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Autore: Juls18    21/06/2018    3 recensioni
una lettera misteriosa giunge nelle mani di un uomo. il giorno stesso la morte misteriosa di una donna sembra confermare la veridicità della lettera... un mistero sconosciuto, tranne che a pochi, sta per irrompere nelle vite dei blaider, anche con l'arrivo di una squadra tutta al femminile. riusciranno le ragazze a scoprire l'intreccio dei fili che avvolgono le loro vite?
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Julia Fernandez, Kei Hiwatari, Mao, Mariam
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12

Nel silenzio della sua cella, la mente dell’uomo non faceva che rivivere in continuazione quella stessa scena, ancora e ancora. La macchina procedeva tranquilla lungo la strada, il cielo era sereno dopo tre giorni di pioggia, e loro aspettavano il sole per fare quella gita. L’avevano rimandata per troppo tempo, presi dai loro impegni, dalle preoccupazioni, e da quel giuramento che li aveva legati più di quanto non potessero pensare. Ma quella domenica era pensata solo per un unico scopo, il divertimento. Dovevano festeggiare, dovevano divertirsi e ridere. Quelli erano i soli ordini di quella giornata, ridere. Mentre guidava tranquillo sulla strada, aveva allungato la mano per prendere quella di sua moglie. La donna lo aveva fissato perplessa, prima di sorridere e stringere a sua volta la mano dell’uomo. Quanto la amava, e quanto aveva lottato per convincerla anche solo a concedergli una chance. Se era l’uomo che era lo doveva a lei. Ricordava ancora il suo sorriso, e poi la vedeva, ancora, girarsi indietro, a controllare il loro bambino. Il piccolo dormiva tranquillo nel seggiolino. Era un bambino veramente buonissimo, non faceva quasi mai i capricci e anzi, seguiva attentamente con i suoi occhi grandi tutto quello che gli capitava attorno, intento ad osservare e a capire. Era un bambino molto intuitivo e sveglio, era il suo primogenito, maschio, lo adorava con tutto se stesso. Poi aveva gli occhi di sua madre, e adorava vedere lo stesso sguardo vigile negli occhi di suo figlio, come quello della donna che amava. Era quella l’ultima immagine che ricordava, sua moglie voltata e sorridente. Stava per dirgli qualcosa, quando il rumore assordante esplose all’interno dell’abitacolo. Non ricordava altro, non ricordava nient’altro. Dopo c’era stato solo il buio, e i ricordi, sempre gli stessi, visti e rivisti nella sua mente all’infinito, assieme a quel nome

-Ekaterina…-

Quel nome, ripetuto all’infinito, sempre, costantemente, incessantemente. E il senso di colpa che lo stava uccidendo ormai da tanto, troppo tempo.  

 

********************************************************

Lo studio era letteralmente a soqquadro. Sul pavimento erano sparsi fogli di carta di varia forma e dimensione, libri aperti giacevano abbandonati sulla scrivania, i cassetti erano stati sfilati dai loro scompartimenti e abbandonati con rabbia sul pavimento. In mezzo a tutto quel delirio c’era Kai, seduto per terra, intento a stringere in una mano Dranzer e nell’altra un foglio di carta. Fu così che lo trovò Yuri. I due si fissarono per alcuni minuti, in silenzio, poi il russo dai capelli rossi si sedette accanto all’amico, incurante del disordine della stanza.

-Deduco tu abbia trovato qualcosa…-

Disse, puntando lo sguardo sul foglio quasi totalmente accartocciato nella mano di Kai.

-Non è quello che credi-

-Qualsiasi cosa sia, ha avuto il potere di farti ridurre questa stanza in un…-

Yuri non finì la frase, si limitò a gesticolare con una mano, indicando il disordine.

-Avevo bisogno di sfogarmi-

-Prendendotela con il povero e indifeso arredamento di questa stanza?-

-E’ la cosa più vicina a Vorkov che mi sia ritrovato a tiro-

Yuri si fece silenzioso e attento. Senza aggiungere altro, Kai diede il pezzo di carta a Yuri, che si mise prontamente a leggere.

- “Castello di Mansikov, Luglio 1987

Mia cara amica Elisabeta,

Come sta la tua piccola Ania?

Kai cresce a vista d’occhio. Ogni giorno che passa, mi stupisco di come sia intelligente, e di quanto stia crescendo. Mi sembra solo ieri che lo tenevo tra le braccia la prima volta, e adesso invece gattona già in giro per tutta la casa. Mi preoccupo ogni volta che non lo vedo nella stanza, ha la straordinaria capacità di sparire in un modo così silenzioso… pensa, l’altra sera eravamo tutti in salotto e io e Susumo stavamo chiacchierando. Kai era nel divano davanti a noi che giocava, come fa di solito. Non so come sia successo, dobbiamo esserci distratti per pochi secondi, e quando ho guardato Kai non c’era più. Credevo fosse nella stanza, ma era stato capace di sgattaiolare fuori, percorrere tutto il corridoio e arrivare fino alle scale, senza fare alcun rumore. Ma questa non è la cosa più sorprendente. Sai con chi stava giocando? Esattamente, stava giocando con la fenice! Non chiedermi come sia stato possibile, ma lei era lì, proprio di fronte a noi, materializzata davanti a Kai che stava giocando con lui.  E lui era così tranquillo, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Avresti dovuto vedere Susumo…era così eccitato. Lui non era mai riuscito ad evocare la fenice così, tranquillamente, non puoi capire la sua gioia nel vedere suo figlio farlo. Ha preso in braccio Kai e ha iniziato a ballare dalla gioia… è assurdo pensare quanto quel piccolo fagottino possa averci riempito la vita di felicità, ma so che capirai la mia gioia, poiché anche tu, ora, hai un piccolo fagottino in casa. Perdonami, vorrei che questa lettera fosse più lunga, ma non ho molto tempo per scriverti, e Susumo mi ha praticamente implorato di raccontarti di quest’avvenimento al più presto, che non ho potuto farne  a meno. A proposito, posso sapere quale sia, adesso, il motivo del vostro litigio? Sai, certe volte ho come l’impressione che sia tu la moglie e io l’amante… dopo che vi siete incontrati due settimane fa è tornato a casa sbattendo la porta, poi si è chiuso nel suo studio con la musica alta. Quando il giorno dopo è uscito ha detto che non ne voleva parlare… spero tu voglia essere così gentile da dirmelo, anche perché se ha combinato o detto qualcosa di stupido devi dirmelo, così poi se la vedrà con me.

Ti devo veramente lasciare ora, Kai fra poco dovrebbe svegliarsi e i doveri di mamma mi chiamano. Dai un bacio alla piccola Ania, e non vedo l’ora di vedervi tra due settimane.

La tua cara amica

Kate”

Quando Yuri smise di leggere, non disse niente, si limitò a sedersi vicino a Kai.

-Non sapevo si facesse chiamare Kate-

Disse ad un tratto Kai. Yuri continuò a non dire niente, perché sapeva cosa voleva dire. Come lui, Kai non conosceva assolutamente niente dei suoi genitori. Era il destino degli orfani, la perenne incertezza, il buio sulle proprie origini, su chi fossero stati i propri genitori.

-Ekaterina Hiwatari, era tutto quello che sapevo di lei-

-Almeno hai la prova che ti voleva bene-

I due blaider si fissarono negli occhi

-Quella che scrive è una mamma orgogliosa-

Kai rifissò la lettera

-Mi voleva bene-

-E soprattutto, ti ha appena fatto un enorme regalo-

-A cosa ti riferisci?-

-I nomi, Hiwatari. I nomi sono una cosa potente quando si conoscono-

-Qui non ci sono nomi…-

-Elisabeta-

-La donna a cui è indirizzata la lettera-

-A cui tua madre parla di Dranzer…-

Gli occhi di Kai si accesero di una luce improvvisa

-Era un membro della Suprema Essenza-

-E una amica dei tuoi genitori-

-Dobbiamo scoprire chi sia-

-Allora non abbiamo tempo da perdere-

Kai fece per alzarsi e rimettersi a cercare tra la marea di appunti di Vorkov, ma Yuri lo afferrò per la spalla, voltandolo

-Devi dormire-

-No io…-

-Non sei lucido Kai. Una notte di sonno è quello che ti ci vuole. Può aspettare domani-

Kai vide la seria preoccupazione negli occhi del blaider, e si ritrovò ad annuire.

