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Autore: EffyD    27/08/2018    0 recensioni
Una Hinata giovane adulta, avendo con il tempo germogliato un carattere spigoloso ed insofferente, viene costretta dai suoi genitori a frequentare un centro sociale con la speranza che possa a mano a mano riuscire a migliorare la personalità della loro figlia.
La studentessa universitaria si ritrova così persa in un gruppo di persone alquanto bizzarre e mantiene fisso il pensiero di non essere adatta a contesti di quel genere.
Ma riuscirà, con l'avvenire degli eventi, a conoscere qualcuno che riuscisse ad avvicinarsi al suo animo tenebroso come mai nessuno era stato capace di fare?
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Karin, Kiba Inuzuka, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Adirata da quell'aria asfissiante e scocciante, Hinata si sistemò i lunghi capelli corvini in una sciatta crocchia, sospirando e trattenendosi un susseguirsi di innumerevoli contumelie per la salita estremamente ripida che avrebbe dovuto percorrere prima di giungere a casa.
Quanto odiava l'estate nessuno poteva immaginarlo.
Quando, per la sua infinita gioia, si chiuse alle spalle l'imponente portone di Villa Hyuga, sospirò spossata.
Se fosse stato per lei, al mare non ci sarebbe neanche andata.
Nel momento in cui varcò l'arco accuratamente rifinito della cucina, salutò spassionata i genitori seduti davanti al grande tavolo e aprì sgraziata il frigorifero in cerca disperata di idratazione, per poi versarsi dell'acqua in un bicchiere enorme.
«Hinata» la chiamò il padre, con il suo solito tono duro.
«Io e tua madre abbiamo una notizia da darti»
Dunque lei si voltò, scongiurando loro attraverso i suoi occhi chiari di non assegnarle qualche commissione pedante e faticosa da svolgere.
«Ti abbiamo iscritta in un club d'animazione che frequenterai dal lunedì al venerdì» annunciò.
Bene! Conoscendo i genitori, qualunque parola avesse emesso per tirarsi fuori da quella situazione le si sarebbe ritorta contro. Peggio di così non poteva andare.
L'unica cosa che riuscì a fare fu restare lì impalata come una povera scema a guardarli sbigottita. Ma che cos'avevano avuto in mente? In un contesto come quello dei club una persona come Hinata era inimmaginabile!
«Sarà divertente, tesoro» proruppe la madre molto simile a lei esteticamente «Farete un sacco di cose divertenti, e in più ci sarà anche Neji» cercò di rassicurarla, senza ottenere risultati.
E quindi sarebbe dovuto venire anche quello sputasentenze di suo cugino? Però. A quanto pare al peggio non c'era una fine.
Lei lo sapeva: quando i genitori si mettevano una cosa in testa poteva fare qualunque scenata, poteva far ricostruire il muro di Berlino e farlo crollare nuovamente con un solo strillo, ma senza ottenere risultati. Per cui, pigra e rassegnata com'era, decise di non mettersi a fare troppe storie e ad accettare a malincuore quell'impegno così sgradevole al solo pensiero di dover avere dei rapporti con degli individui parlanti.
«Quando devo iniziare?» Chiese palesemente disinteressata.
La madre le rivolse un sorriso compiaciuto «Puoi cominciare alle cinque di oggi pomeriggio, tesoro»
Sperava in un «Domani» come risposta, ma come al solito la sua buona stella protettrice si era dimenticata di lei.
«Hai fatto il bagno?» Chiese poi variando il discorso, guardando la figlia scuotere il capo in segno di denegazione.
L'unica cosa che aveva fatto quella mattina era stare sotto all'ombrellone a rammaricarsi per l'afa e a mangiare ciambelle glassate per rincuorarsi.
«Certo che per avere ventun'anni sei spensierata quanto una foglia morta» Osservò il padre con una nota di amarezza nel tono, dunque Hinata decise di sottrarsi a quella situazione prima che dalle sue labbra fuoriuscissero delle calunnie aggravate dall'irritabilità dovuta al tratto di strada ripida che aveva dovuto percorrere, e condusse il suo fantoccio di pelle intrisa di sudore nella sala da bagno per farsi una doccia rinfrescante.
Poco dopo aver finito di sciacquarsi consumò un pasto veloce, si saettò sul letto della sua camera e ne guardò il pallido soffitto chiedendosi perché i suoi genitori si ostinassero a costringerla a fare cose che non voleva fare, ma la risposta era ovvia: loro non erano soddisfatti di lei e di ciò che faceva. D'altronde, il padre voleva che seguisse le sue orme imboccando la strada dell'imprenditoria della ristorazione, ma la ragazza, stufa delle sue imposizioni, a diciott'anni compiuti decise di smetterla di sottostare alle sue costrizioni e a prendere la strada che più le piaceva, così si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza per cui era molto portata a causa del suo carattere tremendamente pignolo e la sua indole di schietta giustiziera.
La fine dei tempi tremendi che vedevano un'Hinata piegarsi alle volontà dei genitori avevano dato inizio ad altri ove erano esageratamente insoddisfatti di lei; e la loro figlia, avendo cominciato a sentirsi nuovamente inappagata da sé stessa, lentamente aveva raggiunto un punto in cui la sua placidità e la sua bontà d'animo si erano andate a far benedire.
Scosse la testa a quell'ammontare di pensieri negativi, cercando di allontanarli seppur non ci riuscisse. La sua vita l'annoiava così tanto.
Poco dopo con fatica si decise ad aprire l'armadio e a cercare di rendersi un minimo presentabile agl'occhi altrui, così trascorse dinanzi al guardaroba circa un quarto d'ora fin quando decise di mandare la presentabilità a farsi friggere senza impegnarsi troppo e mettendo un leggero top bianco con un pantaloncino nero e le scarpe del medesimo colore.
Il tragitto per raggiungere la destinazione non era molto lungo e per Hinata sarebbe stato anche un piacere farsi quella passeggiata, ma purtroppo il club era situato a pochi metri dalla spiaggia nel quale era andata quella mattina e questo significava che al ritorno avrebbe dovuto percorrere nuovamente quella salita massacrante.
Ogni giorno, dal lunedì al venerdì.
Dopo qualche minuto di tragitto, sulla spalla della ragazza si posò una mano diafana che la fece trasalire.
«Calma, sono io» la derise un ragazzo dallo sguardo identico al suo.
Hinata sospirò tesa «Buongiorno, Neji. Non ti andava di chiamarmi da lontano?» chiese staccata, vedendo il cugino scuotere negativamente il cranio.
«Sei pronta per entrare nel club?» chiese con una vena sarcastica.
Il ragazzo sembrava sempre di ottimo umore per fare un po' di sarcasmo, peccato per lui però che in quel momento stava rischiando di perdere la fertilità.
Alzò gli occhi al cielo «Beh, se intendi essere pronta per perdere gli ultimi neuroni che mi sono rimasti, allora lo sono» affermò sarcastica.
