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Autore: daniverse    02/07/2018    0 recensioni
⤿ { fango!centric, modern au ❀ improbabile tentativo di comicità malriuscita }
Com’era stato possibile venir travolto da un passeggino allo sbando e uscire quasi indenne dalla folle corsa per le arterie newyorchesi di una neo mamma chiassosa e solare nello stesso pomeriggio? Sceso dall'auto, Fango si chiese se ciò che aveva vissuto non fosse altro che uno strano sogno.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fango, Rein
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Incontri ravvicinati del terzo tipo

Se c'era una cosa che Fango detestava più della capo-area e delle sue assistenti, quella era il baccano.
Non che le due cose si svincolassero l'una dall'altra – in fin dei conti la signorina Eliza disponeva della straordinaria capacità di gettare benzina sul fuoco con il suo perpetuo e martellante starnazzare, otto ore al giorno per cinque giorni a settimana, pausa pranzo inclusa – ma per sua sfortuna non si trattava altro che di una clausola del contratto; faceva parte del pacchetto e non se ne sarebbe liberato fino alla fine del semestre. Ci avrebbe fatto l'abitudine, l'aveva incoraggiato un suo collega tra un nugget e un sorso di birra; come tutti.
La seconda cosa che Fango detestava, direttamente proporzionale alla prima, era essere trascinato in eventi sociali per i quali lui non provasse alcun tipo di interesse. Speed dates, serate in discoteca per trentenni single, partite di football e scemenze varie: no, non avrebbe sprecato il fine settimana a ridicolizzarsi così. Il weekend era sacro dopotutto, e nessuno poteva biasimarlo per questo. La sua scusa migliore per scoraggiare qualsiasi compagnia sgradita era menzionare l'arrivo della bella stagione che, ormai alle porte, avrebbe presto riempito i parchi... di genitori e marmocchi urlanti, per non parlare del fracasso dei cani a passeggio. Quindi quale occasione migliore di un tristo pomeriggio di fine febbraio per andarsene a commissioni, evitando accuratamente qualsiasi contatto umano?
Fango si calò la sciarpa dal naso, sistemandosela attorno al collo, e fece il suo ingresso nel minimarket. La temperatura parve abbassarsi di un grado, complice la vicinanza del reparto frutta, ma non si stava poi così male. Lasciatosi il traffico newyorchese alle spalle, oltre le porte scorrevoli, Fango afferrò un cestino e iniziò il suo giro.
Nel corso del tempo aveva appurato che la domenica pomeriggio fosse il momento migliore per fare rifornimento senza correre il rischio di essere continuamente travolto da carrelli, matrone stizzite e madri frettolose o, peggio ancora, rimanere bloccato in coda alla cassa: la maggior parte delle coppiette sprecava il sabato mattina tra una corsia e l'altra e le famiglie preferivano passare una giornata insieme, anziché minacciare una crisi isterica davanti al reparto merendine.
Fango esaminò un cartone del latte, controllandone la scadenza prima di passare alla corsia successiva, e quando l'ebbe riposto nel cesto si preparò a svoltare in direzione dei biscotti. I suoi cereali preferiti se ne stavano proprio sullo scaffale di sinistra, gli sarebbe bastato allungarsi un attimo per―
«Cazzo!»
L'avesse mai fatto.
La ruota di un passeggino, sbucato da chissà dove, aveva pensato bene di fare del suo piede farina per gallette. Di riflesso Fango mollò la presa sul cestino, come scottato, e nello stesso istante una voce acuta dall'altra parte della corsia lanciò un grido di sorpresa, prima che la proprietaria del trabiccolo ritraesse la carrozzina con un colpo secco.
Una bimba iniziò a singhiozzare poco distante, innervosita dalla collisione della sua spesa contro il pavimento, e Fango sbuffò spazientito, alzando lo sguardo verso il responsabile di quel disastro. O, meglio, la responsabile.
Una chioma tinta d’azzurro invase la visuale di Fango, agitata tanto quanto lo sguardo della donna che, ora, lo fissava mortificata. Il suo primo pensiero fu che non l’aveva mai vista da quelle parti, ma New York era grande e non teneva conto dei suoi abitanti; il secondo fu che la bambina piagnucolante era quella che reggeva la sconosciuta tra le braccia mentre il terzo, ben più spiacevole dei precedenti, fu constatare che la confezione di zucchero s’era aperta e svuotata per metà nell’impatto contro il suolo. Fango mormorò un improperio, chinandosi a raccattare le sue cose. A sua volta, la donna iniziò ad armeggiare freneticamente con il passeggino.
«Scusi, scusi, scusi! Mi perdoni, mi sono distratta...»
Fango non l’ascoltava, troppo occupato a risistemare quella confusione per notare la sconosciuta inginocchiarsi accanto a lui. Riemerse dai suoi pensieri solo quando la mano di lei sovrastò la sua, già poggiata su una confezione di mozzarelle. Al che la donna rispose sorridendo allo sguardo indispettito di Fango, che si scostò bruscamente da lei.
«Mi scusi» ripeté la fiordaliso in un pigolio abbacchiato.
«Lo so, era distratta» ribatté Fango, alzandosi e riafferrando il proprio cestino senza degnarla di uno sguardo. «L’ha già detto.»
Lei ridacchiò della propria goffaggine, seguendolo a ruota e accostandosi al passeggino. Colta l’amara comicità della situazione, anche la marmocchia sembrava essersi calmata. Con un ulteriore sorriso di scuse la giovane si disse dispiaciuta dell’accaduto, Fango annuì per l’ennesima volta e finalmente ognuno poté riprendere la propria strada.
Quando ogni articolo della lista fu accuratamente barrato, Fango si diresse alle casse. Lì iniziò a depositarli con gesti automatici, consolidati, osservando distrattamente il cartone del latte ammaccato che gli era capitato tra le mani. Della fiordaliso non c’era traccia, probabilmente se n’era già andata. Fango estrasse il portafogli.
Meglio così.