-A domani-

Si avviò lentamente verso la porta. A Yuri non sfuggì, tuttavia, che tra le mani del blaider della fenice c’era ancora la lettera della madre. Il rosso si guardò sconsolato attorno, e iniziò a raccogliere e a sistemare il disastro lasciato dall’altro. Fu così che lo trovò Boris, che mentre percorreva i corridoi del monastero per controllare che nessuno fosse in giro a quell’ora di notte, vedendo la luce accesa, era entrato per controllare

-Lo sai che saresti una perfetta mogliettina di casa?-

Yuri si voltò verso di lui, fulminandolo con lo sguardo

-Ehi, stavo solo scherzando-

disse Boris, alzando le mani in segno di resa. Yuri gli si avvicinò

-Dato che sei così attivo e hai così tanta voglia di scherzare, sistema tu questo casino-

-Cosa? Io stavo…-

-Finisco io il giro. Mi raccomando, deve essere tutto sistemato-

Rapido, Yuri guadagnò la porta e sparì nel buoi del corridoio. Boris si guardò in torno, osservando il lavoro che lo aspettava

-Devo tornare a tenere la bocca chiusa…-

 

 

Nella sua stanza, Kai non riusciva a dormire. Aveva portato con se via la lettera, quasi senza accorgersene, e ora faceva fatica anche solo ad appoggiarla. L’aveva letta così tante volte, che ormai ne conosceva il contenuto a memoria. Ad un tratto si voltò verso il comodino, dove aveva appoggiato il suo telefonino. Il display segnava le 3:35 di mattina. A Tokyo era già giorno inoltrato, poteva chiamare senza problemi. Il telefono suonò solo due volte, prima che la persona dall’altra parte rispose

-Pronto?-

Kai rimase interdetto dalla voce che gli rispose. Ci mise qualche secondo prima di capire

-Hilary?-

-Si, ancora è questo il mio nome…-

-Perché hai risposto tu?-

La ragazza esitò qualche secondo prima di rispondere

-Hai chiamato il mio numero… chi ti doveva rispondere?-

Kai guardò il suo telefono e vide che effettivamente aveva proprio chiamato la ragazza

-Scusa, volevo chiamare Rei. Mi devo essere sbagliato-

-Il grande Hiwatari che commette un errore? E’ successo qualcosa?-

-Una cosa del genere…-

-Sempre così maledettamente criptico Hiwatari…-

Kai sorrise, per un breve attimo dimenticandosi del motivo per cui aveva avuto bisogno di fare quella telefonata

-Non sono criptico… solo che questa cosa non ti riguarda-

-Ma riguarda Rei…-

-Lui… mi capisce-

Hilary rimase in silenzio qualche secondo prima di ridacchiare

-Guarda che non c’è niente di male nel dire che hai bisogno di parlare con il tuo migliore amico. Non sminuisce la tua mascolinità-

-Mascolinità?-

-Si, l’aria da “non parlo con nessuno e rimango nel mio mondo dove voi comuni mortali non potete avere accesso”-

Kai questa volta si lasciò andare ad una breve risata

-Non ci posso credere… Hiwatari ti ho appena fatto ridere?-

-Direi proprio di si Tachibana-

I due rimasero in silenzio per un po’, godendosi quell’inaspettato momento di intimità. Fu Kai ad interromperlo

-Non è vero che non parlo con nessuno o voglio stare per conto mio solo…-

-Kai non ti devi giustificare. Con tutto quello che hai passato e stai passando… capisco l’esigenza di volere stare da soli o parlare solo con chi sai di poterti fidare ciecamente. Ci sono passata anche io…-

Improvvisamente, Kai si rese conto che sapeva perché aveva chiamato lei. Il suo subconscio era riuscito a capire prima di lui

-Ho trovato una lettera…-

-Brutte notizie?-

-In realtà no-

Hilary rimase in silenzio, aspettando.

-E’ una lettera di mia madre-

Kai poté sentire la ragazza trattenere il respiro

-Parla di me nella lettera-

-Kai…-

-Non so neanche che suono avesse la sua voce. Non so niente di lei e ora questa…-

Kai non terminò la frase, lasciando che il silenzio parlasse per lui. Sapeva che Hilary avrebbe capito. La ragazza aspettò, per trovare le giuste parole da dire

-Io non mi ricordo più il suono della sua risata. So che rideva, ma… è come sparito, dimenticato. Ci sono delle volte che ho paura di dimenticarmi persino il suono della sua voce, e allora mi ripeto nella testa alcune cose che mi diceva… ma di una cosa sono certa e sono sicura che valga anche per te. Mia madre mi amava con tutta se stessa e lo stesso la tua. Lo so che sembra una frase fatta ma, io me lo sento dentro. È una sensazione, come quando stai per addormentarti, quei pochi secondi prima di sprofondare nel sonno, ho come l’impressione di sentire la sua mano sfiorarmi in una carezza, come quando ero piccola. Può sembrare folle ma, è quello il momento in cui so che, anche se lei non è più con me, mi ama lo stesso. E sono sicura che lo stesso sia per te-

Seguirono parecchi minuti di silenzio.

-Grazie-

Fu tutto quello che riuscì a dire alla fine il russo. Riuscì quasi a sentire il sorriso spuntare sul volto di Hilary

-Una telefonata inaspettata e un ringraziamento… se continuì così finirò con il pensare che tu provi qualcosa per me, russo-

Kai ridacchiò

-Non ti montare la testa, giapponesina…-

-Tranquillo, non lo farò-

-Sei al dojo?-

-A casa… dovrei andare ad allenarmi con le ragazze ma ho preferito stare un po’ a casa a riflettere stamattina-

-Qualcosa che non va?-

-A parte il mio bit-power inciso su un muro di un monastero in Russia? Una società segreta tragicamente trucidata? Noi che, come sempre, ci ritroviamo immischiati in qualcosa di più grande di noi? No, perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?-

-Tu almeno non hai un nonno pazzo chiuso in una prigione che si incontra con un serial killer, e non sei circondata da bambini rumorosi-

-Io ho Takao attorno…-

-Questa volta vinci tu-

Hilary scoppiò a ridere. In quel momento, Kai sentì una grande tranquillità scendergli addosso, mentre un sorriso gli spuntava sul volto. Era facile scherzare con lei. E improvvisamente, uno sbadiglio sorprese il russo.

-Sonno?-

-Sono quasi le quattro di mattina qui…-

-Che cosa? E cosa ci fai ancora al telefono? Devi andare subito a dormire-

Kai sorrise

-Va bene, tranquilla-

-Ok…-

Rimasero ancora qualche secondo in silenzio, nessuno dei due intenzionato a chiudere. Alla fine fu Hilary a interrompere quell’attimo

-Allora buona notte-

-Buon allenamento-

E detto questo Kai chiuse. Si mise sdraiato sul letto e senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò con gli occhi chiusi, addormentato. Ma prima di cadere nel sonno profondo, fu quasi certo di sentire qualcosa vicino a lui. Un secondo, quasi impercettibile. Era come una carezza piena di amore.

