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Autore: MarcoMarchetta    23/06/2018    0 recensioni
Fra storia e racconto.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Romilda   (611)            
 
Il giovane diede un bisante al carceriere che gli aprì la cella.
C'era un fetore opprimente ma la cosa non sembrò pesargli troppo. Quello che gli importava era parlare con lei, la duchessa del Friùli, alta, bionda e dignitosa nonostante la sua condizione.
"Che ti hanno fatto?" le chiese toccandole ferite e lividure.
"Mi hanno torturata, che credevi?
Com'è che parli il mio linguaggio? Tu non sei longobardo. Ti ho visto a fianco del khaghan quando mi hanno portata in questo ring."
"Sono suo figlio Rohitillian. Mio nonno, Baian, si alleò col vostro re Alboino contro i Gèpidi e allora nella famiglia reale degli Àvari si ritenne che qualcuno di noi dovesse capirvi e parlare con voi direttamente."
"Cosa vuoi?"
"Tu sei bella e vorrei che stessi con me, felice di starci. Mio padre consentirebbe a rendermi tuo, come dite? mundualdo."
"Tu chiederesti il mundio per me?" si meravigliò Romilda. "Lo sai che mio figlio Grimoaldo è di poco più giovane di te?"
"Sì, lo so. Ma tuo marito Ghisulfo è morto per nostra mano, i tuoi conterranei nel castro di Forum Iulii non ti volevano e ti hanno consegnata a noi. Cosa ti resta? Desideri morire?"
"No, non lo desidero. So che la tua gente non mi lascerebbe mai morire rapidamente.
Sai, ragazzo, cosa desidero davvero? L'aria fresca e pulita, una corsa a cavallo col vento in faccia e anche una cavalcata su di un maschio voglioso, perchè no?"
"Allora accetti?"
"Vorrei, credimi. Ma non posso."
"Spiegami e se ti comprenderò non farò null'altro per averti."
"Sono stata la Signora del Friùli. Mio figlio di sicuro sarà duca nel suo feudo e guiderà in battaglia tanti nobili e fieri combattenti. Come potrei mantenermi degna dell'altezza a cui la sorte volle elevarmi se si sapesse che sto in lega con gli Àvari?
Il mio popolo vi lasciò tutta la Pannonia, ma voi volete le terre dell'Impero che occupiamo adesso. Volete sempre tutto quello che è dei Longobardi? Me, per esempio?
Se accettassi ciò che mi proponi sarei destinata all'infamia per l'eternità. Non posso, o tu, comunque ti chiami."
"Rohitillian. Spero che presto il mio nome ti riesca facile da pronunciare e familiare come quello del tuo Grimoaldo.
Spargeremo la voce che sei stata uccisa e nessuno dei tuoi ti vedrà mai più."
"Se mi garantisci questo..."
"Sì sì. Fammi operare alla meglio con mio padre e con un po' di buona sorte sarai nel mio letto già domani."
Il giovane se ne andò e Romilda si sentì sommersa dai pensieri:
'Libera, finalmente, via da questo porcile. Niente più torture, non morirò, non subito. Sarò un'altra scaldasonno per questo giovinastro ma starò al fianco di un principe. Forse, un giorno, sarò la regina degli Àvari e, magari, potrò vendicarmi di quelli che mi hanno scacciata.
Potrò sempre uccidermi se la cosa fosse davvero insopportabile. Ma peggio che con Ghisulfo?'
Non voleva ammetterlo, ma la nuova vita a cui stava rinascendo la rendeva così contenta e speranzosa da farle obliare perfino le ferite doloranti e la tremenda puzza della cella.
 
Marco Marchetta
 
 
Carlo V   (1541)               
 
