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Autore: Final_Destiny98    03/07/2018    1 recensioni
Luffy è un capitano formidabile, forte, pieno di vizi e virtù. Sorridente e impulsivo, carismatico e divertente, ma soprattutto sempre pronto a difendere i suoi compagni. Ma proprio da loro, da ciascuno di loro egli ha ricevuto qualcosa di unico, perché i compagni cercano sempre di aiutare il loro comandante quanto lui cerca di proteggerli.
Brevi storie dal punto di vista dei Mugiwara, così da poter dire cosa il capitano ha da loro ricevuto per poter affrontare più tranquillamente il proprio viaggio, ma anche per poter rendere noto cosa il capitano ha donato loro per poterli far sentire a casa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Sanji
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il vento soffiava dolcemente in quella tranquilla giornata soleggiata. La bandiera su cui era disegnato un teschio con indosso un cappello di paglia svolazzava lentamente. La osservava mentre era seduto sull’erba della Sunny, intento a riposarsi nonostante non avesse fatto granchè durante il pomeriggio. Oh, ma lui non aveva gli occhi, era uno scheletro.
Era una giornata stranamente tranquilla anche sulla nave stessa, non sapeva il motivo: solitamente il Capitano scorrazzava in lungo e in largo sul ponte della nave, talvolta chiedendo a Sanji di cucinare qualcosa, altre volte giocando con Usopp e Chopper, a volte chiedendo a lui stesso di suonare qualcosa per migliorare l’atmosfera. E lui non si tirava mai indietro di fronte ad una richiesta come quella: così iniziava a suonare improvvisando, oppure brani che conosceva, allegri o tristi che fossero, dal ritmo veloce o lento, al Capitano non importava. Ciò che contava era che suonasse, e Brook amava la libertà che in quel campo gli era concessa.
Spostò lo sguardo dalla bandiera alla stanza poco distante da questa, la palestra, in cui Zoro sicuramente si stava allenando. Aveva provato diverse volte ad unirsi a lui, credendo che se avesse seguito il suo esempio sarebbe potuto diventare più forte e essere utile alla ciurma il più possibile. Dopo i primi disastrosi fallimenti, era semplicemente giunto alla conclusione che lui e il “Marimo”, come lo chiamava Sanji, non avevano lo stesso stile di combattimento, per cui aveva abbandonato l’idea. Non gli serviva sollevare enormi pesi per contribuire all’obiettivo che implicitamente si erano imposti. Sentiva un buon profumo provenire dalla cucina, segno che il loro amato cuoco stava di nuovo preparando qualcosa, molto probabilmente solo per le ragazze, ma che alla fine sarebbe diventato per tutti loro vista l’irruenza di Luffy.
Era l’ultimo membro ad essere entrato nella ciurma, anche se non molto dopo rispetto a Franky. Conosceva però l’ordine degli altri, per cui sapeva bene che si era perso molte delle avventure che avevano vissuto, forse le più importanti visto che erano le iniziali. C’era stato un periodo, all’inizio del viaggio con la sua seconda ciurma, la sua seconda casa, in cui aveva pensato che sarebbe stato di troppo a loro, dopo aver visto il modo in cui combattevano tutti insieme. Aveva pensato, dopo anni e anni passati in solitudine, che mai sarebbe riuscito ad integrarsi nuovamente.
Aveva avuto paura.
Aveva provato ad allenarsi con Zoro, ma non ci era riuscito; aveva provato ad aiutare Usopp a creare le sue armi, Franky con le sue invenzioni, Chopper con le sue medicine e Sanji in cucina, ma non aveva portato a nulla. Non era in grado di leggere in silenzio come amava Robin, né di aiutare Nami con la navigazione –o almeno non più degli altri, ma solitamente la rossa se la cavava da sola. Luffy semplicemente era Luffy, sempre impegnato.
Brook, semplicemente, aveva avuto paura.
La situazione era cambiata senza che se ne accorgesse o facesse nulla di diverso da solito. Si era comportato come più credeva giusto, come sentiva di doversi comportare, e tutto aveva iniziato a prendere una piega diversa. La prima persona che finalmente gli era sembrato che gli mostrasse gratitudine era stato il cuoco, Sanji. I due erano soliti svegliarsi presto al mattino, l’uno per cucinare in tranquillità –era infatti l’unico momento della giornata in cui potesse concedersi quel piacere- e l’altro perché, semplicemente, non era il tipo di persona abituata a dormire troppo. Si trovavano in cucina. Questa era graziosamente arredata: il grande tavolo centrale con dieci posti attorno era separato dalla cucina grazie ad una penisola collegata a questa; il luogo preferito da Sanji era pulito in maniera quasi maniacale, ordinato allo stesso modo e soprattutto praticamente di sua proprietà. Per tutto il tempo in cui aveva viaggiato sulla Sunny non aveva mai visto qualcuno avvicinarsi alla cucina per usare i fornelli –tutti lo facevano solamente per prendere qualcosa dagli scaffali o dal frigorifero. Il suo compagno gli aveva gentilmente offerto una tazza di tè, lasciandogli tutto l’occorrente per servirsi ancora, ma pressoché in silenzio.
