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Autore: Laura Sparrow    19/09/2018    0 recensioni
Quinto capitolo della saga di Caribbean Tales. - La Perla è perduta. Jack è perduto. Una tempesta separa Laura Evans dalla sua ciurma e dal suo capitano, per gettarla sola su coste sconosciute. Devono ritrovarsi, mentre il pericolo incombe sottoforma di uno spietato cacciatore di pirati incaricato di trovare proprio loro...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15


- Perché mai qualcuno avrebbe dovuto farlo? Che motivo avevano?-
Il salone del consiglio non sembrava il posto migliore dove avere quella conversazione ma, d'altronde, nessun altro posto lo era, con il viavai dei pirati che si stavano preparando per l'attacco imminente.
Nathaniel sedeva su uno scranno che era stato usato da uno dei Pirati Nobili e fissava l'enorme tavolo davanti a sé senza vederlo. Ben era seduto al suo fianco e faceva altrettanto, anche se era stato lui ad avere la lucidità di porre la domanda a cui nessuno sapeva dare una risposta.
Dall'altra parte del tavolo, Jack si dondolava lentamente sulla sedia con aria greve.
- Nemici? Ladri? Uomini di Isla Muelle che potevano non vederla di buon occhio, o considerarla responsabile di ciò che è accaduto e di averli messi in pericolo?-
Nathaniel strinse i pugni sul tavolo e alzò lo sguardo.
- Oppure uomini della Baia dei Relitti che potevano avere qualcosa contro di lei perché vedono noi di Isla Muelle come ospiti indesiderati e portatori di guai?-
Il suo tono era stato aspro, ma Jack non sembrò cogliere alcuna accusa nelle sue parole, oppure rifiutò di farlo.
- Tutto è possibile, sfortunatamente. - rispose.
- Ma perché Miss Hawk? Non ha alcun senso! Per questi motivi avrebbero dovuto piuttosto cercare di uccidere noi! - scattai, senza riuscire a trattenermi. Il viso di Sylvie Hawk mi era sembrato irriconoscibile quando vi avevo posato sopra lo sguardo una volta sola, prima che Jack e gli altri convincessero anche me ad andare via. Il volto blu e la carne del collo martoriata dal laccio. Aveva sicuramente sofferto nei suoi ultimi istanti, e io...
Io non c'ero. Nathaniel non c'era, Ben non c'era, non c'era stato nessuno per lei quando aveva avuto bisogno di aiuto. Sentii arrivare le lacrime, e non sapevo neanche se sarebbe stato più dignitoso cercare di fermarle o piuttosto piangere per la donna che mi aveva soccorso nel momento peggiore della mia vita.
Jack posò la mano sulla mia e la strinse, sentii la freddezza familiare degli anelli contro la pelle.
- Tutto questo lascia supporre che, chiunque sia stato, potesse mirare a voi. - disse il capitano, osservando uno dopo l'altro i fratelli.
- Bene, e ci è riuscito!- la voce di Nathaniel era un ringhio di dolore. - Adesso vorrei davvero che uscisse allo scoperto a spiegare che cosa diavolo sperasse di ottenere, così potrò aprirgli un buco in fronte!-
- Qualunque cosa volesse ottenere, non poteva scegliere un momento migliore, perché adesso al Re dei Pirati non interessa minimamente fare luce su questa storia. - Jack fece una smorfia e accennò un gesto vago con le mani. - Almeno non fino a quando non avremo accantonato la questione del “mandiamo fuori la flotta e bombardiamo Balthazar”, che temo sarà all'ordine del giorno per un po'. Per me significa che nel migliore dei casi abbiamo qualche assassino scontento che vaga per l'Isola... nel peggiore, un sabotatore, comprendi? Per questo, posso soltanto chiedervi di tenere gli occhi aperti e mettere in allarme tutte le persone che considerate di fiducia finché non capiamo se si sia trattato di un caso isolato o di un qualche complotto... e noi faremo altrettanto. Mi dispiace davvero di non poter fare di più, per ora. -
- A me dispiace che non abbiate potuto fare qualcosa prima!-
La tregua apparente che sembrava essere stata stipulata fra Jack e Nathaniel doveva essere finita, a quanto vedevo. Dal canto suo, il mio capitano non sembrava più in vena di raccogliere le provocazioni del ragazzo o di stuzzicarlo: avevo visto troppo bene la sua espressione quando aveva convinto Nathan a staccarsi dal cadavere della madre. E quando Jack diventava serio, la cosa poteva essere perfino inquietante. Era come se si spegnesse una luce.
Jack lo fissò per un lungo istante.
- Anche a me. - raccolse il tricorno che aveva appoggiato sul tavolo e se lo rimise in testa con gesto solenne. - Il tempo è tiranno, signori. Per quanto il momento sia drammatico, la Fratellanza sta approntando la flotta, e fra poco ci sarà battaglia là fuori. Vi consiglio di considerare attentamente che cosa preferite fare, se unirvi alla ciurma o se restare qui e proteggere la vostra gente. -
- Non c'è nemmeno da chiederlo. - mormorò Ben. - Mi sembra chiaro che la gente di Isla Muelle sia in pericolo, dobbiamo rimanere e fare in modo di tenerli al sicuro!-
- L'unico modo di tenerli al sicuro è trovare il responsabile! Non c'è niente in questo momento che vorrei di più!- i pugni di Nathaniel tremavano sul ripiano del tavolo.