 

 

Hilary rimase a guardare lo schermo del suo telefono, ormai spento. Aveva parlato al telefono con Kai, ancora. E la conversazione era stata piacevole, fin troppo. La ragazza scrollò la testa, e si alzò dal letto dove era distesa. Doveva andare alla sede della BBA per incontrarsi con le altre ragazze e fare un po’ di allenamento. Ma stranamente quella mattina non se l’era sentita. Forse era stata la discussione della giornata precedente a lasciarla spiazzata. Guardò il suo beyblade, osservando l’immagine del cigno sopra. Aveva stretto un legame con un bit-power, Nemesis, di cui non conosceva assolutamente niente. Era riuscita ad evocarla, ormai ci riusciva, ma ancora non capiva. E poi il fatto che fosse legato ai bit-power dei blaider russi la lasciava perplessa… come si era ritrovata, lei, in prima fila in una cosa così grande? Si lasciò andare ad un grido di disperazione. Detestava sentirsi così impotente e ignorante. Aveva bisogno di ottenere delle informazioni, e sapeva che le avrebbe potute ottenere solo in un unico modo. Solo che non poteva farlo da sola, e chiedere l’aiuto delle sue amiche, per quanto lo volesse, sentiva che non poteva essere del tutto appropriato. Sapeva a chi doveva chiedere questo favore. Senza perdere tempo, si alzò veloce e corse al piano di sotto. Suo padre, intento a sistemare qualcosa in cucina, sentendola correre così veloce, si affacciò sulla porta, alquanto preoccupato

-Si può sapere cosa è successo?

-Devo fare una cosa-

L’uomo sospirò

-Fammi indovinare… c’entrano quelle trottole, di nuovo, giusto?-

-Si-

Hilary si infilò svelta le scarpe e si precipitò fuori dalla porta. Esasperato l’uomo fissò la porta chiusa che dopo tre secondi si riaprì

-Non torno a cena-

-Lo avevo immaginato-

-Ci vediamo tra qualche giorno-

-Dormi ancora da Takao?-

-No, vado a Mosca. Ti avviso quando arrivo, ok?-

E detto questo, la porta si chiuse, questa volta in modo definitivo. Il silenzio che era piombato in casa contrastava con il tumulto che stava vivendo l’uomo all’interno del proprio corpo. Dopo essersi scosso, si precipitò verso la porta, spalancandola e si ritrovò ad urlare, ormai ad una strada vuota

-Dove è che credi di andare?-

 

-Dove vuoi andare?-

Rei fissava Hillary come se le fosse spuntata una seconda testa

-In Russia-

-Dove?-

Hilary alzò gli occhi

-Devo andare a Mosca-

-Perché?-

-Ho bisogno di risposte-

-Perché?-

-Devo sapere…-

-Perché?-

-Sai dire qualcos’altro?-

-Perché io?-

Hilary oltre ad alzare gli occhi al cielo, di nuovo, si lasciò andare ad un sospiro di frustrazione

-Perché non posso andare da sola-

-Chiedi a Takao-

-Ho bisogno di risposte… non di badare ad una testa calda che vede sfide in ogni persona che incontra-

-Max?-

-Deve restare qui per tranquillizzare Takao quando saprà che sono partita-

-Ma le ragazze…-

-Avviso Mariam,  poi lei lo dirà alle ragazze e le calmerà-

-Ok ma…-

-Vuoi che dica a Kai che hai preferito lasciarmi andare da sola?-

Hilary incrociò le braccia al petto e guardò con sfida il cinese. Rei sapeva di non avere altra scelta, il suo istinto di conservazione gli stava dicendo solo una cosa: hai perso, fai come dice lei. Sospirando, acconsentì

-E va bene, ti accompagno-

Hilary gli regalò un bellissimo sorriso, prima di buttargli le braccia al collo per l’entusiasmo

-Grazie Rei! Sei un vero amico. Vado a prenotare-

Rei osservò la ragazza prendere il telefono per prenotare. Capiva il desiderio di Hilary di avere delle risposte. Lui, in fondo, aveva sempre saputo quasi tutto sulla tigre bianca. La conosceva, fin da piccolo. Era ormai una fedele compagna e buona amica. Hilary ancora doveva compiere quel percorso con Nemesis. E stranamente, quel percorso sembrava indirizzare proprio in Russia, e sembrava terribilmente legato al blaider della fenice. Già se lo immaginava la faccia arrabbiata di Kai, quando se li sarebbe trovati lì. Rei sospirò. Essere un buon amico, delle volte, era una vera e propria scocciatura. Almeno avrebbe avuto la possibilità di duellare un po’ con i blaider russi. Chissà, magari avrebbe persino ottenuto la sua rivincita contro Yuri.

 

Kai si svegliò tardi quella mattina. Stranamente il suo corpo aveva ceduto ad un sonno lungo, privo di sogni, ma terribilmente ristoratore. Si sentiva meglio quella mattina, e anche se sapeva che avrebbe dovuto passare ancora una giornata in quello studio, in cerca di ulteriori informazioni, si sentiva pronto per quel compito. Quando scese verso la cucina, trovò sulla sua strada Alexander, intento a disegnare. Kai gli prestò poca attenzione, ma quando stava per aprire la porta la sua voce lo fermò

-La cucina è chiusa-

Kai non si voltò nemmeno

-Non per me-

-La cuoca mi adora, ma nemmeno io sono capace di entrare mentre sta preparando un pranzo. Figuriamoci se ci riesci tu, che sei venuto fuori dal nulla-

Kai fece un sorriso sarcastico, prima di voltarsi verso il bambino. Non gli disse niente, si limitò solo a guardarlo. Alexander ricambiò il suo sguardo, e quando capì cosa gli stava implicitamente dicendo il blaider, sbarrò gli occhi, ma non si fece intimidire

-Io ti ho avvertito-

Kai si avvicinò alla maniglia, e la aprì. Alexander si alzò, e si avvicinò alla porta, intento a godersi la scena di quel pomposo che avrebbe subito una bella lavata di capo. La cuoca, una signora sulla quarantina, era intenta a controllare il contenuto di quattro pentole borbottanti e quello che stavano combinando i suoi aiutanti della giornata, sei giovani ragazzi dell’orfanotrofio di turno nelle cucine. Quando sentì la porta aprirsi, si preparò a voltarsi, urlando contro il mal capitato. Ma non appena vide chi era, si rilassò

-Giovanotto, questa mattina ti avevo preparato una colazione apposta per te. E tu cosa decidi di fare? Non ti presenti? Fammi indovinare… ora hai fame e pretendi che ti sfami, non è così?-

-Precisamente-

La donna si avvicinò a Kai, puntandogli un dito contro il petto

-Spero tu almeno abbia una buona scusa per avere saltato la colazione, e non ti azzardare a dire che è stata per colpa di quelle trottole infernali-

-Se ti dico che sono stato al telefono con una ragazza fino alle quattro di notte?-

La donna lo fissò, meravigliata. Poi scoppiò a ridere

-Sarei la donna più felice del mondo nel saperti finalmente comportare come un ragazzo della tua età. Ora però siediti e mangia, non fa bene saltare la colazione, è il pasto più importante della giornata, lo sai?-

Kai si sedette su una sedia, mentre la donna si dava da fare nel mettere sul fuoco una caffettiera e a tirare fuori pane, burro e marmellata. Mentre compiva quelle operazioni, tutti i presenti in stanza la guardarono stralunati. Sentendo lo sguardo dei ragazzi su di se si voltò, e fulminandoli con lo sguardo li invitò, gentilmente a tornare al loro lavoro.

-Che cosa state aspettando, lavativi? Ci sono circa cinquecento bocche da sfamare tra un paio d’ore. Veloci, al lavoro-

L’unico che era rimasto fermo, mezzo nascosto dalla porta era Alexander. Il bambino era a bocca spalancata, lo sguardo stupito e meravigliato. Senza rendersene conto, si addentrò nella stanza e si avvicinò alla donna

-Non ci posso credere-

Sentendo la voce del bambino, sia Kai che la donna si voltarono.

-TU CHE CI FAI QUI?-

-Gli stai sul serio dando da mangiare?-

Dissero contemporaneamente. La donna si mise le mani sui fianchi

-Ragazzino, tu non dovresti essere qui-

-Gli stai dando da mangiare fuori orario-

-Lui ha un potere che tu non hai?-

-E quale mai sarebbe?-

-E’ il proprietario di questo posto-

Alexander spalancò ancora di più gli occhi mentre spostava la sua attenzione su Kai, che stava tranquillamente bevendo una tazza di caffè nero.