L’aria non era tesa, ma di certo non poteva dire che fosse a suo agio. Non pensava che Sanji avesse qualcosa contro di lui, non dopo il comportamento che aveva tenuto durante la festa dopo la sconfitta di Moria –era stato una delle persone che l’aveva lanciato per aria accogliendolo a braccia aperte, era stato al suo fianco mentre suonava-, no, era fermamente convinto che il silenzio fosse causato dal fatto che fosse nuovo. Avevano combattuto fianco a fianco contro il ladro di ombre, certo, ma non bastava perché si conoscessero. C’erano tante cose che non sapevano l’uno dell’altro, tante storie ancora da raccontare, tanti interessi in comune ancora da scoprire. A quei tempi ancora non conosceva la storia del vecchio Jeff, né dunque del legame che lo legava al cuoco, ancora non sapeva il perché di molti dei suoi comportamenti –come la sua riluttanza nel vedere avanzi.
Aveva iniziato a suonare. Un brano tranquillo che di solito faceva da sottofondo alle pigre mattine che viveva la sua vecchia ciurma e aveva sperato che anche in quella situazione  potesse essere d’aiuto. La melodia accompagnava i movimenti precisi di Sanji e il sorgere dell’alba, si univa al rumore del mare e persino il rumore del cibo in padella non stonava in quel momento.
«Ti ringrazio» gli aveva detto Sanji non appena aveva sentito che gli altri a bordo della nave si stavano svegliando. Aveva sorriso, e Brook aveva ricambiato non dicendo nulla.
In diverse occasioni simili a questa aveva conquistato il cuore dei suoi compagni. E poi erano iniziate le notti passate a chiacchierare, col passare del tempo aveva appreso il passato di ogni membro della ciurma, era diventato un Mugiwara a tutti gli effetti e ora non aveva alcun tipo di problema o imbarazzo. Erano la sua famiglia, la sua casa, tutto ciò che aveva oltre alla promessa che lo legava a Lavoon e al suo afro. Brook era felice, di una felicità che poche volte si trasformava in altro, ma che persisteva nonostante i pericoli e le incertezze del viaggio.
Uno dei ricordi più belli che aveva del viaggio, però, era proprio dei primi giorni passati sulla nave. Il Capitano non era solito alzarsi presto, insieme a Usopp era l’ultimo a fare colazione. Per cui era stato strano per lo scheletro uscire dalla cabina e trovarlo sulla polena della nave intento a guardare qualcosa tra le sue mani. Ci aveva impiegato del tempo per decidere se avvicinarsi o meno: era forse meglio lasciarlo solo? Sanji doveva sicuramente essere sveglio, perché non era al suo fianco?
Eppure lo fece comunque: si avvicino a Luffy, perché lui stesso era rimasto solo per cinquant’anni e non era possibile che lasciasse in quella condizione la persona che gli aveva dato la possibilità di vivere ancora e che aveva reso tangibile il mantenimento della sua promessa.
«Luffy-san» aveva detto.«Posso farti compagnia?»
Aveva scoperto che il Capitano stava osservando la Vivrecard del fratello con aria preoccupata. Non aveva mai visto Ace, nonostante fosse molto famoso a quanto gli altri dicevano, perché le ultime notizie che aveva letto risalivano a anni prima, quando aveva tentato di recuperare da solo la propria ombra. Prima che salpassero, Luffy aveva detto di non essere preoccupato, perché suo fratello era forte e se la sarebbe cavata. Eppure a vederlo in quel momento, Brook pensò solamente a Luffy come ad un grande attore.
Il brano che iniziò a suonare era totalmente improvvisato. Oramai portava con sé il suo violino quando andava a fare colazione, perché Sanji gradiva la sua musica e lo aiutava a rilassarsi in ogni occasione. Da un tono grave e pesante, la melodia si faceva via via più magica, leggera; vide il ragazzo chiudere gli occhi, respirare profondamente. Ormai il brano aveva assunto un tono allegro, allo stesso tempo Luffy aveva sorriso e si era alzato in piedi.
Brook lo guardò. Nei suoi occhi vedeva la stessa luce che aveva avuto durante la festa sull’isola infestata, quando avevano cantato “Il Sakè di Binks” e avevano ballato tutti insieme. Si commosse, quasi, -anche se non aveva idea di come fosse possibile, visto che lui gli occhi non li aveva- perché con quel semplice sguardo lo stava ringraziando di avergli restituito la speranza.
Fu un attimo. Andò a reclamare la propria colazione, Brook rimase sulla polena. Il sole stava sorgendo.
Finalmente si era sentito a casa.



***Angolino autrice
Dopo secoli sono tornata, ci vuole taaanto tempo prima di riprendere il ritmo dopo la fine della scuola. Ora vorrei scrivere notte e giorno, ho mille progetti in progamma e nessuno ancora concluso, ma ce la farò e pian piano li porterò tutti qui. 
Breve OS introspettiva, perchè sento sempre il bisogno di scavare nell'animo dei personaggi e cercare di immedesimarmi in tutti. Forse qualcuno dovrebbe fermarmi.
Grazie a chiunque abbia letto fino a questo punto,
Final
   
 
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