Le sue parole fecero scattare qualcosa nelle mia mente. Mi voltai verso Jack, tendendo la mano verso di lui.
- Jack, la bussola! Dammela. -
- Che?- lui mi squadrò, preso alla sprovvista, con un sopracciglio alzato. Senza aspettare che si decidesse ad arrivare alle mie stesse conclusioni, agguantai la bussola che ciondolava dalla sua cintura e cercai di sciogliere il cordino che la tratteneva. - Ehi, ehi, frena gli entusiasmi! Eccola... -
Jack liberò la bussola dal nodo e me la porse. Credo che avesse capito che cosa avevo in mente, perché mi osservò con attenzione e in silenzio mentre aprivo il coperchio smaltato e racchiudevo l'oggetto tra le mani, lasciando che l'ago cominciasse a vagare sul quadrante.
- A che cosa può servirci quella?- domandò Nathaniel, scrutandomi accigliato.
- Questa bussola non punta a nord. - Scambiai un'occhiata con Jack, quindi continuai. - Ma a chi la tiene in mano indicherà sempre la cosa che desidera di più al mondo. Perciò, se ciò che noi desideriamo è trovare il responsabile della morte di Miss Hawk... -
Ora i due fratelli sembravano vacillare tra la speranza e lo scetticismo totale. Ben osservò Jack e me, poi lo vidi scoccare un'occhiata furtiva a suo fratello con l'aria di chiedersi se fossimo impazziti tutti. Ma Nathaniel non ricambiò l'occhiata: invece si alzò in piedi e si protese sul tavolo per guardare il quadrante della bussola. Abbassai gli occhi anch'io, seguendo i movimenti dell'ago, ma una frazione di secondo più tardi lo vidi indicare insistentemente alla mia destra e lasciai andare il fiato con un sospiro.
- Ah... Con me non funziona. -
Jack sembrò allarmato e si chinò in avanti per vedere cosa fosse andato storto. - Perché?-
- Perché indica te. -
- Oh. - per un attimo non si sforzò neanche di mascherare la soddisfazione.
Gli occhi di Nathaniel si allargarono fino a mostrare il bianco. - Quindi significa che lui è il responsabile di ciò che è accaduto a mia madre?!-
- No. - replicò Jack in tono ovvio, fissandolo. Quando notò la consapevolezza farsi strada nell'espressione di Nathaniel, visto il momento delicato fu abbastanza comprensivo da non mostrarsi troppo compiaciuto.
Appoggiai la bussola sul tavolo, lasciando che l'ago tornasse a ruotare a vuoto quando allontanai le mani, e la spinsi verso il ragazzo.
- Nathaniel. -
Non ebbe bisogno di incoraggiamenti. Fissò la bussola per qualche secondo, poi vi avvicinò le dita con una cautela che mescolava diffidenza e reverenza. La tenne tra le mani come aveva visto fare a me, poi si corrucciò e la avvicinò al volto mentre scrutava i movimenti incomprensibili dell'ago. Ben gli stava accanto, e si chinò spalla a spalla con lui mentre insieme la osservavano.
Rimasero a guardarla molto più a lungo di quanto avevo fatto io. Da dove io e Jack eravamo seduti non potevamo vedere che cosa stesse indicando, se stava indicando qualcosa: nel silenzio si sentivano i ticchettii dell'ago che cambiava posizione, e pareva che ancora non si fosse deciso a fermarsi.
Per un attimo infinitesimale notai gli occhi di Nathaniel scattare dal quadrante della bussola a me, per poi distogliersi di scatto.
Nello stesso momento Ben ebbe un impeto di rabbia e afferrò le mani del fratello.
- Per Dio, Nathan, concentrati!- ringhiò, con una foga che non gli avevo mai sentito prima.
Per la prima volta, nel vedere quanto in fretta il suo sguardo era corso verso di me e poi era sfuggito, mi sentii realmente, profondamente dispiaciuta per lui. E realizzare che fosse proprio la prima volta in cui gli concedevo qualcosa di simile alla comprensione mi fece ancora più male, mentre sentivo il senso di colpa affondarmi nello stomaco e piantarsi lì come un'ancora.
I fratelli ritentarono, con le mani di entrambi strette attorno alla bussola come uno sul punto di affogare avrebbe stretto un relitto galleggiante. Quattro mani aggrovigliate l'una all'altra, e nel mezzo un quadrante che ruotava e ruotava. Attendemmo ancora qualche minuto, poi mi bastò osservare le loro espressioni sempre più sconfortate per capire che non stava funzionando.
- Non si ferma. - mormorò Nathaniel, sconsolato.
- Quell'oggetto è... capriccioso. - concesse Jack con un cenno del capo. - Non è sempre affidabile, e temo che usarla in due non lo faccia funzionare meglio... Ma, francamente, non credo che al momento ne caveremmo granché di utile, a meno che non vogliate camminare su e giù per tutta l'isola aspettando che prima o poi l'ago vi indichi esattamente la persona che state cercando. Ritenteremo, oppure troveremo un modo più efficace. -
Nathan mi restituì la bussola senza guardarmi.

