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Autore: Ghostclimber    26/06/2018    4 recensioni
Sia Kaede Rukawa sia Hanamichi Sakuragi odiano il giorno di San Valentino.
Ma forse, questo sarà diverso.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon anniversario della vittoria dello Shohoku contro il Ryonan (grrr... Ryonan nel cuore).

Ho deciso di festeggiare con una one-shot completamente fuori periodo dell'anno, giusto perché sì.

Enjoy!

 

 

 

 

 

Kaede Rukawa odiava San Valentino.

Per prima cosa, a San Valentino doveva svegliarsi presto, e quella era una cosa che proprio non sopportava: ma se fosse andato a scuola alla solita ora avrebbe dovuto farsi strada in un mare impenetrabile di deficienti armate di scatole di cioccolatini, peluches e letterine d'amore. Erano tante, troppe, neanche volendo avrebbe potuto accettare tutti quei regali; e comunque, non voleva.

Il sole stava appena sorgendo, mentre una volpe addormentatissima legava la bicicletta davanti alla scuola. Meditò per un attimo di andare in palestra ad ammazzare il tempo, poi rinunciò: se l'avesse fatto, avrebbe poi dovuto farsi strada nella folla per raggiungere la classe, e a quel punto tanto sarebbe valso alzarsi alla solita ora. Si diresse in classe, cercando di non pensare a quel che aveva nello zaino.

-Rukawa!- chiamò la voce di un adulto seduto in cattedra, probabilmente il professore di giapponese: di solito, Rukawa non era abbastanza sveglio da ricordarsi i connotati degli insegnanti.

-Buongiorno, professore.- rispose educatamente, sperando di non salutare il bidello.

-Che ci fai già a scuola? Le lezioni cominciano tra un'ora.

-È San Valentino. Volevo evitare la folla.

-Capisco. Dev'essere dura essere l'idolo delle ragazze.- Rukawa udì il sarcasmo, ma decise di non rispondere. Si seppellì in un libro e cercò di stare sveglio, pronto ai primi assalti della mattinata.

 

Hanamichi Sakuragi odiava San Valentino.

San Valentino era il giorno in cui comprava cioccolatini per le ragazze, cioccolatini che venivano sistematicamente rifiutati, per la gioia di Takamiya, auto incaricatosi di far sparire le prove.

Per di più, quel San Valentino Hanamichi si era svegliato alle sei da un incubo che assolutamente non ricordava, ma che l'aveva lasciato svuotato e terrorizzato.

Solo nella casa ancora silenziosa, aveva deciso di andare a scuola in anticipo, così avrebbe avuto la possibilità, seppur vaga, di nascondersi in classe prima di vedere tutte le zoccolette della scuola seppellire Rukawa sotto una valanga di regalini. Era invidioso, e non voleva peggiorare ulteriormente la giornataccia. Sapeva che avrebbe semplicemente potuto fingere che fosse una giornata come un'altra, ma avrebbe dovuto girare per la scuola bendato e con i tappi nelle orecchie per non vedere e sentire tutti gli scambi di regali, i baci e gli auguri.

Camminava tranquillo per i corridoi ancora vuoti, fischiettando la canzoncina del Tensai, quando si sentì chiamare: -Sakuragi! Ma allora oggi è un giorno di miracoli!- riconobbe vagamente la voce del professore di giapponese che usciva da un'altra delle prime classi. Annoiato a morte, entrò salutando allegramente: -Buongiorno, professore! Sa, i Tensai si svegliano sempre presto!

-Oh, ma davvero? E allora come mai sei così spesso in ritardo?- Hanamichi rise imbarazzato.

-Do'aho.- venne una voce dal fondo dell'aula vuota.

-Rukawa!- sbraitò Hanamichi.

-Sta' zitto, idiota, mi sto nascondendo.

-Nascondendo? E da cosa, dalle tue fan?

-Nh... esatto.- Hanamichi trasecolò. Non gli era mai passato per l'anticamera del cervello che alla volpe potesse dare fastidio essere così idolatrato.

-Sakuragi e Rukawa a scuola a quest'ora, Rukawa che parla e Sakuragi che sta zitto. È proprio il giorno dei miracoli!- commentò il professore. Sakuragi ruppe l'illusione scoppiando nella potente risata che era il suo marchio di fabbrica, mentre Rukawa confermava invece l'ipotesi dell'insegnante inarcando un angolo della bocca in quello che sicuramente era un mezzo sorriso.