Quando arrivarono fuori al club, Hinata, sistematasi nuovamente i capelli in una crocchia stravolta, aggrottò la fronte e guardò perplessa l'insegna bizzarra: c'era scritto in caratteri cubitali rosa «club sorridente» con un'irritante faccina allegra di colore giallo acido.
«Ma dove sono capitata?»
«Invitante» considerò sarcastica davanti a suo cugino che non esitò ad entrare subito senza degnarla neanche di una risposta.
Quando varcarono la porta si ritrovarono in un atrio con le pareti pallide neanche fosse un ospedale.
«Per il club?» Chiese Neji avvicinatosi ad una segretaria evidentemente intimorita dal suo atteggiamento presuntuoso.
«In fondo sulla destra» rispose mentre a momenti avrebbe occultato il suo viso dietro al computer.
Quando Hinata vide la porta che lei e il cugino avrebbero dovuto oltrepassare, le venne quasi in mente di filarsela. Ma Neji, guardandola in tralice, sembrava aver capito le sue intenzioni.
«Vuoi per caso dartela a gambe come una fifona?» la provocò. D'altronde conosceva la ragazza fin dalla nascita, per cui conosceva bene le parole da utilizzare per indisporla.
Come risposta, Hinata lo guardò dalla testa ai piedi con fare categorico «Mi hai per caso presa per un'imbranata?» gli rispose cercando di mostrarsi il più possibile refrattaria alle provocazioni del cugino «Anzi, muoviamoci ad entrare che sono stanca di restare qui fuori, mi sento un ebete» concluse aprendo impulsivamente la porta del club, per poi restare ammutolita.
«Ma dove mi hanno mandata?» si chiese una seconda volta mentre il suo sopracciglio danzava compulsivamente.
In quella stanza c'erano dei ragazzi seduti in disposizione a cerchio, con una donna - presumibilmente un tutor - seduta al centro.
«Ma salve, benvenuti!» Salutò lei con un sorriso giocondo che non faceva altro se non dare sui nervi.
«Quel tiranno di mio padre mi ha mandata in un circolo?» si chiese nevrastetica, cercando di sopportare il pizzichìo sulla lingua che spesso la portava a infliggere delle ingiurie.
«Io sono la vostra tutor, mi chiamo Ayumi. Accomodatevi» invitò battendo i palmi sulle sedie libere «Ne abbiamo aggiunte due appositamente per i nuovi membri»
Quel sorriso persistente metteva una stanchezza tale che Hinata avrebbe voluto adagiarsi estenuata sulle piastrelle chiare di quel pavimento accuratamente tirato a lucido, ma si comportò da brava donna quale era e si accomodò sulle sedie scomode quanto i sassi taglienti della spiaggia sulla quale era costretta ad andare.
Squadrò diligentemente i volti della decina di ragazzi presenti in quella stanza, e la voglia di sotterrarsi non fece altro che intensificarsi.
Poco dopo i ragazzi, per accoglierli, cominciarono a presentarsi e a rivelare il motivo per cui si trovassero in quel club, dando la conferma ad Hinata di essere stata iscritta ad un circolo per correggere il suo comportamento burbero e a dir poco zitellesco.
Ad interrompere le numerose lamentele mentali di cui una Hinata annoiata era spesso vittima fu un ragazzo dall'apparenza esuberante ed infantile che si alzò all'in piedi per prospettarsi.
«Salve!» cominciò ad urlare urtando il sistema nervoso dei due cugini - che non erano poi così dissimili - ma facendo battere allegramente i palmi delle mani alla ragazza che gli succedeva «Mi chiamo Kiba, ho ventitré anni e sono qui perché sono un bambinone e non riesco ad accettare le mie responsabilità!» continuò intanto che Hinata posava affranta una mano nei capelli.
«Infatti ho perso due anni di università per questo mio lato un po'... bizzarro»
Bizzarro? Hinata avrebbe optato per fuori di testa.
D'altronde sullo studio sin da piccola aveva ricevuto un'impronta rigida che, con il tempo, si era radicata in lei.
«Cosa studi?» Gli chiese Neji interessato, dunque diversamente da quanto si sarebbe aspettata la cugina.
Lui alzò un pugno in aria, come se fosse in un cartone animato «Medicina veterinaria, adoro gli animali!»
«Mi dispiace per loro» lo ridicolizzò una ragazza che di certo non era nella posizione per farlo.
Il suo turno era già passato e si era ordinata compulsivamente la chioma rossa per tutta la durata della sua presentazione: si chiamava Karin ed era una donna estremamente vanerella e montata, aveva la stessa età di Hinata e studiava all'Accademia della Moda, e in più sembrava abbondantemente una testa calda, dal momento in cui si era più volte innervosita per delle cretinerie.
«Io mi chiamo Yumiko e ho vent'anni!» sobbalzò la ragazza che succedeva Kiba. Aveva dei capelli castani sistemati in due lunghe code strette da fiocchetti di nastro bianco che ad Hinata le ricordavano le imbarazzanti pettinature di cui era vittima Hanabi quando era una bambina.
«Sono una grande appassionata di arte e il mio sogno è quello di diventare una mangaka!»
Dal modo in cui parlava, quella ragazza sembrava una vera e propria bambina.
In quel momento Hinata guardò l'espressione letteralmente inorridita del cugino e poteva affermare con certezza che fosse tornato in sé.
Era sicura che si stesse chiedendo se quella ragazza fosse "lievemente" svalvolata.
«E il motivo per il quale sono qui è far qualcosa di diverso!» rivelò esaltata, provocando perplessità negli sguardi dei membri ed esasperando anche la tutrice, che chissà quante volte aveva sperato in una risposta diversa.
«Adesso è il vostro turno!» la interruppe arricciando le labbra in un sorriso forzato, che appariva più come una smorfia stremata.
«Sono Neji, ho ventidue anni e studio economia e commercio» asseverò il ragazzo privo d'accento, intrigando gli altri.
«E sei qui perché?» Chiese di rimando quel ragazzo bizzarro di nome Kiba, vedendolo guardare di sbieco sua cugina.
«Perché a detta di qualcuno sono estremamente saccente» dichiarò imperterrito, notando che la cugina parava una fastidiosa risatina compiaciuta.
«Lei invece è Hinata Hyuga e ha ventun'anni. Studia giurisprudenza ed è qui perché è una scorbutica scioperata» si vendicò sottolineando i difetti della ragazza, di cui le parole adoperate per esprimersi fecero scoppiare in una risata vivace molti componenti del circolo.
«Però ha un'espressione simpatica!» commentò in uno sghignazzo divertito Kiba, mentre osservava le guance della ragazza che si facevano sempre più paonazze dalla stizza.
«Neji, apprezzo molto le tue qualità da cacasenno. Ma sai, ritengo che tu debba sfruttare la tua badiale intelligenza per comprendere quando è il momento di non fiatare, a meno che l'intelligenza ti manchi, ipotesi non da escludere» gli canzonò la cugina per poi tirare un pesante sospiro di sollievo.
I ragazzi erano palesemente divertiti dallo spettacolino che era in procinto di cominciare, ma Neji sciolse la comicità di quell'attimo.
«E, come vedete, il sarcasmo non le manca»