*


- Non hai una guerra da iniziare?-
Gli occhi infossati di Teague si strinsero ancora di più, come se facesse fatica a mettere a fuoco la figura di suo figlio nella penombra della sala del consiglio.
- Sai bene quanto me che quando si dà fuoco ai cannoni, io metto la prua dalla parte opposta. Non ho proprio fretta di mettermi in mare. -
- Se hai intenzione di dartela a gambe, Jackie, sai da che parte è l'uscita. -
- Non ho intenzione di darmela a gambe!- Jack sembrò ferito. - Credi che pianterei tutti in asso?-
- Francamente... -
- Beh, no, vecchio mio, per tua informazione non lo farei. Specialmente considerato il fatto che ti lascio con lei. -
- Volevo arrivare a questo punto. Lei resta nel Palazzo, quindi. C'è qualcosa che vuoi chiedermi?-
- Certo. Vorrei che la tenessi al sicuro. Più precisamente, ci terrei molto che tu e lei vi guardaste le spalle a vicenda, eh? Che ne dici?-
- La terrò al sicuro, eppure mi pare che il pericolo sia là fuori in mare aperto, e non qui fra le mura del Palazzo... -
- Una donna di Isla Muelle è appena stata assassinata, e non si trova il responsabile. -
Lo sguardo di Teague si adombrò, e allo stesso tempo nelle profondità delle sue orbite rugose le iridi parvero accendersi come due tizzoni. - Ah. -
- Tienila lontana dai disordini, per favore. Tieni gli occhi aperti. Lei sa badare a se stessa, ma... ecco... il fatto è che c'è una questione che... -
- Non balbettare, Jackie, ti fa sembrare stupido. -
- La questione è che ci sono delle condizioni che in una situazione di pericolo... -
- E non prendere il discorso alla lontana, fa sembrare che tu ritenga me stupido. -
Jack alzò gli occhi al cielo con aria esasperata, sbuffò forte e poi tornò a guardare suo padre.
- È incinta. -
Il vecchio capitano non disse nulla. Continuò a fissare suo figlio senza dire nulla, e senza smettere di pulire meticolosamente la canna della pistola. Solo quando ebbe estratto lo scovolino ed ebbe appoggiato l'arma sul tavolo, lentamente le sue labbra incartapecorite si allungarono in un sorriso che gli tagliò la faccia da un orecchio all'altro.
- Smetti subito di guardarmi così. - sbottò Jack.
- Jackie. -
- Che cosa ti ho appena detto?!-
- Non posso essere felice per mio figlio?-
- Io... tu... puoi, ma... - Jack si fermò, congiunse le mani e chiuse gli occhi per un attimo come a chiedere una pausa e riavvolgere la matassa dei pensieri. - Baderai a lei?-
- Certo che lo farò, Jack. Sai che lo farò. -
- E bada anche a te stesso, vecchio. - il capitano abbozzò una pacca sulla spalla di suo padre, esitante, come se a metà del gesto non gli fosse più sembrata una buona idea ma fosse stato troppo tardi per rinunciare. Teague, dal canto suo, stava ancora sorridendo. Finalmente sorrise anche Jack. - Voglio ritrovarvi entrambi sani e salvi quando torno. -

*


Jack aveva sempre ritenuto di avere un “sesto senso da felino”. Qualcosa che, a detta sua, gli faceva arricciare i baffi quando le cose stavano per mettersi male, la stessa cosa che portava ad abbandonare la nave prima che affondasse.
“Sono i ratti, quelli.” lo aveva corretto una volta Gibbs quando gliene aveva parlato.
Sciocchezze. “Senso da felino” suonava molto più affascinante. E Jack lo aveva sempre sfruttato in svariati modi, quel senso da felino: sia quando comprendeva darsela a gambe il prima possibile quando una situazione minacciava di essere già non al punto di ebollizione, ma ben oltre e pronta a scoppiare, sia quando al contrario prevedeva di buttarcisi di testa e augurarsi che le cose si decidessero a girare a suo vantaggio.
Il suo senso da felino gli aveva mandato brividi lungo la schiena dal primo istante in cui aveva messo piede sulle sua nave e aveva preso il largo con la flotta della Fratellanza.
Sul mare c'era ancora foschia, ma tutti erano certi che la nave di Balthazar si sarebbe palesata da un momento all'altro. Se lo sentiva anche Jack, ma non era tutto qui: no, lui sospettava che ci fosse qualcosa di peggio, e che si trovasse proprio là fuori pronto ad aspettarli.
Mentre scrutava l'orizzonte dove la foschia andava poco a poco diradandosi, in qualche modo sentiva che il loro nemico non li stava certo aspettando da solo.
Forse l'obiezione di Gibbs riguardo ai ratti non era del tutto fuori luogo.
Perché in effetti aveva la sensazione che il gatto fosse ciò che li attendeva oltre il velo di nebbia, mentre il pizzicore che si sentiva addosso poteva in effetti essere il panico del roditore che lo udiva sfoderare gli artigli.

