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Autore: The_Storyteller    23/09/2018    2 recensioni
Questa è la prima storia che ho scritto sulla mia Inquisitrice Saoirse, però cronologicamente parlando segue "Un sorso e via".
È un primo bacio alternativo tra la giovane maga e il comandante Cullen, dopo aver sconfitto uno dei suoi incubi.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cole, Cullen, Inquisitore, Solas
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Saoirse guardò di sottecchi il comandante, mentre si trovavano tutti riuniti al Consiglio di guerra. Il volto di lui era pallido e sotto i suoi occhi ambrati si vedevano due profonde occhiaie. Sia Josephine che Leliana si erano scambiate degli sguardi interrogativi, ma Cullen diceva loro di non preoccuparsi, che era soltanto stanco per il troppo lavoro.
La giovane maga non avrebbe mai immaginato di poter provare qualcosa per qualcuno. Al Circolo dei Magi l’amore non era nemmeno lontanamente contemplato, figuriamoci per una come lei, concentrata com’era negli studi per nascondere la sua timidezza. Certo, non avrebbe nemmeno immaginato che sarebbe stata l’unica sopravvissuta al Tempio delle Sacre Ceneri, né i fatti che sarebbero seguiti: Haven,  l’alleanza coi maghi di Redcliffe, l’attacco di Corypheus e, per ora, la fortezza di Skyhold. Ma soprattutto, non avrebbe mai immaginato che avrebbe sentito qualcosa per lui, un ex templare, un testimone del  Quinto Flagello e della ribellione dei maghi a Kirkwall.
Eppure lui era diverso dai templari del Circolo ad Ostwick; per quanto fossero piuttosto tranquilli consideravano i maghi pur sempre dei pericoli. Invece, fin dal loro primo incontro a Haven, Cullen aveva dimostrato di essere più conciliante, apprezzando il fatto che lei avesse volontariamente deciso di collaborare per chiudere lo Squarcio e scoprire la verità dietro ai fatti del Tempio delle Sacre Ceneri.
Ricordava ancora il loro primo colloquio, mentre lui allenava le reclute.
-L’Inquisizione può intervenire al posto della Chiesa. I nostri seguaci saranno cruciali. Possiamo fare molto… Perdonami. Dubito tu sia qui per un comizio.  
E lei, senza quasi rendersene conto, gli aveva risposto: -No, ma se ne hai preparato uno, mi piacerebbe sentirlo.
E aveva adorato il suo leggero imbarazzo quando lei gli aveva sorriso.
Anche quando erano arrivati da poco a Skyhold e tutti si stavano dando da fare, quando lei era appena stata nominata Inquisitore e cominciava a temere così tanta responsabilità, lui l’aveva rincuorata ricordandole il suo coraggio e la sua determinazione nel voler aiutare più gente possibile.
-La nostra fuga da Haven… c’è mancato poco. Mi rincuora che tu… che molti ce l’abbiano fatta. 
-Anche a me- le aveva risposto lui.
Questa volta era lei che aveva sentito uno strano imbarazzo e il desiderio di scappare sui bastioni, ma lui poi aveva aggiunto: -Se fossi rimasta indietro, forse saresti… Non permetterò che si ripetano gli eventi di Haven. Hai la mia parola.
In quel momento lei aveva sentito uno strano calore partirle dal petto e arrivarle al volto, ma fortunatamente Cullen era già ritornato a dare ordini ai soldati, mentre lei si allontanava con le guance arrossate.
 
-In qualità di capo dell’Inquisizione… c’è una cosa che devi sapere. Qui abbiamo garantito ai templari una fonte di lyrium costante, ma io… non lo assumo più. 
Saoirse era rimasta sorpresa da questa confessione. Apprezzava che Cullen si fidasse di lei, non solo in qualità di Inquisitore, e lei confidava nella determinazione del comandante sotto la supervisione di Cassandra. Ma quanto avrebbe potuto resistere? E se il lyrium lo avesse tentato di nuovo? Saoirse spesso si poneva queste domande, e anche dopo la riunione al Consiglio di guerra continuava a tormentarsi.
Avrebbe voluto davvero aiutare Cullen, ma come? E se poi lui avesse rifiutato aiuti dalla magia? Come avrebbe potuto fermare i suoi incubi? Mentre si passava una mano tra i capelli biondi, la maga ripensava a varie parole: lyrium, incubi, demoni… Oblio? La giovane ebbe un’illuminazione e si precipitò a parlarne con Solas.
 
