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Autore: Uptrand    04/07/2018    15 recensioni
Siamo nell'universo di Mass Effect, ma i personaggi protagonisti di questa vicenda sono una mia invenzione.
Non sono presenti nel videogioco.
Una storia incentrata sulla piccola Alexandra W. Shepard, la figlia di Steve e Ilary.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'atmosfera era quanto mai cupa e pesante nella villa dove abitavano Steve W. Shepard e Ilary Monreau. Era così da tre giorni. 
I commenti sottovoce dei genitori dei due coniugi erano una presenza continua. Erano lì da altrettanto tempo, subito avvertiti di quanto accaduto erano accorsi senza esitazione. 
John Shepard stava parlando con il suo vecchio amico e ora consuocero Jeff Joker Monreau. L'anziana pilota non riusciva più a stare in piedi, a causa della sua malattia alle ossa. 
Soffriva della sindrome di Vrolik, questa l'aveva costretto per tutta la vita a muoversi con enormi difficoltà e con la schiena curva. 
Però al comando di una nave non aveva eguali. Sua figlia Ilary aveva eredito il suo talento, come il padre era stato il pilota della Normandy SR2 lei lo era stato della SR3. 
Ma il desidero di sposarsi e di avere una famiglia, le aveva fatto scegliere per un carriera da istruttore di volo su Bekestein. 
Il marito era invece il figlio minore del grande eroe della galassia, dei primi due s.p.e.t.t.r.i. umani. Asociale, scontroso e insicuro non aveva ai capito come, a quei tempi, una ragazza come Ilary e donna ora potesse innamorarsi di lui. Non era nemmeno sicuro di averlo capito adesso. 
Lei aveva tutto quello che un uomo avrebbe potuto chiedere: gentile, ragionevole, coraggiosa da guidare una nave nel mezzo della battaglia e ottenere una medaglia al fine della guerra, amorevole e quando serviva così sboccata da zittire qualunque uomo.
Per quanti secoli potessero passare, le donne nell'esercito sarebbero sempre state oggetto di battute sessiste. Sopratutto quando erano anche di bell'aspetto.  
Ilary non aveva mai avuto bisogno di nessuno che la difendesse, eventuali battute sul suo seno abbondante sapeva come rispedirle al mittente. 
Steve chiuse gli occhi, abbassò la testa, lasciandosi sfuggire un sospiro. Avrebbero voluto zittire quel chiacchiericcio di sottofondo. 
In quel momento, tutto quello di cui sentiva il bisogno era una completa solitudine accompagnata da un silenzio assoluto. 
Sapevano che erano lì per loro, di questo li ringraziava ma la brutta situazione e il suo pessimo carattere facevano si che tollerasse appena tutte quelle persone riunite. 
Forse era un bene che alla fine non fosse riuscito a contattare sua sorella, attualmente da qualche parte a svolgere un delicato incarico segreto, perché altrimenti avrebbe anche dovuto sopportare le sue attenzioni per quanto giustificate. Queste riuscivano solo a farlo irritare di più. 
Ilary, circondata da sua madre Ida e dalla suocera Ashley, alzò appena lo sguardo verso il marito. 
La distruggeva vederlo così, lui per lei era sempre stato “la sua pista d'atterraggio. “
Le aveva sempre dato una sensazione di sicurezza. 
Se per molti la routine era un fastidio, lui l'amava. Avventura per Steve aveva il significato di guai. Essendo un soldato questo si traduceva in tizi che cercavano di ucciderlo mentre lui cercava di fare lo stesso con loro. 
Il suo sogno era sempre stato quello di trovarsi un posto tranquillo come istruttore, vivere con lei e lasciare che ci pensasse sua sorella Olivia a rivolvere i problemi della galassia. 
Lei, d'altronde, era già stata riconosciuta dall'opinione pubblica della galassia come nuova eroina e degna erede di John Shepard. Steve nemmeno era invidioso della popolarità della sorella. 
Invece il destino gli aveva giocato un piccolo scherzo, per il suo totale disinteresse verso la carriera, la politica e il potere era stato messo al comando del I reggimento I.D.G. 
Un corpo militare speciale, al di fuori delle normali catene di comando e autorizzato ad essere il solo a usare un equipaggiamento militare così pericoloso da essere dichiarato illegale. 
Queste truppe terrestri avevano il solo e unico compito di risolvere eventuali problemi in modo netto e drastico. 
Un lavoro duro che non aveva mai messo a disagio Steve. Per turbarlo serviva qualcosa di molto più personale che un colpo d'arma sparato da un tizio sconosciuto contro di lui. 
Da un paio d'anni avevano una figlia, Alexandra W. Shepard. Una bambina dai capelli rosso fuoco come tutte le donne Shepard e occhi blu scuro presi dalla madre. 