Dopo che i componenti ebbero passato circa mezz'ora a parlottare di imbecillagini, Ayumi li invitò ad uscire fuori in cortile per realizzare una piccola casetta in legno con il quale sarebbero venuti a svagarsi dei fanciulli il giorno seguente.
Il clima si ostinava a mantenersi opprimente e Hinata, non riuscendo proprio a tollerarlo, restò seduta sotto il porticato in legno scuro dello spazio aperto.
L'area era abbastanza ampia per fare qualsiasi attività e i componenti del club parevano impegnarsi sodo per mettere insieme i pezzi di quel legno grossolano al fine di terminare la costruzione di quell'attrazione fai da te. «Chissà come fanno a non sentirsi venir meno» si chiese Hinata sventolando la sua mano pallida in prossimità del collo terreo e sottile. A volte non capiva se fosse lei ad essere intollerante a troppe cose, o se fossero le persone ad essere sempliciotte. Fatto stava che un carattere caparbio e insofferente l'aveva sempre avuto e lo sapeva bene, ma c'erano cose che per lei erano impossibili da non detestare e il caldo era una di queste.
Osservando il gruppo lavorare faticosamente sotto quella luce sfibrante che emanava il grande astro da lei tanto ripugnato, notò che suo cugino era molto preciso nello svolgere il proprio lavoro e questo gli conferiva un aspetto non poco competente, che si contrapponeva decisamente all'incredibile fracasso infantile che produceva Yumiko gridando, ridendo e scagliando frammenti di legno grezzo ovunque trovasse uno spazio libero, mentre il veterinario bambinone l'assecondava e gli altri membri, di cui non si ricordava neanche il nome, facevano in continuazione cenno di diniego con il capo nei confronti di quella situazione così stressante.
A farle distogliere l'attenzione da ciò che stava osservando con molto interesse furono delle risatine che provenivano oltre la delimitazione dello spazio del cortile, dietro il telaio di elementi metallici intrecciati.
«E ora chi sono, 'sti due?» sbuffò Hinata mirando i due ragazzi che sghignazzavano mentre tenevano lo sguardo fisso sul gruppo in lavoro.
«È qui che Itachi vuole farti venire?» Chiese un ragazzo dalla chioma rossa e scarmigliata, vedendo l'amico che gli stava affianco annuire impassibile.
«Dai, andiamoci insieme!» proruppe con un ghigno non poco fastidioso agli occhi di Hinata «Vedrai, sapremo come divertirci» concluse gettando via il mozzicone della sua sigaretta ormai consumata.
«Ma questi cos'hanno in mente? Di venire qui per placare i loro animi festaioli facendo un po' di baldoria?» Si lagnò con sé stessa, non sopportava i tipi così.
In lontananza vide Yumiko che le faceva allegramente cenno di avvicinarsi a loro per lavorare insieme, ma lei non aveva la benché minima voglia di alzarsi dal porticato, soprattutto adesso che c'erano quei due tipi loschi ad osservarli quasi schernendoli. Ma doveva sempre tenere a mente che la fortuna non era mai dalla sua parte, e quando Yumiko la raggiunse tempestivamente per tirarla per un braccio costringendola a stare insieme a loro, lei gli disse di scostarsi perché ci sarebbe andata da sola.
Nonostante il fatto che non si fosse messa in tiro, quando passò davanti alla grata, con il suo solito passo involontariamente troneggiante, il ragazzo dalla chioma rossa fece un'osservazione alquanto indecente, ringraziando il creatore per aver donato la vita alle donne con il seno perfettamente tondo e di una misurazione quantitativa ampiamente soddisfacente.
Ovviamente, questo è un eufemismo bello e buono.
Senza neanche pensarci due volte, Hinata lanciò una fugace e massacrante occhiata contro quel ragazzo che la squadrò dalla testa ai piedi con un riso beffardo e malpensante.
«Depravato» pensò mentre avanzava forzandosi di apparire noncurante dinanzi a quella sudicia espressione.
Quel ragazzo aveva un'aria indiscutibilmente irritante, il solito pagliaccio privo di una personalità che voleva solamente mettersi al centro dell'attenzione. Ne era sicura, glielo si leggeva in volto.
Subito dopo essersi ricordata che c'era qualcun'altro accanto a lui si voltò, ma non trovò nessuno, erano andati via. Non si ricordava l'aspetto del suo compagno. Scrollò le spalle, «Chissene frega»

