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Autore: queenjane    12/08/2018    1 recensioni
A what if, in honour and love of Alexei Romanov.. Alexei was a sweet boy who loved to draw ships and play with his toy soldiers. He loved to eat bliny (Russian pancakes) and he adored his family and friends. Alexei’s fate was decided on July 17, 1918 with his mother, father, four older sisters, and servants. He was just 13 years old.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Alexei was a sweet boy who loved to draw ships and play with his toy soldiers. He loved to eat bliny (Russian pancakes) and he adored his family and friends. Alexei’s fate was decided on July 17, 1918 with his mother, father, four older sisters, and servants. He was just 13 years old.



 
"Che fissi, sentiamo?" I capelli castani di Alessio vibrarono di riflessi ramati, disordinati e assonati come lui.
“Ti guardavo”con ovvietà, serena la mia replica.
“Che ho bisogno di una pettinata?!” il viso leggermente colorito dal sole, i lineamenti sottili e cesellati, una nuova maturità, le buffe orecchie, a sventola, come quando era piccolo, gli occhi azzurri brillanti, limpidi come acqua “Che ci siamo quasi”
“A che? Non cominciamo con gli indovinelli di prima mattina” sbadigliò, piano, coprendosi la bocca con il palmo, comparve un sorrisetto.
“A che mi superi, di altezza, sul peso dobbiamo lavorarci”
“Uffa, Cat” mi lanciò un’occhiata di finto sdegno, il sorriso ora andava da un orecchio all’altro, scalcinati, sgangherati e improponibili che l’avevamo fatta, sperai che fosse una buona giornata, sul momento non aveva dolori troppo forti, era riuscito a dormire qualche ora senza incubi e interruzioni “Sentiamo che c’è, davvero” ghignando, con audace e suprema sicurezza, era di buon umore.
“Oggi è il tuo compleanno” contro la sua spalla, lo scrutai, raddrizzò la schiena, giungendo le dita, continuavo a fissarlo rapita. Commossa. In estasi “Cat … non ti mettere a piangere, ehi, è una cosa bella” aggiunse quindi “Credo”
“Aleksey.. “ deglutii “Certo che è una bella cosa” gli strinsi le braccia al collo, a gennaio 1918 avevo compiuto 23 anni, lui .. ORA…

Ero stata tra le madrine del suo battesimo. Era il 12 agosto 1904, data della sua nascita sotto il segno del Leone, una speranza durante la guerra russo giapponese, finalmente lo zar aveva un erede e telegrammi su telegrammi di congratulazioni piovevano a ritmo serrato, padrino onorario era ogni soldato e ufficiale dell’esercito, oltre all’imperatore tedesco e al principe di Galles, lo zarevic ebbe il titolo onorario di colonnello di molti reggimenti, e nastri e decorazioni. E i doni e i regali .. Addirittura un elefante.
Comunque, il battesimo venne celebrato il 3 settembre, 1904,  un piovoso martedì a Peter Hof, io fremevo di eccitazione, che, come le granduchesse indossavo una versione in piccolo formato del gran vestito di corte, con annessa tiara di brillanti, la vestizione era stata così lunga da farmi perdere quasi la pazienza e il sorriso. E  facevamo un figurone, i ragazzi in una uniforme militare in miniatura, aspettavamo come tutti la carrozza dorata che, scortata da un drappello di soldati di cavalleria lo avrebbe condotto al fonte battesimale. Eravamo adulti, solenni, buffissimi. Ci sentivamo investiti da una grande responsabilità, pomposi come pochi. Allora, per la snellezza e la statura superiore alla media, parevo un giovane salice, regale quando volevo al pari di un giovane sultano, pomposa e ossequiosa e solenne.
Lo portava tra le braccia la principessa G., guardarobiera imperiale, su un cuscino d’oro, assicurato alle spalle della madrina da una fascia dorata, e per precauzione aveva delle suole antiscivolo. Era avvolto in un mantello d’oro, ricamato di ermellino, come era uso, per l’erede al trono.. Che pianse forte, come un bambino comune, quando venne immerso nell’acqua battesimale.
Lo divorammo con gli occhi, dopo esserci coperte la bocca, con una mano, per discrezione, onde evitare che le nostre risate, mentre Alessio scalciava sul cuscino con vigore,si sentissero fino in fondo alla navata.