-Beh, io vado in classe, potrei anche approfittarne per finire i compiti!- disse Hanamichi, salutando con la mano.

 

Rukawa ebbe un'illuminazione.

Un'idea folle, che probabilmente gli sarebbe costata almeno un timpano fracassato e una dozzina di lividi: ma almeno, rifletté, nel peggiore dei casi avrebbe avuto la scusa per rifugiarsi in infermeria.

-Ehi, Sakuragi!- chiamò il compagno prima che questi potesse allontanarsi dalla classe. Lui si voltò, stupito, e quell'esitazione consentì a Rukawa di raggiungerlo.

-Senti... avrei... avrei un favore da chiederti.- azzardò Rukawa, guardando i piedi di Sakuragi. Fu così che non notò i suoi occhi sgranarsi fino a raggiungere le dimensioni di piattini da tè.

-Ah... davvero?- fu l'unica risposta che trovò Sakuragi.

-Sssì... ecco...- Rukawa sperava ardentemente che la frangia fosse sufficiente a coprire il rossore che aveva cominciato a coprirgli le guance, almeno a giudicare da quanto si sentiva bollire gli zigomi. Deglutì e lanciò la bomba: -Senti, posso passare la giornata con te e i tuoi amici?- “ecco, adesso arriva la testata, non potevi dirlo in modo meno ambiguo?”

-E perché vorresti passare il giorno di San Valentino con noi?- chiese Sakuragi, una volta tanto ad un tono di voce abbastanza basso da non far vibrare i vetri delle finestre.

-Perché siete in cinque, mi potete... ecco, difendere.- Rukawa alzò gli occhi e li piantò in quelli di Sakuragi, imbarazzato all'idea di aver dovuto chiedere un favore, e peggio ancora di averlo dovuto chiedere a lui. Ma dopo l'estate, le sue fan erano diventate ancora più insistenti, e veramente dubitava che da solo sarebbe potuto arrivare a fine giornata senza un'accusa di aggressione o senza essere violentato da una massa di psicolabili.

 

Hanamichi era stupito dalla richiesta di Rukawa. Possibile che si fosse sbagliato così tanto nel giudicarlo? Magari era davvero un ragazzo qualsiasi, che non aveva fatto nulla per andarsi a cercare l'assalto del novantanove virgola nove percento delle ragazze della scuola.

Quando Rukawa alzò gli occhi per guardarlo in faccia, Hanamichi fu costretto ad arretrare di un passo per la sorpresa: quello che vi leggeva era paura, imbarazzo e qualcosa che non riusciva a definire. Invidia, forse? Perché aveva degli amici e non doveva chiederli in prestito? Ammirazione, perché era grosso e avrebbe potuto liberarsi delle mandrie di ragazze anche da solo?

Fatto sta che era in difficoltà, e Hanamichi, che se fosse stato un fan di Harry Potter sarebbe stato smistato in Tassorosso senza la minima esitazione, rispose: -Ma certo, non c'è problema! Ti veniamo a raccattare all'intervallo!- gli batté una manata sulla spalla, imbarazzato, poi scappò prima di sentirlo ringraziare.

 

Rukawa tornò al posto, il cuore che gli andava a mille nel petto. Forse sarebbe riuscito a sopravvivere fino a sera.

-Oggi faremo lezione con le porte chiuse.- gli disse il professore, che finalmente sembrava aver acceso il cervello, -Aspetterò qui che arrivi la professoressa di matematica e chiederò a lei di fare lo stesso, e di aspettare Sakuragi insieme a te.

-Nh... grazie.- si spremette Rukawa.

 

Hanamichi raggiunse la propria classe e si lasciò cadere sul banco. Perché il cuore gli batteva così forte? Era solo perché Rukawa lo aveva lasciato guardare oltre quella maschera di studiata indifferenza che portava ogni giorno? Di certo non era per la prospettiva di passare la giornata con quella maledetta volpe! L'arrivo dei suoi amici interruppe le sue elucubrazioni.

-Heilà, Hanamichi! Pronto per un altro San Valentino depresso? Quanti cioccolatini hai comprato?- chiese Takamiya, pregustando la scorpacciata.

-Nessuno, quest'anno non ci provo nemmeno.- rispose Hanamichi, imbronciato.