*


Un altro sorso di rum.
Sua madre non gli diceva mai nulla quando lo vedeva bere forte insieme ai ragazzi della Sirena, nemmeno se beveva tanto da vomitare. Li ritrovava sul portone all'alba, con lo stomaco rovesciato e la faccia verde, e sembrava quasi gongolare quando li spingeva via a colpi di ramazza dicendo che gli stava bene, e che così avrebbero imparato a non toccare il fondo.
Diverso era quando lo trovava a bere da solo. “Via quella bottiglia, Nathaniel Hawk.” faceva, strappandogliela di mano. “No, non mi importa nulla se sei adulto. Non si beve da soli, specie non quando si ha quella faccia.”
“E allora bevi con me, almeno, megera malefica.” aveva replicato pigramente Nathan un paio di volte. Sylvie aveva finto di arrabbiarsi, ma quella risposta finiva sempre per farla ridere, così si sedeva con lui e si faceva riempire il bicchiere fino all'orlo mentre gli chiedeva che cosa non andava.
Bere con la proprio vecchia madre era davvero una cosa da derelitti, aveva scherzato lui. Però ogni volta si era sentito meglio dopo i loro burberi ma affettuosi scambi di vedute.
Un altro sorso, più generoso e amaro.
Sylvie Hawk non era più lì per dirgli di non bere da solo. Mai più gli avrebbe fatto compagnia, né lo avrebbe assillato. Mai più gli avrebbe ricordato di non trascurare suo fratello, o di non correre dietro ciò che comunque non poteva avere.
Seduto con la schiena contro il muro di una casa, accanto al molo che avrebbe dovuto sorvegliare, Nathaniel trovò il fondo della bottiglia. Si lasciò scorrere sulla lingua le ultime gocce, deluso, e la riabbassò.
- Buonasera, giovane Hawk. -
Una voce dal buio, una voce non sconosciuta. Ugualmente, Nathaniel sbottò: - Chi c'è?-
Aveva già riconosciuto l'uomo che si avvicinava prima che arrivasse nel cono di luce della lanterna. Nathaniel gli rivolse una lunga occhiata da sotto le palpebre cascanti. Lo scrutò come se volesse accertarsi della solidità di quella figura emersa dall'oscurità che ora gli stava davanti, del cappotto blu acceso che forse era stato elegante prima di diventare logoro di fango e salsedine, della mano dalle dita nodose che stringeva nervosamente l'elsa della spada e dell'assurda cascata di riccioli che incorniciavano il volto spigoloso del capitano Lanthier. Si portò la bottiglia alle labbra solo per ricordarsi che era vuota.
- Che diavolo ci fate voi qui?- borbottò. - La battaglia è già finita?-
La voce di Lanthier emerse come un sussurro dalla nebbia bassa.
- La battaglia è in stallo già da ore, e la rimarrà. Non avete seguito gli aggiornamenti? Le navi si sono scontrate a largo dell'isola, ma poi Balthazar ha tentato di indurli a inseguirlo in mare aperto, dove attende un'intera flotta della Marina inglese. La Fratellanza ha ripiegato verso il Covo, dove sono protetti dalle batterie di cannoni sulla scogliera. Nessuna delle due parti si azzarda ad avanzare, e così siamo in stallo e lo rimarremo probabilmente per tutta la notte. -
- E allora perché voi non siete là fuori, sulla vostra nave?-
- Non ho mai lasciato la Baia. Non ero sulla mia nave, quando questa è salpata. -
La calma con cui il capitano pronunciò quelle parole fece intuire a Nathaniel che qualcosa non andava. Non andava affatto. Il ragazzo posò la bottiglia a terra.
- Perché?-
- Perché è nel mio interesse rimanere qui. -
Nathaniel fece un gesto verso la pistola, ma Lanthier fu più rapido di lui. Udì lo scatto del cane prima che le sue dita riuscissero anche solo ad avvicinarsi all'arma, e maledisse la sua stupidità. Aveva tenuto lo sguardo fisso sulla mano posata sulla spada, e non aveva minimamente pensato di controllare se il capitano non tenesse una pistola nell'altra.
- Fermo. Fermo. Non sono io il vostro nemico, quindi non diamo in escandescenze. - la voce del capitano si abbassò ancora di più. - Ascoltate. La Fratellanza mi considera già un pusillanime, perché quando la flotta è partita per attaccare Balthazar, il mio equipaggio aveva l'ordine di salpare e allontanarsi dallo scontro, rifugiandosi dall'altra parte dell'isola. Ai loro occhi ho già disertato. Ma l'ho fatto soltanto perché non ho nessuna intenzione di mandare i miei uomini a morire per una causa che ritengo persa. E dite che non avevo ragione! Non c'è un solo cacciatore di pirati, là fuori, c'è una flotta intera che lo spalleggia!-
Nathaniel buttò fuori il fiato con un sibilo.
- Lo so, capitano Lanthier. Ma che scelta avevamo?-
- C'era una scelta! Ce n'erano molte! Consegnare Sparrow era una scelta! Cercare un accordo era una scelta! Io avevo fiducia in Silehard, non in Sparrow. Ma la Fratellanza ha preso la sua decisione, e Dio solo sa quanto non siamo i benvenuti qui... -
- Quindi... - mormorò Nathaniel. - Potremmo liberare Silehard? Cercare un accordo?-
- Oh, mio povero ragazzo, e che cosa ci guadagneremmo a liberarlo? Silehard è finito! Senza più una ciurma, umiliato e incarcerato dai Pirati Nobili, non ha più un minimo di credito presso Balthazar. Ma noi invece potremmo risalire la scala, saltando l'intermediario. -
- Cosa... cosa intendete dire?-
Lanthier abbassò la pistola, scambiò uno sguardo con il ragazzo, la ripose nella cintura. Nathaniel si decise ad alzarsi in piedi, con cautela, perché la testa gli girava ancora. Tenne d'occhio il francese, ma non lo vide fare gesti minacciosi, quindi non tentò nuovamente di mettere mano alle sue armi.
- Le leggende della tua infanzia ti hanno deluso. - il tono di Lanthier era triste. - Ti capisco. Anche io sono venuto qui in cerca delle grandi leggende che potessero ergersi in difesa di tutta la stirpe dei pirati, e invece mi ritrovo con dei buffoni che si uccidono a vicenda e che trascinano con sé gli innocenti. Ci sto ripensando, signor Hawk. Sto davvero pensando da che parte conviene stare. -
- Non voglio tradire nessuno. - scattò Nathaniel. - Siamo già stati vittima di rappresaglie, e ora se ci mettiamo ad accoltellare alle spalle i Pirati Nobili... -
- Io non tradisco nessuno, perché nessuno si è meritato la mia fiducia. Intendo consegnare Sparrow. A Balthazar sarà indicata una via per entrare di nascosto al Palazzo dei Relitti, e a quel punto trovare una mediazione sarà l'unica alternativa a un inutile massacro. I Pirati Nobili lo sanno, e vedrai come cambieranno idea quando Balthazar sarà davanti a loro a chiedere nient'altro che la consegna di Sparrow. -
- Non ci credo. - Nathaniel rabbrividì. - Se entra nel Palazzo... non si accontenterà mai di un solo pirata. Non è possibile. Ci stai facendo ammazzare tutti. -
- No. Balthazar non ha bisogno di uccidere i Pirati Nobili. Lui ha i suoi modi per manipolarli, ricattarli e tenerli in pugno, e questo gli conviene molto più che ucciderli. Ne vuole morto soltanto uno. E... -
- E che cosa?-
- Il custode del Codice. Vuole parlare con lui. -
- Tu... - Nathaniel tentennò, si sentì vacillare, mentre un'altra idea si faceva strada nella sua mente. - Da quanto tempo sei in contatto con Balthazar?-
Un sorriso. Nient'altro che un sorriso a sciogliere appena i tratti affilati del francese, a conferma del tremendo sospetto.
- Da un po'. - rispose, in tono assolutamente tranquillo. - Non ti è sembrato che la Fratellanza si fosse riunita veramente in fretta? Avevo fatto in modo che si cantasse la canzone molto prima dell'attacco a Isla Muelle. Volevo radunare la Fratellanza, volevo che vedessero... quello che vedo io. Ma ora siamo qui. Non ti sto chiedendo il permesso di farlo, Hawk. Ti sto dicendo che questo piano è già in atto, perché proprio in queste ore la nave di Balthazar sta aggirando l'isola col favore delle tenebre e della nebbia. Attraccheranno da un momento all'altro, e io gli sto preparando la strada. -
- Come... -
- La ciurma di Silehard. Te l'ho detto che sono scontenti del loro ex capo. Hanno sete di sangue, e gli è stato negato. Hanno abbracciato immediatamente la mia causa. - il sorriso divenne simile a un solco profondo nella sua faccia. - Ora ti sto chiedendo se vuoi essere parte di questa sommossa, in modo che Balthazar non abbia motivo di pensare che la povera gente di Isla Muelle possa essere un problema. Fai la cosa giusta, Hawk. Ti ho coinvolto perché penso che la tua gente non meriti di pagare ulteriormente per le colpe della Fratellanza. -
Nathaniel lo fissò a bocca aperta, senza trovare le parole. Fissò l'uomo che stava davanti a lui, sorridente, disarmato, con le braccia spalancate come a rimettersi nelle sue mani. Lui aveva la pistola. Ce l'aveva a portata di mano, più di quella del capitano che l'aveva così fiduciosamente riposta alla cintura, sotto le falde cascanti del suo cappotto. Forse, se avesse colto l'occasione e fosse stato rapido, più rapido del francese, sarebbe riuscito a sparare per primo.
Eppure rimase di fronte a lui, allucinato, senza sapere minimamente che cosa fare.

*



Era evidente che nessuno di noi avrebbe dormito, e neppure avevamo intenzione di farlo. Teague si limitò a dirmi, una volta sola, che avrei fatto meglio a riposare, e quando io avevo risposto di no non aveva più sollevato la questione, ritenendo sufficiente avermi avvertita.
Le ore del giorno era trascorse scandite dagli aggiornamenti portati dalle guardie che, dalla costa, osservavano lo scontro delle navi, ed eravamo piombati nello sconforto quando eravamo venuti a sapere che non c'era stata una vera battaglia, ma che le navi avevano ripiegato nelle acque della baia, impiegate in uno stressante gioco del gatto col topo che sarebbe potuto andare avanti per giorni.
Teague aveva dato disposizioni perché la città dei Relitti fosse messa al sicuro. Avevo pattugliato le vie insieme al vecchio capitano, mi ero assicurata che i rifugiati della Sirena fossero alloggiati al meglio, avevo lasciato Nathaniel di guardia.
La notte sarebbe stata lunga. Teague era stato inflessibile sul fatto di chiuderci nel palazzo appena calato il buio, ma per fortuna avevo con me Faith. Ettore era a bordo della Perla, ma lei era rimasta con me.
Sedere insieme alla tavola della sala del consiglio dei pirati era rassicurante. Rendeva familiare anche un ambiente che ancora non lo era.
- Perché la clessidra?- si domandò Faith ad alta voce, mentre con le dita tracciava linee immaginarie sul tavolo segnato. - E se si riferisse a un patto? Qualcosa per cui il tempo sta scadendo, e si avvicina l'ora di saldare il conto?-
Mi strinsi nelle spalle. - Magari gli sta solo ricordando che sta invecchiando. Di cattivo gusto, magari, ma non mi sembra una minaccia. -
- Di cattivo gusto, forse, ma non per questo meno valida come minaccia. - ci raggiunse la voce roca e sonnolenta di Teague, accovacciato sul suo trono con la chitarra tra le braccia. Lui, lo strumento, la giacca e le piume flosce sul cappello facevano quasi un tutt'uno, trasformando il capitano in un mucchio informe. Vidi i suoi occhi baluginare da qualche parte nelle profondità sotto il copricapo. - Capitan Barbossa non è indifferente al peso degli anni. E a nessuno piace ricordare che il tempo è agli sgoccioli... o scaduto. -
- Ma questo potrebbe valere per chiunque. - puntualizzò Faith.
- Vero. Ma, a quanto pare, al capitano importa. La cosa veramente preoccupante è che il nemico sappia che gli importa. -
Mentre Ettore faceva di tutto per mostrarsi indifferente nei confronti di Barbossa, Faith riusciva solo a stento a sopportare quella farsa. Ero certa che loro due ne avessero parlato spesso. Ed ero certa che Ettore continuasse a non desiderare contatti con suo padre, e tanto meno desiderava che li avesse Faith.
E Faith lo aveva accontentato, ma era impossibile restare indifferente quando sapeva benissimo che ogni azione di Barbossa non passava inosservata al figlio.
Parlavamo e parlavamo, facevamo congetture. Non avevamo più parlato del dono recapitato a Jack: la vestina da neonato. Quella era una minaccia troppo chiara.
Era calata la notte da un pezzo quando la conversazione cominciò a languire, cedendo suo malgrado posto all'ansia.
Nonostante lo stato di allerta, la città dei Relitti non riusciva a rimanere silenziosa... o sobria. Chiacchiericcio, ordini gridati, suono delle baruffe di ubriachi arrivavano in modo incessante alle finestre del palazzo portate dall'aria della sera. Forse anche per questo ci accorgemmo tardi del fracasso che proveniva dai piani inferiori.
- Ma che cosa... - mi riscossi e mi voltai verso il portone.
Un tintinnio forsennato, e il suono raschiante di quattro zampe che grattavano le assi annunciarono il custode delle chiavi. Il cane dal pelo arruffato si precipitò di corsa dentro la stanza, con le chiavi legate al collare che scampanellavano furiosamente, e uggiolando si ficcò sotto al tavolo.
Teague fu in piedi in un secondo.
- Voi due, seguitemi di sopra. -
- Perché proprio ai piani superiori? Resteremo in trappola, se siamo sotto assedio!- protestò Faith, tastando la propria pistola.
- Questi vengono dall'interno. - senza altre spiegazioni, il capitano ci precedette e noi lo seguimmo di corsa.
Una scala a chiocciola ci portò al piano superiore. Ci trovammo in una sorta di torretta ricavata da quella che un tempo doveva essere stata la tolda di una nave: la stanza era quadrata, vuota, eccetto che per un oggetto enorme posto al centro e coperto con la stoffa pesante di una vela che ricadeva fino a terra. Qualunque cosa fosse, arrivava quasi a toccare le due pareti opposte.
- Restate qui dietro. Se qualcuno dovesse entrare da quella porta... - Teague mi porse quella che era inequivocabilmente una miccia da cannone. - Tu fai fuoco, capito?-
- “Fai fuoco”?!- ripetei, anche se non c'era proprio nulla di fraintendibile in ciò che mi stava dicendo, e ora anche nella forma che cominciavo a riconoscere sotto la pesante stoffa da vela.
- Esatto. - il capitano mi passò la miccia, e con un cenno di congedo che aveva qualcosa di terribilmente definitivo ci voltò le spalle e sparì attraverso la soglia. Non correva. Continuai a udire l'eco dei suoi passi lenti e misurati anche mentre vi si aggiungeva lo scatto della pistola e il sibilo della lama che veniva estratta dal fodero.
