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Autore: Kira Mariko Miyoko    16/07/2018    0 recensioni
Yelina Salas (che come tutti i fan della serie di Miami sanno, è la cognata del tenente Horatio Caine oltre che una detective) vede qualcosa che non avrebbe mai dovuto vedere...
(trad.)
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Yelina Salas
Note: Traduzione | Avvertimenti: Triangolo
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Che cosa fate voi quando vedete crollare il vostro mondo in centinaia di migliaia di schegge, mandando per sempre in frantumi qualcosa che solo ora avete compreso non essere stata altro che un’illusione creata solo da voi?

Io pensavo che lui mi amasse, che mi considerasse molto di più che la sua famiglia, molto di più che la moglie del suo fratello scomparso.
Non avrei mai voluto vedere ciò che ho visto, non avrei mai avuto l’intenzione di intromettermi in qualcosa che non era assolutamente affar mio e che mai e poi mai, per nessuna ragione al mondo avrei dovuto vedere.

Quel maledetto giorno andai a cercarlo nel suo ufficio al laboratorio ma non lo trovai. Lui non era lì. Qualche suo collega mi disse che l’aveva visto andare a prendere la sua Hummer, così mi precipitai fuori sotto il caldo e luminoso sole della Florida che riscaldava immensamente quel dannato pomeriggio. Quel giorno mi ero puntata di chiedergli personalmente se volesse venire a cena con me, visto che era sempre lui a chiedermelo. Non mi sarei arresa così facilmente, quindi decisi di andargli dietro. Mi avviai al parcheggio giusto in tempo per vedere il suo veicolo color argento uscire dal suo posto di parcheggio. Saltai immediatamente in macchina e lo seguii, ignara che di lì a poco il mio mondo sarebbe stato sconvolto per sempre.

La sera già svanì quando ecco che lasciò il posto alla notte, ma lui continuò a guidare lontano, sempre più lontano dalle sfarzose luci di Miami fino a quando arrivò in un luogo nascosto e isolato vicino alla spiaggia. Parcheggiò l’auto ed uscì, si tolse la giacca scura come il cielo di quella notte e si tirò su le maniche della camicia fino ai gomiti prima di poggiare a casaccio la giacca sul sedile anteriore e chiudere la macchina. Lo osservai mentre lui prese una strada quasi inesistente che in realtà poi realizzai portava alla spiaggia.
Non immaginai il perché ma decisi di ignorare la strana sensazione che attanagliava il mio stomaco e così lo seguii prudentemente a debita distanza.

Pensai che stesse andando lì per pensare e nonostante non volessi disturbarlo ero ancora nell’intenzione di invitarlo a cena, prima decisi di accertarmi che una volta lì non l’avrebbe disturbato la mia presenza; nel caso mi fossi resa conto che voleva stare da solo allora me ne sarei andata e l’avrei aspettato a casa sua nel suo appartamento.
Scesi un sentiero allineato da rocce, andando a creare un perfetto rifugio, protetto da tre lati da sassi e cespugli. Sul punto di finire di percorrere quel sentiero nascosto per andare sulla spiaggia sentii qualcosa, qualcosa di appena percettibile al mio orecchio ma che potei comunque sentire. Lo sentii parlare, con tono basso e stranamente dolcissimo, un tono che solo una volta aveva usato con me, quando morì mio marito.

Il mio cuore si paralizzò nel petto e balzai dietro una roccia di media altezza proprio sulla destra del sentiero, scrutando da dietro di essa.
Non seppi se ringraziare o maledire la luna piena che quella notte illuminava la spiaggia con la sua bianca luce lattea, mentre mi si mostrarono così le due figure sul bagnasciuga.
Purtroppo o per fortuna la mia posizione mi diede un’ottima vista di quello che stava succedendo.
Mi rifiutai di credere a quello che vidi, mi sorpresi di me stessa per le scuse assurde ed irrazionali che in quel momento mi inventai nella mia testa, tanto non riuscii ad ammettere ciò che in realtà era.

