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Autore: chiacchiachiara    11/07/2018    3 recensioni
C’era una volta... una ragazzina con dei magnifici capelli neri, ogni volta che una persona li vedeva quelli diventavano più lunghi, più neri e più belli.
Aveva un che di strano quella ragazzina, nessuno sapeva mai come passasse i suoi pomeriggi; e neanche lei.
Genere: Fantasy, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopoguerra
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 C’era una volta... una ragazzina, una normalissima ragazzina, che viveva in un piccolo paesino negli anni ’40.
Era abbastanza alta, né magra né grassa e con dei magnifici capelli neri.
 
Ogni volta che una persona li vedeva, e li apprezzava, quelli diventavano più lunghi, più neri e più belli. E quella ragazzina vagava per il piccolo paesino in cui viveva con quei fantastici capelli liberi che le saltellavano felici sulle spalle. 
Vestiva con la moda dei tempi, camicioni e magliette con gonnone colorate, ma come lei nessuna li indossava. Se avessero messo tutte le ragazze della sua scuola insieme, in divisa scolastica, lei sarebbe risaltata comunque tra tutte.
Aveva un che di strano quella ragazzina, nessuno sapeva mai come passasse i suoi pomeriggi; e neanche lei.
 
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Un mercoledì mattina di metà febbraio uscì di casa per dirigersi verso la scuola, frequentava la quinta elementare.
Quel giorno indossava la divisa scolastica: una camicia bianca e una grande gonna nera, poi aveva delle calzamaglie pesanti, degli scarponcini blu e un pesante giaccone; quanto ai magnifici capelli erano nascosti da un cappello di lana nero, legati in due morbide trecce che le sfioravano i fianchi.
Portava al braccio un largolaccioper tenere più comodamente i libri e continuò a camminare diretta a scuola.
La sua scuola era rigorosamente frequentata solamente da ragazze e poi, quanto all’estetica non era il massimo, era attaccata all’edificio scolastico maschile, entrambi erano giallini, ed erano divisi da un’orribile striscia verticale grigia. Il cortile era unico e poi gli ingressi due.
La ragazzina entrò nel cortile e vide un ragazzino di, su per giù, otto anni che porgeva una margherita ad una coetanea di lui. 
Probabilmente la conosceva, provò a pensarci per un attimo, ma i suoi pensieri non vennero interrotti dal suono delle campanelle suonate in coro  dai due anziani bidelli all’ingresso, Donna Graziella e Don Peppe, ma dai loro sguardi che si incrociavano per darsi “il via” per suonare i due campanelli in perfetta sintonia, creando quasi un accordo musicale.
Entrò nell’ingresso dopo alcune ragazze, tutte per il freddo corsero dentro le loro aule; erano le 8:03 e ad attenderla c’era una lezione lunga due ore di storia.
Si sedette al suo posto dopo aver educatamente salutato l’insegnate.
Quella donna le piaceva davvero, era giovane e, per gli schemi del tempo,  anche molto moderna, aveva dei lunghi capelli biondi che raccoglieva sempre in una morbida crocchia in mezzo alla testa, lasciando sempre un piccolo, anzi il piccolo ciuffo destro, che le cadeva sempre sulla guancia destra e la pizzicava, quindi ogni volta, quando era concentrata, prima lo attorcigliava intorno all’indice della mano destra e poi se lo sistemava dietro l’orecchio. Quel gesto significava che stava pensando a qualcosa d’importante. Vestiva sempre con colori pastello; e quel giorno aveva un pesante vestito rosa cipria.
  La famosa Maestra Anna Tatillo. A scuola portava la sua macchina da scrivere e i lavori che preferiva li batteva e li sistemava in un gran librone che conservava tutto per sé, negli ultimi cinque anni questo librone vantava di aver accolto più di settanta temi, di cui almeno otto erano stati scritti da questa normalissima ragazzina dai fantastici capelli neri. 
  Non passava le sue ore di lezione ad interrogare, ma spesso e non volentieri le toccava farlo, e quando doveva non lo faceva come le altre insegnanti di questa normalissima ragazzina dai fantastici capelli neri, lei quando interrogava si concentrava sulla persone e quando capiva che magari qualcuna non aveva capito qualcosa glielo lo faceva spiegare facendo inserire altre ragazze per due validissimi motivi: far capire a chi non aveva capito e interrogare in maniera indiretta il resto della classe.
Quella mattina era sorridente dietro la cattedra, dinnanzi a lei, sopra la cattedra, era appoggiata la famosa macchina da scrivere, una fantastica MP1 che chiudeva ogni volta a fine lezione nella “custodia” e la portava in giro sempre con sé; accanto a quella, poi degli appunti su ciò che doveva spiegare e su cui aveva da interrogare.
Alle 8:15 trillò la campanella e lei fece l’appello.
«Serenella » chiamò la maestra dopo aver fatto l’appello ed essersi accertata che tutte avessero gli appunti che lei aveva fornito loro per poter studiare.
«Sì signora maestra? » chiese Serenella, aveva i capelli a caschetto di colore rosso, era bella grassottella e non tanto alta. Una ragazza di buona famiglia.
«Dimmi cosa hai capito. » le rispose la donna dalla cattedra con il mento poggiato sul palmo destro, e il ciuffo che iniziava a pizzicarle la guancia e il dito medio di quella mano.
Serenella iniziò a parlare e la ragazza dai capelli neri si perse nei suoi pensieri, con il mento appoggiato sul palmo sinistro.
Quelle due ore passarono in fretta e dopo avevano quindici minuti d’intervallo in cui erano libere di restare dentro, uscire nel cortile o fare ciò che volevano nei confini scolastici e nei limiti del possibile.
  La ragazzina dai capelli neri passò quel tempo in corridoio, accanto alla finestra con la sua amica Marinella. Una ragazza dai corti capelli castani e dai grandi occhi color nocciola. 
Come previsto, per il freddo, il cortile era completamente vuoto.
«Ma mi stai ascoltando? » esclamò Marinella sventolando una mano davanti al viso dell’amica che si era persa nei suoi pensieri.
«Ehm... no, scusa. Dicevi? » ammise lei.
«Ma... nulla, dai, a che pensavi? » chiese appoggiandosi al vetro della finestra e guardandola negli occhi.
«Non lo so... » mormorò ridacchiando la bruna, a quel punto gli sguardi delle due si incontrarono ed entrambe scoppiarono in una fragorosa e sana risata.
 