Riemerso dal minimarket con le mani piene di sacchetti, un po’ si maledì per non essere stato più conciliante con la ragazza. Ora, con l’aria fredda a cozzargli contro il viso, l’irritazione era man mano sfumata in un blando senso d’imbarazzo. Infossò il collo nel tessuto caldo della sciarpa, rafforzando la presa sulla spesa, e decise di non pensarci più.
Stava avviandosi verso casa – non c’era veramente fretta, i freddi si sarebbero conservati comunque – quando un sonoro trillo di clacson lo fece sobbalzare. Poco ci mancò che un sacchetto gli sfuggisse di mano. Ancora.
Fango si voltò, perché chi non spererebbe di riconoscere un viso amico in un saluto frettoloso?, scostandosi sul lato interno del marciapiede per evitare che un’utilitaria bianca lo travolgesse per la seconda volta quella giornata.
Prima che potesse imprecare contro quel parcheggiatore abusivo e allontanarsi il prima possibile da chi, probabilmente, stava attentando alla sua vita, il finestrino dal lato del passeggero si abbassò e un visino contornato da lunghi capelli azzurri vi fece capolino.
Doveva essere il karma, o il destino, o chissà quale altra diavoleria. Questa volta Fango non poté evitare di tenere le proprie considerazioni per sé. Dunque «Ancora lei!», esclamò incredulo. E tanti saluti all’essere conciliante.
La donna ridacchiò, aprendogli la portiera con una spinta della mano. «Mi sembrava in difficoltà con tutti quei sacchetti» ammise vivacemente. «Accetti un passaggio! Per farmi perdonare.»
Un altro clacson emerse dall’arteria stradale, infastidito da quella macchina riversa per metà sul marciapiede. Fango nicchiò. In quel momento avrebbe volentieri gradito che una crepa nel terreno l’inghiottisse e non lo rigurgitasse più, ma a quanto pare quella era un’opzione da scartare. A quel punto, gliene rimaneva soltanto una.
«E va bene!» sbottò. Con gesti rapidi e decisi raccolse in un colpo solo tutti i sacchetti in grembo, infilandosi nell’utilitaria. A portiera chiusa, Fango riconobbe con rammarico di aver vissuto momenti migliori.
La donna tolse il piede dal freno, pompando sull’acceleratore. «Si parte!» e sgommò, reimmettendosi senza troppe cerimonie nella circolazione. La bimba alle sue spalle rise mostrando una bocchina sdentata e un sorriso luminoso che doveva sicuramente aver ereditato dalla madre, mentre Fango si aggrappò alla maniglia sopra la sua testa fino a farsi diventare le nocche bianche. Una borsa gli si afflosciò sul ginocchio, ma la ignorò. Un pomodoro gli accarezzò la scarpa. Doveva darsi delle priorità, si disse. E rischiare di volare fuori dal parabrezza per recuperare uno stupido ortaggio non rientrava sicuramente tra quelle.
«Io sono Rein, comunque» si presentò la fiordaliso senza distogliere lo sguardo dalla carreggiata, «Direi che ormai possiamo saltare i convenevoli, eh?»
«Fango» si limitò a rispondere lui, adocchiando per caso la fede sull'anulare sinistro di lei, «Sì». Dunque era sposata.
«E in che via abiti?»
«Eh?»
Una risatina le sfuggì dalle labbra nel controllare la bambina attraverso lo specchietto retrovisore, prima di riproporre la domanda. «Dove abiti? Sai, uhm, non possiamo girare in eterno.»
Quella constatazione sembrò farlo rinsavire, tanto che Fango distolse repentinamente lo sguardo dalle mani candide di Rein per concentrarsi sulla strada. «A-a giusto un isolato da qui. Alla prossima gira a destra» balbettò come uno scolaretto impettito.
Lei annuì senza notare il suo imbarazzo, o evitando con cura di menzionare l'argomento. «Okay!»
