortuna”. La
carta, nonostante il tocco davvero delicato e la fiducia riposta, prese
tuttavia a girare, acquisendo velocità…
Caron osservò il Tarocco continuare la sua evoluzione
e ripensò alle parole della Cartomante e, d’improvviso, tutto svanì dalla sua
mente.
… Uno…
…Girava la Carta e svaniva il pensiero delle punizioni
che poteva rimuovere con quell’Arcano, ma questo era normale… Se avesse avuto
solo la scelta se sottrarsi alla sventura o cogliere il suo bersaglio, di certo
avrebbe scelto la seconda.
Ma, per la prima volta da che si era avventurata a
caccia degli abomini non morti, anche il pensiero della sua preda era svanito del
tutto. Rimpiazzato da ben altro desiderio.
“Esiste una Carta che possa riportare in vita una
persona defunta molto tempo fa?” Chiese Caron senza distogliere lo sguardo
dalla Ruota della Fortuna… E da quel suo desiderio
…Due…
…Girava la Carta e il sorriso compiaciuto della Cartomante
si fece, se possibile ancor più beffardo.
“Intendi dire se esiste una Carta in grado di
riportare in questo mondo l’anima di una persona sacrificata da uno stregone
oscuro a un Principe Infernale? Mia cara, temo che questo vada oltre anche ai
poteri del mio Mazzo…” Le rispose sarcasticamente l’Indovina, mostrando di
sapere di lei ben più di quanto non desiderasse…
……Tre……
…Il Movimento della carta era appena percettibile
ormai
“…Sei davvero una continua sorpresa, tuttavia… Pensavo
di aver visto chiaramente la tua rassegnazione in proposito, Cacciatrice”
“…Sono rassegnata solo a portare il peso del mio
peccato e a morire in battaglia, non a essere un burattino nelle mani del
Destino. Il tuo Padrone ha preso le mie lacrime e avrà il mio sangue, ma mai la
mia obbedienza”
“Mmmm…” Fece la Cartomante come se gustasse quelle
parole come un buon vino “…Sei certo la Carta più enigmatica che mi sia mai
capitato di voltare, Traghettatrice… E’ solo un peccato che il tuo viaggio alla
mia soglia non ti abbia portato abbastanza buona sorte da poter prendere ciò
che cercavi… O forse accetterai una condanna pur di trovare la tua…”
…Quattro!
Gli occhi di entrambe si fissarono sull’Arcano,
sbarrati, quasi a volerlo bruciare, osservando la runa dorata che indicava il
numero delle stagioni che compariva sulla Ruota mentre la Carta si fermava del
tutto e poi cadeva riversa sul tavolo.
“…Forse il Destino pensa di doverti qualcosa,
Cacciatrice…”
______________
Ho pregato i miei genitori di vivere liberi, di farlo
per me, perché è quello che io non ho fatto. Perché è quello che nessuno di noi
ha mai fatto.
Perché volevo che almeno il loro Libro fosse scritto
con le loro mani.
No, non in solitudine. No, non sono tanto arrogante o
sciocca. So che non si può vivere da soli o senza dipendere dagli altri in
qualche modo.
Ma si può vivere senza paura. Senza paura di dover
scegliere.
È per questo, per questa paura che io ho sprecato la
mia vita. Perché sono stata io, tutti noi abitanti del villaggio e chissà
quanti altri; siamo stati noi a farci del male.
Abbiamo consegnato il Libro della nostra Vita ai
cavalieri dell’Acciaio Bianco con le nostre mani.
Perché avevamo paura.
No, non era perché avevamo paura degli orchi e delle
streghe. Quelle erano solo delle scuse. Ora lo vedo con chiarezza.
Ci siamo sbarazzati del nostro Libro perché avevamo
paura di scegliere. Paura di fare le scelte sbagliate, paura di doverne
sopportare le conseguenze. Paura di soffrire.