Tre giorni fa gli era stata tolta, durante una normale visita pediatrica a cui l'aveva portata il padre. 
Lui non faceva altro che ripensare a quello che gli era stato detto, a un susseguirsi di eventi che gli sembrava assurdo. 
La prima stranezza fu una visita solitamente lunga, mezz'ora dopo il medico lo stava informando che segni di violenza sulla bambina l'avevano costretto ad avvisare la sicurezza. 
Steve non ricordava bene cosa aveva fatto quel punto, pensò di aver assunto un'espressione idiota perché ricordava il medico che lo chiamava e lui rimaneva fermo e immobile. 
Incapace di proferire parola.
Dopo venne scortato e fatto allontanare da un agente della sicurezza dell'ospedale. Il medico aveva preferito non dare una tale notizia da solo, non che avrebbe fatto molta differenza contro un soldato di professione. 
Lui però in quel momento riusci a evitare di dare di matto, fece l'unica cosa che gli sembrò sensata. Chiamò Ilary. 
Lei arrivò poco prima degli agenti, spiegarono ai genitori le accuse rivolte, il bisogno di fare accertamenti e che non avrebbero potuto vedere la loro bambina fino a quando la situazione non fosse stata chiarita. 
A quelle parole fu la moglie a dare di matto, le stavano togliendo sua figlia. Aggredì gli agenti e i dottori, sapeva difendersi e in gioventù era stata campionessa di lotta del suo corso piloti. 
Steve la strinse con un braccio alla vita, tenendola stretta a se e prendendosi un pugno in faccia. 
Com'era nel suo carattere lui non si lamentò o disse qualcosa. In fondo lo sapeva, quegli agenti e i dottori non erano il nemico. Era furioso ma arrabbiarsi con loro che facevano solo il proprio lavoro non sarebbe servito. 
Ilary si rese conto di averlo colpito e il senso di colpa la fece calmare. Si strinse a lui mormorando « La nostra Alexandra...» 
« Cosa ne sarà di nostra figlia? » chiese lui. 
« Lei...starà qui, nel reparto pediatrico. » spiegò il medico.
Steve annuì e si allontanò, stringendo forte a se la moglie che tremava come una foglia. Anche lui avrebbe voluto farlo, lagnarsi e lamentarsi come al solito. Come faceva ogni volta che si trattava di qualcosa di trascurabile.
Questa volta però si trattava di sua figlia, non aveva tempo da perdere in atteggiateti inutili. 
Tutto quello che fecero dopo fu chiamare i parenti e rivolgersi all'ufficio legale dell'esercito per avere supporto. 
Da quel momento erano passati tre giorni, per quello che ne sapevano niente si era mosso nel frattempo. 

L'auto si fermò davanti a villa Shepard, ne scesero un uomo di colore sulla trentina con una pistola che portava alla fondina e una donna asiatica con in braccio una bambina. 
L'uomo suonò il campanello, udì rumori di passi e la porta venne aperta.
« Ilary! » gridò Steve. 
Corse a vedere. Non gli importava cosa stesse succedendo ma solo che sua figlia era davanti a lei, tenuta in braccio da quella sconosciuta che gliela stava porgendo.
La strinse a se in maniera quasi brutale, seppur teneramente. Mettendo in quell'abbraccio tutto l'amore che possedeva. 
Non sapeva ancora cosa stesse accadendo, ma dal suo atteggiamento era chiaro che adesso che Alexandra era con lei nessuna forza esistente gliela avrebbe mai più strappata senza combattere.
L'uomo di colore tossì per richiamare la loro attenzione « Sono Corin Fella, tenente della polizia di Bekestein. Le indagini sono giunte a conclusione, al riguardo avrei bisogno di parlavi urgentemente. »
Steve non disse niente, scostandosi e facendogli segno di entrare. 
Alexandra venne presa in custodia dalle nonne, mentre chi rimaneva si apprestava a sentire il poliziotto. 
« Innanzitutto voi coniugi Shepard siete stati riconosciuti innocenti ed estranei ai fatti. » 
In sala si udì un profondo sospiro di liberazione da parte di tutti. 
« Ho però bisogno di chiedervi di Carry Storrs. »
« Chi? » chiese sorpreso Steve. 
Ilary gli sbuffò nervosamente contro « Tesoro! E' la maestra dell'asilo di tua figlia! »
« Ah! Lei! » disse sapendo di aver fatto una figura da fesso, non era mai stato bravo ad abbinare nomi e visi di quelle persone che incontrava solo poche volte e per non più di qualche minuto. Stava cercando di ricordarne l'aspetto: altezza nella media, occhi e capelli castani, gli era sempre sembrata una persona iperattiva. Si ricordò che parlando con sua moglie, l'aveva paragonata a un topo strafatto di caffeina tanto gli pareva scattante. 