La più piccola delle due figure si voltò per guardarlo, il suo volto illuminato dalla bianca luna. La conoscevo, Dio, era Rebecca Nevins, avvocato della Procura della Florida. La mia mente non mi diede tregua mentre mi bombardava in modo confuso ed agitato che magari erano lì per discutere di un caso in particolare, discutere delle prove, insomma qualsiasi dannata cosa eccetto ciò che pregai con tutta me stessa che non fosse.

Questi irrazionali pensieri andarono tutti al diavolo scomparendo in una nuvola di fumo quando lui le sfiorò i lunghi capelli bruni, allontanando un ciuffo dal viso le accarezzò la guancia. Ricacciai indietro le lacrime mentre lui cullò il viso di lei nel palmo della sua mano, unendo le sue labbra su quelle di lei in uno dei baci più teneri che avessi mai potuto immaginare.

Un bacio di cui gli scrittori scrivono, che i poeti decantano. Un bacio tenero, appassionato, pieno d’amore e devozione.

Non avrei mai pensato che ci fosse qualcosa tra di loro. Non vidi mai nessun particolare segnale, almeno a lavoro, che potesse far pensare che erano molto più che colleghi, non una carezza o un sorriso, niente.

Guardai con orrore mentre lei gli permise di toglierle la giacchetta, lasciandola scivolare su una sottile coperta adagiata sulla sabbia. La vidi sorridere mentre avvicinandosi di più a lui le sbottonava lentamente la camicetta bianca che in un attimo che a me parve una dolorosa eternità andò a far compagnia alla giacchetta. La ascoltai ridere mentre lui si sforzò di capire se il gancio del reggiseno che lei indossava si trovasse davanti o dietro. Osservai mentre lui scosse la testa mestamente e lei si girò per slacciarsi il gancio del reggiseno, che cadde anch’esso insieme al resto dei vestiti.
La risata di lui mi bruciò nelle orecchie quando lei fece scherzosamente un passo indietro, lei scosse la testa cercando di liberarlo dalla sua camicia.
Non potei né respirare né pensare quando levò ogni singolo bottone dal suo rispettivo buco e lasciò scivolare la camicia blu notte dalle sue muscolose spalle, che presto raggiunse gli altri vestiti ormai sparsi sulla coperta.

Allora capii. Capii che non era accaduto una sola volta: non era la prima volta che facevano questo e non sarebbe stata l’ultima. Nessuno sapeva di loro perché non lo avrebbero mai permesso. Lei poteva essere licenziata e così anche lui. Avevano costruito insieme una maschera di professionalità e freddezza, nascondendo così la loro passione. Quella maschera si sarebbe spezzata solo in quegli incantati momenti.
Erano venuti lì per stare da soli, per poter stare insieme senza il timore o il pensiero di essere scoperti o visti da occhi indiscreti, per godere dell’amore che anche uno sciocco avrebbe potuto vedere una volta abbattute tutte le barriere professionali.
Erano venuti lì per godere uno del corpo dell’altro come fanno dei veri amanti, per fare l’amore sulla sabbia con solo la luna e le onde del mare come spettatrici.

Finalmente mi voltai, non volendo disturbare oltre quel privato e romantico momento. Non potei più farcela in quel momento.
Sulle gambe che a stento riuscirono a reggermi ripresi il sentiero per tornare alla mia macchina. Lasciai che le lacrime scorressero liberamente mentre salii nella mia auto e me ne andai.

Allora vi chiedo, cosa fareste se il vostro mondo andasse in frantumi? Se qualcuno lo sa, ammesso di sì, me lo potrebbe dire? Sapete dirmi come farò a salvare il mio cuore che va in frantumi?


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Nota: Solo un paio di cose: non è la mia storia, l’ho tradotta da una storia in inglese; il terzo personaggio del triangolo era un altro, ma mi sembrava troppo crack pairing sinceramente. Mi sono permessa di cambiarlo con uno che almeno ha avuto a che fare seriamente dal punto di vista sentimentale con il tenente Caine.
Buona lettura!

   
 
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