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Autore: Maico    03/08/2018    3 recensioni
| Au!AliceInWonderland | Solangelo |
Tratto dal testo:
Lo Stregatto si perse ad osservarne la superficie brillante, spostando smanioso lo sguardo ogni qual volta la piccola manina che teneva il campanello si spostava impercettibilmente.
"William dove l'ha preso?"
"Io.." sembrò sul punto di svenire dall'imbarazzo da un momento all'altro "l'ho raccolto.. Prima di trovarti all'incrocio."
"William l'ha rubato ai fiori."
"Cosa? No!"
"E invece sì" il sorriso del moro si accentuò sempre di più "Mi piace"
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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GIVE UP AT WONDERLAND











"E adesso dove vado?" si era chiesto il bambino, guardato sconfortato i due cartelli; le lacrime che minacciavano di sgorgare dagli occhi azzurri da un momento all'altro. 
"Non è giusto" sussurrò, tirando su col naso e passandoci una mano sopra. 
"Voglio tornare a casa!" singhiozzò. 
Il piccolo bimbo biondo si era poi accasciato a terra, abbracciandosi le gambe esili e nascondendoci le testa riccioluta, piangendo rumorosamente, le spalle scosse da violenti sussulti. 
"Mamma!" chiamò, stringendosi ancor di più, appallottolandosi su sé stesso "Mamma!"
"Sei Alice?"
Alzò la testa di scatto, terrorizzato, guardandosi furiosamente intorno, alla ricerca dell'origine di quella nuova voce sconosciuta. 
Ma non vide nessuno. 
La piccola scintilla di speranza, seppur ben nascosta dalla paura che aveva provato precedentemente, di trovar qualcun altro in quella specie di giungla, si era spenta in un istante. 
Era solo. 
Quel pensiero lo ricatapultò nella disperazione più nera. 
"No, no" apparve nuovamente la voce "Tu non puoi essere Alice. Lei è diversa."
Si trovò davanti a due enormi occhi neri, talmente scuri da non riuscire a distinguere la pupilla dell'iride. Ma, nonostante il colore, non sembravano cattivi. Lo osservavano nella loro grandezza, lucidi come biglie, talmente profondi che per un attimo si perse dentro. Eppure non parevano freddi, anzi, riuscirono in qualche modo a calmarlo. 
"Chi sei quindi tu Non-Alice?"
Il bimbo non poté fare a meno di arrossire, scappando di qualche passo e fissando quindi sospettosamente lo sconosciuto, intimorito. 
Ci fu uno scambio di sguardi silenzioso nel quale il bambino poté osservare l'altro per intero. Era uno strano individuo, dai capelli neri quanto gli occhi, ancora più scompigliati dei suoi; gli ricadevano sul viso, coprendogli fronte e guance, con due bizzarri ciuffi che sparavano verso l'alto. Gli sorrideva, le labbra tinte di scuro fin troppo tirate per essere normali, facendo far bella mostra dei piccoli denti affilati. 
Era accovacciato a terra, seduto sui talloni e i palmi appoggiati per sorreggersi meglio, il petto scoperto e solo dei pantaloncini sfilacciati indosso. 
"Chi sei tu, Non-Alice?" ripeté, dondolando la testa, il sorriso persistente. 
"W-william!" pigolò, gli occhi sgranati a fissare sbigottiti quella che tanto sembrava una coda, sbucata alle spalle dell'altro. 
"William non dovrebbe essere qua" lo informò, rimanendo immobile, il sorriso che pareva allargarsi ad ogni sillaba. 
"Voglio tornare a casa!" Will si morse un labbro, le lacrime che ricominciarono a rigargli le gote rosse "Voglio la mamma!"
"William vuole tante cose" la voce gli accarezzò le orecchie, facendolo girare con uno scatto, scoprendo il corvino alle sue spalle, ad un palmo di distanza. 
"Chi sei?" gli chiese, il viso chiazzato di rosso per il pianto e l'imbarazzo, rovente tanto da fargli girare la testa. 
"Lo Stregatto osserva" gli disse, gli strani ciuffi che si mossero, lasciando perplesso il biondo. 
"Stre..gatto?"
Quello annuì, facendo danzare la coda sottile, colpendolo, forse senza volerlo o forse no, al naso, facendolo starnutire. 
"Stregatto ha pensato che farsi vedere mezzo-uomo avrebbe calmato il cucciolo umano" 
Gli si avvicinò ancor di più, scrutandolo con i grandi occhi nei quali Will poteva scorgere il proprio riflesso "Ha funzionato?"