Per tradizione russa, i genitori erano assenti al battesimo, tuttavia, finita la cerimonia, l’imperatore giunse in chiesa. Sia lui che l’imperatrice erano nervosi, che temevano che la principessa G. potesse far cadere l’infante o che l’anziano sacerdote affogasse il bimbo nel fonte battesimale.
“Pare una bambola” annotai dopo, mentre Olga lo cullava, era una delle madrine, come la sottoscritta, compito che la riempiva di gioia e orgoglio.
“Siediti, ora lo prendi in braccio..Muori dalla voglia Catherine, ci scommetto, e fidati, se la guardarobiera non l’ha buttato per terra, tu non potrai fare peggio”
“Sempre gentile, eh”
Me lo passò, delicata, spiegando che era bene che gli tenessi la testolina con il gomito, poi eccolo tra le mie braccia, un gesto che avrei ripetuto in un numero infinito di volte, sempre con amore.
“Ciao Aleksej”confrontandolo con le bambole meccaniche con cui giocavamo, lui non aveva bulloni, solo era tenero e magico, e odorava di pipì e borotalco, latte e acqua di rose, avvolto nelle fasce e nei pannolini.
Mi rispose con uno sbadiglio, io con un bacio. “Ciao tesoro.. Piacere mio” 
In inglese, francese e russo, affettuosa e poliglotta, sempre. Il giovane sultano si sciolse, adorante, con una manina sfiorò una ciocca dei miei capelli castani, nel sole erano lucidi come rame.
Ero sempre a svolazzare nella nursery, un farfalla impazzita verso una lanterna.
Il mio Aleksey. Il mio piccolo principe.
Ricordo che in principio gli zar, orgogliosi, non trascuravano occasione per mostrarlo. Quando Nicola incontrò Aleksander Mosolov, capo della cancelleria di corte, gli disse “Non credo che abbiate visto ancora il mio caro piccolo zarevic, ora ve lo mostro”  Entrarono, raccontò poi Mosolov,  stavano facendo il solito bagno quotidiano al bimbo, che tirava calci nell’acqua.  Lo zar prese il piccolino dall’accappatoio, i suoi piedini nel cavo di una mano, reggendolo con l’altro braccio. Era nudo, colorito, paffutello, uno splendore, una bellezza, dopo lo zar informò sua moglie che aveva fatto sfilare lo zarevic.
“Principessa Raulov”
“Sì Maestà”
“Qualcuno vuole stare con te”
Mi ero tesa, prendendolo. “Sei bellissimo, sai” Un piccolo sussurro. “Aleksej..sei bellissimo”  lui gorgogliò, beato, un piccolo rigurgito di saliva fiorì sulla spalla dove lo tenevo raccolto, ora lo prendevo spesso in braccio, meravigliandomi di come fosse leggero, lo adoravo, ero rapita e estasiata dai suoi  movimenti delle mani, i mormorii, non vedevo l’ora che cominciasse a sorridere. Tutto il pacchetto, insomma. Piccoli miracoli, così scontati da non parere possibili e tanto era.
Aleksey.
Amore.

14 anni, meno di un mese prima aveva rischiato di non arrivarci, era orfano e sopravissuto a una strage, a dispetto di ogni rilievo, previsione o altro.
E lo stringevo, da capo, ormai ero traslata dall’essere una madrina del suo battesimo, atea quasi conclamata e  convertita al cattolicesimo, a essere la sua mamma.
A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta. Ora, mi sorrideva di nuovo ed ancora.  Il terrore di quando iniziava a andare carponi, a camminare, le dolorose cadute, i gonfiori e i suoi pianti. Ti posso solo amare, Alessio, sono una peccatrice, una bastarda e una puttana, l’affetto per te non è mai trasceso, giorno per giorno vivrò con la terribile ansietà che ha corroso tua madre e nostro padre.  Ne vale la pena.. sì, ora e sempre., parafrasando il motto dei principi Fuentes.

 
“My fighter prince, you’ re so brave, strong .. despite everything that happened to you”
“I know it, I’ve learnt it” Seriously. 
Aveva 14 anni.