Lui si sentiva stressato solo a vederla per quei pochi minuti. Soddisfatto di aver finalmente capito di chi si parlava e aver abbinato un volto a quel nome chiese « Che centra? »
« La signora Storrs è attualmente in fuga e ricercata. È lei la persona che picchiava vostra figlia. »
Quelle parole ebbero il potere di congelare i due genitori, troppo stupiti per reagire in qualsiasi modo. 
Steve riuscì solo a borbottare un « Co-co-cosa? » Non balbettava da anni, ma il senso di panico che l'aveva invaso aveva fatto riemergere quel difetto. 
« La sua identità era falsa, il vero nome era Bria Vidal. Ha già diverse accuse per maltrattamenti sui minori e perfino una di omicidio. Sembra che soffra di un disturbo mentale che le fa odiare e picchiare i bambini. Per questo si finge una maestra d'asilo, per poter attuare i sui desideri. Sfortunatamente, dopo un primo contatto avuto con lei è scappata senza perdere tempo.  »
« Abbiamo dato nostra figlia a una psicopatica! » mormorò Ilary, ringraziò di essere seduta perché era sicura che sarebbe caduta in terra per la sorpresa. 
L'agente fece le sue domande, ma sfortunatamente e come si aspettava i due coniugi non sapevano niente della falsa maestra.
« Io qui ho finito. » disse voltandosi verso la donna rimasta in silenzio fino adesso. 
« Signori Shepard, io lavoro per l'ospedale e sono un'infermiera. Mi è stato chiesto di accompagnare l'agente con Alexandra da voi, ma anche di dirvi di chiamare l'ospedale al più presto. Vi sono risultati di alcuni esami sulla bambina di cui voi dovreste essere informati. »
« Che diavolo significa? » esclamò Steve, la voce gli tremava.
« Sono solo un'infermiera, per qualsiasi altra informazione dovrà sentire i medici. » 

Un'ora dopo la coppia era in ospedale a parlare con il primario di pediatria. 
« Mia figlia soffre della sindrome di Vrolik? » rispose allibita Ilary, mentre un iniziale senso di colpa stava iniziando a divorarle l'anima. 
Suo padre ne soffriva ma lei no, avevano fatto dei test e anche la Alexandra era stata esaminata ancora prima che nascesse. Il risultato era sempre stato negativo. 
« Non è esatto dire che si tratti della sindrome in questione, i sintomi sono molto attenuati e considerando l'età precoce della bambina siamo in tempo per intervenire con terapie adeguate. » 
Tuttavia la coppia era ben informata sulla malattia e fu Steve a domandare un dettaglio importante « Si può curare? » 
Il medico sospirò profondamente « Una cura purtroppo non esiste, ci sono farmaci che bloccano lo sviluppo della malattia ma un rimedio assoluto non esiste. Mi dispiace. » 
Alla notizia Steve rimase impassibile, l'aveva sempre saputo e anche se cercava di non darlo a vedere era sconvolto dagli ultimi eventi. « Come avete fatto a capirlo? Fin'ora avete sempre sbagliato. » 
« La criminale che aveva picchiato vostra figlia possedeva una certa “tecnica”, sapeva come evitare di lasciar lividi. Su vostra figlia sono apparsi in virtù della sua maggior “fragilità “. Leggendo del passato clinico della famiglia di sua moglie abbiamo fatto dei test mirati. » 
« Forse non dovrei chiederlo viste le indagini in corso, ma gli altri bambini come stanno? » 
« Li stiamo esaminando, non che manchino le prove per mettere in prigione questa psicopatica. »
« Non capisco! » - esclamò a un tratto Ilary, la sua voce risuonò acuta e con un cenno di isterismo. - « Io non ho la sindrome di Vrolik, come ho fatto a passarla a mia figlia? » 
« Lei non ne è affetta, ma ne possiede i geni. Sua figlia li ha ereditati da lei, nel suo caso questo difetto genetico si è manifestato. Ma la prego di tranquillizzarsi, ripeto, si tratta di una forma lieve e si può intervenire. »
Steve non riuscì a non pensare che sua figlia avrebbe dovuto prendere medicine per tutta la vita.
« Vi sarebbe anche un'altra possibilità. » dichiarò il medico. 
I due genitori si fecero attenti. 
Ritornarono a casa, nell'animo un contrasto di emozioni. Sollevati di avere Alexandra con loro, preoccupati per il futuro della bambina e odiando la presunta signora Storrs.
Troppo sconvolti, presero entrambi tre giorni di riposo per riflettere. 
Il resto dei parenti non fu meno sconvolto dalle ultime notizie, Jeff si addossava la colpa di tutto. John avrebbe voluto riprendere in mano un'arma e mettersi a seguire la falsa maestra.
Ida e Ashley si occuparono della casa lasciando, liberando i loro figli dai compiti giornalieri. 