La giornata di scuola finì e la bruna tornò a casa per pranzo, dopo aver mangiato si sedette al tavolo e iniziò a studiare.
Certo che non aveva proprio voglia di farlo...
Si riposò per una mezz’oretta e si mise finalmente a fare i compiti.
 
Grammatica: ripeti i complementi;
Latino: guarda sul quaderno;
Geografia: studia la Germania;
Aritmetica: esegui le operazioni.
 
Dopo quasi due ore aveva finito, si sedette sul letto, accavallò le gambe e si mise a leggere.
 
Socchiuse gli occhi ed ebbe l’impressione di essere trasportata da non sapeva che cosa, anche in realtà stava camminando e si era anche messa cappotto, sciarpa e cappello.
 
Uscì di casa, passò davanti alla Chiesa e si fece il segno della croce, e camminando camminando entrò in un vicoletto.
Le sembrava un vicoletto nuovo, ma allo stesso tempo sentiva di aver fatto quella strada un milione di volte.
 
Camminò per quel vicoletto e si fermò davanti ad una porta color verde bottiglia.
La sua vecchia zia le diceva sempre che li ci viveva una strega cattiva che non usciva mai di casa.
Non appena si trovò davanti alla porta uscì per un attimo dallo stato di trance e cercò di scapare, ma era intrappolata in una specie di loop, la sua stessa voglia di farlo. Poi sentì un delicato miagolio, a quel punto alzò il pugno destro e bussò sette volte con uno strano ritmo.
Una vecchietta dai capelli bianchi come la neve uscì dalla porta e le aprì; la bruna entrò in quella specie di casa e la vecchia si girò mostrando la schiena a lei.
Aveva un mantello blu scurissimo, quasi nero, e una gonna nera; era bassa e grassottella. In un sol battito di ciglio la vecchia bassa diventò una giovane donna: alta e slanciata, con dei capelli biondi biondi, che si girò verso di lei e le sorrise.
La portò in una stanza senza mai parlare, quella stanza era piena di quadri e la ragazzina dai capelli neri pensava sempre di più di aver già vissuto quel momento, quasi più di non averlo mai fatto.
ln quella stanza c’erano delle tele e dei fogli, dei pennelli, dei colori, dei carboncini, dei pastelli e tutto ciò che serviva per dipingere e divertirsi a disegnare. Un istinto le disse di mettersi a dipingere; si sedette sullo sgabello a gambe accavallate e iniziò a lanciare pennellate su una tela, con la donna che la guardava da dietro.
Durante il suo attacco artistico risentì quel lieve miagolio, ora più vicino a lei, una piccola gatta chiara di pelo le stava passando accanto alle gambe e strusciandosi su quelle.
Il suo cervello formulò la domanda, la più semplice e banale che ci si pone quando si vede qualcuno di nuovo: Come si chiama?
Ma sempre il suo cervello formulò la risposta prima che lei potesse aprir bocca: Lucilla.
Dopo un’ora e mezza di pennellate la ragazzina dai capelli neri mostrò insoddisfatta il disegno, che rappresentava quello che doveva essere un vaso pieno di fiori.
«Guardate! » si lamentò «È bruttissimo... »
«Come sei autocritica, bambina. » rispose la donna, passò la mano sul dipinto e quello diventò un vaso di frutta con una nitidezza che poteva fare invidia ad una fotografia.
La ragazzina restò a bocca aperta.
«Oh cara, perché hai sempre questa reazione? Non ricordi la settimana scorsa? E quella prima? E quella prima ancora? » esclamò la donna passandole dolcemente la mano sotto il mento.
Disegnarono insieme per un’ora; poi la donna, diede alla bruna una busta con pane e latte. E le passò una mano sulla fronte mormorando qualcosa. E senza che neanche se ne accorgesse ritornò a casa dimenticando cosa le era successo. 
Le rimase solo una cosa in mente: il miagolio della gatta. Che la riportava lì ogni volta.
 
Questo evento si ripeté, ma la ragazza non riusciva mai a ricordarsi per un incantesimo che le veniva fatto dalla strega ogni volta, e poi sbloccato per qualche ora; ma la gatta Lucilla, col suo verso, le dava sempre un’idea di sicuro e conosciuto, che la spingeva ad andare avanti verso la casa della donna.
 
Continuò a disegnare, questa normalissima ragazzina dai fantastici capelli neri e crebbe diventando una normalissima ragazza dai fantastici capelli neri, e poi una normalissima donna dai fantastici, ormai corti, capelli neri. 
 
 Chiara Imbriani
 
   
 
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