Così abbiamo chiesto ai Cavalieri di scegliere per
noi. Scegliere chi fosse buono, chi fosse malvagio. Chi dovesse morire, chi
dovesse vivere.
Io ora devo morire.
E so che
nessuno si alzerà per fermarli. Perché se non fossi stata io a morire, io non
mi sarei alzata per un altro. Perché avrei avuto paura. Paura di dover vivere
mettendo in dubbio la dottrina che ci hanno insegnato. Paura di dover
distinguere da sola il giusto dall’ingiusto. Paura di Vivere.
Tutti noi abbiamo abbandonato il nostro Libro proprio
per paura di quell’ultima cosa che mi è rimasta su questa ultima pagina.
Dell’ultima cosa che rimane a ogni uomo anche quando lo privi di ogni cosa.
Tutti noi avevamo paura di essere Liberi.
Libertà.
L’ho cercata disperatamente in questa mia ultima
pagina.
La Libertà di fare una scelta.
Ho scelto di morire combattendo.
Per dimostrare loro che, anche dove hanno già scelto
tutto per me, io non mi arrendo.
Per dimostrare che, anche se costretta in un’ultima
pagina, scelgo la strada più difficile e folle pur di essere libera di
scegliere… Anche se è una scelta che non cambia nulla, che non cambia come la
mia storia finirà.
Per dimostrare loro che la loro accusa è falsa.
Per dimostrare loro che sono umana.
Perché solo gli uomini sanno preferire la Libertà alla
vita.
…Per questo Otto ore fa, quando mancavano solo Otto Ore
prima che deponessero dei fiori sulla mia tomba, non avevo paura mentre
trascinavo due dei miei inseguitori giù nella cascata per far perdere le mie
tracce.
…Per questo Un’ora fa, quando mancava Una sola Ora
prima che deponessero dei fiori sulla mia tomba, silenziosa ho risalito il
pendio su cui il monastero si erge e ho spalancato i cancelli della mia tomba.
Il mio ultimo giorno, la mia ultima pagina era quasi
del tutto trascorsa. Era giunto il momento di sottopormi al giudizio. No, non a
quello di un dio. Non a quello dei Cavalieri. Ma a quello che ogni uomo
affronta davanti a se stesso quando deve morire, per scoprire se ha vissuto
davvero.
______________
Con quegli occhi che non sapevano arrendersi, Rosemary
gelò l’ennesimo avversario e nel momento della sua distrazione scavalcò il suo
scudo con la spada e andò a cercare il polso che reggeva l’arma. Il guanto
d’armatura emise un rombo sordo quando venne frustato e il giovane lasciò la
presa per il dolore. La ragazza fece tornare la spada in direzione opposta
tendendo il braccio, andando a cozzare contro l’elmo avversario, stordendolo e
togliendogli anche ciò che rimaneva della sua voglia di combattere.
I balestrieri non erano più sugli spalti. Erano scesi
tutti per affrontarla con le spade. E nella maggior parte ora erano morti o
disarmati… Ma Rosemary sapeva che le prove che doveva affrontare non erano
finite.
Come per rispondere a questa sua consapevolezza, il
suo nuovo avversario le si parò davanti. Anche sotto l’elmo, gli occhi di Aron
li riconosceva senza alcun dubbio. Erano gli stessi occhi seri che aveva
Ventiquattro Ore prima. Gli occhi di chi non vorrebbe, ma deve. Gli occhi
ciechi di chi non vuole vedere la scelta.
Dopo gli occhi incrociarono le spade e tutti i rimasti
si fecero lontani, lasciando al loro sergente il tragico momento che doveva
affrontare. La lama di lei scattò in avanti e lui andò a intercettarla con la
propria, poi da lì fece calare la spada verso il volto della ragazza. Rosemary
frappose lo scudo e ritrasse l’arma. Inclinò la sua difesa e lasciò che
l’impeto del colpo di Aron ci scivolasse sopra, facendo correre verso terra la
spada, sbilanciandolo mentre lei ruotava su se stessa per andare verso il
fianco avversario e falciare con la lama mentre completava la rotazione.
