-WAITING-
ALLA
STAZIONE
Ancora
due ore. Ancora due fottutissime ore. Jimin non ne
poteva più di controllare l'orologio. Sapeva che era la cosa
peggiore da fare e
che per far passare più velocemente il tempo avrebbe dovuto
fare tutt'altro,
distrarsi. Eppure era più forte di lui, era stanchissimo e
la voglia di urlare
pericolosamente tanta. Erano già quattro ore che si trovava
nella stazione di
Daegu, due ore più di quante ne avrebbe dovute aspettare. Se
solo quel
maledettissimo treno non avesse avuto un guasto. Al tristo annuncio
dato dalla
voce metallica e megafonica erano seguiti gli occhioni spalancati di
Jimin. Già
aveva fatto male i calcoli e si era ritrovato alla stazione con un'ora
di
anticipo, ora avrebbe dovuto aspettarne altre cinque? Jimin odiava
aspettare in
stazione. Puzza, calca e sudore: gli elementi identificativi della
massa prendi
treno, nessuno di suo gradimento. Il posto a sedere che aveva trovato
era stato
accolto come un miracolo: per le tre ore successive Jimin vi era
rimasto seduto
incollato e il leggero mal di schiena che avvertiva non gli era parsa
una scusa
sufficiente per alzarsi e rischiare di perderlo. Adesso però
stava iniziando ad
arrivare un nemico peggiore, insieme alla disperazione: il sonno. Per
quanto
cercasse di sforzarsi, di focalizzare lo sguardo su qualcosa, di darsi
colpetti
sulle guance, la noia era troppa, e le palpebre si facevano sempre
più pesanti.
Seduto lì, con le gambe penzoloni dalla sedia, in
canottierina e calzoncini, la
bocca un po' socchiusa, mentre la testa cadeva abbandonandosi su
stessa, Jimin
comprese di non essere più capace di contrastare la nuvola
sonnolente che ormai
lo aveva avvolto.
"Oi"
La
lieve pressione che avvertì sulla spalla fu abbastanza
da farlo riprendere. Sobbalzò appena e sentì un
risolino provenire dalla sua
destra. Girandosi, ne vide la fonte: capelli neri, leggermente mossi,
corporatura esile, camicia larga e jeans stracciati. Il ragazzo di
fianco a lui
lo guardò dritto negli occhi, ogni segno della risata
dell'attimo prima
scomparso.
"Vuoi
che ti rubino anche le mutande?"
Il
nuovo arrivato dovette cogliere spaesamento sul volto
di Jimin, ancora non ripresosi del tutto dai pochi ma intensi minuti di
sonno,
perché precisò subito dopo:
"È
pericoloso addormentarsi in stazione"
Jimin
annuì con vigore, finalmente capendo, e si
inchinò
fino quasi a toccarsi le gambe col busto.
"Grazie
mille. Hai ragione, sono stato
sciocco!"
"È
tanto che aspetti?"
"Il
mio treno era in ritardo e sono qui da tre
ore... me ne rimangono ancora due"
"Mmh"
Jimin
rimase a fissare l'altro ragazzo, che ora sembrava
pensieroso. Lo vide scendere dalla sedia con un saltello.
"Aspettami
qui"
Che
tipo strano, pensò. Comunque, ovviamente non sarebbe
andato da nessuna parte. Doveva ancora tenersi quel posto a caro per
altre due
ore.
“Ma
allora è vero che sei stupido”
Jimin
sobbalzò per la seconda volta nel giro di dieci
minuti. Diamine, si era addormentato di nuovo! Alzò lo
sguardo verso la stessa
voce di prima e rimase interdetto. Il giovane gli stava tendendo un
ghiacciolo
giallo già leggermente gocciolante.
“Prendilo,
magari ti svegli”
“Grazie”
balbettò Jimin mentre prendeva in mano la
stecchetta di legno, arrossendo leggermente all’idea di
essere stato colto
nuovamente a dormire. Penserà che
sia
narcolettico.
“Dunque?
Cosa ti porta a Daegu?”
“Uh?
Cosa ne sai che non sono di qui?”
Gli
occhi del ragazzo lo guardarono in modo canzonatorio
e Jimin si rese conto di ciò che aveva detto:
“Ah,
ma certo, vero, il mio accento!” rispose con una
risatina nervosa prima di riprendere a leccare il suo ghiacciolo.
Questo
ragazzo lo metteva in agitazione e non sapeva nemmeno lui il
perché. Però questo
gelato è davvero buono. In fondo
è stato gentile, anche se chiaramente non sta nascondendo il
fatto che mi
considera un idiota. “Vengo da Busan,
sono stato a trovare mio cugino”
“…e?”