"Forse" sussurrò, guardandosi le scarpe mezze rotte "Grazie Stregatto."
"Perché William ringrazia?"
"Perché mi hai aiutato!" il bimbo sorrise, cercando di imitare quello dell'altro. 
"Stregatto non aiuta" lo corresse, lo sguardo serio che venne però ignorato dal piccolo. 
"Perché sorridi? Non ti fanno male le guance dopo un po'?"
"William è un bambino curioso" constatò inclinando la testa, movimento che ricordò vagamente un gufo al biondo. 
"Alice sta arrivando" drizzò all'improvviso le orecchie, fissando un punto imprecisato alle spalle del bambino, nel bel mezzo dell'oscurità. 
"William se ne deve andare. Non può interferire con la storia."
"Cosa?" domandò deluso, la bocca spalancata "Ma perché? Non voglio stare da solo!"
"William se ne deve andare" ripeté mentre il sorriso adesso appariva più disteso, un ghigno divertito "Adesso William cade."
E il povero bambino non ebbe tempo di capire, all'improvviso risucchiato da un buco nel terreno che lo fece sprofondare nelle viscere di quella folle terra, accompagnato dalla lieve risata dello Stregatto. 





"William è sveglio? Allo Stregatto sembra che non abbia niente di rotto."
La prima cosa che vide quando rinvenne, fu una coda nera agitarsi davanti al suo viso, pizzicandogli il naso. Poi ci furono le orecchie che lo fecero sorridere, ed infine due tondi occhi scuri che, come al solito, lo osservavano con quella insolita scintilla di curiosità. 
"Stregatto?" bisbigliò strofinandosi un occhio, sbadigliando e mettendosi dritto. 
Il bimbo studiò il luogo dove era finito, scoprendo di trovarsi in una stanza abbastanza piccola, dalle pareti composte da un'intricata catena di rami, che l'avvolgevano come una cupola. Non uno spiraglio di cielo che si potesse intravedere. 
La luce proveniva dai giganteschi fiori che adornavano il pavimento, grandi quanti un letto matrimoniale ciascuno, sui quali era stato adagiato fino a quel momento. Ognuno emanava una sfumatura diversa, lieve e calda, che sembrava riflettersi sulle pareti. 
"William sta bene?"
Il bambino rimase ammutolito quando il ragazzo scomparve all'improvviso, tornando solo poco dopo, tenendo in mano una piccola tortina glassata. 
"Mangia?" gli chiese porgendogliela, il sorriso sempre largo. 
"Grazie Stregatto" il suo stomaco scelse proprio quel momento per farsi sentire; arrossì, prendendo il dolce con entrambe le mani, dandogli un piccolo morso. 
"È buono!" esclamò, sorridendo, divorandolo in pochi altri bocconi. 
"Stregatto l'ha preso alla tavola del Cappellaio, ma non ha portato il the."
"Non fa niente" Will poteva sentire il viso andare a fuoco "Non mi piace il the."
Passò qualche momento di silenzio nel quale il moro si allontanò, andando a sdraiarsi in un angolo, su un fiore rosso, raggomitolandosi e chiudendo gli occhi, dandogli parzialmente la schiena. 
William osservò lo Stregatto, le spalle che si alzavano ritmicamente, a tempo con il lento respiro, notando la lunga striscia nera che gli percorreva la base della nuca, attraversando la spina dorsale, fino alla coda. Tentennante si alzò, stando attento a non cadere a causa dei petali scivolosi, muovendo i primi passi verso l'altro. Quasi ruzzolò alla fine, sbattendo il ginocchio e i palmi sul fiore che però gli ammorbidì la caduta, lasciandolo indenne. Strisciò per l'ultimo tratto, fino a trovarsi davanti al volto rilassato dello Stregatto, le labbra nere finalmente morbide, dischiuse solo per farne uscire il lieve fiato. Allungò una manina, concentrandosi per essere il più delicato possibile, accarezzandolo proprio in mezzo a quelli che aveva scambiato per strambi ciuffi ma che in realtà erano orecchie. Ci passò le dita più volte, stupendosi dello straordinario groviglio che erano quelle ciocche d'inchiostro, cercando di sbrogliare i nodi che incontrava. Senza accorgersene disegnò il contorno delle orecchie, grattando le tempie, lisciando i capelli. 
William sobbalzò per un momento, venendo stretto dalle braccia dell'altro che lo schiacciarono contro il petto chiaro. 
"William dovrebbe sapere quando non disturbare un gatto che dorme" borbottò, con un unico occhio semiaperto, sbadigliandogli poco educatamente in faccia. 
