Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |      
Autore: FireFistAce    04/08/2018    0 recensioni
Si sentiva scottare e tremare, ed un pensiero improvviso gli balenò in testa mentre se ne stava la fermo, in piedi, la spada ancora in mano.
"Credo mi abbia avvelenato."
Disse, e all'improvviso gli cedettero le ginocchia.
Si ritrovò disteso nella barca, il mondo che ondeggiava pericolosamente attorno a lui.
Qualcuno lo afferrò per le spalle e lo scosse, ma non ottenne niente se non di peggiorare la situazione, una voce lontana che lo chiamava, ma la vista fuori fuoco non gli permise di riconoscere la figura china su di lui.
Vide un guizzo blu al suo fianco prima di sentirsi sollevare dalle assi fradice e sudice, poi perse i sensi.
[Storia partecipante alla 26 Prompt Challenge indetta dal gruppo "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart"]
{Prompt 13/26: Febbre}
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Marco, Thatch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Febbre

/fèb-bre/

1.
Aumento della temperatura del corpo dovuto a cause patologiche || fig. una f. da cavallo, molto alta


.


Feverish

Thatch odiava fare il turno di guardia dopo una settimana sfibrante come quella che aveva appena avuto.

Andava a letto più tardi del solito, dormiva male e si svegliava all'alba per poter preparare la colazione all'intera ciurma.

Era distrutto.

Per questo aveva chiesto a Marco di fargli compagnia, per paura di fallire nel fare la guardia.

La luna alta nel cielo, la brezza leggera che gli accrezzava il volto ed il dondolìo della barca lo portarono presto verso i meandri del sonno, appoggiato alla balaustra, rivolto verso il mare e la testa a ciondoloni.

Doveva rimanere sveglio, si diceva, ma a che pro? C'era Marco, lui era bravo a fare la guardia, e proprio adesso che poteva farsi una nottata di sonno doveva rimanere sveglio?

Lasciò che le palpebre calassero ad oscurare la vista, quando la mano fredda di Marco gli si avvolse intorno al polso.

"Mh? C'è qualche problema, Marco?"

Mormorò, la voce impastata dal sonno, ma non ottenne nessuna risposta verbale, si sentì solo stringere più forte

"Che c'è?"

Ripeté, cercando di tirar via l'arto intrappolato, ma le dita affondarono nella carne e risalirono lungo il braccio, un dolore improvviso lo costrinse ad aprire gli occhi di scatto.

Marco era appollaiato sull'albero maestro, là in alto, perché doveva pensare che fosse lui a chiamarlo? Voltando la testa, lo sguardo smeraldo si sgranò appena in allarme, perché avvinghiato al suo avambraccio c'era un viscido tentacoli rosso.

"MARCO!"

Fece appena in tempo ad urlare, a richiamare il compagno, quando il tentacolo gli diede uno strattone violento.

Volò oltre la balaustra, ma prima che potesse finire in acqua si sentì afferrare per i piedi, un turbinio di fiamme blu sopra di lui che divennero indistinte quando un secondo strattone lo fece piombare in acqua fino alla vita.

Era un tiro alla fune, con Thatch nella parte della fune, e per un attimo spaventoso si ritrovò tra la creatura che cercava di trascinarlo più giù mentre Marco tentava di tirarlo fuori con tutte le forze che aveva, cercando di non finire in acqua a sua volta.

Thatch fece la prima cosa che la sua mente potesse suggerirgli: iniziò a picchiare ripetutamente il tentacolo con la mano libera, ed anche se i suoi colpi non parevano avere un grande effetto lui continuò, finché riuscì ad arrivarci con la bocca per piantare i denti nel tentacolo, più a fondo e forte che poté.

Non sapeva se avesse in qualche modo ferito l'animale, ma lo aveva comunque sorpreso quel tanto che bastava perché allentasse un po' la presa, proprio nel momento in cui Marco tirò bruscamente verso l'alto, e Thatch volò fuori dall'acqua tossendo e rantolando in cerca d'aria.

Penzolò un istante a testa in giù, le caviglie strette negli artigli del compagno, prima che la fenice lo lasciasse cadere sulle assi in legno del ponte.

Ebbe un conato di vomito e dalla bocca uscì un fiotto d'acqua.

"Thatch!"

Sentì urlare qualcuno, una voce che conosceva ma a cui non riusciva ad accostare un volto, un nome.

"Ce la fai a combattere?"

Combattere? Il cuoco lottò per mettersi carponi, e finalmente vide in che situazione si trovavano.