Il silenzio, scandito solo dalle altre auto intorno a loro, attraversò l'abitacolo e lì si mise a stagnare, interrotto solo dai borbotti della piccola assicurata al sedile posteriore. Rein fece arrestare l'auto al semaforo rosso, abbassando appena il finestrino e volgendosi sorridente nella sua direzione con le mani ancora strette al volante.
«Allora», iniziò, «vivi a New York da molto?»
Fango fissava la strada, ma all'ultimo momento decise di riservarle un'occhiata di cortesia. «Ci sono nato.»
«Immagino sarai abituato a tutta questa confusione, allora» rifletté lei, dando gas al primo baluginio della luce verde, «Io e mio marito ci siamo trasferiti da poco per via del suo lavoro, non è male.»
«Suppongo di no» asserì Fango, intendendo il completo opposto di quanto aveva appena affermato. «Ora prosegui lungo la via e alla precedenza svolta a sinistra. Casa mia è la prima della strada.»
«Oh!» esclamò lei nel riconoscere la zona, «Ma allora abitiamo nello stesso quartiere!»
A incorniciare la sorpresa della madre venne il battimano della bimba alle loro spalle che, entusiasta quanto lei, pareva farsi beffa del crescente imbarazzo di Fango. Per distrarsi decise di recuperare il pomodoro sfuggito dal sacchetto un paio di isolati prima, ma nel chinarsi finì con lo sbattere appena la testa contro il cruscotto. Rein aveva gentilmente inchiodato.
«Eccoci qua» cantilenò tranquilla, sorridendogli radiosa. Poi, pian piano, le sue labbra si stirarono in una piega seria. «E scusa ancora per prima, non ti ho proprio visto.»
«Non importa» la liquidò frettolosamente Fango, recuperando le borse e aprendo a fatica la portiera. «Non è successo niente. G-grazie per avermi accompagnato.»
Il sorriso di lei lo abbagliava, e il suono della sua voce acuta gli appariva ora nient'altro che cristallino. Com’era stato possibile venir travolto da un passeggino allo sbando e uscire quasi indenne dalla folle corsa per le arterie newyorchesi di una neo mamma chiassosa e solare nello stesso pomeriggio? Sceso dall’auto, Fango si chiese se ciò che aveva vissuto non fosse altro che uno strano sogno.
Quando Rein ripartì per raggiungere la sua abitazione, dall'altra parte della strada, lo sguardo sorpreso di suo fratello Fingo lo convinse di non star dormendo. Il sorrisino sornione che ne seguì, poi, estirpò definitivamente qualsiasi suo dubbio.
Fango entrò in casa come un tornado, lanciando un chiaro avvertimento al suo caro consanguineo che, appoggiato allo stipite della porta, ancora lo osservava. Fu abbastanza chiaro.
Non. Una. Parola.

Angolo dei Ciclamini.
Già, chi l'avrebbe mai detto che anziché aggiornare la mia long (lol) mi sarei buttata a capofitto in una oneshot con protagonista *rullo di tamburi* nientepopodimeno che Fango? Nemmeno io, ve l'assicuro, ma tornando a casa dal lavoro oggi l'ispirazione mi ha folgorata... complici le mie acrobazie con il carrello quando vado a fare la spesa, che sono sempre uno spasso da guardare e una vergogna da mettere in scena. Ah, imparerò mai? (Fun fact: una volta stavo per volare giù per un garage sotterraneo trainata del peso del carrello strapieno e, beh, non è stata un'esperienza esattamente piacevole.)
In ogni caso questo siparietto è stato il trampolino di lancio per inaugurare una serie di opere tutte unite dal filo rosso del
modern au su questo fandom, della quale questa storia è la principale fautrice. Dunque aspettatevi di tutto e di più da questo mio nuovo progetto, sia farina dal sacco della prima che della seconda serie... sebbene quest'ultima sia il più OOC degli universi alternativi. Sì, mi sento ancora molto bitter al riguardo.
Detto ciò, alla prossima e buona serata!

daniverse

   
 
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