"Scusa" rispose a mezza voce anche lui, sentendo i capelli fin troppo lunghi dell'altro solleticargli il naso. 
"Però allo Stregatto non ha dato troppo fastidio" la voce si smorzò lentamente, il viso del moro che era immerso nei riccioli biondi, già mezzo nel mondo dei sogni. 
«Sembra l'abbraccio della mamma» pensò Will, ricambiando quella stretta, addormentandosi insieme allo Stregatto. 





"Dove eri andato?" singhiozzò, asciugandosi le lacrime con gli abiti ormai lerci, guardando la figura sfocata davanti a sé. 
"Stregatto riporta William a casa."
"Ho avuto paura!" strillò il bimbo, abbracciando all'improvviso le gambe del moro, scoppiando nuovamente a piangere "Credevo che mi avessi abbandonato!"
"Stregatto non.." parve in difficoltà, bloccandosi dal pronunciare qualsiasi parola "Stregatto non voleva far spaventare William" gli accarezzò la testa, ricambiando fiaccamente la stretta. 
"Non farlo più" mugolò il bimbo, guardandolo dal basso con gli occhi azzurri gonfi e lucidi, le labbra tremanti e rosse per i singhiozzi. 
"Stregatto si scusa, ma William deve tornare a casa."
"Perché?" il bambino si staccò leggermente, fissando quegli occhi neri "Se ci sei tu va bene."
"Ma la madre di William? Sarà preoccupata."
Will tirò su forte con il naso; ripensare alla donna che gli aveva donato la vita fu doloroso come un pugno in faccia. 
"Certo che mi manca mamma" sussurrò cupo, adombrandosi "Ma tu non verrai, non è vero?"
Il più grande sorrise solo, scuotendo lentamente la testa. 
"Nessuno deve sapere che William è stato in Wonderland."
"Ma perché?"
"Perché William non è Alice. E se un umano non è Alice non va bene."
"Non ha senso!"
"Wonderland" cercò di spiegare il più semplicemente possibile "è un mondo creato dalla Prima Alice. Vi ci possono accedere solo le bambine più pure, che dovranno affrontare la Regina Rossa e riuscire a svegliarsi, per tornare a casa."
"Vuoi dire che questo è tutto un sogno? Che niente di ciò che mi è capitato è reale? Sono stato rimpicciolito! Ho sentito animali che parlavano! Tu..!" il biondo gesticolò, alzando la voce e sgranando gli occhi. 
Lo Stregatto non aggiunse nient'altro, fissandolo e basta mentre il più piccolo di sfogava. 
"William adesso torna a casa" ricominciò quando fu sicuro che il bambino lo avrebbe ascoltato. 
"No!"
"Se Alice si sveglia" gli fuoriuscì un ringhio dalle labbra nere involontariamente, che fece ammutolire il biondo "William non potrà più uscire da Wonderland. Mai."
"Ma io.." deglutì a vuoto, strofinandosi il viso. 
"William deve tornare a casa" lo Stregatto gli appoggiò le mani sulle spalle, guardandolo dritto nelle iridi "Deve dimenticare tutto quello che gli è successo qua."
"E cosa ne sarà di te, Stregatto?"
"Stregatto è diverso. Lui osserva, lui compare ovunque."
"Vuol dire che ci rivedremo?"
"Stregatto osserva nell'ombra" sbadigliò, mostrando i piccoli denti affilati "William adesso dimentica e va via."
"Aspetta!" il colorito del bambino assunse le sfumature più scure del rosso mentre si frugava velocemente fra le tasche bucherellate della stracciata giacchetta che ancora indossava. Ne tirò fuori uno scintillante oggetto sferico che trillò non appena venne porto verso il più grande. 
Lo Stregatto si perse ad osservarne la superficie brillante, spostando smanioso lo sguardo ogni qual volta la piccola manina che teneva il campanello si spostava impercettibilmente. 
"William dove l'ha preso?"
"Io.." sembrò sul punto di svenire dall'imbarazzo da un momento all'altro "l'ho raccolto.. Prima di trovarti all'incrocio."
"William l'ha rubato ai fiori."
"Cosa? No!"
"E invece sì" il sorriso del moro si accentuò sempre di più "Mi piace" confessò, toccando con la punta del naso il campanello, facendolo suonare leggermente. 
"È interessante" gli svelò, emettendo un basso brontolio dalla gola, picchiettando con la testa il braccio del bambino "Nessuno lo aveva mai fatto."
"Non voglio dimenticarti" sussurrò William, accarezzando le orecchie dello Stregatto mentre faceva rumorosamente le fusa "Tu mi dimenticherai?"