Gli uomini ascoltarono Steve che raccontò anche di una possibilità di cura per la sindrome che aveva colpito la bambina, ma era estremamente costosa. 
Un terapia genetica mirata specifica per una persona. Si trattava si creare una cura che avrebbe funzionato su un singolo individuo per quella determinata patologia. In pratica, si trattava di pagare un laboratorio privato che creasse una cura. 
Ovviamente il costo di una simile procedura era mastodontico, non vi era nessuna garanzia e poteva durare a tempo indeterminato. Vi era la possibilità di pagare un laboratorio per anni senza nessun risultato. 
In ogni caso non vi era modo che loro potessero permetterselo. Erano benestanti, genitori e amici li avrebbero aiutati ma anche in questo modo avrebbero, forse, potuto pagare un quarto della cifra richiesta. 
Steve guardava le notizie su extranet sconfortato. Se avessero dato alla loro bambina le cure odierne, avrebbero potuto pagarle senza problemi e affrontare qualsiasi sfida economica il futuro gli potesse presentare come quella di una scuola privata. 
Tentando la terapia genetica forse non avrebbero neanche avuto di che mettere il pane in tavola. 
Chiuse lo schermo furioso, deciso ad andar a dormire. 
“Nessuna decisione avventata” mormorò tra se e ripensando alla falsa maestra “ Maledetta stronza, vorrei che ti trovasse Isabella. Forse, dopotutto, glielo dovrei chiedere questo piacere. “ pensò rigirandosi e addormentandosi al pensiero di cosa avrebbe potuto fare quel phantom psicopatico a quella donna. 

Il giorno seguente i genitori di entrambi partirono, non essendoci altro che potessero fare e intuendo che almeno per il momento la coppia sentiva il bisogno di stare sola.
Ilary cullava in braccio la bambina facendo più attenzione che mai. Adesso che sapeva della sua nuova condizione, non riusciva a non preoccuparsi ogni volta che la stringeva. 
Steve le si parò davanti con aria seria « Pensavo... »
« Non promette niente di buono. » commentò lei.
« La Noveria Corps fornisce una copertura sanitaria totale ai suoi dipendenti e ai loro familiari. »
Lei aggrottò la fronte incredula « Stai davvero pensando di lavorare per Dasha? »
« Dovesse servire, si. » 
« Non mi piace, per niente. Dubito riusciresti a fare un lavoro onesto. » 
« Per lei non mi farei problemi. » disse indicando con un gesto della testa la bambina. 
« Se vuoi la mia opinione è no. » 
Steve sospirò rassegnato, non piaceva nemmeno a lui come idea ma era l'unica che gli era venuta.
Ilary si alzò porgendogli la figlia « Prendila tu in braccio, lo sempre tenuta io e credo si sia un po' stancata di me. Vuole il suo papà. » dichiarando sorridendogli. 
Ma l'allegria sparì subito, perché quello che fece Steve la lasciò basita. 
Lui si ritrasse. 
Comprese al volo cosa stava accadendo « Steve, nostra figlia vuole suo padre. Non puoi aver paura di prenderla in braccia, tu non vuoi farle male e non gliene farai. » dichiarò con tono fermo e deciso, fissandolo dritto negli occhi. 
Lui non sapeva come poteva esserne così sicura. Era grossolano, le sue mani erano enormi rispetto alla figlia, dure e callose, sapevano tenere un'arma e spezzare ossa. Era un militare. Come poteva tenere in mano qualcosa di così fragile come Alexandra W. Shepard?
Guidato dalle parole della moglie, mise le braccia in avanti lasciando che lei ci si adagiasse sopra la figlia. Trovò che fosse un'esperienza magnifica, la sensazione di sentire il suo peso la tranquillizzava mentre sorrideva a sua figlia che ridacchiava. 
Ilary gli osservò quasi commossa e scoccando una bacio sulla guancia al marito gli disse « Vado a distendermi in camera da letto. »
« Ok. » rispose lui annuendo. Abbassò lo sguardo sulla piccola « Tesoro mio, non tirare i peli di papà che non si può difendere se ti tiene in braccio. » 

Era quasi sera e mancava un'ora alla cena, quando il campanello suonò segnalando l'arrivo di visitatori. 
Steve aprì la porta ma non fece in tempo a salutare che venne aggredito da tre figure, Cadde a terra trovandosi addosso Alexya, Trish e Diana Weaver. Per chi non le conosceva sarebbe stato impossibile distinguerle, essendo cloni della medesima persona i loro tratti fisici era identici. Bisognava conoscerle bene per notarne le piccole differenze. Così era stato un tempo, fortunatamente adesso vestivano in modo diverso e avevano tagli di capelli differenti. 
« Idiota, perché non ci hai chiamate? » gli urlarono all'unisono. 
« Eh? » mormorò a dir poco allibito, non capendo di cosa parlassero. Sapeva solo che tre paia di occhi azzurri lo stavano fissando con un'espressione indispettita. 
« Salve ragazze. » le salutò Ilary, attirata da tutto quel rumore. 
Le tre gemelle si voltarono verso di lei e subito la circondarono. 
« Alexandra sta bene? » chiese Trish. Indossava un completo con pantaloni che le dava un'aria matura, portava i capelli biondi semplicemente sciolti. 
« Se possiamo fornire un aiuto pratico, saremo liete di farlo. » commentò Alexya. Una divisa militare da cadetta e un taglio molto corto di capelli imposto dalla scuola militare. A Dasha era venuto un colpo quando aveva visto com'erano stati rovinati i meravigliosi capelli della figlia. 
« Dicci solo cosa ti serve. » dichiarò Diana. Era vestita sportivamente ed era l'unica ad aver mantenuto la classica coda di cavallo su imitazione di quella di Isabella. 
Lei fu leggermente spiazzata da quelle parole « Venite, vi offro qualcosa e mi spiegate perché siete qui. »
« Questo è presto detto, hai un marito che della furbizia ignora anche solo il significato. » affermò Diana. 
« Ehi! » disse lui con tono offeso, ma venne semplicemente ignorato. 

« Abbiamo saputo cos'è capitato a Alexandra, vorremo aiutare. » spiegò Trish.
« Per questo siamo arrabbiate con lui! » disse Diana scattando in avanti e puntandogli un dito contro. 
« Per quale fottutissima ragione dovreste esserlo? Con questa storia non centrate proprio niente. » commentò lui, quelle parole ebbero l'effetto di raggelare Diana ma anche le due sorelle. 
« Perché siamo tue amiche o almeno ci reputiamo tali, vogliamo bene a tua figlia, avremmo voluto essere avvisate e non venire a sapere tutto dai nostri amici in comune. » spiegò Alexya, con tono offeso.  
Adesso fu la sua volta di zittirsi per quelle parole. Non riuscì ad aggiungere altro, dovendo difendersi da un infantile attacco a mani nude di Diana. 
Mentre i due erano impegnati nella loro piccola lotta, più che altro Diana sentiva il bisogno di sfogare la frustrazione generata dalla situazione, Trish prese la parola richiamando l'attenzione di Ilary con un lieve colpo di tosse. 
« Sappiamo della terapia genetica di cui Alexandra avrebbe bisogno, siamo qui per offrirla. »
« Come? » rispose allibita Ilary che credeva di aver capito male. 
« Vi forniremo la terapia genetica di cui la bambina ha bisogno, gratuitamente ovviamente. Abbiamo già discusso di questo con nostra madre, si è detta d'accordo. »
« Io...non ho veramente parole. » 
« Non servono. Non voglio evidenziare certe differenze sociali, ma se per voi è costoso per noi è un gesto da poco. Un laboratorio e qualche scienziato dedicato a questo è per la Noveria Corps qualcosa di trascurabile. »
La donna aveva quasi le lacrime a gli occhi. « Questo è poi il motivo per cui siamo arrabbiate con Steve, avrebbe dovuto arrivarci subito e chiamarci. » commentò Alexya, diretta come sempre. 
« Steve! Chiedo subito scusa! » lo gridò Ilary.
« Sarei leggermente in difficoltà... » commentò lui, quella lotta con Diana era andati avanti con la ragazza che lo guardava truce. Era schiacciato contro il divano, la sua avversaria faceva uso dei propri poteri biotici per avere la meglio in quella prova di forza.
« Non ci consideri mai! » sbottò lei, mettendogli il broncio. 
« Non essere ridicola, nessun adulto chiede a delle bambine per risolvere i propri problemi. » 
« Bambina? Ho diciassette anni! »
« Ti ho visto crescere alla Grissom, hai solo qualche anno in più ma sei la stessa bambina. » rispose lui strafottente.
« Diana, basta! » dichiarò Alexya imponendosi con solo la sua presenza. Delle tre sorelle era sempre stata la più autoritaria. 
L'interessata sbuffò, lasciò la presa e tornò a sedersi normalmente. 
« Steve! » lo chiamò Ilary, con tono molto simile a quello usato con Diana. I suoi sensi di marito andarono in allarme, se non voleva altri guai in casa doveva comportarsi bene. 
Si ricompose e osservando le sue ospiti « Sicure si possa fare? » 
« Certamente. » rispose Trish « però... »
“Ahi...fregatura in arrivo.” pensò.
« Mamma ti voleva parlare prima. »
« L'immaginavo. Evitiamo di perdere tempo.» detto questo si alzò dirigendosi nel suo studio personale. 