Qualche ora dopo, sgattaiolando via da quel luogo prima di quel saccente di suo cugino e percorrendo annoiata la salita che per il suo corpo era tanto nociva, Hinata rammentò gli avvenimenti di quelle ore passate al club. Non poteva credere che i suoi genitori l'avessero mandata per davvero in un circolo, in un centro sociale o qualunque cosa fosse, e le seccava l'idea di doverci tornare nei giorni a venire, ma fortunatamente i membri non avevano ancora invaso il suo spazio personale più di tanto, fatta eccezione per una persona, ovvero quella stramba di Yumiko che le aveva offerto più volte e con insistenza di mangiare una banana.
Alzò gli occhi al cielo e osservò le chiome degl'innumerevoli alberi rasentarsi l'una con l'altra, mentre l'azzurrino, che si calava sempre di più verso i toni del blu, faceva da sfondo, e involontariamente le sue labbra si arricciarono fino a mostrare sul suo volto un amaro sorriso.
«Mi domando quale sia il mio problema, secondo loro» pensò malinconica riguardo ai propri genitori, fino a quando si ricordò di un giorno in cui il padre si lamentava in continuazione del brutto caratteraccio che la distingueva dagli altri. «Non troverai mai nessuno!», «Rimarrai sola!» le diceva in continuazione.
E forse in fondo, molto in fondo, Hinata aveva paura che potesse essere realmente così, ma nel contempo riteneva sbagliato circondarsi di persone che non l'appagassero soltanto alleggerire il peso asfissiante della solitudine; anche perché, in un modo o nell'altro, si sarebbe sentita sola allo stesso modo.
«Ma allora il problema qual è?» Si chiedeva sempre.
Il problema era che lei aveva sempre incontrato delle persone che caratterialmente erano lontane da lei anni luce, perché Hinata non era una tipa a cui piaceva andare a ballare tutti i giorni e fare il conto di quanti ragazzi avesse baciato in una sera, perché a Hinata non andava più bene conformarsi alla massa fino a dimenticarsi di chi fosse lei stessa, perché Hinata non era una persona qualunque.
Le esperienze comunque non le mancavano, aveva avuto diverse amicizie e diversi rapporti con dei ragazzi che però si erano svelati sempre dei meri imbecilli e non ce ne era mai stato uno che l'avesse minimamente appagata.
Di che tipi di persone avesse bisogno non lo sapeva di preciso, ma sicuramente sarebbero dovute essere vicine a lei nel profondo.