-Nooo, e io come faccio adesso? Cosa mangio stasera davanti alla playstation?- Hanamichi si erse in tutta la sua considerevole altezza, mentre gli studenti cominciavano a sciamare in classe e da fuori veniva un cicaleccio esagerato ma prevedibile.

-Amici miei, oggi abbiamo una missione!- annunciò.

-Una missione? Trovarti una ragazza?- chiese Mito, -Perché ti avverto che nessuno di noi è Tom Cruise, le missioni impossibili sono fuori dalla nostra portata.

-DEFICIENTE!- tuonò Hanamichi, -No, dobbiamo proteggere Rukawa!- calò il silenzio. L'intera classe l'aveva sentito. Mito mormorò: -Hai battuto la testa?- Hanamichi tornò serio e adeguò il tono di voce a quello dell'amico: -No. L'ho incrociato stamattina e mi ha chiesto se oggi può stare con noi. Credo abbia paura che quelle zoccolacce che lo seguono tutti i giorni lo soffochino di regali.

-Io ci sto!- urlò Takamiya, -Sai quanto cioccolato ci guadagneremo?- la campanella suonò, evitando ai ragazzi di proseguire il discorso.

 

Andare a pisciare sotto scorta non era certo uno stimolo efficace, pensava Rukawa, ma almeno non doveva preoccuparsi che qualche ragazza entrasse e lo attaccasse alle spalle mentre era voltato verso l'orinatoio. Si sentiva stranamente tranquillo, circondato da quei cinque teppisti, che dopo un'iniziale titubanza l'avevano accolto nel gruppo, coinvolgendolo nei loro discorsi nonsense senza pretendere che rispondesse. Mito, in particolare, era molto gentile, e il ciccione si era auto investito del ruolo di raccoglitore di cioccolatini: molti non erano arrivati alla fine dell'intervallo di metà mattinata, e non c'era traccia degli altri quando i cinque lo recuperarono appena fuori dalla classe all'inizio della pausa pranzo.

-Andiamo in terrazza?- propose Mito, -Oggi il sole è abbastanza caldo e non c'è vento.

-E possiamo sbarrare la porta.- ghignò il biondo di cui Rukawa non aveva colto il nome. Durante il tragitto per la terrazza, raccolsero un altro paio di chili di cioccolato e una dozzina di peluches, poi riuscirono a barricarsi all'esterno e mangiare tranquillamente. Rukawa si sentiva sereno ad ascoltare le chiacchiere buffe di quei cinque. “Non abituarti, è solo per oggi”, raccomandò a se stesso.

 

Hanamichi guardava torvo la montagna di cioccolato. Tanto per fare qualcosa, si mise a rovistare alla ricerca di qualcosa di fondente: -Ehi, kitsune, ma solo cioccolato al latte ti regalano? Non c'è niente di fondente?

-Nh... no, non sono neanche capaci di azzeccare i miei gusti.

-Ah, allora qualcosa in comune ce l'avete!- commentò Mito, un po' a sproposito, unendosi alle operazioni di smistamento. Lui cercava cioccolatini alla nocciola. Sollevò un peluche a forma di Hello Kitty e chiese: -Rukawa, ti scoccia se lo prendo? Mia sorella adora Hello Kitty.

-Tutto tuo.- Hanamichi continuava a rovistare, con una strana sensazione: quel giorno, Rukawa gli sembrava poco sgradevole, quasi simpatico.

-Trovati!- esclamò, sollevando trionfante una scatola con la splendida dicitura “fondente nero”.

-Ehi, molla l'osso, do'aho! In fondo li hanno regalati a me!- esclamò (esclamò?) Rukawa.

-Ah, no, bello mio (bello mio?), chi cerca trova! È la legge dei pirati!- Hanamichi aprì la scatola e guardò i cioccolatini. Per qualche secondo non riuscì a capire di che forma fossero, poi gli s'illuminò una lampadina in fronte e li tese al legittimo proprietario: -Tieni, mangiali tu.

-COOOSAAA?- sbraitarono gli altri. Rukawa, in silenzio, allungò una mano a prendere la scatola... Un tremito gli percorse le labbra, mentre un sopracciglio veniva colto da un tic nervoso. Sorprendendo tutti, scoppiò a ridere, e la sua ilarità contagiò Hanamichi, che con la coda dell'occhio vide Mito che si allungava a vedere la causa di quell'evento impossibile. Non passarono due secondi che urlò: -Non ci credo, ti hanno regalato dei cioccolatini a forma di cazzo!