"William vuole che lo Stregatto non si ricordi di lui?"
"No!" il bimbo gli si gettò fra le braccia, nascondendo il volto nel petto nudo ma piacevolmente caldo. 
"Mi mancherà William" ammise infine il più grande, stringendolo a sé mentre il piccolo corpo di afflosciava, abbandonandosi nella sua stretta solo per scomparire poco dopo, lasciando cadere tintinnando una piccola campanella. 







Will si tenne lo stomaco, soffocando i gemiti di dolore che gli risalivano la gola. Si appallottolò su sé stesso, cercando di estraniarsi da quel mondo, da quei tre ragazzi che lo stavano prendendo a calci, da quelle risate gelide quando il metallo, brucianti allo stesso tempo. Se l'avessero visto così remissivo, forse l'avrebbero lasciato presto in pace. Solitamente funzionava. 
Aspettò quindi passivo, provando a ricacciare indietro le lacrime che parevano volergli ustionare le cornee. 
Tempo. Doveva solo aspettare e poi sarebbe potuto tornare a casa. 
"Cosa c'è frocio? Non dirmi che sei già morto!"
Per un attimo la mente di William si chiese come avrebbe potuto un morto rispondere ad una simile provocazione. Rimase però in silenzio, rallentando il più possibile il proprio respiro, fingendosi svenuto. 
"Mi sa che è proprio andato Mark" fece una seconda voce, sprezzante mentre la suola di una scarpa si posava sulla sua testa, facendo pressione. 
"Non durano proprio niente questi succhia cazzo" insultò lo stesso, lasciandolo finalmente andare "meglio andarcene prima che qualche santarellino ci veda e chiami la polizia."
Will sentì lo scalpiccio delle suole dei tre farsi lontano, un eco flebile e privo di forma. 
Era stanco il ragazzo. E non si riferiva solo alla pesantezza delle proprie palpebre, al corpo che sembrava essersi fatto di piombo e cemento. A soli diciannove anni, William era stanco anche di respirare, aprire gli occhi la mattina e trascinarsi a forza a scuola. Non ne poteva più di seguire quelle noiose lezioni per ore intere, ritrovarsi solo come un cane alla pausa pranzo ed essere infine sbattuto in un vicolo secondario ogni giorno, preso a calci e pugni, sentendo il veleno che i compagni gli lanciavano sfrigolargli nelle orecchie, bruciante. E successivamente si doveva rialzare ogni volta. Non importava quanto quelle percosse gli avessero fatto male, né quanto il suo stomaco ululasse di dolore ai più piccoli movimenti; tornava a casa come se tutto quello che gli stava accadendo non fosse reale, come se non si rendesse seriamente conto di quello che stava patendo. 
E quel giorno era veramente privato di qualsivoglia forza di volontà, stremato da quel ciclo infinito, destinato ad andare avanti chissà per quanto tempo ancora. Quel mondo gli faceva schifo, le persone che lo popolavano gli faceva ribrezzo.. Stupide, inette, dalla mentalità chiusa e superficiale, privi di alcun gene evolutivo. Dov'era andata tutta la saggezza che aveva guidato l'uomo fino a quel secolo? Dove erano tutti gli ideali di uguaglianza proclamati solo pochi decenni prima?
La pena si mischiava al risentimento dentro i meandri più profondi della psiche del biondo, alimentando quel piccolo frammento nero che si era formato anni prima, alla morte improvvisa dei genitori. Da allora l'odio verso quel mondo, quella piccola scheggia più scura della notte stessa, non aveva fatto altro che accrescere, stendendo un panno apatico e spesso anche pessimista sulla sua visione di vedere la realtà. 
Meglio vedere tutto in negativo e poi ricevere una lieta sorpresa, che l'amarezza di un dispiacere improvviso. 
Sospirò stanco, mentre i suoni esterni  si ovattavano lentamente, lasciandolo chiuso in una bolla piacevolmente tiepida, il sonno che si agitava, imminente. 
E un tremulo scampanellio lo accompagnò nel mondo onirico, simile ad una carezza, morbido e delicato come l'abbraccio quasi del tutto dimenticato di sua madre. 




"William?"
La mente del ragazzo ancora addormentato si increspò per qualche istante, acquietandosi subito dopo. 
"William si sveglia."
Un qualcosa lo disturbò, pizzicandogli fastidiosamente la faccia e facendo emergere prepotentemente la coscienza del biondo, riportandolo alla realtà. 