-Sei il proprietario?-

Kai annuì

-Di tutto questo posto?-

Kai annuì di nuovo

-Tutto, tutto quanto?-

Altro cenno di assenso da parte di Kai

-Quindi sei stra-maledettamente ricco!-

Kai lo guardò prima di scrollare la testa, annuendo. Alexander si avvicinò a lui

-Quindi io sono una tua proprietà?-

-No-

-Ma tu possiedi questo posto-

-Si-

-Sei figlio unico?-

Kai annuì

-Non è che mi vuoi adottare?-

Kai per poco non si strozzò bevendo il caffè. La cuoca ridacchiò, mentre poggiava una mano sui capelli di Alexander

-Alexander, lascia perdere. Prima dovrebbe trovare una donna-

-E il giorno in cui accadrà, io mi raserò i capelli a zero-

Boris era entrato in cucina, sorprendendo tutti i presenti.

-La finite di spuntare fuori come funghi? Io starei cercando di lavorare-

-Scusa Olga, ma ho bisogno dell’Hiwatari qui presente-

-Che vuoi Boris?-

-C’è del lavoro da fare-

Non ci fu bisogno di dire altro. Kai si alzò, poggiò la tazza vuota in un lavandino e si avviò insieme all’altro blaider

-Grazie per la colazione-

-Non ti azzardare a saltare il mio pranzo-

-Non succederà-

Alexander rimase fermo a vedere Kai e Boris sparire.

-E’ veramente ricco?-

-Oh si. Una vera fortuna. Suo nonno sarà anche uno dei peggiori esseri che il mondo abbia mai partorito ma… aveva buon fiuto per gli affari. Ha lasciato una vera e propria eredità al nipote-

-Ricco-

Olga si voltò verso il bambino

-Toglitelo dalla testa. Solo un miracolo potrebbe far si che Kai ti adotti-

-Ricco…-

La donna lo fissò esasperata. Poi, all’improvviso, si rese conto di dove era e di cosa doveva fare. E, soprattutto, si rese conto che nella sua cucina, lui non ci doveva stare

-Fuori, immediatamente-

Senza tante cerimonie, Alexander si avviò veloce verso l’uscita. Mentre percorreva i corridoi, non poteva fare altro che pensare ancora e ancora ad un’unica cosa

-Ricco-

 

Il volo era stato tranquillo. Non c’era molta gente che da Tokyo volava verso Mosca, Hilary era riuscita a trovare due biglietti con molta facilità. Inoltre, essendo parte della BBA, era anche riuscita a far passare i biglietti come parte del mondiale che doveva iniziare tra poco, quindi, praticamente, stavano viaggiando gratis. Erano partiti praticamente come dei fuggitivi. Rei non era riuscito nemmeno ad avvisare Takao, era stato costretto a lasciare un messaggio. Forse quella era stata la cosa migliore, voleva evitare una discussione con il nipponico. Anche se si dispiaceva per Max, che si sarebbe dovuto sorbire le ire del loro amico. Aveva però avvisato Mao. Le aveva lasciato un messaggio sulla sua casella vocale, spiegandole la situazione. Sperava che la ragazza capisse perché Hilary aveva chiesto a lui di accompagnarla.

-Hai avvisato le ragazze?-

Hilary annuì.

-Ho parlato con Mariam-

-Che ti ha detto?-

-Che mi capiva… ma di stare alla larga dal “russo asociale”-

Rei ridacchiò

-Non le piace molto, vero?-

Hilary scosse la testa

-Non è che non le piaccia… ha solo qualche riserva nei suoi confronti-

-Del tipo?-

-Non ha ancora ben capito se ci si può fidare di lui al cento per cento-

-Credo che non lo sapremmo mai del tutto-

Hilary si lasciò andare ad un sorriso

-Io mi fido di Kai-

-Questo si è visto-

Le disse il cinese, con un tono ammiccante nella voce. Hilary divenne leggermente rossa

-Non ti ci mettere anche tu…-

-Io non ho detto niente-

-E’ implicito in quello che hai appena detto Rei-

-Però è la verità-

Hilary fece per ribattere, ma alla fine lasciò perdere.

-Si è vero. Ma non c’è nessuna motivazione recondita o secondo fine-

-Quindi tu e lui… nel suo appartamento… una notte intera…-

-Non è successo niente. Niente di niente-

Disse la ragazza, una leggera nota di delusione nella sua voce. Ma Rei decise di non dire niente, perché sembrava che la sua amica non ne fosse consapevole di avere usato un tono diverso.

-Kai è complicato. Non fa avvicinare le persone, lo fa per proteggersi-

-Lo capisco, con quello che ha passato-

-Orfano, cresciuto da un nonno che non ha mai provato affetto per lui, responsabile della morte dei suoi genitori…-

-Come si può fare una cosa del genere al proprio figlio?-

-Egoismo. Quando i genitori sono egoisti, i figli perdono ogni valore-

Hilary fu colpita dalla durezza delle parole di Rei. Il cinese aveva stretto le mani a pugno, le nocche quasi bianche per la tensione.

-Rei, tutto a posto?-

Il ragazzo si riscosse

-Si tutto a posto-

Hilary non insistette oltre e la conversazione finì lì. Restò però, in sospeso tra loro, un’aria pesante. Hilary, a quanto pare, aveva toccato un tasto dolente, anche se ancora non aveva capito quale. Di una cosa, però, si era resa conto. Ognuno aveva qualcosa che non voleva far sapere.

 

Mariam stava osservando le sue amiche duellare. Julia e Mao avevano preso il terribile vizio di sfidarsi ogni volta che ne avevano l’occasione. Il che voleva dire quasi quattro volte al giorno. Non era solo che si stavano sfidando, era che ormai era diventata una vera e propria gara. Stavano tenendo il conto delle varie vittorie, e ormai stavano sfiorando il ridicolo, almeno a vederle da fuori. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Mariam sapeva che non appena avesse detto la novità che riguardava Hilary, sarebbe scoppiato un putiferio. Eppure lo doveva fare.

-Victoria! Tienes perdido roída!-   (hai perso rosa!)

-Si si, per questa volta. Conduco ancora io, con ventitre vittorie e diciotto sconfitte-

-Diecinueve-   (diciannove)

Mao fece la linguaccia a Julia, prima di raccogliere il suo bey.

-Ora che avete finito, devo dirvi una cosa-

-Che succede?-

-Riguarda Hilary?-

-¿De paso, donde está Hilary?-  (A proposito, dove è Hilary?)

-Si riguarda Hilary. Ma dovete promettermi di non arrabbiarvi e di lasciami finire di parlare-

Le due ragazze annuirono

-Hilary in questo momento è su un volo, diretta in Russia. È andata in compagnia di Rei. Mi ha detto che ha bisogno di avere delle risposte, e dato che tutto quello che riguarda il suo bit-power conduce alla Russia, è voluta andare a vedere se di persona poteva scoprire qualcosa di più. Non so quando tornerà, ma appena avrà ottenuto ciò che cerca, o avrà visto quello che deve vedere, tornerà qui, comunque in tempo per l’apertura del torneo-

Quando Mariam finì di parlare, calò il silenzio totale nella palestra. Julia e Mao stavano riflettendo sul significato delle parole di Mariam, e stavano cercando di capire bene.

-Hilary è andata a Mosca, con Rei?-

Disse alla fine Mao, leggermente confusa. Mariam annuì

-Hilary e Rei… a Mosca-

-Dall’Hiwatari-

-Hilary in viaggio verso Mosca-

-Con tu muchacho-   (con il tuo ragazzo)

-Hilary in viaggio con… Rei non è il mio ragazzo-

-Ma ti piacerebbe-

-La cotta per lui mi è passata-

-Ciertamente, como no-   (certo, come no)

-Julia-

Le intimò Mariam, fulminandola con lo sguardo.