 

A Rukawa faceva male lo stomaco, e anche gli zigomi. Da quanto non rideva? Da troppo tempo. Era la prima volta dopo anni che si sentiva così bene fuori da un campo di basket, e non poteva che ringraziare Sakuragi. Quando riuscì a smettere di ridere, lo fissò e disse: -Ti sfido.

-Sfida accettata, kitsune, non puoi battere il Tensai!

-A chi mangia più cazzetti di cioccolato.- si fissarono per qualche istante, sprizzando scintille, poi si avventarono sulla scatola. Sakuragi lo batté di misura, e fu ricompensato dai commenti degli amici, che si complimentarono per la sua innata abilità a mettersi cazzi in bocca e furono premiati con delle testate da manuale.

Fu quasi un dolore vederli che si allontanavano dalla porta della classe, una volta finito l'intervallo.

 

Hanamichi cominciava a percepire la passeggiata verso la classe di Rukawa come la normalità. Era stato bello vederlo ridere, surreale ma bello. Quando non si trincerava dietro quella nube nera di ostilità sapeva tirarne fuori di belle! A chi mangia più cazzetti di cioccolato... quella era assurda davvero! Forse aveva ragione il prof di giapponese, quello era il giorno dei miracoli.

L'Armata Sakuragi recuperò Rukawa all'ingresso dell'aula e si diressero in palestra, con Hanamichi che dettava il passo a grandi falcate, sempre sul ritmo della canzoncina del Tensai e gli altri quattro che facevano muro attorno a Rukawa e facevano incetta di cioccolato. Ma quante ce n'erano? Ed era rimasto cioccolato in un qualsiasi negozio di Kanagawa?

 

No, eccole di nuovo.

Prevedibili come un'infezione intestinale dopo un viaggio in Messico, e quasi altrettanto piacevoli. Rukawa non riusciva nemmeno a concentrarsi sugli allenamenti, e vedeva che anche i compagni di squadra erano scocciati. Miyagi gli aveva addirittura lanciato un'occhiataccia, come se fosse colpa sua. Mitsui era visibilmente scazzato, Kogure si massaggiava le tempie come se fosse in preda ad un'emicrania insopportabile, Ayako mollava così tante sventagliate che rischiava di creare un tornado con le proprie mani e Akagi sbraitava insulti a caso, ma era Sakuragi che faceva preoccupare Rukawa: zitto come una tomba, lo sguardo torvo che di solito accompagnava i suoi momenti agonistici, le spalle curve e i muscoli che guizzavano senza controllo. Sembrava pronto ad uccidere.

-Rukawa ti amo!- urlò una delle zabette.

-Fammi tua!

-Maschione!

-Figone!

E poi partì l'odiato coro: “Ma che fico, mi ci ficco! Ma che fico, mi ci ficco!”. Rukawa perse la trebisonda, e con passo pesante raggiunse la porta per chiuderla. Le guardò, sperando di riuscire ad incenerirle con la forza del proprio odio, e ghermì la maniglia di una delle porte scorrevoli. Allungò la mano a prendere anche l'altra, ma la trovò occupata. Sakuragi lo fissò negli occhi e gli rivolse un breve, impercettibile cenno del capo. Insieme chiusero la porta con violenza, zittendo le oche.

-Meglio?- chiese Sakuragi.

-Meglio.- si trovò a rispondere Rukawa, con un minuscolo sorriso.

 

-Rukawa, credo che ti converrebbe nasconderti.- disse Mitsui, ghignando. Dopo la chiusura delle porte, gli allenamenti erano andati decisamente meglio, e la squadra aveva ritrovato il buonumore. Hanamichi emerse dalle docce, avvolgendosi l'asciugamano attorno ai fianchi, e si mise ad origliare la conversazione.

-Nh?

-Haruko ha detto ad Ayako, che l'ha detto a Miyagi, che l'ha detto a me, che là fuori stanno meditando di aggredirti in massa.

-Nh...

-Mi sono perso.- disse Hanamichi, dimentico che la conversazione non avrebbe dovuto riguardarlo, che era rimasto al primo passaggio di consegne dell'avvertimento.

-Vogliono violentarselo in massa, visto che lui non ci sta.

-Quell'armadietto è libero?- chiese Rukawa, più pallido del solito.

-Sì, perché?- ribatté Mitsui.