Aron intuendo la traiettoria si laciò cadere del
tutto, schivando il colpo e rotolando lontano. Prima che potesse essere in
piedi la ragazza scattò verso di lui facendo calare la spada. Lui alzò lo scudo
e si difese. Appena incassato il colpo falciò con la lama vicino al terreno, mirando
alle caviglie, ma Rosemary era attenta e agile e balzò subito per evitarlo.
Balzò in aria, girando su se stessa, per acquisire la forza necessaria per il
prossimo attacco, e quando tornò a terra lanciò il braccio armato in un
poderoso rovescio, mirando allo scudo. Il colpo fu tanto violento da spostare
completamente la difesa e sbilanciare del tutto il ragazzo che finì per cadere all’indietro,
appoggiandosi istintivamente con entrambe le mai a terra, completamente
indifeso.
La vittoria in pugno, Rosemary caricò un colpo che non
poteva mancare e fu allora che i loro occhi si incontrarono di nuovo… E che
Rosemary esitò. La spada pronta all’affondo non si mosse, incerta per la prima
volta in quella notte.
Aron stesso rimase sorpreso per qualche istante,
ancora più di quanto lo fosse stato fino ad allora dall’abilità della sua
allieva…
Ma poi gli ordini che aveva ricevuto, o forse la paura
di morire, lo costrinsero a non ricambiare quella gentilezza e con la forza che
poteva usare da quella precaria posizione fece partire per primo l’affondo.
…Ma non fu un grido di una ragazza trafitta e tradita
che accolse la sua lama. Fu invece il suono metallico dello scudo di Rosemary
che intercettava il colpo e il clangore che emise la spada della ragazza mentre
calava su quella di Aron, imprigionandola contro lo scudo e spezzandola.
Ora gli occhi di Rosemary erano diversi… Erano tristi…
Perché aveva finto… O forse no… Aveva solo scommesso.
Scommesso con se stessa che Aron non avrebbe provato
ad ucciderla se lei gli avesse lasciato una scelta. E un’altra parte aveva
scommesso che invece l’avrebbe fatto. Per questo mentre una mano fermava la
spada, l’altra preparava lo scudo. E Rosemary, la Rosemary che voleva credere
che un gesto gentile avrebbe svegliato almeno Aron, aveva perso.
Aveva perso anche se aveva sconfitto Aron. Sconfitto
ben al di là di quanto avrebbe potuto fare uccidendolo.
Di tutte le vittorie, e le sconfitte, che Rosemary
pensava di poter collezionare nella sua ultima notte, quella era di certo la
più grande… e la più amara.
Avrebbe potuto dirsi sazia, ma il suo Libro non era
ancora finito… e la fine stava giungendo.
I cancelli delle caserme si spalancarono una volta di
più sul chiostro interno, con un fragore diverso però. Era l’impeto di chi si
era stancato di attendere. I Cavalieri Veterani avevano lasciato che i giovani
e le reclute tentassero nello stupido e semplice compito di giustiziare quella
strega blasfema, ma ora la sua impudenza era davvero diventata insopportabile.
Così con l’odio che non si addice a chi persegue il bene, il Capitano la caricò
brandendo l’enorme martello da guerra, mentre gli altri la circondavano per non
darle modo di fuggire da quello scontro.
Rosemary però non voleva fuggire. Anche se sapeva che
quella era infine l’ultima riga del suo Libro.
Si fece invece avanti, lasciando Aron a terra e
scagliando un fendente in alto, dove torreggiava l’elmo scintillante del
Cavaliere, quasi irraggiungibile sulla sua mole imponente. Ma la maestria dei
veterani era ben altra cosa rispetto a ciò che lei, determinata ma giovane,
poteva affrontare. L’uomo intercettò la lama con l’asta del martello e la
scagliò di lato, continuando la carica. Quasi la travolse con la sua mole ancor
più accresciuta dall’armatura completa. Rosemary fece appello a tutta la sua
velocità e scattò sul lato, ma prese solo un breve respiro prima che quello
trasformasse l’impeto della carica in un colpo circolare che quasi le staccò la
testa dal collo.