-Está bien, estoy calla-    (va bene, sto zitta)

Mariam guardò Mao, che era in silenzio, persa nei suoi pensieri

-Mao…-

La cinese guardò la sua amica, perplessa.

-Perché non ha voluto che l’accompagnassimo noi? Dopotutto siamo le sue migliori amiche, siamo le sue compagne di squadra. Dovremmo essere lì con lei-

-Le saremmo solo d’intralcio ora-

-Ma no noi potremmo…-

-Difenderla a qualunque costo mettendola sotto una campana di vetro per non farla soffrire. Deve fare questo viaggio da sola. Non è alla ricerca di risposte, non solo. È alla ricerca di una connessione profonda con Nemesis. Ed è una cosa che deve fare da sola-

Mao alla fine si ritrovò ad annuire

-Credo tu abbia ragione-

-Ma perché è andata con Rei? ¿Porque no ha pedido a Takao del acompañar? ¿Es su* mejor* amigo,no?-      (perché non ha chiesto a Takao di accompagnarla? è il suo migliore amico, no?)

-Takao è una testa calda, e diventa terribilmente protettivo quando si tratta di Hilary. E tra lui e Kai la situazione è sempre complicata. Rei invece è la scelta perfetta-

Si affrettò a dire la rosa, lo sguardo perso nel vuoto della stanza. Julia e Mariam si scambiarono un’occhiata

-Tutto a posto Mao?-

La ragazza annuì. Poi si avvicinò alla sua borsa, e si affrettò a sistemare le sue cose

-¿Andase?- (Vai via?)

Mao annuì.

-Devo andare a fare una cosa-

Nessuna delle due osò ribattere. La guardarono andare via in silenzio. Quando dentro la palestra rimasero sole, Mariam si voltò verso Julia

-Allora, vuoi vedere come si fa a duellare seriamente?-

La castana le lanciò uno sguardo scettico

-Che cosa vorresti insinuare? ¿Qué seis más hábil experto que me?-        (che sei più brava di me?)

Mariam guadagnò il centro della sala, in posizione davanti alla pista.

-Vogliamo vedere?-

Julia si alzò e si avvicinò di corsa

-Ci puoi giurare. Que nadie arriesguen a decir que el Fernandez es una miedosa-         (che nessuno si azzardi a dire che la Fernandez è una fifona)

Mariam ridacchiò, prima di mettersi in posizione di lancio.

-Allora pronti. Tre… due… uno…-

-Lancio!-

 

Mao camminava senza meta per le strade di Tokyo. Sapeva del motivo per cui Hilary aveva chiesto a Rei di accompagnarla. Dopotutto, se si fosse trovata nella sua situazione, probabilmente avrebbe fatto la stessa scelta. Però l’idea dei due, da soli, in un volo così lungo… Mao scosse la testa, come a volere cacciare via un pensiero fastidioso. Camminando, si ritrovò a passare davanti ad un negozio di ramen. Il profumo del cibo le fece borbottare lo stomaco. Senza pensarci troppo, la ragazza entrò e si mise seduta al bancone.

-Una ciotola per favore-

Mentre aspettava, si ritrovò a cercare il telefono. Fu allora che vide un messaggio. Era un avviso della casella vocale. Pensando fosse un messaggio di suo fratello, la ragazza si affrettò ad andarlo ad ascoltare. Se c’era una cosa che Lao detestava era quando  non rispondeva al telefono, ma sapere che non aveva nemmeno ascoltato il messaggio che le aveva lascito poteva far si che si scatenassero le ire più funeste del giovane. Mao non prestò molta attenzione al numero che le aveva lasciato il messaggio, e quasi con mezza attenzione si mise ad ascoltare. Ma quando sentì la voce dall’altra parte, per poco non cadde dallo sgabello.  

-Mao, sono io, Rei. Avrei preferito parlarti di persona, ma non c’è stato il tempo. Accompagno Hilary a Mosca. Ha bisogno di avere delle risposte sul suo bit-power, e mi ha chiesto di accompagnarla. E’ stata terribilmente convincente, sai com’è dopo tutto…  comunque credo che il vero motivo per cui mi abbia voluto con se sia Kai. Non so cosa succeda tra quei due, ma credo che non si volesse trovare da sola con lui, o con gli altri della Neo-borg. Non devo dirti cosa sarebbe successo se fosse stato Takao ad accompagnarla, giusto? Non so quanto tempo staremo via, non credo per molto, ma appena arriviamo e ho la possibilità ti chiamo, così ti tengo aggiornata sulla situazione. Mi prenderò cura di Hilary, tranquilla, e cercherò di non farle fare niente che tu non le lasceresti fare. Ora devo andare, tra poco il volo parte… ci sentiamo presto allora. Ciao….Vorrei che fossi qui con me… -

Mao si ritrovò ad arrossire e a sorridere. Quando le arrivò la ciotola di ramen davanti non si fece attendere, e iniziò subito a mangiare. L’uomo che le aveva preparato il pranzo, vedendola mangiare così velocemente le chiese

-O faccio il ramen migliore del mondo, oppure siamo felici. Quale delle due signorina?-

-Tutte e due-

-A giudicare dal sorriso, un ragazzo…-

-Più un caro vecchio amico, direi-

Disse la rosa, leggermente imbarazzata. L’uomo ridacchiò, prima di rimettersi a lavorare. Tuttavia Mao lo sentì lo stesso borbottare

-Giovani d’oggi… neanche quando sono innamorati lo riescono a capire-

 

 

Kai stava guardando allibito le due persone che si erano presentate al monastero. All’inizio, quando Yuri era venuto ad avvisarlo, non ci aveva creduto, pensando fosse uno scherzo, di cattivo gusto, da parte del rosso.

-La bella dagli occhi marroni è qui-

Gli aveva detto, sorridendo sornione. Quando si era alzato ed era andato a controllare, aveva fatto tutta la strada pensando ad un’unica cosa

-Non può essere qui sul serio-

E invece, quando era arrivato davanti all’ingresso, lei era lì. Stava parlando con Rei, e sorrideva, tranquilla.

-Che ci fai qui?-

Chiese, senza troppi preamboli e nemmeno salutandoli. Hilary si voltò verso di lui

-Oh, ciao anche a te Hiwatari. Si il viaggio tutto bene, grazie-

Yuri, che era corso ad assistere alla scena, ridacchiò

-Che ci fai qui?-

Le chiese di nuovo in un tono vagamente minaccioso. I due si fissarono negli occhi, senza dirsi niente. All’ingresso, si erano intanto radunati un po’ di ragazzi dell’orfanotrofio, oltre agli altri membri della Neo-borg, e tutti osservavano la scena. Tra di loro c’erano anche Alexander e la piccola Diana. Eppure, ne Hilary ne Kai sembravano essersi resi conto della folla che li stava fissando. Infatti Hilary, si era messa le mani sui fianchi e si era avvicinata al ragazzo

-Primo, sono una persona libera e sono in grado di potere andare dove voglio senza dovere chiedere il permesso a nessuno. Secondo, non ti azzardare ad usare quel tono con me, non sei mio padre. Terzo, in un qualche perverso e strano gioco del destino, sono legata ad un bit-power che, guarda caso, è inciso in un monastero nella sperduta, desolata, fredda Russia di quasi quattrocento anni fa, che poi è stato trasformato in un orfanotrofio dove il tuo adorabile nonnino conduceva maltrattamenti e dio solo sa cos’altro, che, sempre guarda  caso, viene gestito ora dalla Neo-borg in un modo che, sinceramente non voglio nemmeno sapere. E, sempre guarda caso, che si tratti del Giappone o della Russia, tu ci sei sempre in mezzo. Non sono venuta qui per te, se è questo che stavi pensando, o per quello che mi hai detto al telefono questa mattina, ma sono qui perché ho bisogno di  sapere. Non so nemmeno io cosa, ma a quanto pare qui c’è un legame concreto... di non so ancora bene cosa. Ho bisogno di almeno provare a cercare qualche risposta…-

Kai aprì la bocca un paio di volte, indeciso.