C'erano tentacoli che si innalzavano da ogni direzione sopra le fiancate della barca e si attaccavano con le ventose a qualsiasi cosa trovassero sulla loro strada, ed i membri dell'equipaggio rispondevano nel tentativo di recidere le appendici delle orrende creature che si profilavano nell'acqua scura sotto di loro.

"Prendi!"

Sentì gridare non appena riuscì a mettersi in piedi, e vide una spada che volava verso di lui. La afferrò al volo per l'elsa, giusto in tempo per mozzare un tentacolo che gli aveva circondato la caviglia.

Non ci fu nemmeno bisogno di accendere le lanterne, poiché l'acqua risplendeva di un sinistro verde fosforescente.

"È una specie di calamaro!"

Marco, in volo, dilaniava con gli artigli, mentre tutti gli altri squarciavano con le spade e ferivano con le armi da fuoco, persino Stephan era in azione per recidere a morsi qualunque tentacolo gli si avvicinasse.

Thatch non seppe per quanto durò il combattimento, ma ad un certo punto vi fu la calma, l'odore forte della bestia che riempiva l'aria, tentacoli mozzati ovunque.

Il braccio del cuoco, quello catturato dal calamaro, non quello che impugnava la spada, pulsava da impazzire, quattro cerchi rossi infiammati, i segni delle ventose, gli si gonfiavano sull'avambraccio.

Era fradicio di sudore, acqua salata e bava di calamaro.

Anche molti altri avevano un paio di segni di ventose, ma quelli di Thatch erano peggio perché il calamaro l'aveva tenuto stretto più a lungo e mentre tutti si toglievano la bava di dosso, il castano si accorse che i cerchi rossi e gonfi stavano cominciando a trasudare pus.

Si sentiva scottare e tremare, ed un pensiero improvviso gli balenò in testa mentre se ne stava la fermo, in piedi, la spada ancora in mano.

"Credo mi abbia avvelenato."

Disse, e all'improvviso gli cedettero le ginocchia.

Si ritrovò disteso nella barca, il mondo che ondeggiava pericolosamente attorno a lui.

Qualcuno lo afferrò per le spalle e lo scosse, ma non ottenne niente se non di peggiorare la situazione, una voce lontana che lo chiamava, ma la vista fuori fuoco non gli permise di riconoscere la figura china su di lui.

Vide un guizzo blu al suo fianco prima di sentirsi sollevare dalle assi fradice e sudice, poi perse i sensi.
 

.


La prima volta che Thatch riaprì gli occhi aveva l'impressione di essere rinchiuso in una bolla.

Il mondo ondeggiava, i suoni erano attutiti e la vista era appannata, senza contare la nausea, il dolore martellante alla testa e la totale perdita di sensibilità al braccio caduto vittima del calamaro.

Quasi si perse la figura indistinta che apparve nel suo campo visivo, e gli parve di veder muovere quelle che deduceva fossero le labbra.

Aggrottò appena le sopracciglia in un infruttuoso tentativo di comprensione, ma la stanchezza era ancora così pressante che si ritrovò presto a scivolare nuovamente nell'oblio più nero.

 

.


La seconda volta si risvegliò da un incubo così vivido che quando una mano gli si posò sulla fronte, probabilmente per sentire la sua temperatura, si ritrasse istantaneamente con terrore, quasi cadendo dal letto nell'azione, se non fosse stato per il corpo che lo frenò.

Si sentì stringere, di una stretta delicata e non dolorosa come quella della maledetta bestia marina, ed il suo cervello registrò a pezzi le parole che gli venivano sussurrate nell'orecchio con una voce così bassa e vellutata che non si rese nemmeno conto della prima persona, quella che lo aveva spaventato, che gli girava attorno controllando il suo stato fisico.

Quella voce lo rassicurava, e lo accompagnò ancora una volta nel sonno.

 

.


Marco non ne poteva più di quella situazione.
Thatch usciva e rientrava dall'incoscienza continuamente, sembrava che stesse disperatamente combattendo il veleno e che, una volta vinta una lotta, fosse così esausto da venir sopraffatto nuovamente, venendo catturato in un ciclo di sonno e veglia senza fine.

Sempre se veglia si poteva chiamare lo stato in cui era quando apriva gli occhi.

L'infermiera gli aveva detto che non era in pericolo di vita, ma Marco questo già lo sapeva.

Era stato lui a rallentare l'azione del veleno con il proprio potere, inoltre glielo aveva somminstrato lui l'antidoto giusto, ma sapeva che quell'intruglio non avrebbe eliminato del tutto la sostanza che intossicava il corpo del cuoco.