Eccolo qua l'uomo sul cui Impero non tramonta mai il sole, grazie a me. Chissà cosa vorrà.
Ieri l'altro il suo cocchio ha sostato nell'avenida Dos Santos e ne ho approfittato per consegnargli di persona la mia lamentela per essere stato richiamato a Madrid. La Nuova Spagna è in pieno fermento e la mia conquista è ancora in fase di consolidamento.
In quel frangente ho sentito il sovrano chiedere a un cortigiano:
"Chi è costui?"
"Il marchese don Hernan Cortès" gli hanno risposto.
Carlo Quinto mi ha scrutato a bocca semiaperta stracciando il rotolo che gli avevo porto e, continuando a fissarmi come si farebbe con un lombrico, l'ha lasciato cadere sul selciato prima di far riavviare la carrozza.
Bruciando per un simile sgarbo che nessuna lama avrebbe mai riscattato ho pensato:
'Ecco il ringraziamento per aver combattuto sotto le sue insegne per tanti anni quadruplicando i suoi possedimenti!'
Ora mi ha convocato e mi accorgo si tratta di un'udienza privata. Mi scruta sempre con la bocca impedita a mantenersi chiusa per sua conformazione.
"Marchese" comincia, "sono certo mi stiate considerando un vero abisso di ingratitudine."
"No, Maestà" mi affretto a rassicurarlo in un vero abisso di finzione e servile ipocrisia, "no no. Se non avete accolto la mia supplica di sicuro avevate un sacrosanto motivo."
"Avrete pensato che per aver tanto conquistato a vantaggio della Spagna io, suo re, non vi abbia gratificato secondo i vostri meriti."
"No no, Maestà" mi profondo in atteggiamento felice e riconoscente, "mi avete dato un marchesato e sono stato il Vostro Capitano Generale fino adesso nelle terre oltre l'Oceano."
"Vi avrei fatto Vicerè se non mi avessero riportato infinite situazioni di disagio degli indios, maltrattati, seviziati e schiavizzati da voi o per vostro ordine!"
È visibilmente irritato e ho risuscitato questo suo scontento nei miei confronti. Decido di rimanere a capo chino e in silenzio; contrito, insomma. Lui prosegue:
"Pensate non sia consapevole che grazie a voi i miei possedimenti si sono moltiplicati?
Però, caro Cortes, ora devo tenere sotto controllo un tale immenso dominio per nulla pacificato.
I nemici mi attaccano da ogni dove. Chi prima mi era amico mi gira le spalle e chi mi era alleato passa disinvoltamente al nemico. Non è questo l'Impero che desideravo!
Ci mancherebbe solo che i popoli assoggettati nel Nuovo Mondo si rivolgessero anch'essi contro di Noi!"
Ora mi è chiaro il motivo della sua irritazione e perchè essa superi ogni stimolo alla gratitudine. Più che terre nuove, forse, a re Carlo occorrevano sudditi nuovi del tipo devoti e soddisfatti 'per caratteristica natale'.
In effetti l'imperatore aveva promulgato le 'Leggi di Burgos' per proteggere dagli abusi gli indiani, e lo stesso Paolo Terzo, di recente, ha minacciato la scomunica a chi li sfruttasse.
Bubbole, miraggi. Quelle fisime ho dovuto ignorarle per forza! Loro stanno qui in attesa di galeoni pieni di ogni ben di Dio e pensano che là, nelle nuove terre, ci siano genti mansuete, pronte a inchinarsi ai nuovi dominatori e ad accogliere divinità forestiere senza fare tante storie. Dovrebbero essere contente di cedere i loro possessi e le loro ricchezze a degli sconosciuti in arrivo armati della sola Croce.
"Comunque, Cortes" riprende il re di Spagna e imperatore di quasi tutto il resto, "mi occorrete.
Ho snidato personalmente Khayr al-Din Barbarossa da Tunisi ma si è spostato ad Algeri. Grazie ai suoi turchi infedeli il Mare Nostrum è diventato il suo.
Ho dato il comando della mia flotta ad Andrea Doria. Voi dovreste essere un suo consigliere militare, dargli i suggerimenti giusti con quel tanto di astuzia e di perfidia che ci dia la vittoria."
Ecco il punto, caro imperatore. Hai capito che con la carità cristiana, le regole cavalleresche e i buoni sentimenti si può conquistare un posto nelle fantasie dei bambini, magari si può vincere un seggio in Paradiso, ma la guerra contro i pirati barbareschi no.
"Maestà" rispondo, prono e ossequiente, "nonostante la mia tarda età sono felice di tornare a servirvi.
Potrò suggerire all'ammiraglio Doria metodi drastici se li ritenessi necessari?"
"Dovrete, marchese! E senza alcuno scrupolo. Gli indios erano pronti ad abbracciare il nostro Credo ma quegli infedeli seguaci di Maometto ormai ho capito non lo faranno mai.
Per quelle anime perse, schiavitù, tortura e morte sono pure poco!"
 
Marco Marchetta
 
(Ringrazio chi legge e gradisce. Appuntamento al prossimo sabato, 30 giugno, con altri due racconti)
   
 
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