-Potevi almeno avvisare-

-Mi avresti detto di no-

-Certo che ti avrei detto di no-

Hilary alzò gli occhi al cielo. Si voltò verso Rei, che era rimasto in silenzio ad osservare la scena, senza osare mettersi in mezzo. Fu a quel punto che Kai si accorse di lui

-Avresti dovuto fermarla-

-Non mi mettere in mezzo. Ci ho provato, ma è stata… convincente-

Kai si voltò verso le scale, avviandosi

-Fate come vi pare-

Hilary si lasciò andare ad un gridolino di vittoria, mentre lanciava a Rei un sorriso di trionfo. Il ragazzo la guardò sconsolato, consapevole di essere finito in mezzo ad una coppia che ancora doveva ben capire che direzione stava prendendo. Il cinese si ritrovò ad alzare lo sguardo e incrociò quello di Yuri, che gli sorrise sarcasticamente.

-Sarà sicuramente interessante avervi qui in questi giorni. Immagino vi fermerete qui, non è vero?-

Rei annuì

-Se non è un problema-

-Nessuno, siete i benvenuti-

-Grazie-

Dissero in coro i due. Yuri scese le scale e si avvicinò a Hilary.

-Sarà un vero piacere averti qui… credo che, grazie alla tua presenza, ci divertiremo un sacco con il caro Hiwatari-

-Yuri-

Gli intimo Kai, dal piano di sopra. Il rosso ridacchiò, poi, mentre stava per rispondere a Kai vide Diana. Fece cenno alla bambina di avvicinarsi. La piccola non si fece attendere, e corse veloce verso il blaider.

- Диана, позвольте мне представить Хилари, Кай в подруги-      (Diana, lascia che ti presenti Hilary, la ragazza di Kai)

La bambina, sentendo quelle parole, si illuminò in un bellissimo sorriso

-YURI-

Fu l’urlo che lanciò Kai, ormai arrivato al piano di sopra. Ma il rosso lo ignorò

- Добро пожаловать! Вы действительно красивы-      (Benvenuta! Sei veramente bella)

Disse Diana ad Hilary, sorridendole.

Hilary guardò i due parlarsi, senza capire. Ma prima che potesse chiedere qualcosa, la bambina si precipitò da lei, abbracciandola. Hilary si inginocchiò e prese la piccola, che si strinse veloce a lei. La ragazza a quel punto, si voltò a guardare Yuri

-Cosa le hai detto?-

-Oh, niente di che. Ci teneva tanto a conoscerti. Ha detto che sei veramente molto bella-

Hilary guardò la piccola e le fece una piccola carezza tra i capelli

-Grazie, anche tu sei bellissima-

La piccolina, non capendo, si voltò verso Yuri, che le disse ciò che la castana le aveva detto. Diana le sorrise, poi seria come solo una bambina poteva essere le chiese

- Когда вы выйдете замуж с Кай?-      (Quando ti sposi con Kai?)

Yuri scoppiò a ridere e passò una mano tra i capelli di Diana

-Hilary, non sai che bellissimo regalo sia averti qui con noi. Sei la benvenuta, puoi restare quanto vuoi-

-YURI-

Urlò sempre Kai, che ormai era rimasto fermo sul ballatoio della scala, e aveva osservato la scena senza sapere bene cosa fare, se scendere e uccidere Yuri sul posto, o se torturarlo a lungo. Ma il rosso sembrava fin troppo divertito e anche se aveva visto lo sguardo di odio che gli aveva lanciato il blaider, se ne era infischiato. Voltandosi verso la stanza, però, si ritrovò ad osservare un numero decisamente troppo numeroso di bambini e bambine.

-Che ci fate ancora qui? Sparite subito-

Tutti si affrettarono a dileguarsi, veloci. L’unico che non si mosse fu Alexander, che continuò a fissare Hilary con uno sguardo concentrato. Yuri si avvicinò al bambino

-Vale anche per te l’ordine. Sparisci Alexander, veloce-

Il bambino non se lo fece ripetere una terza volta, sapeva che Yuri poteva venirsene fuori con punizioni esemplari se qualcuno osava farsi ripetere le cose più di due volte. Mentre saliva veloce le scale, con il suo taccuino dei disegni sotto il braccio, si ritrovò ad incrociare Kai, che lo bloccò

-Cosa ti preoccupa, pulce?-

Il bambino si voltò un attimo verso l’atrio, dove Hilary stava parlando con Yuri.

-La tua ragazza…-

-Non è la mia ragazza-

-Sarà un’ottima moglie-

-Pulce…-

-Poi così mi potrai adottare. Quindi stamattina avevi detto la verità con Olga!-

-Pulce…-

-Comunque… è interessante-

Kai si fece all’improvviso subito attento. Aveva capito che quel bambino aveva uno spiccato occhio per i dettagli

-Cosa?-

-Il cervo-

Kai si fece silenzioso. Sapeva a cosa si riferiva, il ciondolo del braccialetto di Hilary

-Cosa?-

-Sembra… familiare-

Detto questo, se ne andò veloce. Kai rimase a fissare Hilary per alcuni secondi, pietrificato. Un pensiero gli era passato per la testa, ma velocemente lo aveva scacciato dalla sua mente. Perché non era possibile. Sentendosi osservata, la castana alzò lo sguardo e si ritrovò a fissare Kai. Fu in quel momento, che qualcosa di strano avvenne. I bit-power di Kai, Yuri e Hilary, presero a illuminarsi da soli. Fu un attimo, ma nell’atrio, i tre animali si materializzarono, all’improvviso, e fu come se si salutassero. La fenice si librò sopra di loro, il lupo lanciò il suo ululato e il cigno, dispiegò le ali e le mosse leggermente. A quel punto, veloci come erano apparsi, sparirono. I tre ragazzi rimasero paralizzati, fermi ad osservare il punto dove erano comparsi gli animali. Rei, che aveva osservato la scena esterrefatto come gli altri, si fece avanti

-Non è possibile… credevo fosse una leggenda-

-Di cosa stai parlando-

Chiese Yuri, ancora sotto shock

-Una leggenda tramandata nel mio villaggio. Ma non ha senso… è solo una leggenda-

-Di cosa parla?-

Chiese Hilary, mentre non poté impedire al suo corpo di tremare leggermente. Kai, che era il solo al piano superiore, si affrettò a scendere. Vedendo che Hilary tremava, si affrettò ad avvicinarsi e le prese una mano, come a volerla rassicurare. La castana ricambiò con un sorriso

-Quando ero piccolo, al villaggio viveva un vecchio, Lin Shau. Egli raccontava che quando era un bambino, al villaggio, capitò che arrivarono alcuni visitatori venuti da lontano. Si fermarono a parlare con il capo villaggio, che li accolse, e li fece riposare in una capanna. Gli stranieri erano una coppia, e la mattina seguente, la donna si mise a giocare con alcuni bambini. Fu in quel momento che Jih Lo, uno dei precedenti possessori di Draiger, passò vicino alla donna. E all’improvviso, la tigre bianca si materializzò in mezzo ai presenti, assieme ad un Ibis. Fu un secondo, come è accaduto qui, e poi gli animali sparirono. A quel punto, la straniera si alzò veloce e guardando Jih Lo disse “ti ho cercato a lungo, e alla fine ti ho trovato”. La coppia degli stranieri rimase un anno al villaggio, e i due, passarono un sacco di tempo assieme a Jih Lo e altri membri della sua famiglia. Poi un mattino, gli stranieri semplicemente sparirono, e Jih Lo non fece mai parola di ciò che si dissero-

Quando Rei finì di parlare, i quattro rimasero in silenzio.