No, quell'antidoto serviva ad indebolire il veleno, il resto del lavoro era nelle mano delle difese immunitarie della vittima, e questo aveva portato Thatch nel suo stato corrente.

Si sentiva fremere dal bisogno di dispiegare le ali e farsi un volo, muoversi, fare qualunque cosa che non fosse rimanere fermo ad osservare il volto corrucciato del castano.

Portò una mano a sfiorargli la fronte nella speranza di sentirla fresca, ma la febbre era ancora alta e, a quel tocco, l'uomo sembrò animarsi.

Non era la prima volta che succedeva, ad ogni minimo stimolo Thatch si muoveva, tremava, chiamava nomi e si allontanava, come se scappasse da qualcosa o da qualcuno.

Marco sospirò, allontanò la mano ed osservò come, dopo una manciata di minuti, il cuoco fermasse i suoi movimenti, il volto ancora corrucciato in chissà quale emozione, la febbre che gli proponeva chissà quale incubo.

 

.


Sinceramente aveva perso il conto delle volte in cui aveva aperto gli occhi, solo per poi tornare nel reame degli incubi dopo pochi minuti, ma quella volta fu la prima nella quale riuscì ad alzare bene le palpebre e a riconoscere la figura sopra di lui.

Marinette, la capo infermiera, era intenta ad inumidirgli il volto con un panno fresco e umido quando il cuoco si svegliò, e si bloccò nel timore di dare vita ad un'altra reazione difensiva, ma quando si rese conto che il comandante era sveglio cosciente, sorrise sollevata.

"Bentornato tra noi, Comandante."

Ed il suddetto uomo accennò appena ad un sorriso stanco, prima che un rumore dall'altro lato del letto catturasse la sua attenzione.

Cauto si voltò, solo per ritrovarsi con il volto di Marco vicino al suo, le iridi cerulee piene di sollievo e preoccupazione.

"Come stai?"

La voce sembrava un po' arrochita dal sonno, e Thatch chiuse di nuovo gli occhi mentre si abbandonava al morbido cuscino, cercando di articolare correttamente le parole.

Si sentiva così stordito.

"Mi sento come se fossi stato masticato da un Re del Mare e poi risputato ancora vivo."

Riuscì a rispondere dopo un po', prima che l'infermiera lo scuotesse dal torpore nel quale stava lentamente ricadendo per farlo mettere in posizione seduta.

"Abbiamo dovuto mantenerti con le flebo, adesso che sei finalmente sveglio devi mangiare."

Il cuoco sospirò. Sarebbe stata una lunga ripresa.

 

.


"Quanto è messo male il braccio?"

Fu la prima cosa che domandò il giorno dopo essersi ripreso, lo sguardo smeraldo puntato sul compagno biondo, le cui iridi cerulee non lo avevano abbandonato per tutto il tempo nel quale era stato sveglio, e forse persino mentre era addormentato.

"Diciamo che non è una vista per stomaci deboli. Lo vedrai quando dovrò cambiarti le bende."

Ed il cuoco accennò ad una risata debole, perché quella suonava così tanto come una minaccia che non poté trattenere la propria ilarità.

"Hai avuto gli incubi per tutto il tempo."

Una mano fresca gli sfiorò la fronte, ed un sorriso sollevato si dipinse sul volto di Marco, che abbassò l'arto fino a poter carezzare la guancia dell'altro.

"Per cinque lunghissimi giorni. Quel calamaro ti ha proprio messo K.O."

Ed anche se il commento nacque ironico, il volto ancora preoccupato del biondo lo privò in parte di quell'ironia che doveva essere in quelle parole.

"Hai avuto una febbre come non ti ho mai visto avere, erano tutti preoccupati. E lo saranno ancora finché io e Marinette non decideremo che ti sei ripreso abbastanza da permettere a tutti di venire a trovarti."

Il comandante in prima si chinò per posare un bacio sulla fronte ancora un po' calda del cuoco, poi recuperò un piatto di cibo dal comodino e glielo porse.

"Adesso mangia, su! Devi rimetterti in forze!"

Ma Thatch non prese il piatto ed incurvò le labbra in un sorriso bastardo prima di metter su una faccia disperata.

"Ma sono ancora così debole! Posso mangiare solo se mi imbocchi!"

E Marco rise, per la prima volta in giorni, dando uno scappellotto al compagno che iniziò a lamentarsi che: "Non si colpiscono i malati!".

Tutto sommato avevano superato anche quella situazione.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: FireFistAce