La determinazione non era svanita, ma i colpi si
susseguivano incessanti e il divario tecnico era diventato evidente. I muscoli
le facevano ormai tutti male e anche se continuava a non cedere e a schivare tutti
i colpi, non riusciva più a trovare i varchi nella furia avversaria. Era solo
una questione di tempo…
…E il suo tempo, il suo libro finì contro una colonna
del chiostro, quando le schivate non servirono più e lo scudo fu il suo ultimo
baluardo. E il martello spezzò anche quello prima che il Capitano la spingesse
contro la colonna con un calcio certo non tecnico ma potente. L’impatto le fece
perdere la spada dalla mano destra e finire a terra, appoggiata alla colonna ai
piedi dell’uomo che sollevò il martello per compiere la condanna che già da
tempo avrebbe dovuto essere eseguita. Nemmeno allora gli occhi di Rosemary
cambiarono.
Non aveva paura. Sapeva che una delle armi dei
Cavalieri avrebbe scritto l’ultima parola sul suo Libro. Non si era mai illusa
diversamente. Solo non sapeva quando. E Ora era il momento. Ma era solo uno
come un altro.
Rosemary fissò la parola Fine che veniva scritta
sapendo che quella notte l’avrebbero uccisa… Ma non l’avrebbero sconfitta.
______________
Caron si alzò e volse le spalle alla Cartomante. Aveva
ciò per cui era venuta. La Ruota della Fortuna le aveva permesso di cancellare
i tre Arcani Maggiori e di trovare il Gerofante che le aveva detto dove trovare
e come uccidere la sua preda. Non desiderava attendere oltre. Specie perché l’atteggiamento
spensierato dell’Indovina nel giocare con le vite delle persone riusciva a
inquietare persino lei.
“Aspetta – la richiamò la sua ospite – E’ rimasta una
carta…” Le rammentò sollevando il Fante di Spade
“E’ un altro cupo regalo del tuo mazzo?” Chiese appena
soffermandosi sull’uscio.
“Se è un’altra sventura? Oh no, mia cara…”
“Allora tieni per te i suoi tesori: ho ciò per cui
sono venuta. Non cercavo fortuna”
“Aah, mia cara – ripetè l’altra sospirando – Forse hai
frainteso il legame che ho con il Mazzo… Io non ne sono padrona. Piuttosto il
contrario. Non posso distribuire le sue miserie e le sue ricchezze più di
quanto possa trattenerle… Non ho potere di fermare una sciagura più di quanto
possa impedire di distribuire benevolenza”
Sospettosa di cosa fosse “benevolo” per quel Mazzo,
Caron si volse verso la Cartomante
“Cosa significa? Cosa predice il Fante di Spade?”
Sorrise l’Indovina, mentre i suoi occhi draconici osservavano come quella Carta
si sarebbe snodata nella vita della Cacciatrice.
“Significa il servizio di un uomo d’arme… la fedeltà
di qualcuno pronto a combattere per te…”
Caron tacque. Avrebbe voluto osare dirle che il Mazzo
si sbagliava. Che mai nessuno l’avrebbe seguita, che mai nessuno l’avrebbe
protetta… Ma si era recata lì proprio sapendo che il Mazzo non poteva
sbagliare.
Così tacque e lasciò in fretta la tenda della Cartomante.
Una volta di più certa che la “Benevolenza” del destino per lei non potesse
essere che un tragico scherzo.
______________
Rosemary stringeva i denti e aveva lo sguardo teso, ma
non lo distoglieva dal suo boia, fermo sopra di lei con il martello sollevato.
Forse stava aspettando per poter assaporare la paura della strega che doveva
giustiziare. La paura delle vittime è ciò che fa credere ai carnefici di essere
nel giusto.