-Quanto è attendibile il racconto che ci hai fatto?-

Rei scosse la testa

-Fino a qualche minuto fa nemmeno me ne ricordavo. Il vecchio Lin Shau aveva la fama di essere un po’ matto, soprattutto considerando che è morto a 135 anni… quindi parlava di fatti avvenuti più di un secolo prima. Tutti pensavamo se lo fosse inventato. Ma dopo avere visto quello che è appena successo…-

Non ci fu bisogno che Rei finisse la frase per capire a cosa si riferiva.

-“Ti ho trovato”-

I tre ragazzi si voltarono verso Hilary.

-La frase che la donna ha detto “Ti ho cercato a lungo e alla fine ti ho trovato”. Insomma, so che non so molto sulla storia dei bit-power ma, la tigre bianca non era un segreto tramandato nel vostro villaggio e di cui non si sapeva niente?-

-Più o meno… è stata la protettrice del villaggio, e lo è ancora. Ma non capisco cosa vuoi dire-

-L’incontro, deve essere avvenuto a fine ottocento, giusto?-

-Più o meno. Se era un bambino all’epoca…-

-Ok, degli stranieri, una coppia, che girano per le montagne cinesi. Si trova per caso a passare dal tuo villaggio, e per pura coincidenza si trovano due bit-power che è come se si fossero riconosciuti non appena si sono visti. Non vi sembra strano?-

-Decisamente-

Commentò Yuri

-Ma ancora non capisco dove vuoi arrivare con il tuo ragionamento-

-Suprema Essenza-

Bastò quel nome per fare capire a tutti cosa Hilary voleva dire

-Si cercavano-

-E quando si trovavano si tramandavano le loro conoscenze e così facendo…-

-Aumentavano la loro cerchia-

-Quindi se i nostri bit-power sono incisi qui nel monastero…-

-Credo che questo posto fosse loro. Come una specie di tempio o una cosa simile-

-Un posto dove potevano ritrovarsi-

-Questo spiega perché mio nonno ne abbia fatto una sua base-

Disse Kai, interrompendo il suo silenzio.

-Mio nonno ha fatto enormi cambiamenti qua dentro. Ha ampliato la costruzione e abbattuto sale e stanze-

-Come puoi saperlo?-

Kai sorrise tristemente

-Era un conservatore. Ho trovato le tracce dei piani di ampliamento e di ristrutturazione di questo posto. Mi sono sempre chiesto perché le avesse tenute, ora invece ha un senso. Stava cercando qualcosa. Stava cercando le tracce della Suprema Essenza-

-Ma non le ha trovate, non tutte almeno. La stanza nelle cantine non l’ha mai trovata-

-Chissà se esiste altro che non ha trovato…-

Si ritrovò a mormorare Hilary. I tre ragazzi si voltarono veloci verso di lei. Stava stringendo in mano Nemesis, e sembrava persa nei suoi pensieri. Ma all’improvviso si riscosse

-Io sono venuta qui perché voi avete trovato la stanza. Se non avessi saputo che Nemesis era incisa su una parete non avrei mai preso un volo per Mosca. È come se…-

-Come se qualcosa ti avesse attratta qui-

Hilary scosse la testa

-Non me, lei. È come se lei avesse voluto portarmi qui, per incontrare sia Dranzer che Wolborg. I nostri bit-power sono uniti in qualche modo-

Sia Yuri che Kai si guardarono, mentre prendevano in mano i loro beyblade. All’improvviso, fu come se dai tre animali pulsasse un battito di vita.

-Credo che siamo sulla strada giusta. E credo che ci sia solo una cosa ora da fare-

-Dobbiamo cercare le tracce della Suprema Essenza-

-E scoprire cosa hanno lasciato per noi-

 

**************************************************************************

Jun Kon fu svegliata all’improvviso da un brivido. Si alzò veloce, e corse nella sala principale del tempio, con una sensazione che non aveva provato più da molto tempo

-Non può essere…-

Si ritrovò a mormorare, mentre osservava ciò che ormai non si verificava da più di dieci anni. I simboli della fenice, del lupo e del cigno, incisi sul muro di pietra, era come se avessero ripreso vita. Emanavano una tenue luce, e appoggiando una mano sopra di essi, Jun ebbe come la sensazione di sentirli pulsare.

-Si sono ritrovati. Il primo passo è stato fatto. La nuova generazione presto sarà pronta così…-

-Così potremmo tornare da nostro figlio-

Un uomo, si avvicinò a Jun, e le strinse le braccia attorno al corpo, abbracciandola. La donna appoggiò il proprio corpo contro quello dell’uomo

-Manca ancora tempo prima di quello. Ci saranno prove che dovranno superare. E lo sai, il nostro antico nemico è sempre là fuori, pronto-

-Saranno pronti ad affrontarlo?-

-Non lo so. Noi non lo eravamo…-

-Ma non sapevamo contro cosa stavamo combattendo-

-Perché loro si, invece?-

-Noi eravamo soli. Giovani indomiti, che hanno creduto di potere gestire qualcosa di molto antico senza una guida-

-Ma eravamo sempre più grandi di loro. E poi noi abbiamo potuto scegliere di compiere questo cammino. Sapevamo dei rischi. Loro non sanno nemmeno questo-

-Ma sono più forti di noi. Hanno stabilito i legami da molto tempo, ormai sono quasi un tutt’uno con gli animali sacri-

-Ma non sanno ancora come gestirli. Sanno solo usarli attraverso le trottole. Non sanno come evocarli senza, o come fare a…-

-Lo impareranno. Quando le triadi si riformeranno, saranno più forti. E quando capiranno come fare ad unire i loro poteri, saranno invincibili. Ricorda, sono molti più di noi-

-Questo perché Judi ci ha dato una mano. E perché sembra che negli ultimi anni, gli animali sacri si siano come risvegliati. Non vedevo nascere nuovi legami da molto tempo, e poi, circa quattro anni fa, c’è stato un cambiamento-

-E questo è un bene per noi-

-Ma molti possono diventare un bersaglio per loro-

-Loro ormai sono pochi. E con Hiwatari dietro le sbarre…-

-Quell’uomo è pericoloso, e lo sai. Siamo rimasti in vita solo perché non ha mai saputo dell’esistenza di questo tempio-

-Jih Lo ci ha messo tre anni per trovarlo, e sapeva cosa cercare… i nostri antenati di certo sapevano come nascondere i loro segreti-

-Spero che almeno la triade del nord ritrovi presto la sua forza-

Jun passò una mano sopra il cigno

-Elisabeta… ha pagato il prezzo più alto di tutti noi. Ha perso i suoi amici, la sua famiglia… ha visto morire la sua bambina. La piccola Ania… Avrebbe l’età di Rei ora. Magari sarebbero potuti essere amici…-

L’uomo strinse ancora di più a se la donna

-Non ti puoi incolpare dell’incendio. Non sei stata tu, è stato Hiwatari a farlo-

-Ma io la dovevo avvisare. Dovevo almeno tentare…-

-E così facendo saremmo morti anche tutti noi. Avevamo deciso. Nessun contatto. Nessun, avvertimento, la Suprema Essenza è più importante di tutto-

-Era solo una bimba innocente…-

-Non per l’uomo che ha fatto questo. Per lui era una minaccia. Come Rei. E gli altri figli della nostra Alleanza-

Jun si staccò dal marito, e si avvicinò alla tigre incisa. La sua luce pulsava, come quella della lince e del leone nero. Quella era rimasta, per molto tempo, l’unica triade ancora viva.