-Chiudimi lì dentro.- Hanamichi scoppiò a ridere sonoramente. Si affiancò al compagno di squadra e gli batté una mano sulla spalla: -Non ti preoccupare, volpe! Ti proteggo io!

-Tu e quale esercito?- chiese Miyagi, che era entrato in spogliatoio appena in tempo per cogliere le ultime battute della conversazione: -Ero sul tetto a contarle, ho perso il conto a sessanta.- Hanamichi impallidì.

-Resta qui, Rukawa.- propose Akagi, lo sguardo torvo.

-Ma che gli fai alle donne?- chiese Miyagi. Hanamichi si ritrovò a poggiare la mano sul nulla, invece che sulla spalla sudata di Rukawa, perché quest'ultimo si era lasciato cadere su una panca.

 

Basta.

Basta, basta, basta.

Avrebbe volentieri lanciato una bomba atomica sulle proprie fan, se avesse avuto la certezza che le autorità l'avrebbero considerata come legittima difesa. Di base, l'unico motivo per cui non l'aveva ancora fatto era che una condanna a vita nel braccio di massima sicurezza gli avrebbe impedito di coronare i suoi sogni di gloria con il basket.

-Vorrei saperlo anch'io.- rispose a Miyagi, a voce bassa, -Così smetterei di farlo.- si coprì la faccia con le mani, esasperato. Una manona gli si posò sulla spalla, e Rukawa sollevò la testa per guardare Akagi. Il capitano gli porse un mazzo di chiavi: -Resta tutto il tempo che vuoi. Chiudi bene.

-Diremo alle spostate che sei uscito dal retro.- aggiunse Mitsui.

-Ma non c'è un'uscita sul retro, anche l'uscita di sicurezza dà sul davanti!- esclamò Sakuragi.

-Lo so anch'io, coglione, ma non c'è bisogno che loro lo sappiano! Prima o poi se ne andranno!- lo spogliatoio si svuotò, e Rukawa poté rimanere in silenzio a guardare le chiavi della palestra che il capitano gli aveva lasciato.

La panchina s'incurvò sotto il peso di qualcuno, e Rukawa alzò gli occhi: Sakuragi era seduto di fianco a lui, e fissava le chiavi con espressione assorta.

-Non ho mai pensato che potessero darti fastidio.

-Nh... Do'aho.- risposta standard. Cos'era, ritardato?

-Scusami.- aggiunse Sakuragi, poi si alzò e infilò la testa nel proprio armadietto.

 

Hanamichi si sentiva un imbecille. Per quasi un anno aveva odiato Rukawa, pensando che si beasse delle attenzioni che riceveva dalle fan, convinto che se ne portasse a letto una a settimana, e adesso finalmente realizzava che non era così. Si guardò nello specchio appeso allo sportello dell'armadietto e cercò di comprimere i muscoli facciali in un'espressione neutra, o quantomeno non così sconvolta come quella che si ritrovava addosso. Quando fu relativamente soddisfatto, si rimise i calzoncini e una maglietta a caso, riemerse e annunciò: -Vado a vedere com'è la situazione.- Rukawa non rispose, ancora assorto a guardare le chiavi. Hanamichi salì sugli spalti e imboccò l'uscita di sicurezza che portava anche al tetto. Si spostò sul davanti del tetto della palestra e guardò giù. Solo una ventina di ragazze restavano davanti alla palestra; un paio lo videro e scoppiarono a ridere, facendolo incazzare: ma si poteva sapere che cazzo c'era di divertente? Era una persona come tante altre, per la miseria!

Tornò giù e rientrò in palestra, chiudendo accuratamente la porta. Per fortuna, nessuna delle mentecatte aveva pensato di provare ad entrare da lì. In palestra, trovò Rukawa con la palla in mano. Gli si avvicinò per poter parlare a bassa voce.

-Un po' sono andate via, ne restano solo una ventina.- sussurrò.

-Vai pure, prima o poi se ne andranno anche loro...

-Naah, non c'è problema.

-Non voglio farti far tardi.

-Tanto faccio tardi comunque.- ribatté Hanamichi, senza sapere se la frase aveva un senso logico (e non lo aveva) o perché ci tenesse tanto a restare lì con Rukawa. Sapeva solo che si sarebbe sentito una merda a mollarlo lì in palestra da solo, in balia di quella manica di pervertite.

-One on one?- propose Rukawa.