Da un appunto di Andres  Fuentes “ Alla fine, ce l’avevamo fatta. Eravamo a P. porto della  Siberia, la nave pronta, i documenti erano a posto, sia lui che lei avevano una nuova identità. Destinazione Danimarca, era un miracolo totale”
“Oggi cosa vuoi fare?” tornando a noi, lo portavo a fare il bagno, in quei giorni, nell'acqua muoveva le gambe senza pesi e faceva riabilitazione, ci divertivamp tra noi, 
“Stare in spiaggia, fare un bagno e .. sentire la verità, per davvero, che siamo fratelli, lo so” Mi prese il viso tra le mani, studiò la mia espressione sbarrata, da pesce lesso, gli baciai il palmo, ora era serissimo “Va bene, ormai il peggio di me lo conosci”
“Me lo ha detto Papa, dopo che eri venuta … Olga lo sapeva?” Scrollai la testa, energica “Io non glielo ho mai detto … credo che alla fine lo abbia capito, io ci sono arrivata molto dopo”
“Mai? Te e lei vi dicevate tutto”
“Mai a parole e tanto.. Non tutto, alcune cose erano solo sue e viceversa“ che quel legame, a prescindere da Alessandra, la gelosia di Tata, le apparenze, dalla vita era durato tra alti e basi, saldo e immutabile, la comprensione e quindi il perdono. Nessun gesto eclatante o iperbolico, andare avanti, senza mollare.
“Ora abbracciami, tienimi stretto, il peggio di te non mi interessa” Mia stupida, coraggiosa eroina, mi aveva appellato Olga, molte stagioni prima. Come se coraggio e stupidità procedessero, era ben credibile.  
“Che posso farne di peggio?”
“Sciocca, tu sei il meglio, sempre, anche se a volte .. anzi spesso, sei isterica, nervosa e prepotente”
“Smack” schioccai.
“E hai tante buone qualità ..”
“Bravo, tranne che noi donne preferiamo le lodi alle critiche, me compresa, hai ben imparato” ironica. Lo caricai in braccio, delicata, ormai era un movimento automatico, leggero, percepii il noto rilievo delle sue braccia sul collo, lui il mio movimento di serrarlo contro il petto, l’attenzione alla gamba lesa, gli feci una confidenza “Sai, a prescindere da tutto.. Io pensavo che non avrei mai avuto figli, di essere incapace, inabile .. Di non sapere amare niente e nessuno, invece.. “
“Risveglio la tua parte migliore, lo so” tenero “Anche se non si direbbe, di primo acchito, e tanto dopo mi dici” come ti definivi, eri uno scocciatore, su molti argomenti e temi.

Dopo raccontai la cronaca  di una tristezza senza fine, Aleksey.   Mia madre e le sue tristezze, la passione per lo zar, i demoni e la redenzione. Il mio odio, che mi aveva picchiato, il mio giudizio, il mio matrimonio con Luois, le assenze e le perdite, ero il lupo, Cassiopeia, la tua Cat. Molte definizioni, un solo amore.
Siamo noi che rimaniamo.
Omisi le lettere, quello era un affare privato di Ella Rostov Raulov e di Nicola Romanov, mi mancò il cuore di dargli, sul momento quel dolore, non mi sentivo ancora pronta. A prescindere da ogni valutazione o rilievo morale, mia madre ha avuto un matrimonio infernale, lo zar era stato fatto prigioniero e fucilato, qualunque peccato avesse compiuto lo aveva certo ben riscontato.
Mi AVEVA AMATO.
Quanto resta .. solo tremule fiammelle contro lo spettro del tempo, la barriera della memoria, al diavolo i dannati.
 
“Sirio. Aldebaran” indicando le stelle, parevano piccole lampade  dorate contro lo scuro drappo dell’orizzonte, per Olga erano lanterne abitate da spiriti amici. Sotto, il rumore dell’acqua, lo sciabordare del mare. Ci eravamo. “Belle..”
“Siete sicuri?”
“Certo..” fece una pausa, poi passò a indicare la costellazione del Leone, il suo segno zodiacale. “Tu hai cambiato idea?” irrigidendosi, lo bloccai prima che sparisse o scappasse, era un asso in quello, esalai rapida. “Figuriamoci, Alessio, mai, ormai abbiamo deciso. Io non cambio MAI idea. Sai come si dice mai in spagnolo?”
“Dimmelo”
“Nunca”   lo sillabò, attento. “Sai Cat perché ho suggerito Leon come primo appellativo?” per il mio secondo, adorato bambino, Leon Jaime Nicolas dei Fuentes.
“Uno, perché è uno degli stemmi araldici dei Fuentes, il leone che danza. Due, io sono del segno del leone .. Tre, tuo marito si chiama Leon”
“Come terzo appellativo” ridacchiai. “Il terzo maschio lo chiamo Alejo” sbuffò “Anche no, per te devo rimanere l’unico e il solo”
“Lo so, scherzo, per me sei unico, lo sai” gli baciai la guancia, omisi domande di ruotine, se dovevo cambiarlo, se aveva fame o sete o il mal di testa, me lo raccolsi contro.
 
Neverending story. 

Cat .. dimmi una storia che non abbia mai termine, alla fine ci crederò.
Non è colpa tua, tesoro, Alessio, anzi Xavier, te lo ripeterò fino alla fine del mondo, al termine ci crederai, lo so.
   
 
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