La
cella è
abbastanza soleggiata. Il sole batte forte sulla prigione e John aveva
bisogno
di capire come redimere i propri peccati. John chiama il capitano
Bellick: “Ehi
capo, ho bisogno del prete”. Bellick sentendo quelle parole
di John gli ride in
faccia e tutti i detenuti si incuriosiscono del motivo delle sbellicate
risate
del capitano.
“Vuoi
andare in ferie anticipate, John?” gli dice
beffardo Bellick, continuando a ridere a crepapelle. Gli occhi di John
hanno un
colore cupo, quasi triste, e forse qualcosa di grave sta per succedere
lì
dentro. “Philly ti paga per obbedire, non per dire cazzate,
quindi muoviti!”
gli ordina John prima di tornare nella sua branda.
Il
capitano Bellick per un momento diventa serio, per
poi tornare di nuovo a ridere. “Va bene, va bene”
risponde con voce sempre più
distante. I passi del capitano hanno una cadenza molto pesante, e il
rumore dei
suoi passi si sente a diversi metri.
Intanto
Bellick trova Geary davanti a se, e gli racconta
tutto ciò che riguardava John circa il prete, tanto per
sparlarne in due. “Mai
sentita una cazzata del genere da parte di quel babbeo”
continua Bellick
accompagnato dalle risate di Geary. Poi preso dal senso del dovere
chiama il
prete, residente nella cappella del carcere.
“Padre..”
chiama con voce rispettosa il prete. Bellick
assume la solita postura da uomo duro, con una mano sul manganello e
l’altra
sulle manette.
“Dimmi,
figliolo” risponde il prete con voce piuttosto
fiacca, avendo finito da poco di celebrare la messa del vespro.
“Un
prigioniero vorrebbe parlarle..” continua Bellick
con voce un po’ più bassa del solito in forma di
rispetto.
“Di
chi si tratta, Brad?” chiede con tono curioso il
prete, mentre si sistema il tao sul collo, e Bellick con tono
più sicuro e
chiaro risponde con sole due parole “John..
Abruzzi..” aggiungendo un sorriso e
abbandonando la cappella.
Il
prete con un po’ di fretta si appresta a
raggiungere la cella di John, e alcuni strani pensieri balenano nella
sua
testa. Il principale è cosa volesse John Abruzzi.
La
cella si apre e John fissa con sguardo imperterrito
il muro accanto al letto. John sta impazzendo. Una figura di Cristo
insanguinata appare sul muro, e John crede che sia un segno divino. Poi
rivolgendosi con rispetto al prete gli dice “Padre,
può capitare che Cristo si
mostri a noi uomini?” e il prete con un po’ di
difficoltà gli risponde “Vedi
John, il Signore a volte si mostra a noi uomini, quando abbiamo
particolarmente
bisogno del suo perdono” e poi continua recitando alcuni
versetti
dell’apocalisse, e John quasi nemmeno lo ascolta, continuando
a fissare con
ossessione il Cristo insanguinato. Intanto inizia il turno di lavoro e
John si
dirige in uno dei magazzini, dove lo aspettano i suoi uomini. Tutto
è pronto e
quando entra nel capanno è quasi buio. “Lasciateci
soli!” ordina John ai suoi
uomini, e loro senza obiettare obbediscono. La porta si chiude dietro
di loro,
ma John non è completamente solo lì dentro. Come
aveva ordinato loro, ad
aspettarlo lì c’è un bel pacchetto
regalo: il ficcanaso T-Bag.
“Allora,
Theodore, come te la passi?” dice con voce
convinta John.
“John,
ti prego non farlo..” chiede con voce penosa
T-Bag.
John
quasi non capisce cosa farnetica il pedofilo,
così nemmeno prende in considerazione le parole di T-Bag.
Continua a girare
intorno a quel tavolo di compensato, T-Bag e accasciato su un lato di
essi.
John
sospira, e qualche secondo dopo si avvicina a
T-Bag, estraendo dalla manica della camicia da lavoro una forbice.
“Vedi,
Theodore, tu sei quello più odiato, quello che
più ha fatto del male, e quello
che adesso pagherà..” spiega a T-Bag con fare da
poeta, quasi fosse un attore
drammatico in un film comico.
T-Bag
è disperato, ma preferisce non proferire parola;
forse si sarebbe potuto salvare. Così inscena un finto
rimorso “Sarò anche un
cane rognoso, il più bastardo su questa terra, ma tu non sei
da meno, John!”
risponde Bagwell con un pizzico di sprezzo in quelle parole, come se in
quel
momento provasse davvero sprezzo nei confronti di Abruzzi. Poi attese
un
attimo, una lacrima scese dal suo viso “Che bisogno
c’era di uccidere il
bambino?” dice a voce forte T-bag mentre Abruzzi inizia ad
arrabbiarsi.
Continua
a ripetere quella frase T-bag, sempre più
forte, e John in preda al panico lo afferra per i capelli e gli sbatte
la testa
sul tavolo. Può arrivare una guardia da un momento
all’altro, e John deve
muoversi.
“La
differenza che c’è tra me e te, Theodore,
è che io
posso cambiare, perché Cristo mi ha dato un’altra
possibilità!” gli urla a
bassa voce John per poi continuare “E anche se tu non la
meriti..”. Finita di
pronunciare questa parola, T-bag inizia a cantare vittoria nella sua
mente, un
sorriso compare sul suo volto, e aspetto le ultime benedette parole di
John.
“Si
John, dammi un’altra possibilità, mi
tirerò fuori
dalla fuga!” giura T-bag recitando, approfittando di quel
momento di
religiosità e compassione di John.
Abruzzi
così gli sorride, facendo vedere i suoi denti
ingialliti per l’età a T-Bag, dicendogli le ultime
parole “Io ti perdono..”.
T-Bag abbraccia John, ringraziandolo, poi si libera dalla morsa di John
ed
estrae dalla sua bocca una lametta. John si avvia verso
l’uscita, poi si blocca
tutto d’un tratto. L’espressione diventa fredda,
quella del killer mafioso,
stringe forte la manica della forbice. “Ah, Theodore,
dimenticavo..” dice John
prima di girarsi di colpo e lanciare la forbice in direzione della
fronte di
T-Bag. Un sordo rumore si sente. John ha bucato il cranio di T-Bag con
quella
forbice. John gli si avvicina, e con un sorriso beffardo gli sussurra
delle
parole, come una giustificazione “Io ti ho perdonato, ma
credo che quei bambini
a cui hai fatto del male.. beh.. loro non lo faranno mai..”
conclude John
estraendo la forbice dal cranio e sparendo da quel posto con un aria
soddisfatta, come se avesse compiuto una missione.. affidatagli da Dio.