 

Lo sguardo di Sakuragi gli fece perdere un paio di battiti. Per tutto il giorno Rukawa era riuscito a non farsi fissare con disprezzo, ma ecco che ora, alle sette di sera, aveva risvegliato la belva.

-No, grazie.- rispose Sakuragi.

-Non eri tu che l'estate scorsa rompevi i coglioni per fare uno one on one con me?

-Sì, e mi brucia ancora il culo, grazie tante. Ti ho aiutato tutto il giorno e mi ringrazi proponendoti di umiliarmi?- Rukawa avvertì una prepotente sensazione di trionfo: era quello! Era per quello che Sakuragi lo odiava! Maledetto do'aho, cosa credeva, di non essere migliorato in sette mesi? Che razza di cretino.

-Che fai, ti tiri indietro?- lo provocò.

-MAI!- sbraitò Sakuragi. Ma era davvero così facile pungerlo nell'orgoglio? Bastava sfidarlo e si lanciava a capofitto: Rukawa avrebbe potuto spingerlo a buttarsi dal balcone, o tra le proprie braccia... ma cosa cazzo andava a pensare?

-Ai venti.- stabilì, cominciando a palleggiare.

-Ti asfalto, Rukawa, parola di Tensai!

 

Hanamichi era convinto che le sue parole di sfida fossero vuote, ma aveva scoperto di non conoscersi abbastanza bene. La sfida era stata meravigliosamente equilibrata, e si era conclusa 21-19 per Rukawa solo perché quest'ultimo era riuscito ad azzeccare un tiro da tre punti.

-Te l'avevo detto.- disse con calma Rukawa, asciugandosi il sudore con la maglietta. Hanamichi non trovò le parole per rispondere. Era stato in vantaggio su Rukawa! Solo sette mesi prima aveva perso miseramente, senza riuscire a fare nemmeno un punto, e quella sera invece la sfida si era protratta per un'ora, un'ora splendida in cui Hanamichi non si era mai, e dico mai, sentito in difetto.

-Mi sono rotto.- disse di nuovo Rukawa, andando verso gli spogliatoi -Io vado a casa, non m'importa se le rincoglionite sono ancora là fuori.

-Ti accompagno.- annunciò Hanamichi, seguendolo. In silenzio si lavarono, e quel silenzio parve ad Hanamichi molto bello. Di solito odiava il silenzio, anche a casa parlava come una macchinetta con la madre, e quando era solo chiamava gli amici o ascoltava musica chiassosa, ma lì, con Rukawa, il silenzio non parlava di morte, di vuoti dove prima c'erano persone care, il silenzio non cresceva come un cancro, non rodeva lo stomaco, non strizzava il cuore. Per la prima volta, Hanamichi scopriva che il silenzio poteva essere una soffice coperta di lana in una fredda sera d'inverno.

 

Immobile davanti alla porta chiusa della palestra, Rukawa sentì venir meno la propria fermezza.

-Allora, andiamo?- sentì dire a Sakuragi, ma non lo vide muoversi, probabilmente consapevole che Rukawa non era ancora pronto. Cos'era quel lato così premuroso del chiassoso pagliaccio della squadra?

-Se sono ancora lì fuori?- chiese in un soffio. Sakuragi tacque, e Rukawa alzò lo sguardo a cercare il suo, per sentirsi rassicurato dalla forte personalità del compagno di squadra. Gli occhi color nocciola erano seri e preoccupati. Rukawa lo udì a malapena quando parlò in un fil di voce: -Forse ho un'idea. Usciamo, tu fai finta di niente e dammi corda.- insieme aprirono le porte e si ritrovarono di nuovo immersi negli ormoni galoppanti. Urla da babbuini in calore fendettero l'aria, e fu con grande difficoltà che Rukawa riuscì a trovare il buco della serratura per chiudere la porta della palestra, perché gli tremavano le mani; ma si sentiva protetto dalla grossa mole di Sakuragi, che gli si era portato alle spalle e ora sbraitava più forte delle pervertite. Rukawa si voltò e con un colpetto della mano segnalò a Sakuragi che era pronto; il numero dieci dello Shohoku si voltò, gli rivolse lo stesso sguardo deciso che riservava alle sue azioni più riuscite e gli prese la mano.

Rukawa impiegò un solo secondo a ricambiare la stretta: intrecciò le dita a quelle di Sakuragi e si lasciò trascinare via.

Il silenzio era calato tra le sue fan, e i due poterono allontanarsi in santa pace.

 

Non era più necessario tenerlo per mano.