Quella riunione al Consiglio di guerra era stata davvero faticosa. No, erano le notti a essere faticose. Da qualche tempo Cullen era tormentato da ricordi del suo passato: gli attacchi degli abomini gli sembravano così reali che sembrava di riviverli, poteva sentire i loro gridi striduli e vedeva i suoi compagni templari, i suoi amici, cadere inermi sotto i loro artigli. Mentre ritornava al suo ufficio nella torre, Cullen ebbe un leggero giramento di testa. Stava per appoggiarsi ai bastioni quando sentì qualcuno afferrarlo per una spalla, gentilmente ma con fermezza. Girò la testa e per poco non beccò in faccia il cappello di Cole.
-Che cosa ci fai tu qui?- chiese il comandante al giovane.
-Voglio aiutarti- rispose lo spirito.
L’ex templare aveva ancora qualche perplessità su quello strano ragazzo, nonostante tutti i suoi alleati ne parlassero bene. Era un po’ strano, ma si era sempre dimostrato degno di fiducia. Cullen si diresse verso la porta della torre.
-Grazie Cole, ma non c’è bisogno. Devo solo riposare un po’.
Stava per oltrepassare la soglia del suo ufficio quando si ritrovò il giovane davanti alla sua libreria. “Santa Andraste! Se continua così farà venire un colpo a qualcuno…” pensò Cullen. Cole si girò verso di lui senza guardarlo, poi iniziò uno dei suoi soliti discorsi enigmatici: -Buio, pietre fredde come il ghiaccio, muri che tolgono il respiro. Terribili, spaventosi, tanti, troppi… stanno uccidendo tutti. No, non posso…
Cullen serrò la mascella e si avvicinò al ragazzo.
–Cole, ti prego, smettila.-
Lo spirito alzò lo sguardo verso di lui e parlò ancora: -Continua a cantare, a ripetere quella parola. Prendimi. Come una sirena dalla voce di miele e dal cuore di veleno.
Stavolta Cullen non gli disse nulla e abbassò gli occhi a terra. Cole aveva ragione: sentiva la tentazione di riprendere il lyrium, ma non poteva permettersi di farlo, non voleva farlo. Non dopo tutto questo tempo, non con ancora tante cose da fare. Si avviò lentamente verso la scala a pioli che portava alla sua camera, quando Cole lo interruppe con un altro discorso:    -Vorrei aiutarlo, voglio aiutarlo. Ma come? Lui vorrà? Lascia che ti aiuti, lascia che io ti aiuti. Cieli d’inverno, raggi d’ametista…-
Lo spirito si girò verso di lui, gli augurò buon riposo e se ne andò dall’altra porta per raggiungere la taverna. Cullen rimase fermo alla scala con un’aria perplessa a ripensare alle ultime parole di Cole, poi raggiunse la sua camera e cominciò a togliersi l’armatura.
 
Solas stava leggendo un libro, sdraiato sul divano della sua stanza nella rotonda, quando sentì uno stridio di scarpe e vide apparire Saoirse trafelata. L’elfo la guardò con uno sguardo a metà tra il perplesso e il divertito, con un tocco di sorpresa.
–Che cosa succede, lethallan?- le chiese. Solas apprezzava quella giovane maga che per uno scherzo del destino si era ritrovata a dover salvare il Thedas meridionale. Fin dal loro primo incontro sulle Montagne Gelide lei si era mostrata cortese nei suoi confronti e spesso chiacchieravano a lungo a proposito degli spiriti e dell’Oblio. Saoirse era interessata anche alla storia e alla lingua elfica, cosa che aveva molto sorpreso Solas; non sono molti gli umani aperti alla cultura degli antichi elfi. Questo aveva portato a una bella amicizia tra i due maghi, fondata sulla comprensione e il rispetto reciproci.
Saoirse riprese fiato, poi spiegò a Solas la sua idea: se nell’Oblio era possibile vedere i ricordi dei luoghi, era possibile vedere i ricordi legati alle persone?
-È un’ipotesi molto curiosa. Perché questo interesse?- chiese Solas. Un po’ titubante, Saoirse gli spiegò il problema di Cullen.
-Posso fare un tentativo, se vuoi. Il comandante è pronto?
In quel momento Saoirse si bloccò: era talmente convinta che la sua idea avrebbe aiutato Cullen che non gli aveva nemmeno chiesto se era d’accordo.
-Scusami Solas, forse è meglio se non lo fai. