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Autore: pewdiekairy    31/08/2018    0 recensioni
Tutti conosciamo la storia terrificante di Slenderman,un mostro che rapisce i bambini per poi ucciderli. Ethany ha solo 13 anni,ha la strana facoltà di vedere le anime perdute e porta su di sè un terribile destino:incontrerà il mostro e la natura del loro rapporto sarà in mano alla ragazza. Potrà salvarlo,ucciderlo,ignorarlo... ma questo lo scoprirete solo leggendo.
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Slender man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10: Who am I?

Zack stava scalando una montagnola di sassi. Aveva in mente di rifugiarsi in una caverna che aveva visitato durante una gita con suo padre. Si sarebbe guadagnato da vivere facendo lavoretti e rubando giornali. Sì, era una prospettiva piuttosto allettante. Tutto per lei. In attesa di Ethany. Non sapeva come avrebbe fatto ad avere notizie né come si sarebbero potuti ritrovare, ma aveva fiducia. Era tutto quello che gli restava. Doveva fidarsi di lei.
 All’inizio partì lentamente, come un mal di testa passeggero. Ma poi si intensificò ancora di più, fin quasi a spaccargli la testa dal dolore. Zack si accasciò. Stava cercando di resistergli, per questo gli faceva così male. Prese dei grossi respiri e buttò fuori l’aria dalla bocca, ma non servì. Allora si diede un ceffone e Cristo, se faceva male. Toccò terra con un tonfo. ‘Cavolo, sei testardo. Mi piaci. Ma non è questo il punto. Sappiamo entrambi perché sono qui. Pensavi davvero che non ti avrei trovato? Che non avessi già intuito che la chiave per arrivare a lei eri tu? Questi giovani...’, sussurrò la voce fredda dentro la testa di Zack. ‘Vai...affanculo...’, rispose lui. ancora sdraiato a terra. ‘Be’, in effetti ho sempre odiato i monologhi lunghi. Mi fanno venire sonno, e perlopiù nessun cattivo ha mai capito che il momento di gloria viene sempre rovinato dall’eroe’, pronunciò l’ultima parola con malcelata ironia. Zack pensava freneticamente: come proteggerla? Non avrebbe mai aiutato quell’essere nel suo percorso di distruzione... o forse era proprio questo che doveva fare! Smise di resistergli ed entrambi per un attimo condivisero i pensieri, forse anche troppo per i gusti dello Slender. Zack vide immagini di distruzione, fuoco ovunque e un grido insistente, acuto, che sembrava quello di un bambino. Vide se stesso trapassare con i tentacoli corpi inermi di bambini, le loro urla gli si insinuavano nella mente. Per un attimo desiderò morire.
Lo Slender era allibito. Non pensava che quell’omuncolo avesse così tanta forza. Gli aveva appena offerto libero accesso a tutto quello che voleva nascondere, e il mostro trascorse vari minuti a guardare scene che avrebbe preferito non vedere mai. Era trascorso un minuto o forse un’ora, non avrebbe saputo quantificare, quando Slender si accorse che il processo era a doppio senso. Interruppe il contatto e vide il ragazzo con gli occhi spalancati. Lentamente Zack si alzò in piedi. “Io sono come te. Non puoi distruggere qualcuno di così simile a te. Anche io ho ucciso perché odiavo vedere gli effetti della noncuranza di mia madre su mio padre. Magari tu hai ucciso per un motivo diverso, ma il succo è quello”. “Mi stai sfidando?”, disse lo Slender alterato. “No, ti sto proponendo un affare. Tu guadagni un adepto e se serve sterminerò tutta la popolazione di bambini del circondario, ma non devi toccare Ethany,” disse Zack con le ultime parole che uscivano fuori in un ringhio. Lo Slender parve riflettere. Il ragazzo sembrava sicuro di sé, e poi avrebbe potuto controllarlo più facilmente. “E sia,” disse, “ma dovrai fare esattamente ciò che ti chiedo. Un solo errore, e porterò il tuo cadavere davanti a lei”. Zack annuì. Non riusciva a credere di essere stato così fortunato. Non si fidava completamente, ma sarebbe stato attento. Tutto, avrebbe fatto di tutto per saperla al sicuro.
Ethany stava respirando. Già, una novità. Eppure, fino a trenta secondi prima, le era sembrato un miracolo riuscirci. Aveva cercato di evocare uno spirito per chiedergli informazioni sul bambino, che a quanto pareva si chiamava Jamie (informazione, questa, ottenuta dallo spirito di un uomo che sembrava immerso in un fiume di sangue bollente), ma senza esito. All’ultimo tentativo si era sentita risucchiare in un vortice scuro ed era andata in apnea per qualche secondo, annaspando e agitandosi mentre il suo campo visivo si anneriva. Non era stato niente di grave, solo qualche secondo, ma la sua agitazione aveva fatto peggiorare il fenomeno. Ora prendeva grosse boccate d’aria mentre una forma luminescente vagamente umana le fluttuava intorno, con un’espressione preoccupata. ‘Ti sei sforzata troppo. Direi che è ora che ti riposi. Per oggi abbiamo scoperto abbastanza’. Ethany si alzò in piedi, ma rimase fermamente al suo posto. ‘Papà, ho i minuti contati. Se non raccolgo presto abbastanza informazioni e non li convinco a combattere con me, Zack è condannato’, pensò, e a quel pensiero sentì nuove forze scorrere in lei come adrenalina. Doveva farcela. Pensò intensamente al suo nome, a quello che aveva potuto rappresentare per un padre solo, alla sua solitudine e alla sua tristezza. ‘Mi hai trovato. Adesso però potresti dire a quell’omone di smetterla di guardarmi di traverso?’