Col cuore in gola mi voltai e con l'aiuto di Faith tolsi la copertura, rivelando ciò che c'era sotto.
- Oh, merda. -

*



Non ci eravamo fatte illusioni riguardo al fatto che i nemici sarebbero entrati, malgrado Teague. Li sentimmo arrivare, accompagnati dalle urla, il clangore delle spade e dai passi di corsa sempre più vicini.
Gli uomini fecero irruzione dalla porta come uno stormo di diavoli. Faith era in posizione, inginocchiata nell'angolo della stanza, e con un colpo di pistola preciso falciò il primo che varcò la soglia.
Perfino davanti a quella masnada inferocita, forse avrei avuto ancora troppo buonsenso e non avrei usato la mia ultima arma... se la voce di Teague non avesse gridato forte e chiaro, da qualche parte nel dedalo di corridoi: - Fuoco, adesso! FUOCO!-
Mi abbassai al fianco del gigantesco cannone piantato nel mezzo della stanza, con la bocca diretta verso la porta, e accesi la miccia.
Ebbi una fugace visione della faccia di uno dei pirati che stava in testa, con gli occhi spalancati fino a mostrare il bianco, e l'espressione feroce che si trasformava in orrore puro nel momento in cui realizzava che cosa diavolo Teague si tenesse nel suo bastione come arma d'emergenza.
Il cannone detonò con un boato che mi colpì come un pugno sui timpani, per quanto avessi fatto appena in tempo a coprirmi le orecchie mentre mi gettavo a terra. Faith si rattrappì nel suo angolo, con le braccia incrociate sopra il capo. Le corde a cui era assicurato il colosso si tesero come fruste quando il cannone schizzò all'indietro, spinto dal rinculo, e per miracolo tennero quasi tutte, eccetto una che si strappò dal gancio che la tratteneva alla parete.
La soglia della stanza esplose in un inferno di fumo e legno che andava in frantumi. Le urla orribili e il suono di corpi che impattavano a velocità spaventosa furono abbastanza per suggerirmi che avrei fatto meglio a non guardare. Ma naturalmente dovevo farlo.
Mi alzai, con le orecchie che fischiavano. Mi sembrava che il fischio avesse annullato qualsiasi altro suono, e per qualche momento fu difficile anche solo camminare dritta. Dall'altra parte della stanza Faith si rialzò in piedi tossendo: ci scambiammo uno sguardo allucinato, in preda allo stesso stordimento, ma ci bastò a confermarci a vicenda che stavamo bene.
Non c'era traccia degli uomini che avevano dato l'assalto al Palazzo... almeno non in prossimità della bocca ancora fumante del cannone. Ma c'erano spruzzi di sangue mescolati al legno polverizzato, e mi bastò dare uno sguardo poco avanti nel corridoio per distinguere le sagome dei corpo che l'esplosione aveva spazzato via. Alcuni si muovevano ancora.
Cominciai a udire gemiti e grida salire da quel che era rimasto, nel cunicolo fumante scavato dal colpo di cannone. Mi sembrò di intravedere in fondo uno squarcio di cielo nero: il foro che la palla di cannone aveva aperto nelle mura del Palazzo per precipitare nella Baia.
- Teague!- gridai, senza riuscire a sentire la mia stessa voce se non dopo un paio di tentativi. - Teague!-
Qualcosa emerse quasi arrancando da un lato del corridoio, e si avvicinò, nient'altro che una figura indistinta in mezzo al fumo che si diradava.
Strinsi la pistola prima di riconoscerlo come il vecchio capitano, illeso, con la spada ancora in pugno.
- Questo... - dovette fare una pausa per tossire, con la pelle incartapecorita del volto coperta di fuliggine. -...dovrebbe comprarci tempo sufficiente per metterci al sicuro. -
Tese la mano verso di noi, invitandoci a seguirlo. Stavo facendo un passo avanti, quando mi accorsi di un movimento nel corridoio alle sue spalle. Non era qualcuno che arrancava sul pavimento. Era una figura in piedi, e si stava avvicinando.
Avevo ancora l'arma in mano, quindi allungai rapida il braccio oltre la spalla del capitano, tenendo sotto tiro l'ingresso della stanza. L'uomo che si stava avvicinando oltrepassò la soglia proprio in quell'istante.
La luce rivelò il volto teso di Nathaniel, che ci fissava tutti e tre a occhi sgranati, preceduto dalla bocca luccicante di una pistola per ogni mano.
- Nathaniel!- esclamai, e abbassai la pistola sentendomi travolgere da un'ondata di sollievo. Alle mie spalle udii il sospiro di sollievo di Faith. Teague si rilassò e distolse lo sguardo dal ragazzo, per guardare oltre lui.
Nathaniel ne approfittò.
Non aveva mai abbassato le armi, e il suo braccio era fermo mentre prendeva la mira e sparava un colpo dritto nella gamba sinistra di Teague.