Aprì di scatto gli occhi ancora impastati, sorprendendosi di non ritrovarsi accecato dalla luce del Sole ma di vedere una volta stellata, fin troppo vivida e splendente per essere quella della sua città, piena di fumo e smog. 
"Will?" una testa comparve improvvisamente nel suo campo visivo, facendolo irrigidire spaventato. Non sapeva dove si trovava, chi fosse quello sconosciuto e come facesse a sapere il suo nome. Provò ad alzarsi velocemente ma le gambe gli credettero, un giramento di testa per il sangue che ne affluiva senza preavviso. Strisciò comunque più lontano di qualche metro, finché la sua schiena non si posò sulla corteccia ruvida di un albero. Non vedeva nulla se non il buio, a mala pena poteva distinguere i contorni dello sconosciuto con quella poca luce che proveniva dalle stelle. 
"William ha paura" non era una domanda quella che udì e il cuore del biondo prese a battere ancora più furiosamente. 
Le iridi azzurre saettarono quasi impazzite, cercando la fonte di quelle parole sussurrate, ma senza trovarla. Sentì quindi gli occhi iniziare a pungere, incominciare a bruciare dal pianto mal trattenuto. Non sapeva dov'era e come ci era finito, né il motivo o quanto tempo fosse passato da quando era svenuto veramente sulle stradine luride di Londra. Il suo aguzzino rimase muto e il ragazzo sperò con tutto sé stesso che se ne fosse andato. 
"Mwaho."
Will aggrottò la fronte, ancora rannicchiato con le ginocchia al petto e la testa nascosta dalle braccia, aprendo un piccolo spiraglio per vedere cosa stesse succedendo. 
Un gatto nero lo fissava con sguardo truce, gli occhi gialli brillanti puntati proprio nei suoi nonostante quel piccolo scorcio fosse stato aperto pochi istanti prima. Se ne stava comodamente seduto affianco alle suole delle sue scarpe, il piccolo capo ritto come le orecchie e la coda che si muoveva placida alle sue spalle. 
"Mwaho" ripeté il micio duramente, posando una zampa sul piede di Will due volte prima di rimettersi in piedi e girarsi. 
"Mwaho!" sembrò urlargli contro quando lo vide ancora nella stessa posizione, sbuffando esasperato. Cioè.. Sempre se i gatti potessero sbuffare. 
Il biondo scosse la testa sconsolato, facendosi forza sulle gambe per mettersi in posizione eretta e, dopo essersi guardato intorno alla ricerca del suo rapitore invisibile e non averlo trovato, seguì la piccola bestiola per quell'intrico infinito di piante di ogni genere. 
Il gatto ogni tanto gli gettava un'occhiata con gli occhi freddi, miagolando successivamente per richiamarlo. Allora Will si affrettava ad accelerare il passo e non perder di vista quel corpo d'inchiostro, stando attento a non prender in fronte nessun ramo basso. 
"Dove mi stai portando?" aveva chiesto più volte, quasi senza accorgersene, non ricevendo mai risposta. Come se il micio potesse parlare inoltre. 
Si fermò quello alle radici di una pianta più grande e maestosa delle altre che li avevano circondati fino a qual momento, fissando con le iridi dorate il tronco possente. 
Will si avvicinò cauto, togliendosi dai capelli la moltitudine di foglie che, non sapeva neanche lui, si erano impadronite del suo capo. 
"Mwhao" ruppe il silenzio l'animale, voltando il muso verso di lui e osservandolo diversamente, quasi come se l'oro stesse brillando. 
Si chinò l'umano, accarezzandolo piano in mezzo alle orecchie o scrutando dove poco prima stava fissando il gatto. 
C'erano diverse piantine, basse e dagli steli verdeggianti, carichi di piccoli boccioli dalle sfumature del bianco e del lilla. Sfiorò le campanelle con i polpastrelli, stupendosi non poco nel sentire nelle orecchie il trillo allegro dei fiori. 
"William ricorda il suo regalo?"
Quando si girò, il biondo non si sorprese nel trovarsi dinanzi ad un ragazzo mezzo nudo e mezzo gatto, che lo fissava con degli occhi enormi, lucidi e neri, brillanti come opali. 
Se ne stava acquattato nell'oscurità della notte, la pelle che sotto le pallide luci delle stelle era simile all'argento. 
Le labbra dipinte di scuro avevano una piega sofferta e malinconica mentre con i polpastrelli sfiorava appena il gioiello al collo, disperdendo nell'aria la leggerissima musica del fiore, stonante però con quella del mazzo ai piedi dell'albero. 