Rimaste sole, Trish domandò a Ilary « Non potremmo vedere Alexandra? Vorremo proprio giocare con lei. » Le due sorelle annuirono con vigore all'affermazione dell'altra.
« Certo. » rispose allegra.
Guardandole giocare la donna non capiva come facesse sua figlia a divertirsi tanto con quelle tre ragazze e viceversa. Alexandra non rideva mai così tanto con nessun altro. Una volta aveva chiesto a Isabella perché le piacesse sua figlia, la risposta era stata che aveva un bel linguaggio del corpo. 
Da predatore. 
Non aveva mai detto al marito di quella strana definizione, non comprendendo lei per prima cosa significasse. Quel pensiero la costrinse a soffermarsi su una situazione davvero insolito.
Se c'era una persona che poteva definirsi una assassina psicopatico era Isabella, quelle tre ragazze sebbene più controllate di lei avevano la stessa passione nell'uccidere. 
Eppure, non per un singolo istante aveva pensato che sua figlia potesse essere in pericolo con loro. Anche adesso non riusciva a vederle come una minaccia, nonostante il loro passato. 
Le sembravano molto più equilibrate della finta maestra.
*****

Nel frattempo, dopo svariati minuti, Steve era riuscito a prendere contatto con Dasha e la chioma corvina della donna comparve sullo schermo. 
« Innanzitutto ti voglio ringraziare anche se so che la cosa non sarà gratuita. Detto questo, come posso sdebitarmi? » 
La signora di Noveria sorrise. 
*****

« Campeggio? » disse allibita Ilary, quando Steve l'aveva chiamata in disparte non si era aspettato che potesse uscirne con una simile spiegazione.
« Già, le sue figlie vogliono andare in campeggio ma non si fida a mandarle da sole. » 
La donna lo fissò dubbiosa  « Lei ha un esercito di guardie, quelle tre sono tra le migliori assassine della galassia e ha bisogno che tu continui a fare da babysitter alle sue figlie? Dopo tutti questi anni. Di che genere di campeggio parliamo? » 
Lui si gratto una guancia nervosamente, lei lo fissò sentendo crescere il suo sospetto « Un campeggio di una settimana nella giungla amazzonica. Del genere estremo che piace a certa gente. » 
Notando come lei continuasse a fissarlo silenziosa aggiunse « Pensavo di chiamare anche Arturus e Mordin. Con tre adulti e soldati esperti come noi dubito ci saranno problemi. » 
« Va bene, è per nostra figlia e non credo che abbiamo scelta ma per favore torna intero. » 
« Esagerata, cosa potrebbe mai succedere? » 
Per le sorelle Weaver fu una notizia bellissima quando ne furono informate, l'idea di trascorrere una settimana in un ambientale selvaggio, mortale, in compagnia del loro amico e altri le entusiasmava.
« Grazie, davvero. » Asserì infine Steve, leggermente imbarazzato. Dando una carezza in testa ad ognuna. Le ragazze si limitarono giusto a qualche parola di apprezzamento. 
Ilary sorrise divertita davanti a quell'atteggiamento. Entrambe le parti non avevano un'idea chiara su come ringraziare senza essere a disagio, in più Steve non sembrava capire quanto fosse apprezzato da quello tre. 
Essendosi fatto tardi, Ilary aveva preparato la camera degli ospiti e non sentendo ragioni aveva deciso che le avrebbero ospitate per la notte. Erano abituati a visite numerose e i letti in casa non mancavano. 
Quella sera, durante un'ultima occhiata fugace per controllare che tutto fosse a posto, vide di sfuggita le tre sorelle sedute a cerchio su un letto. Erano intente a giocare a morra cinese. 
Allontanandosi sentì Diana esclamare « Ho vinto! » 

Qualche giorno dopo...

La donna correva per le vie di Omega, indifferente agli altri abitanti. In quella stazione senza legge e rifugio dei peggiori elementi che una società civili potesse produrre, farsi gli affari propri era un ottimo modo per arrivare a vivere fino al giorno dopo.
La fuga terminò davanti a una parete d'acciaio, un vicolo cieco. 
« Mi arrendo! » esclamò Bria, voltandosi di scatto e rivolgendosi al suo inseguitore che l'osservava da dietro un casco integrale che ne nascondeva il volto. Il corpo era celato da un'armatura, dai dettagli fisici che vedeva poteva dirsi sicura che si trattava di una donna umana o un asari. Al fianco destro portava una spada.
« Arrenderti? » Le sentì dire con tono incredulo. 
« Arrestami pure, non opporrò resistenza. Sono malata, non è colpa mia quello che faccio. » e porse i polsi. 
Diana l'osservò leggermente incerta sul da farsi. Rintracciare Bria Vidal, la falsa signora Carry Storrs, non era stato un problema. Nessun posto migliore di Omega per sparire per un po' e procurarsi una nuova falsa identità. 