Ma Rosemary non aveva paura. E il suo sguardo gridava
la sua Libertà.
Cambiò solo per diventare sorpreso. Sorpreso quando si
accorse che il Capitano non stava aspettando. Il Capitano era morto. Lo capì
solo quando il suo immenso corpo cadde a terra come una marionetta a cui
avessero reciso i fili. Dietro di lui stava una donna altissima, statuaria,
ammantata di nero e con il volto coperto da una maschera argentea che riluceva
al fuoco delle torce; la posa del corpo perfettamente marziale, la spada appena
estratta dal collo dell’uomo, da quell’angusto spazio rimasto scoperto tra
l’elmo e la corazza. Dietro di lei il chiostro era cosparso con i corpi dei
defunti veterani. Anche se non riusciva a capacitarsene, la donna doveva averli
uccisi tutti mentre lei era troppo intenta a resistere all’assalto del Capitano
per badare ad altro.
Rosemary era stata così sicura della sua Morte che, al
presentire che forse non sarebbe giunta, si trovò del tutto spiazzata e non
potè fare altro che formulare la più semplice delle domande.
“Chi… Chi sei?” La donna la fissò dall’alto, da dietro
la maschera. I suoi occhi erano gelidi in superficie, ma Rosemary poteva vedere
oltre. E oltre la coltre di ghiaccio bruciava un fuoco senza posa.
“Io sono Caron. Sono il Traghettatore del Regno dei
Morti. Sono giunta qui per porre fine alla miseria che Roruk-Da-Grolok ha
sparso tra le terre e tra gli innocenti e che qui si è nascosto dietro lo
schermo di un ordine di fanatici che si fa chiamare l’Ordine dell’Acciaio
Bianco” Annunciò senza emozione alcuna la Cacciatrice senza smettere di fissarla
intensamente quasi a voler indagare la sua anima attraverso i suoi occhi. “Chi
sei tu? E perché volevano ucciderti?” Chiese Caron senza giri di parole, come
una spada che punta dritta al cuore.
“Io… Io mi chiamo Rosemary… Rosemary Moon… I Cavalieri
mi avevano condannata a morte e io…” Cominciò, sperando di riuscire a stringere
in poche parole la sua Ultima Pagina. Ma Caron non aveva tempo per altro che
per la sua caccia.
“Vattene allora. I Cavalieri dell’Acciaio Bianco non
eseguiranno più alcuna delle loro insensate condanne. Per il sorgere del sole
avrò cavato il cuore maledetto dell’Alto Templare e questi stolti saranno allo
sbando. Se sei sopravvissuta a quanto credo, allora non avrai problemi con quelli
rimasti. Prendi ciò che devi e scappa” Le suggerì seccamente, voltandole le
spalle per raggiungere la porta dei sotterranei, senza alcun indugio.
“A… Aspetta!” La chiamò la ragazza. Ma la caccia di
Caron non aspettava nessuno e la Traghettatrice continuò il suo incedere.
“Aspetta! – chiamò di nuovo Rosemary – Portami con te!” A quelle parole… a
quelle parole sì che Caron si fermò. Se le avesse udite in un altro momento,
non le avrebbe nemmeno considerate, ma quel giorno, dopo l’incontro con la Cartomante,
risuonavano con la voce di un Arcano Minore in cui era incappata senza nemmeno
volerlo. E ancora non lo voleva. Voltandosi verso la ragazza non dovette
proferire parola perché fosse chiaro che la sua caccia era una vita solitaria e
irta di spine in cui non voleva intrappolare altri. Ma Rosemary aveva oramai
imparato a non arrendersi “Ti prego: non ho alcun posto dove andare!”
“Qualunque posto… Qualunque, persino le fauci
dell’Inferno, sarebbe più sicuro e piacevole che il mio fianco, ragazzina.