«Allora? Com'è stato il primo giorno?» Le chiese la madre entusiasta guardando la figlia che consumava con voracità il pasto e che era sempre più stufa dell'interesse che i genitori nutrivano verso quel circolo che avrebbe dovuto migliorare la sua personalità attraverso una sorta di terapia di gruppo.
«Ho conosciuto delle persone» asserì noncurante senza sforzarsi di fornire loro ulteriori dettagli.
«E?» Insistette il padre dopo aver sorseggiato un po' del suo vino rosso, per poi incitare Hanabi a pulirsi le labbra sporche di sugo.
«E cosa?» Chiese di rimando lei.
«Come sono?» Risposero entrambi i genitori all'unisono, impazienti di conoscere il suo esito.
Dopo aver ingurgitato dell'acqua, sul suo viso scappò un sorriso beffardo.
«Vive» rispose lasciando interdetti i genitori che si lanciarono un'occhiatina mista tra nervosismo e preoccupazione.
Dopo aver cenato, Hinata adagiò affaticatamente il suo corpo di intonaco pallido sul letto della sua camera e si ritrovò nuovamente a fissare a vuoto l'albino soffitto, fin quando cominciò a sentire dentro di sé una strana sensazione.
Non seppe descrivere accuratamente quel turbamento, ma l'unica cosa che le venne in mente fu alzarsi di scatto da quel letto e spolverare con un panno la superficie in legno d'abete nero lucido del suo strumento musicale preferito, per poi sedersi sulla piccola sediolina dello stesso colore.
Chiuse gli occhi e ispirò profondamente posizionando le mani sulla tastiera accuratamente tirata a lucido, per poi cominciare a far scivolare delicatamente le dita facendo leggermente pressione sulle note, dando così vita ad una dolce e triste melodia che in quel momento dedicò solamente a sé stessa, mentre teneva a mente le parole della canzone e frattanto che un individuo, fermatosi in prossimità della sua villa riuscendo ad udire il dolce suono di quel pianforte, ascoltava profondamente le note che ella produceva.