Il vecchio Sparrow andò giù senza un lamento, solo con un'imprecazione di sorpresa e l'espressione allibita mentre la gamba sanguinante si piegava sotto il suo peso. Io ero stata sul punto di dire a Nathaniel di radunare le forze per far fronte contro l'insurrezione, e le parole mi si strozzarono in gola nel momento in cui vidi il capitano crollare sul pavimento.
- Giù la pistola. - disse Nathaniel, con la seconda arma ancora puntata verso Teague. - Laura, ti avverto, mettete giù le armi tutte e due o stavolta gli sparo in testa. -
Sapevo che avrei dovuto fare come mi diceva e mollare la pistola. Le mie dita non volevano saperne di staccarsi dal cane.
- Che cosa diavolo stai facendo, Nathaniel?- sibilai, mentre sentivo il sangue defluire dalle guance lasciandomi una crescente sensazione di stordimento.
- Pistola e spada. Mettile giù. Muoviti!-
Quando gridò l'ultima parola sobbalzai, il sussulto mi fece stringere l'arma ancor più forte, e a quel gesto anche il braccio di Nathaniel cominciò a tremolare in modo quasi impercettibile.
- Laura, perdio, non farmelo ripetere!-
Lasciai cadere la pistola. Lentamente sfilai anche la spada dal fodero e la appoggiai a terra, ai piedi del ragazzo.
- Ecco. Ecco fatto, sono disarmata... Adesso vuoi dirmi perché stai facendo questo?-
Lui aveva smesso di tenere d'occhio me, e ora stava guardando insistentemente Faith. La mia amica non aveva aperto bocca, ma lo sguardo che gli stava restituendo avrebbe potuto ucciderlo seduta stante. Il suo viso era coperto di fuliggine, i capelli neri sfuggivano dalla treccia e si attorcigliavano come serpenti, e i suoi occhi sembravano bianchi ed enormi mentre lo fissavano non con paura, ma con rabbia: la rabbia fredda di chi cominciava a capire di trovarsi davanti un traditore. Esitò con la pistola in mano. Io e lei sapevamo che era scarica, ma... Lentamente, Faith posò l'arma a terra e la spinse sul pavimento in direzione del ragazzo, lontana dalla nostra portata.
I miei occhi scattavano febbrilmente da lui a Teague. Il vecchio Sparrow riuscì a tirarsi su dal pavimento e a mettersi in ginocchio, per quanto il proiettile nella gamba dovesse fargli male da morire. Vidi il buco nella stoffa dei pantaloni all'altezza della coscia, zuppa di sangue. Il capitano sembrava colto di sorpresa quanto me, ma lo sguardo che scambiò con me parve intimarmi cautela.
Nathaniel fece un cenno verso di lui.
- La spada, capitano Teague. -
- Te la stai prendendo con le persone sbagliate, ragazzo. - replicò Teague, anche se obbedì e spinse la spada lontana da sé mentre parlava. - Noi siamo quelli che stanno cercando di proteggere te e la tua gente. -
- Bel lavoro che avete fatto!- scattò Nathaniel. Potevo vedere le vene pulsare sulle sue tempie. I lineamenti del suo viso erano quasi deformati, da quanto erano contratti per la tensione.
Ero così concentrata su di lui che mi accorsi solo con qualche istante di ritardo che non eravamo più soli. Nonostante il massacro causato dal colpo di cannone, alcuni sopravvissuti si erano trascinati in piedi e stavano entrando nella sala: buona parte si reggeva ancora sulle gambe, qualcuno era illeso, a parte tagli sanguinanti lasciati dalle schegge di legno. Quelli che erano stati presi in pieno non si sarebbero più rialzati, mentre gli altri... di loro restava poco che potesse rialzarsi.
L'atmosfera cominciò subito a surriscaldarsi mentre i pirati sopravvissuti squadravano me, Faith e Teague con odio. Udii i loro ringhi e le loro bestemmie mentre realizzavano che cosa fosse accaduto.
- State indietro. - intimò seccamente Nathaniel, mentre si metteva tra noi e loro, pur continuando a tenere noi sotto tiro. - Questi ci servono. -
Gli uomini si sparpagliarono per la sala, accerchiandoci. Mi accostai a Teague, cercando di capire se Nathaniel mi avrebbe permesso di aiutarlo ad alzarsi, quando una figura familiare si fece strada attraverso l'ingresso divelto. Lanthier camminava tronfio come un gallo nel pollaio, ignorando il fatto di stare letteralmente scavalcando i resti degli uomini che gli avevano aperto la strada.
Il giovane Hawk si voltò verso di lui di scatto. Dallo sguardo che gli rivolse non avrei saputo dire se fosse adirato con lui o sollevato di vederlo. Forse entrambi.
- Perché ci avete messo tanto?-
Il francese roteò i polsi per sgranchire le mani, tese le dita in un gesto voluttuoso.
- Avevo una faccenda di cui occuparmi, ma vedo che hai gestito la situazione in modo impeccabile... Beh... diciamo “quasi” impeccabile. Molto bene, Hawk!- disse, arricciando il labbro in un risolino soddisfatto. - Voi tre, alzatevi. Abbiamo un appuntamento importante e non possiamo perdercelo. -

  
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