"Tu.." iniziò quindi a dire il biondo, puntandogli un dito contro senza alcuna minaccia "..tu non.." aggrottò le sopracciglia, sforzandosi di ricordare dove già avesse visto quegli occhi e quel viso che non gli erano del tutto estranei. 
C'era qualcosa, il suo sesto senso, che gli sussurrava di conoscerlo in qualche modo, una tiepida sensazione in mezzo al petto. 
"William ha dimenticato. "
Sbatté lentamente le palpebre sorpreso, fissando in silenzio il sorriso dolce amaro che pareva proprio brillare in quel buio. 
"Perché sono qua?" chiese quindi, decidendo di chiudere per il momento quel discorso e provare su domande di maggior urgenza. 
"Necessità" fu la stretta risposta e, dal tono basso e quasi gorgogliante che il moro aveva utilizzato, probabilmente quell'argomento non  era dei suoi preferiti. 
"Dove sono?"
"In un bosco" il sorriso si fece più sottile, divertito sinceramente. 
"Dove sono?" ripeté con maggior enfasi, strofinandosi gli occhi brucianti, troppo sforzati a mettere a fuoco l'altro in quella quasi cecità. 
"Wonderland."
"E tu chi sei?"
William assimilò solo dopo l'ennesima richiesta il nome che lo sconosciuto già visto gli aveva dato, sgranando gli occhi azzurri all'inverosimile. 
"Sto sognando" interruppe quindi ancor prima che l'uomo mezzo animale esalasse un solo respiro, prendendosi la testa fra le mani, il principio di una risata isterica che gli formicolava in fondo alla gola. 
I rumori del bosco accompagnarono le sue parole, facendogli da sfondo nel caos cui si stava spaccando la sua mente, pigiando i palmi contro le tempie. 
"Sogno.. So che sto dormendo ma non riesco a svegliarmi. Perché non ci riesco? Dovrebbe essere semplice, giusto? Giusto?" eruttò senza controllo, fissando il vuoto "Perché non riesco ad avere un po' di luce? Eppure sto immaginando una lampadina! Ci mancava solo di avere anche i sogni difettosi e..!"
"William sta per avere un attacco di panico."
"Io non sto per avere un attacco di panico!" ribatté alzando la voce rabbioso, digrignando i denti e incenerendolo con gli occhi cerulei "E perché cazzo sei ancora nudo?" alzò le braccia al cielo, emettendo un sonoro gemito di frustrazione. 
"William si calma" continuò perfettamente tranquillo il moro, un leggero sorriso che continuava ad inarcargli le labbra. 
"Smettila di parlare così!" si sgolò, avvertendo le guance diventare paonazze per lo sforzo "Io non sono affatto nervoso!"
"E Stregatto non l'ha detto" tirò su le mani in segno di resa, avvicinandosi cauto e senza emettere un suono, l'espressione invariata "Ma" il tono divenne improvvisamente duro intanto che la coda guizzava nervosa a destra e sinistra "William non deve essere scoperto."
E detto ciò gli si gettò addosso, ruzzolando a terra; Will si dimenava come un ossesso, strillava, o almeno ci provava con la bocca tappata a forza dalla mano dell'altro, tirando pugni e calci a caso nonostante sembrasse colpire l'aria. 
Avvertì una sensazione di panico mentre lo stomaco si ribaltava, all'improvviso e talmente veloce come la terra che gli mancò sotto la schiena. 
Per quei fatali istanti la sua mente fu bianca, interrotta solo da imprecazioni di terrore, credendo di star precipitando ad una velocità spaventosa, già immaginandosi sfracellato al suolo in una poltiglia sanguinolenta. 
"Ofh!" sussultò, il colpo alla schiena che, sebbene fosse nettamente più leggero di quanto si sarebbe mai aspettato, si ripercosse comunque per tutto il petto, facendogli vibrare perfino i polmoni. 
"William si è fatto male?" lo colse la voce allarmata dell'altro , che lo fissava ad un palmo dal naso con le iridi nere enormi. Quasi fin troppo. 
"Sono vivo?" alzò il busto, tastandosi cauto lo stomaco e la schiena, agitando piano le gambe. 
Niente di rotto per il momento. 
Il suo sospiro di sollievo fu però stroncato bruscamente a metà dal mezzo gatto che gli piombò pesantemente fra le braccia, stringendolo fino a fargli mancare il fiato. 
"Lo Stregatto è così contento che William stia bene" gli disse con il volto premuto sul petto, la coda che delicata come una piuma gli avvolgeva il fianco. 
Sgranò gli occhi, mettendo una mano sulla spalla e l'altra sullo sterno dello Stregatto, spingendolo lontano facendo pressione. 