“Mmm, baby I don't understand this,

You're changing, I can't stand it,

My heart can't take this, damn it,

And the way I feel, can't stand it,

Mmm, baby I don't understand this.”

Il giorno seguente, Hinata fu bruscamente destata dall'arrogante cugino che, nonostante le sue lagnanze e le sue preghiere elargite sperando di poter dormire ancora un po', la obbligò a scendere dal letto e a vestirsi per andare al club.
«Ma mi spieghi perché diamine ci dobbiamo andare anche di mattina?» sbuffò lei mentre, innervosita, raccattava dall'armadio dei vestiti a casaccio.
«Perché non possiamo scialacquare tutta la mattinata stando in casa, Hinata. Vuoi per caso andare al mare?» Sul viso di Neji crebbe un ghigno malvagio mentre le poneva quella domanda che non fece altro che far aumentare le pulsazioni di una vena sulla fronte di Hinata, che sbuffò l'ennesima volta prima di andare a lavarsi.
Scialacquare, diceva? Per Hinata dormire equivaleva a ore di placidità mastodontica!

«Buongiorno, ragazzi!» Salutò Ayumi con quell'antipatico sorriso perennemente stampato in volto.
Quanto era odiosa, a prima mattina. Quasi quanto la spiaggia.
«Siamo lieti di avervi qui, a quanto pare la vostra compagnia non vi dispiace!»
Forse non doveva esserne così sicura.
Nello stesso momento la porta di quella stanza smorta si spalancò mostrando i volti di due giovani adulti, tra cui uno saltò rapidamente agli occhi di Hinata, facendole venire voglia di trucidarsi.
«Ah, ecco i due nuovi arrivati!»

Perfetto! Adesso Hinata era sicura che le cose da quel momento in poi sarebbero diventate un incubo.
Quanto è vero che al peggio non c'è mai una fine!
















Ciao a tutti, lettori che siete arrivati fino a questo punto!
Tempo fa mi è capitato di rileggere una delle mie vecchie fic, ossia “Cigno Nero”, in cui parlavo di una Hinata completamente stravolta rispetto a come appare nell'anime. Così avevo ponderato l'idea di riprenderla, però per farlo occorreva cambiare moltissime cose, inoltre c'è da dire che ho ricevuto la spinta a scriverne un'altra grazie alla grande ispirazione che mi è venuta leggendo la fantastica long “Destino bruciante” della bravissima autrice Astarter. Passate a leggerla, è una fiction che merita un sacco!
Comunque sia, penso che questa sia la fic per la quale io abbia messo più impegno, e spero che possa essere di vostro apprezzamento, difatti vi chiedo di lasciare una recensione per farmi scoprire i vostri pareri!
La canzone che Hinata suona al pianoforte è “Changes” di XXXTentation (https://youtu.be/f0bbDFRYD_A).
A presto!♡




EffyD✿
  
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