Erano davanti ad un’enorme villa a tre piani, maestosa ed incredibilmente opulenta. ‘Ecco quello che devi fare. In quella casa abitano due ragazzi, fratello e sorella, ma in questo momento non sono in casa. Dovrai aspettare il loro ritorno a notte fonda. Dovrai ucciderli a sangue freddo, e io ti aiuterò a fare in modo che i loro genitori li vedano e non possano fare niente. Solo così sarò soddisfatto. Capito bene?’ “Capito”, sussurrò Zack. Dio, aveva acconsentito, doveva farlo. Sapeva come, svuota la mente, pensa solo a quello che devi fare, con ferma determinazione e freddezza. Eppure non avrebbe mai pensato di doverlo rifare. Era stato in qualche modo giusto che avesse provato una sorta di ebbrezza quando aveva ucciso sua madre, ma adesso, al pensiero di rifarlo, gli si rivoltava lo stomaco e gli si attorcigliavano le budella. Zack partì all’esplorazione della casa, più che altro per avere una scusa per allontanarsi da quel mostro. Si arrampicò dal portico fino al secondo piano, fino a posizionarsi sul cornicione, e sbirciò dentro. Poteva vedere dalla finestra una scena quantomeno disgustosa, a parer suo: la coppia felice che faceva di tutto e di più a letto. Fin qui tutto “normale”, finchè non notò un piccolo particolare: sul cassettone c’era una foto della donna il giorno del suo matrimonio, ma l’uomo con cui era stata fotografata non aveva niente a che fare con quello con cui era a letto. Inoltre sentiva i discorsi di quei due porci, e poteva giurare di aver sentito la donna che si preoccupava del ritorno di suo marito.
Non ci vide più. Il suo metro di giudizio sembrava essersi annullato. Non poteva stare a guardare mentre quella scena si ripeteva. Mentre altri bambini, come lui all’epoca, soffrivano per quello che sapevano. Una voce gli sussurrava di fare ciò che era giusto, non solo per la sua vendetta ma anche per il bene dei loro figli. Sfondò la finestra e cadde dentro la stanza, scuotendosi via le schegge di vetro dai capelli, uno sguardo omicida negli occhi. Entrambi gli amanti proruppero in un grido di stupore, ma lui non gli diede tempo di meravigliarsi: con un sol colpo tagliò la gola all’uomo, che si accasciò sulla donna, privo di vita. L’aveva bloccata con il suo peso, e lei continuava a supplicarlo mentre il sangue le intrideva la pelle, e poi scivolava sulle lenzuola, sul pavimento. Zack vedeva solo quel rosso. Respirava affannosamente, come se avesse corso per mille chilometri. Si avvicinò alla donna e le disse: “Tutti voi. Smettetela di pensare così. Che solo perché avete creato una famiglia avete anche il diritto di distruggerla dall’interno, di far soffrire i vostri figli in un modo così egoista che persino un verme sarebbe più virtuoso. Ricordati di questo giorno, sarà anche il tuo ultimo” e terminando con queste parole, la afferrò per i capelli e le tirò la testa all’indietro, fino a scoprire il suo collo. La donna continuava a piagnucolare di risparmiarla, ma lui la ignorò. “Risparmiatelo per quando avrai imparato la lezione”, disse, e passò il coltello che aveva in mano (da quando?) sulla sua gola, per poi sedersi a terra. Solo allora notò una piccola sagoma sulla soglia della camera da letto. Un bambino. Aveva gli occhi colmi di terrore mentre correva a scuotere sua madre disperato, con un’espressione in viso completamente stravolta. Le sue urla gli perforavano il cervello, e pregò che la smettesse. Non capiva che gli aveva fatto un favore? Una donna che si comportava come sua madre non aveva alcuna speranza di poterlo crescere come si deve.