“E
cosa?”
“Non
lo hai detto con il tono di qualcuno contento di
aver rivisto un familiare.”
“Ah…”
come diamine
ha fatto a capire? “Beh, si, diciamo…
diciamo che non è stata una visita
fatta per scelta”
Vide
il ragazzo che ora si era di nuovo seduto vicino lui
inclinare la testa di lato, come a indicare di essere incuriosito e
volerne
sapere di più. Per quanto l’idea di aprirsi con
uno sconosciuto gli sembrasse
strana, Jimin non riuscì a fermarsi. Non di fronte a quel
viso. Chissà poi
perché. Dicono che a volte sia
più
semplice parlare con persone a noi estranee. Ora capisco cosa intendono.
“Mio
cugino fa l’avvocato. Ed è molto bravo.
È una
persona seria, come si deve, ha fatto tutto come si deve. Ha una moglie
e una
bambina e adesso aspettano il loro secondo figlio. Tutti gli anni di
studio
sono stati ripagati, la sua carriera va a gonfie vele e lui ha solo
trentadue
anni. Puoi crederci? È davvero bravo mio cugino. Un modello
da seguire, come
dicono sempre mamma e papà. Io ho ancora solo diciassette
anni, ma non credo
riuscirò mai a raggiungere una buona posizione a lavoro e a
mettere su famiglia
in così poco tempo. Non so nemmeno se avrò mai
una carriera. Ma il problema è
un altro, il problema è che non sono sicuro di volerla. Ed
è un problema, lo
so, mamma e papà dicono sempre che è un
problema” quello che restava del
ghiacciolo stava iniziando sempre più a sciogliersi,
scivolando piano ma
costante in rivoli appiccicosi lungo le mani di Jimin, ma
ciò non fermò il
ragazzo, ormai era diventato un fiume in piena “Ma cosa posso
farci io se
preferisco l’arte e la letteratura ai libri di legge? O di
medicina? Non dico
che non siano belle professioni, trovo che chiunque le intraprenda sia
assolutamente degno di lode. Ma
io… non
è quella la vita che voglio. A me piacciono i libri. Mi
piace leggere storie e
mi piace scrivere. Papà mi rimprovera sempre quando vede che
passo troppe ore
chiuso in camera a leggere. Mia mamma anche storce il naso. Non che
siano
persone ignoranti, assolutamente no! Anche loro leggono, ogni tanto. Ma
hanno
capito fin da quando ero anche più piccolo che la mia era
una passione vera,
forte. Che era la cosa che più amavo fare. E che non mi
sarei mai appassionato
di scienza o sviluppato interessi che avrebbero potuto portare a
carriere
prestigiose. Mi dispiace così tanto farli preoccupare. Lo so
che in fondo è
solo preoccupazione ciò che li spinge ad agire
così. Mi hanno mandato da mio
cugino perché adesso devo scegliere
l’università e credo siano in ansia.
Speravano che vedere la sua vita e chiacchierare con lui mi avrebbe
dato la
spinta necessaria a fare la cosa giusta. Ma… è
tutta la settimana, da quando
sono qui, che sento che invece è tutto incredibilmente
sbagliato. Non voglio
diventare avvocato. Non voglio nemmeno diventare medico. Voglio
solo-“
“Allora
non farlo.”
Jimin
si scosse dal quasi stato di trance in cui era
entrato.
“Come?”
“Non
farlo. Non diventare avvocato. Non diventare nemmeno
medico. Diventa quello che vuoi”.
“Che-
che cosa intendi?” Jimin teneva gli occhi
spalancati, sorpreso per l’ennesima volta da questo ragazzo
così strano. Lo
vide sorridere.
“Davvero,
inizio a pensare che tu sia sul serio un po’
tardo. Avrei già dovuto capirlo, ma per qualche motivo
continuavo a darti il
beneficio del dubbio. Non. Farlo. Diventa. Quello. Che. Vuoi. Ci
sei?”
“Ma
come faccio?”
“Fallo
e basta. Non devi compiacere nessuno, questa è la
tua vita e solo tu devi esserne felice. Non guardarmi così,
sembri un cerbiatto
spaurito, va tutto bene. Puoi davvero fare quello che preferisci, non
te lo hanno
mai detto? Non sarà facile, questo posso garantirtelo, ma se
la tua motivazione
è vera troverai un modo. Non hai amici? Sicuro che li hai,
le persone come te
non possono non avere gente che gli vuole bene”
“Si...
un paio, molto stretti.” Le persone
come me?
“Appunto.
Parti da loro. Chiedi aiuto se serve. Ma non
permettere agli altri di scrivere la storia della tua vita. Non sarebbe
un po’
paradossale, per un aspirante scrittore?”