-Proteggilo, proteggilo sempre. Ti prego Driger, proteggi il mio bambino. Guidalo nella via, fagli capire la strada giusta da quella sbagliata. Fagli percorrere il cammino della verità-

 

**************************************************************************

Pavlov era inquieto. Si sentiva dominare da un perenne stato di ansia, e questo poteva essere fatale per il lavoro che doveva compiere. Certo, il furto non era proprio la sua specialità, lui era un killer professionista, ma se richiesto, era capace di commettere dei furti a regola d’arte. Anche se per molti anni era rimasto fuori dal giro, non aveva mai perso il suo tocco magico. E il suo signore lo sapeva. Per molto tempo si era domandato se affidarsi totalmente a quell’uomo fosse stata la scelta giusta. Dopotutto, aveva un nome e una reputazione abbastanza consolidata al tempo del loro prima incontro. Non aveva bisogno di lui per farsi notare. Ma ciò che gli aveva proposto, gli avrebbe garantito ciò che più agognava. Vedere soffrire le persone che lo avevano umiliato e allontanato dal loro circolo. Si ricordava ancora il sorriso di sufficienza di Elisabeta Birkof, o di quel pomposo di suo cugino, Kristoff Ivanov. Era stato un piacere togliere loro il respiro. E se aveva avuto questa possibilità lo doveva a lui, all’uomo che aveva un’anima più nera della sua, e che lo aveva accolto come fosse un figlio. Quando gli aveva chiesto di sparire per quasi dieci anni, lo aveva fatto. Sapeva che quando sarebbe stato il momento, sarebbe ritornato, lo avrebbe richiamato a se, e avrebbe ripreso ciò che aveva interrotto. Perché lui aveva un compito da portare a termine.  Doveva finire ciò che aveva iniziato ormai da vent’anni. Aveva avuto bisogno di tempo per trovarli, individuarli, e trovare i loro templi. E li aveva trovati quasi tutti, i principali, quelli più importanti. E li aveva distrutti. Eppure, eppure la Birkof era riuscito a fregarlo. Aveva creduto di avere ottenuto tutto, di avere il cigno. E invece lei, quella perfida donna, era riuscita a fregarlo. Aveva portato via il prezioso animale sacro, lo aveva nascosto, e per tanto tempo aveva creduto di averne perso per sempre le tracce. E poi, dieci anni fa, la svolta. Un piccolo impulso, in Giappone. L’aveva trovata, ma non era stata in grado di trovare il cigno. Poi, aveva capito. Sapeva dove trovarla, sapeva dove l’animale sacro era. Ed era venuto a prenderlo. L’ufficio era vuoto, buio. Le guardie non lo avevano visto entrare, solo uno sfortunato si era trovato nella sua via, e ora giaceva esanime in un corridoio. I suoi colleghi avrebbero impiegato ore a trovarlo, perché aveva preso la trasmittente dell’uomo, e ogni tanto, mandava segnali al posto della guardia uccisa. Per tutti, l’uomo era ancora vivo. Fu facile trovare la cassaforte. Tutti nascondevano sempre dietro il punto più semplice, il quadro. Era una vecchia cassaforte, di quelle con la rotella dei numeri. Ma lui aveva tempo. Impiegò quasi un’ora per trovare la combinazione adatta. Sorridendo soddisfatto, aprì la cassaforte. Ma invece di esultare, ciò che vide fu… il niente. La cassaforte era vuota. Al suo interno, un misero, petalo, del fiore del glicine. Era un messaggio, un messaggio per lui. Un messaggio da qualcuno che aveva ucciso molti anni fa. Lo aveva fregato, di nuovo. Il rumore di un grilletto tirato indietro lo riscosse.  Fu subito consapevole della presenza di un uomo alle sue spalle

-Mr Pavlov, fianalmente ci conosciamo di persona-

-Detective Maxwell, buonasera-

-Non sai da quanti anni aspettavo questo momento, Pavlov. Il momento dove avresti sbagliato, e io ti avrei preso-

-Detective, detective… lei mi delude. Crede davvero che sia tutto così facile?-

Pavlov si girò, e fronteggiò l’uomo di persona. Non aveva paura di quella pistola puntata contro, o di quelle degli altri agenti schierati fuori dall’ufficio.

-Sei in trappola Pavlov. Non mi sfuggirai questa volta-

Il russo si mise a ridere

-Mai essere certi di qualcosa, detective. Soprattutto, potrà dirmi di avermi preso, quando il mio cuore smetterà di battere-

-Tu non hai cuore, Pavlov. Sei solo un assassino. Le tue mani grondano del sangue di innocenti, di bambini-

-Vittime, nelle guerre ci sono sempre delle vittime-

-Pazzia. La tua e quella di Hiwatari è solo pazzia-

Pavlov lo guardò con uno sguardo feroce, mostrando tutta la sua malvagità

-Uomini come te non potranno mai capire il disegno. Vedete solo ciò che le vostre menti limitate vi fanno vedere, che è il niente-

-Tu farnetichi…-

Pavlov scoppiò a ridere.

-Oh detective, lei è così ingenuo-

Pavlov fece un passo indietro, verso l’enorme vetrata alle sue spalle

-Non ti muovere Pavlov, o sparo-

-E’ una sfida?-

L’uomo continuò ad arretrare. Poi all’improvviso si fermò

-Detective, le devo chiedere un favore-

-Non tirare troppo la corda, Pavlov-

-Quando vedrà la piccola Birkof, la saluti da parte mia-

-Birkof? Di cosa stai parlando?-

-Alla prossima, detective-

All’improvviso, le luci all’interno dell’intero edificio saltarono. L’unica fonte luminosa proveniva dall’esterno. Maxwell osservò la figura di Pavlov, un’ombra scura contro lo sfondo della città. Poi, all’improvviso, la figura sparì.

-Che diavolo…-

Le luci si riaccesero, e davanti all’uomo non c’era più niente. Maxwell si avvicinò alla finestra. Era sparito. Per la frustrazione, l’uomo batté un pugno contro il vetro. Poi, alzando lo sguardo, vide una rientranza nel soffitto della stanza. Un agente si era avvicinato a lui

-Sergente, svelto, lanci un allarme. Pavlov è sicuramente ancora nell’edificio. Chiudere porte e finestre, sigillate ogni possibile uscita del tetto e delle fogne. Deve ancora essere qui, da qualche parte. Trovatelo. Ogni guardia che incontrate, chiedete identificazione e nome. Non deve sfuggirci, sono stato chiaro?-

-Si detective-

Ma Maxwell sapeva che ormai Pavlov era già sparito. Gli era sfuggito dalle mani. Era da oltre dieci anni che lo inseguiva, finalmente lo aveva trovato. E gli era sfuggito. Ma all’improvviso, una illuminazione.

-Sergente!-

L’uomo entrò di corsa nella stanza

-Contatti la sede centrale. Voglio che mi mandino qualsiasi cosa abbiano sull’omicidio della famiglia Birkof. Ogni cosa, sono stato chiaro? Se devono chiamare in Russia per avere altro materiale, lo facciano. Voglio tutto, e lo voglio entro domani, sono stato chiaro?-

L’uomo annuì, e sparì veloce ad eseguire gli ordini.

-Birkof… Birkof… la piccola Birkof…  cosa c’entra ora lei con tutto questo?-

 

 

 

 

 

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Buonasera a tutti. No, non state sognando. No, non è un miraggio. Sono tornata. Ebbene si, sono proprio tornata, più in forma che mai, almeno si spera. So che forse molti di voi non si fideranno più di me, o non si ricorderanno nemmeno di me e della mia storia, ma come avevo promesso, molto tempo fa, lo ammetto, non ho intenzione di smettere di scriverla e lasciarla in sospeso.

Spero che l’attesa sia valsa la pena, io ci metto sempre anima e cuore nel fare le cose. Spero che almeno questo venga apprezzato.

So che ci sono abbastanza indizi in questo capitolo, e so che ci sono circa milleduecento nuove domande che vi sarete fatti ma… come sapete, dovrete aspettare.

Come sempre, se volete, lasciate una recensione per farmi sapere pregi, ma soprattutto i difetti.

Grazie anche a chi solo legge la storia, grazie a chi, nonostante il tempo passato, ha aggiunto questa storia tra i preferiti e le seguite. Grazie, lo sapete che vi adoro, vero?

Ci vediamo al prossimo capitolo, come sempre la vostra

Juls

 

  
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