La scuola, e le sue perverse frequentatrici, erano fuori vista ormai da un paio di isolati, ma Hanamichi era riluttante ad interrompere il contatto.

-Perché?- la domanda di Rukawa lo colse alla sprovvista.

-Perché cosa?- ribatté, pensando si riferisse alla mano. La mosse per sciogliere la stretta, ma quella di Rukawa la intrappolava ancora.

-Perché oggi hai deciso di aiutarmi?

-Perché me l'hai chiesto.

-Sì, ma... sono io.- Hanamichi tacque, alla ricerca delle parole. Come poteva spiegare che odiava vedere le persone in difficoltà? Come poteva spiegare che da anni cercava di espiare una colpa mortale per non aver potuto aiutare il proprio padre mentre stava morendo?

-Sono fatto così.- rispose, poi il suo cuore ruppe gli argini: -Vedi, due anni fa mio padre ha avuto un infarto. Non ho potuto aiutarlo perché mi sono ritrovato da solo contro un gruppo di bulli che mi ha impedito di raggiungere l'ospedale in tempo. Non sopporto che qualcuno debba essere solo in un momento di difficoltà. E comunque, non sei così insopportabile.- Rukawa rimase in silenzio; il solo segno che aveva sentito il discorso di Hanamichi fu un lieve aumento della stretta sulla sua mano. Proseguirono in silenzio, Rukawa che dirigeva i passi di Hanamichi verso casa propria.

 

Ma come diavolo faceva a ridere così tanto con un dolore così grande dentro di sé? Rukawa era sotto shock. Solo ora vedeva oltre la ridanciana facciata di Hanamichi Sakuragi, e ricordò una frase che aveva sentito tanto tempo prima alla tv: “le persone più tristi sono quelle che sorridono di più”. Sentiva la grande mano del compagno di squadra nella propria, le dita intrecciate in un nodo che non avrebbe mai voluto sciogliere, e fu con dispiacere che si fermò di fronte al cancelletto di casa propria. -Siamo arrivati.- annunciò, e di colpo seppe che se non l'avesse fatto in quel momento non avrebbe più trovato il coraggio. Lasciò andare la mano di Sakuragi, aprì la zip dello zaino ed estrasse un oggetto. Fissando il marciapiede, glielo porse con entrambe le mani.

 

Hanamichi restò immobile, il cuore che sembrava deciso a tentare un'evasione dalla gabbia toracica. Rukawa gli stava porgendo un piccolo peluche a forma di scimmia che reggeva una scatoletta di cioccolatini fondenti.

-Ma... ma cosa...?

-Buon San Valentino.- borbottò Rukawa, gli occhi fissi sul marciapiede. Hanamichi vide che le sue braccia tremavano un pochino e finalmente realizzò. Allungò due mani che non sembravano le proprie e prese la scimmietta. Era morbida. -Grazie...- mormorò, -E... scusa... non... non ho mai ricevuto nulla per San Valentino.- certo che Rukawa non gliela stava rendendo facile, con quel vizio di merda di starsene zitto! Cosa doveva fare, adesso? Una ragazza di solito la si bacia, ma mica poteva farlo con Rukawa! O sì?

 

Rukawa raccolse tutto il coraggio che aveva e alzò gli occhi in quelli di Sakuragi, mentre contemporaneamente abbassava le braccia.

In seguito non seppe mai dire se era successo davvero o se era tutta una sua pippa mentale, ma si ritrovò le labbra di Sakuragi sulle proprie, un bacio rude, inesperto, a bocca chiusa: quasi più una testata che un bacio, in effetti, ma tanto bastò a fargli rivalutare il giorno di San Valentino. Lo scontro di labbra si interruppe bruscamente com'era cominciato, e Rukawa aprì la porta di casa; da dentro veniva il rumore della televisione accesa e un odore di cibo che una volta tanto sembrava quasi commestibile. Forse era davvero il giorno dei miracoli.

Prima di entrare, fissò il compagno negli occhi e sussurrò: -Grazie di tutto... Hanamichi.

 

 

 

NDA: questa doveva essere una fanfiction in cui emergeva solo una bromance tra Hana e Ru, per la mia amica Illy che non li shippa se non così.

Scusa, Coffeepie, questi due non fanno che saltarsi addosso! (e ringrazia che la mamma di Ru era a casa e ha preparato la cena)

Anyway, ti voglio bene!

 
   
 
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