Si rese conto del suo errore solo quando il bambino gli si avventò contro e cominciò a prenderlo a pugni, urlando: “Mostro! Sei un mostro, proprio come lui!” Zack indietreggiò atterrito. “Ho fatto lo stesso con mia madre, lei ha tentato di uccidermi! Ma non capisci che ti ho fatto un grandissimo piacere? Come credi che sarebbe andata a finire? Avrebbero divorziato e vi avrebbero lasciati soli, trattato come oggetti da dividere! Forse sei troppo piccolo per capire...” “Ripetimelo quando ti avrà lasciato”, disse il bambino. Cosa? Chi diavolo avrebbe dovuto lasciarlo? Improvvisamente si ritrovò di nuovo al suo posto, dov’era prima di scalare la casa, e si rese conto di aver disubbidito a ciò che lo Slender gli aveva detto. Oh mio Dio. Solo per una stupida vendetta si era lasciato trasportare dall’altra parte, in un mondo di assassini, e ora avrebbe perso Ethany. Appena vide che lo Slender si avvicinava gli si gettò ai piedi maledicendosi tra sé. “Farò quello che mi hai detto, te lo giuro, ma non farle del male...” il suo sproloquio venne interrotto dalla sua voce fredda e tagliente dentro la sua testa: ‘Non mi sarei aspettato niente di meno da te. Hai fatto un ottimo lavoro’.
Ethany era sconvolta. Sapeva che un tempo lo Slender era stato umano, ma sentire che era addirittura un padre dolce e amorevole era troppo. Eppure quell’ombra di bambino le aveva raccontato proprio questo. ‘Perché vuoi sapere del mio papà?’ aveva chiesto perplesso. Ethany gli aveva detto che volevano aiutarlo. Lo aveva detto come scusa, ma dopo aver ascoltato di come la loro casa era saltata in aria perché lui aveva acceso la luce e di come non aveva mai saputo se suo padre era riuscito a farcela, si sentì mancare l’aria. Era stato qualcuno, dopo tutto. E non un qualcuno da buttare, o da uccidere, o da odiare. Qualcuno che cercava di prendersi cura di suo figlio. Pazzesco, eh? “Senti Jamie, non è che hai qualche amico, lì dove ti trovi? Perché ce ne servirebbero parecchi per aiutare il tuo papà...” ‘Qui sono tutti gentili con me’, rispose il bambino, la faccia che si increspava in un’imitazione di sorriso. ‘Ma perché? Cos’ha il mio papà?’, proseguì preoccupato. “Sai, in tutti questi anni gli sei mancato tanto, mi ha detto che vorrebbe rivederti. Posso portarti da lui, ma ci servono anche i tuoi amici per...” ‘Hanno detto di sì’, la interruppe Jamie. Ethany si guardò intorno incredula. ‘Dicono di conoscerlo, e di conoscere te. Dicono che combatti per una causa importante. Non so cosa significa, voglio solo rivedere il mio papà’. “Va benissimo, lo rivedrai. Però...ecco, sono passati molti anni, e tuo papà è...cambiato. Si è arrabbiato molto perché non ha potuto vederti più, quindi quando lo vedrai sarà un po’ diverso.” ‘Diverso? Ma è il mio papà, lui è sempre allegro con tutti, tranne quando parla con la mamma...con lei diventa sempre cattivo.’ “Ecco, è come se tuo papà in questo momento sia davanti alla tua mamma. E’ molto arrabbiato, ma appena ti vedrà sono sicura che non lo sarà più. Di’ ai tuoi amici di presentarsi domani all’ingresso della foresta, al calar del sole. Io sarò lì”.
Dopo che la figura di Jamie si dissolse, Ethany crollò a terra. Era troppo stanca persino per pensare, e forse era un bene. Dopo un periodo di tempo indefinito si alzò in piedi. Suo padre era ancora là. ‘Hai fatto bene a dirgli la verità. Non lo avrebbe sopportato. In fondo, è sempre un bambino’. Ethany fece un respiro profondo. “Mentire non sarebbe servito a niente. Lo avrebbe solo sconvolto di più. E mi serve il suo appoggio se non voglio perdere quello degli altri fantasmi,” terminò, con una voce fredda e incolore. ‘Ethany, lo sai che l’ultima decisione su questa faccenda spetta a te, vero? E’ un enorme fardello da caricare sulle spalle di una giovane come te, ma in qualche modo solo tu puoi farlo, nessun altro è...’ “So perfettamente che cosa mi aspetta. Se non lo uccido, questa storia non finirà mai. Non avremo mai una vita normale, ma se il bambino lo distrae a sufficienza sono sicura di potergli scagliare contro il mio scudo”. Non udendo risposta, Ethany si girò lentamente verso suo padre, che la guardava con un’espressione che poté identificare come delusione, pura e semplice. ‘Vuoi uccidere un padre davanti a suo figlio? Anche se ormai è morto non ti perdonerà mai. E non smetterai di vedere le anime solo uccidendo Slender. Io sono qui per guidarti, ma vedo che ormai hai fatto la tua scelta.’ Ethany adesso stava cominciando a innervosirsi. “Ma qualcuno ha mai pensato ai miei sentimenti? Se non lo uccido non avrò pace. Continuerà a perseguitarmi per sempre. Tu sai cosa vuol dire non dormire perché ti senti osservata, senti che qualcuno fruga nei tuoi sogni, avere incubi ogni notte? Lui vuole suo figlio. E non si fermerà davanti a niente per riportarlo indietro. Quindi non vedo perché dovrei farlo io.” ‘Ti ricordavo migliore di così, ma non posso interferire nelle tue decisioni. Ti chiedo solo di pensare. Di pensare molto bene a quando è cominciata.’ Detto questo, scomparve.

   
 
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