Aveva vinto, gareggiando con le sue sorelle, a morra cinese il diritto di mettersi sulle sue tracce. Di cacciarla. Trovarla era stato semplice, l'inseguimento noioso. 
Le parole di lei le avevano poi fatto capire che la sua preda aveva totalmente frainteso la situazione. 
In tutto quello non c'era la minima soddisfazione per la ragazza. 
Con tono calma e allegro le disse « Non sono qui per arrestarti, ma per ucciderti. »
Vide la sua espressione terrorizzata, questo era divertente ma non abbastanza. 
« Ti supplico, non farlo. Mi costituirò, dammi la possibilità.» 
Anche se Bria non poteva vederlo sul volto di Diana comparve un sorriso. 
« La zona delle banchine è delimitata da una linea gialla, superala e non ti darò più la caccia. Facciamo questo gioco?»
« Gioco? » ripete incredula la Vidal.
Vide la sua inseguitrice annuire, per poi aggiungere « Ti darò anche un vantaggio di venti secondi. » 
Diana si scansò, dandole via libera. 
Non capiva cose stesse accadendo e non le importava, la donna corse via senza chiedere ulteriori conferme. Voltandosi indietro solo una volta, vide chi la inseguiva ferma dove l'aveva lasciata.
Sorrise all'idea di qualcuno di così stupido.
Sarebbe scappata, avrebbe continuato a punire i bambini perché essi erano tutti cattivi. Meritavano ogni castigo che sapeva infliggere, quello era l'unico modo per raddrizzarli e farne delle brave persone. 
Come quella Alexandra, l'aveva punita dopo che aveva rovesciato un bicchiere contenete del succo di frutta. Un errore, era quello che avrebbe pensato una mente meno accorta della sua. 
Quello era stato in realtà un atto di superbia, un gesto calcolato della bambina per costringere lei in ginocchio a pulire. 
Le sue punizioni avevano avuto lo scopo di insegnare l'umiltà a qualcuno di così arrogante. 
Sorrise quando vide le banchine. La riga gialla era vicina, c'era riuscita. 
Proprio davanti al traguardo le sembrò d'inciampare, come se il sostegno delle gambe fosse venuto meno. Sarebbe caduta in avanti, oltrepassando lo stesso quel traguardo per lei così importante.  
Ma proprio mentre cadeva il suo cervello registrò una sensazione di enorme dolore, qualcosa di mai  provato prima. 
Cadde a terra urlante, la gamba sinistra mancava da metà coscia in giù. D'istinto strinse il moncherino con le mani, solo la disperazione non le fece comprendere l'inutilità di quel gesto. 
Stava perdendo sangue molto in fretta. 
Si guardò intorno. La sua gamba era rimasta appena oltre la linea gialla. 
Vide un 'ombra chinarsi su di lei, gridò sconvolta « Aiuto! » Accorgendosi solo un istante dopo che si trattava dalle sua inseguitrice. 
« Complimenti, mi ha fregata. Hai oltrepassato la linea. Sei salva. » La frase fu pronunciata con un tale tono di derisione che era impossibile da non notare, perfino in quella situazione. 
« Avevi detto... » 
« Infatti, ti ho colpito a un passo esatto dalla linea gialla. Ho seguito le regole. Sei libera di andare. » dichiarò Diana. La ragazza era estasiata da quello che vedeva, dal puro terrore e disperazione che avevano invaso la sua preda. 
L'aveva colpito all'ultimo, proprio quando le sue speranze erano al massimo. 
Doveva ammetterlo, non c'era davvero niente di più esaltante che innalzare le aspettative di una persona per toglierle subito dopo e all'improvviso. 
Infine si divertì a punzecchiarle con forza il viso con dito, solo per aggiungere quell'ultimo fastidio al dolore dei suoi ultimi istanti di vita. Quasi un minuto dopo, la donna morì. 
Diana si rialzò soddisfatta, il finale almeno era stato interessante. Si allontanò fischiettando. Nessuno fece caso a quanto era accaduto, il cadavere venne semplicemente buttato via da qualche parte perché ostacolava il passaggio. 

Due mesi dopo... Foresta amazzonica

«  Fatemi capire, avete manomesso le nostre apparecchiature perché ci perdessimo veramente? » 
domandò Steve alle tre sorelle che annuirono.
« Volevamo qualcosa di veramente eccitante, di divertente da fare con te e amici. Il normale tour è qualcosa per turisti. » affermò Diana. 
« Mi sarebbe piaciuto fare il turista. » commentò seccato lui.
« Andrà bene, nessuno di noi correrà pericoli. Sarà divertente. » dichiarò Trish.