Vattene, torna dalla tua famiglia, dal tuo promesso, o a te stessa, se non hai
altri: sarà sempre una scelta meno dolorosa di questa. Non diventare un
burattino nelle mani del Destino”
Rosemary non capì perché la donna parlasse del
destino, ma capì che non era solo per disperazione che voleva seguirla, ma per
quegli occhi gelidi… E tanto ardenti
“To… Tornare? – intercalò incerta mentre si rialzava
appoggiandosi alla colonna – Anche… Anche se hai impedito al Capitano di
uccidermi… non credo di essere sopravvissuta a questa notte. Sono sempre
vissuta coltivando una beata ignoranza ascoltando le parole dei Cavalieri come
se fossero le parole di Dio. Ora che so riconoscere le bugie… Come credi che
possa tornare a vivere una vita che non vuole sentire altro? Le bugie vivono
più degli uomini che le dicono, se gli uomini le coltivano… Credi forse che
domani, quando i cavalieri saranno morti, i miei compaesani crederanno davvero
che l’Alto Templare, la voce del nostro Dio in terra, era in realtà una
creatura immonda che li ha usati per nascondersi? O piuttosto penseranno che la
strega che i cavalieri dovevano giustiziare ha avuto l’aiuto dei demoni e li ha
trucidati mentre cercavano di difendere il villaggio?” Ovviamente, Caron
conosceva la risposta a quella domanda retorica. Si volse quindi verso la
ragazza e le andò più vicina, perché potesse vedere nei suoi occhi che ciò che
stava per dirle, per quanto incredibile, era la verità.
“Ora ascoltami bene: tutto quello che ti è capitato
oggi, la tua condanna, la fine della tua vita, la tua battaglia… Ne sono io
l’unica responsabile. Per scovare il segreto di Roruk-Da-Grolok ho dovuto far
forgiare una profezia da una Veggente che può piegare il fato. Così lei mi ha
predetto che avrei trovato il mostro e che lo avrei ucciso, ma ha voluto, forse
per diletto, aggiungere che avrei trovato qualcuno che mi avrebbe servito con
la spada. E’ solo per rispondere a quella profezia che gli eventi si sono
intrecciati per farti arrivare qui. Solo per la mia brama di cacciare tu hai
perso tutto e tutti. Sentiti libera di odiarmi, ma non dare soddisfazione al
Destino accettando questo suo capriccio. Vattene, non seguirmi”
Era una storia difficile da credere, difficile da
accettare e se non avesse passato la sua ultima pagina a scrivere cosa fosse la
libertà, probabilmente avrebbe lasciato andare la donna mentre ancora pensava a
cosa fosse giusto fare. Ma non quella notte.
“No. Non ti chiedo di venire con te perché così il
Destino mi comanda. Io non credo che il Destino sia padrone delle nostre vite.
E anche se fosse vero che può decidere la nostra Fine, non potrà mai
costringerci ad accettarla senza lottare. I Cavalieri dell’Acciaio Bianco
avevano già scritto il mio destino Ventiquattro Ore fa. Io dovevo morire
stanotte. E anche se ero certa di non avere scampo, sono venuta qui nel loro
monastero per mostrargli che fino all’ultimo respiro non avrei accettato ciò
che avevano scritto per me. Se ora non desiderassi seguirti, anche se fosse
l’ultima cosa che mi rimanesse da fare, sappi che morirei nel tentativo di
ucciderti piuttosto che cambiare solo la mano che scrive il mio Libro.”
Cogliendo negli occhi di Rosemary quello strano ardore che sentiva bruciarle
ancora sul fondo del cuore ghiacciato, Caron fece ancora qualche passo per
poter meglio osservare lo specchio dell’anima della ragazza “Sono Io che voglio seguirti. Sono qui
stanotte non perché il Destino mi ha ingannata. Non sono qui perché il Destino
mi ha condannata a morte. Non sono qui per caso. Sono qui perché lo voglio.