“C-credo di
sì.
Però… non è- “
“Facile,
no, stupido, te l’ho già detto. Ma tu fallo e
basta. Quando i dubbi ti assalgono, fallo e basta.”
Sollevò lo sguardo sul
tabellone delle partenze “Il mio treno è
arrivato” si alzò e guardò Jimin
dritto negli occhi “Ti ho chiamato stupido diverse
volte… fa che io sia
l’ultima persona a dirtelo per favore. Promettimi di fare la cosa che senti
essere davvero
giusta. Ci vediamo”.
Jimin
lo vide afferrare una cartella nera da sotto la
panchina – era sempre stata lì? – e
correre poi veloce in direzione del suo binario.
“Aspetta!”
urlò appena si rese conto di ciò che stava
accadendo, ma lo aveva già perso tra la folla. Era successo
tutto così di
fretta, lo sfogo improvviso, i consigli inaspettati, la fuga
dell’altro, che a
fatica riuscì a convincersi che non fosse stato tutto un
sogno. Sentì un
piccolo buco aprirglisi nel petto. Non sapeva neppure il suo nome. Fu a
quel
punto che lo vide. Piccolino, solido e squadrato, sotto la panchina,
nello
stesso punto in cui prima si trovava la cartella nera del giovane
sconosciuto.
Un libro. Lo raccolse. Doveva essere caduto mentre il ragazzo correva
via. Una
piccola speranza gli si accese nel cuore, come se poi a questo punto
potesse
contare qualcosa. Aprì la prima pagina. Nulla. La seconda.
Nulla. Ma ecco la
terza, ed ecco quello strano senso di soddisfazione. Scritti con grafia
nervosa, piccoli, nell’angolo destro superiore della
paginetta, si trovavano
due gruppi di segni. Un nome. Yoongi.
Note
dell’autrice: Ciao a tutti
e innanzitutto grazie per aver letto questo primo capitolino! Rieccomi
qui a
pubblicare una nuova fic :) L’idea iniziale per questa storia
era che fosse una
OS, quindi nulla di troppo lungo. Sulla lunghezza sono rimasta dello
stesso
parere: non vorrei farla uscire troppo lunga, anche perché
la trama è piuttosto
semplice. Il rischio però che esca fuori leggermente meno
breve di come l’avevo
immaginata c’è perché mi piace scrivere
e anche se non ho intrecci complicatissimi
da narrare, spesso butto giù parole anche solo per il
semplice gusto di farlo o
per magari esercitarmi con stili e toni differenti. Tutto questo
è per dire che
anche se alla fine ho preferito la struttura a capitoli
perché mi diverte di
più, di base la storia nasce come qualcosa di molto
tranquillo e senza troppe
pretese, un modo per me di rilassarmi davvero quando ogni tanto la vita
e il
lavoro diventano un po’ troppo e ho bisogno di isolarmi da
tutto.
Chiarito
ciò, passiamo alla frequenza di pubblicazione: al momento ho
già
scritto una parte della fic, mentre del resto ho solo la sintesi e
siccome ho
sia una vita che un lavoro di cui occuparmi (purtroppo, sigh) potrei a
un certo
punto aver postato tutto quello che ho già scritto, ma non
aver completato
nuovi capitoli. Per scelta non li farò mai troppo lunghi (la
cosa potrebbe
scioccare chi ha letto la mia “Quando si scioglie la
neve”, visto che lì i
capitoli erano chilometrici ahah) quindi sono abbastanza fiduciosa di
riuscire
ad andare avanti con la stesura di nuovi capitoli durante il periodo in
cui
pubblicherò quelli che ho già pronti.
Però, se mai dovessi rallentare con il
ritmo di pubblicazione, per favore abbiate pazienza e continuate a
controllare se
è uscito un capitolo nuovo, perché comunque ho
intenzione di portarla avanti questa
storia, no matter quanto ci vorrà. Al momento, la frequenza con cui posterò sarà ogni 5 giorni. Ribadisco, è una
storiella tranquilla nata per
distrarmi un pochino e rilassarmi ed è questo
l’unico obiettivo che mi do nel
pubblicarla ovvero rilassare anche solo per un quarto d’ora
anche voi con qualcosa
di leggero e scorrevole.
I feedback mi
fanno quindi davvero molto piacere e soprattutto mi sono
sempre molto utili, per cui se volete e avete tempo lasciate pure un
commento,
li leggo e rispondo sempre :)
Grazie mille
per la pazienza se avete letto fin qui, spero tanto che le
note non finiscano come mio solito per diventare più lunghe
dei capitoli stessi
sigh A venerdì, baci baci,
Elle
♥