Lui non disse niente, limitandosi a indicare i teschi infilzati su dei pali o appesi ai tronchi attorno a loro. Era stato quel particolare a fargli venire qualche dubbio, inizialmente aveva pensato che fossero finti. In seguito gli erano sembrati un po' troppo realistici. 
Infine aveva controllato e a quel punto l'imbroglio era stato scoperto. 
« Devono appartenere a qualche tribù di nativi, sono dei “cartelli” per farci sapere che abbiamo invaso i loro territorio e che adesso ci considerano nemici. Sarà un'ottima occasione per mettere alla prova quello che ho appreso alla scuola militare. » spiegò Alexya, decisa come sempre. 
Lui si mese una mano in faccia, avrebbe voluto arrabbiarsi ma non sapeva da dove incominciare.  Aveva troppe cose in elenco, a cominciare dal fastidio rumore che faceva il suo amico Arturus a grattarsi le scaglie. Appena fece caso al fatto che le tre sorelle erano sparite, ormai sapeva che sarebbero andate dove volevano. 
« Si può sapere che ti prende? Sono due giorni che vai avanti a grattarti. È fastidioso. » disse al turian.
« Non rompere, non è colpa mia. Questa dannata umidità mi irrita le scaglie, ho quasi l'impressione che mi crescano funghi tra di esse. »
« Praticamente... hai la rogna. »
« Fottiti! Mi avevi detto che era umido, ma credevo in modo ragionevole.»
Lui però lo ignorò si stava guardando in giro, in cerca dell'altro compare. 
« Mordin! Dove diavolo sei? Adesso, dove si è cacciato quel krogan da 200 kg? » 
Sentendosi chiamare, comparve da dietro una zona dove la boscaglia era particolarmente fitta, dicendo « Ho trovato un gatto! » e reggendo il presunto animale per il collo. 
Steve era sicuro che la sua pazienza stesse venendo meno « Amico...quello è un giaguaro, non un gatto! » La bestia stava nel frattempo cercando di artigliare il krogan con le sue zampe e di morderlo, m la dura pelle dell'alieno rendeva vano ogni tentativo. 
Mordin fissò l'animale per un attimo « Sicuro? Sembrano uguali, cosa cambia? Poi è docile, mi è saltato in braccio da un albero dopo che l'ho visto. » 
« Dubito l'abbia fatto per ricevere affetto. » sbottò stizzito lui. 
« Comunque adesso che ne faccio? »
« Cosa vuoi che ne sappia, lancialo via. »
Suggerimento che l'amico prese in parola. Il giaguaro ricadde a terra, dopo un volo di un paio di metri, per correre subito via a velocità folle. 
« Ah, quindi è vera la storia che cadono sempre in piedi. » commentò Mordin divertito. 
« Steve, Steve! » si voltò sentendosi chiamare da Diana. 
« Cosa? »
« Stanno arrivando delle persone. Io e le mie sorelle li abbiamo osservati passare da in cima agli alberi. Hanno lance e scudi di legno.» dichiarò talmente entusiasta da suscitare in lui dei timori.
« Fammi indovinare, sono i tizi che hanno appeso questi teschi. » 
La ragazza annuì contenta. 
« Meraviglioso... coraggio gente, andiamo a terrorizzare degli indigeni che non hanno mai visto prima un turian, un krogan e forse neanche un uomo bianco. Per non parlare dei poteri biotici.»
Tra se stava però pensando ad altro che a quella sorta di “primo contatto” con una tribù sconosciuta, bensì a quale scusa inventarsi con sua moglie per essere finito in quel guaio. 
« Sai, credo che dovremmo inventarci qualche storiella per le nostre moglie. Penso che non sarebbero contente di sapere in che pasticcio siamo finiti. » gli propose Arturus. 
« Pienamente d'accordo amico mio. »
« Ah! Sfigati! Un vero guerriero non si preoccupa della sua donna, perché la tiene sottomessa. » affermò il Krogan.
« Disse quello che è ancora senza ragazza. » commentò Steve, prendendolo in giro. 
« Ripetimi il nome della tua ultima compagna, mi pareva si chiamasse “Mano destra.” Ricordo bene? » aggiunse Arturus.
« Divertenti. » 
Un rumore di rami spezzati risuonò nella foresta, i tre estrassero ciascuno l'arma che si portavano sempre dietro. Una regola che avevano appreso dai loro genitori era sempre avere un'arma a portata. 
« Avanti gente, è ora crearci qualche ricordo di quest'avventura. » borbottò Steve.
Scattarono in avanti in perfetto sincronismo. 
Dal lato degli alberi le sorelle Weaver osservano celate, pronte a intervenire. Quell'ambiente ancestrale eccitava i loro sensi e gli animi. Gli istinti primitivi era appagati.
Erano a loro agio, come un predatore nel proprio habitat.
Quella vacanza era una meravigliosa esperienza, ed erano ben felici di condividerla con altri. 
   
 
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