Sono qui perché ho aperto gli occhi. Forse li ho aperti per caso. Ma con questi
occhi ho deciso io cosa fare. Ho deciso di non arrendermi. E non voglio
arrendermi mai più. Ora potrei andare in un altro posto, in un altro villaggio
e provare a vivere senza una spada in mano… Ma ora che so quanto gli uomini
desiderano perdere la libertà e la ragione pur di non dover vivere liberi, ora
che so quanto è facile per i non-uomini sfruttarli per divorarne le vite… Non
posso. Ora io voglio fare in modo che
follie come questa non succedano più. Ora io
voglio imparare a combattere questi mostri che si cibano della nostra
debolezza. E io lo chiedo a te non
perché sei qui ora o perché mi hai salvato la vita, ma perchè se ti guardo
negli occhi vedo che nemmeno tu vuoi arrenderti e che nemmeno tu credi che il
Destino possa toglierci il diritto di scrivere come finisce il nostro Libro…”
Caron sapeva di non essere nata per parlare, quindi
non tentò nemmeno di rispondere a quella ragazzina ribelle; raggiunse invece
uno dei corpi dei veterani che giacevano nel cortile e ne slacciò lo scudo dal
braccio. Poi lo lanciò a Rosemary insieme alla spada di un altro
“Tieni. Poi vedremo di trovarti qualcosa di meglio”
Disse solo mentre riprendeva il suo cammino “E vedi di stare in guardia.
L’Oracolo ha detto solo che mi avresti seguita. Non che saresti sopravvissuta a
lungo.”
Meravigliandosi nello scoprirsi sorridere all’idea di
rischiare una volta di più la vita, Rosemary cercò di non pensarci troppo e fu
solo svelta nell’imbracciare le armi e nel seguire la Cacciatrice. Certa che,
per quanto breve, quella sua nuova vita sarebbe stata certo più “vera” di
quella che aveva fin lì finto di vivere.
…Così, ora che Ventiquattro Ore sono passate, ora
depongo dei fiori sulla mia tomba. Non è fatta d’altro che da un po’ di terra
smossa e da un legno con su inciso il mio nome, ma le lascio dentro tutte le
mie paure e riprendo da essa il mio Libro e con l’aiuto di una nuova Maestra lo
scriverò io stessa, più vero, più sincero.
Come lei mi aveva detto, Roruk-Da-Grolok è morto e i
Cavalieri dell’Acciaio Bianco non ci sono più. Sono rimasti solo dei ragazzi
privati della loro illusione e che non sanno più che fare con delle vite di cui
non vogliono essere padroni. Aron non so cosa farà… mi guardava deporre i fiori
e non riusciva a parlare. Svanito l’Ordine, svaniti i suoi comandi, senza
nessuno che gli dicesse se ero davvero o no una strega, non sapeva che fare. Ho
detto anche a lui quello che ho detto ai miei genitori. Gli ho chiesto di darmi
la sua benedizione per il viaggio che sto per intraprendere e dal quale non
farò più ritorno. E sopra ogni cosa gli ho chiesto di vivere Libero, di farlo
per me, se non per se stesso.
Me lo ha chiesto, ma… No, non lo odio, come non odio
nessuno di loro. Sono solo in pena per loro.
Perché dovranno saper trovare da soli la loro strada.
Perché anche se qualcun altro può rimuovere gli ostacoli sul loro, sul nostro
cammino, anche se il Traghettatore del Regno dei Morti può uccidere persino
Roruk-Da-Grolok, nemmeno lei può percorrere quella strada al posto nostro.
Quello è un compito che spetta solo a noi.
Ed è il compito che aspetta me, ora che, con la spada
al fianco, lo scudo in spalla e il mio Libro nel cuore, seguo la mia Maestra
giù dalla collina e verso la prossima caccia, verso la prossima Pagina.
Forse per molti le Pagine che scriverò saranno
incomprensibili, ma…
Il mio nome è Rosemary…. Sono nata in un mondo che voi…
non potete capire…
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