"Che stai facendo?" sbottò contrito, le guance spennellate da una leggera sfumatura rosata. 
Ormai perfino ricevere un abbraccio era estraneo per lui, forzato in qualche modo. 
"Sono così felice di riaverti qui" gli confessò, attaccandosi nuovamente al suo braccio, strusciando con insistenza il volto sulla sua pelle, il campanellino che portava al collo che suonava come un'orchestra. 
"Wonderland è stato così vuoto senza William" continuò, i capelli lunghi che fecero pizzicare il naso al biondo. 
Istintivamente gli poggiò il palmo in mezzo alla testa, le orecchie che si piegarono a quel contatto, le fusa che rombavano nel piccolo luogo sempre più forti e vibranti. 
E Will fu come colpito da una scossa, i ricordi di un sogno stipato della memoria che riaffioravano sbiaditi ma ancora integri. 
"S-Stregatto?" balbettò, convincendosi sempre di più di esser diventato matto. Come era possibile tutto quello?
"William ricorda?" quelle iridi nere luccicarono nelle sue, piacevolmente stupite mentre un sorriso ne inarcava le labbra nere. 
"Non tutto.." ammise, stringendolo però "ma le cose importanti sì."
Ridacchiarono insieme senza motivo, con il sedere per terra, i vestiti di Will appiccicaticci per il sudore e i capelli arruffati dello Stregatto che pizzicavano il naso al biondo. 
Il plus ultra del confort. 
"Senti" William si calmò, finendo di ridere e tornando serio "Perché sono qua? Non dovrei e.." aggrottò la fronte "Non ci sto capendo niente."
Le dita del mezzo uomo si posarono in mezzo ai suoi occhi, massaggiando assorto le rughe che si erano formate sulla pelle dell'altro. Si mordicchiò le labbra nere e depositò solo per un istante le iridi d'onice negli occhi di Will. 
"Stregatto..?"
"Stregatto ha già detto il motivo per cui William è a Wonderland!" sbottò, agitando nervosamente la coda "Necessità."
"Non faccio parte di questo mondo. L'hai detto anni fa: io non sono Alice."
"Io ho sempre odiato Alice" fece improvvisamente cupo, ringhiando "E necessità tua, non di questo posto."
"Mia?" strabuzzò gli occhi "Io sto bene."
"Io sto bene" insistette. 
"William potrebbe stare bene adesso, in questo momento.. Con me."
"Cosa?" domandò il biondo, non distinguendo che un borbottio l'ultima parte. 
"Nel suo mondo William non sta bene!" continuò caparbiamente, ignorandolo "Io vedo tutto."
"Tu.. Cosa?" parve un disco rotto, le iridi cerulee interdette "Mi spiavi?"
Lo Stregatto si sdraiò comodamente poco distante, leccandosi un polso e guardandolo di sottecchi, perfettamente calmo rispetto all'irruenza di qualche istante prima. 
"Ti stavo accanto" rettificò "Come ti avevo promesso."
"Hai visto" deglutì "tutto?"
"Ogni giorno, ogni mese e ogni anno" le orecchie sulla sommità di quella testa si abbassarono tristemente "Mi dispiace."
"Non fa niente" strinse le labbra "Non si può cambiare il passato."
"William è saggio" lo Stregatto lo lodò, mettendosi su un fianco e fissandolo con gli occhi enormi, fermi "Ma Stregatto non vuole vedere più William.. come nel vicolo" la voce si abbassò "Qui sarai al sicuro."
"La prima volta non mi hai fatto rimanere" pensò "però non mi ricordo perché."
"Una volta che Alice fosse uscita da Wonderland" quelle iridi nere lo inghiottirono "William sarebbe rimasto bloccato qua."
"E adesso non è più così?"
"Ora Alice non c'è" premette la guancia contro il pavimento fosforescente, ricoperto da strane piante "e William non ha motivo di tornare."
Il biondo si sentì schiaffeggiato da tutta quella schiettezza e percepì gli occhi inumidirsi automaticamente, al di fuori del proprio autocontrollo. 
Lo sapeva che non aveva alcun solido legame in quella sua miserabile vita, che neanche un'anima si sarebbe piegata dal dolore per la sua assenza. Amici ne aveva pochi che non potevano neanche vantare di quell'epiteto; erano più che altro conoscenti di scuola, persone a cui passava i compiti e con cui le conversazioni iniziavano con un -come va?- e finivano con un -ok, grazie-
"William?"
Lo Stregatto si rimise immediatamente in piedi, affiancandolo in un batter d'occhio e circondandogli il volto con le mani, raccogliendo quelle lacrime amare che continuavano a scendere corpose. 
"Stregatto non voleva ferire William! Non.. Dannati sentimenti umani!"
"Non è niente" scosse la testa, fissando un punto vuoto per terra. 
Infondo era vero quello che gli aveva detto. 
Lui non... lui...
Scoppiò a piangere, rannicchiandosi più che poteva a terra, la testa nascosta dalle braccia e la schiena mossa dai singhiozzi. 
Lo Stregatto gli si avvicinò velocemente, circondandolo in un abbraccio, posandogli la testa sui suoi capelli. 
Lo strinse, cullandolo piano, senza dire una parola. Rimasero così, aspettando. 
Aspettarono che Will si placasse, rimettendo insieme quei pochi pezzi di sé che ancora non si erano trasformati in polvere. 
Il biondo tirò su con il naso, prendendo un paio di respiri profondi. Le mani gli tremavano ancora, e si sentiva il cervello immerso nella lava ma, nonostante ciò, ricambiò la presa dell'altro. 
"Mi dispiace così tanto" iniziò a ripetergli il corvino "Lo Stregatto si dispiace così tanto"
Tossì, ancora non completamente ripreso dal crollo di prima. Non si accorse neppure che il mezzo uomo si fosse rivolto a se stesso in prima persona. 
"Rimani qua con lo Stregatto" gli sussurrava "Nessuno farà del male a William. Lo Stregatto lo difenderà"
"Non voglio tornare laggiù" ammise in tono disperato, seppellendo il viso nell'incavo della sua spalla. 
"Ti prego" continuò, ormai distrutto "Ti prego fammi rimanere qua con te"




Le luci della volante della polizia abbagliavano la piccola folla radunatasi, lampeggiando sotto il velo fitto della pioggia londinese. Degli agenti bloccavano l'accesso alla via, ritti come statue nonostante il torrente d'acqua che li precipitava incessantemente contro. 
Gli unici ad aver avuto il permesso di accedere erano esclusivamente due altri poliziotti e un civile. 
"L'ho trovato già steso a terra" stava dicendo quest'ultimo, un uomo di mezza età dalla modesta statura. 
Si sfregava le mani, gli occhi castani che saettavamo fra le pareti della via, irrequieti. 
"L'ho chiamato ma non mi ha risposto. Mi sono avvicinato e..." 
La sua bocca si storse in una smorfia, intanto che una mano si tendeva ad indicare. 
"Bene" il poliziotto che stava affianco all'uomo smise di scrivere sul suo taccuino, mettendoselo in tasca. 
Successivamente, impugnò l'ombrello che in precedenza teneva fermo stretto fra il braccio e il busto, facendo un cenno al cinquantenne. 
"Fra un paio di giorni deve venire in centrale a depositare nuovamente la sua testimonianza; una volta che sarà più... tranquillo"
Si girò senza aspettare risposta, andando verso il collega. 
"Uno studente" lo informò, accovacciato a terra e senza voltarsi, il telo nero alzato un poco.
"Maschio. Biondo, metro e settanta all'incirca. Con sé aveva la sua tessera della biblioteca, nient'altro"
"Come si chiama?" domandò, proteggendo anche il commilitone dalla pioggia. 
Una volta ridotta la distanza, poté vedere anche lui i tratti del ragazzo. 
Sembrava sereno. 
"William Solace"






















Angolo Autrice:
Si.. emh... avevo questa storia completamente finita da un paio d'anni. 
Un paio di giorni fa, dopo essere bellamente resuscitata, ho notato che non l'avevo pubblicata. 
(Non fatevi domande, sono un po' stupida)
*si aspetta che tutti le dicano il contrario*
Pubblico: ...
*silenzio imbarazzante*
Nico: tks ti sta bene 
Sei cattivo q.q *cry cry*
Comunque... in origine doveva essere una cosa fluffosa, ma è deragliato tutto! 
Adesso è una storia triste :((

Riassumendo a super grandi linee:
Will è morto nella "vita reale" per poter rimanere in Wonderland. 
Wonderland può essere quello che volete: un sogno, un universo parallelo creato da Will dove rifugiarsi, un luogo reale (eccetera eccetera) 

Beh, spero che vi sia piaciuta. 
Ringrazio chiunque abbia letto per aver prestato attenzione a questa one shot

*lancia Haribo a tutti*
N: anche quelle verdi?
*si ferma intanto che stava scappando via con gli orsetti alla mela*
Non mi prenderai mai!!
*fugge*
N: ...fra tutte le autrici perché sono finito a lavorare con lei? 
   
 
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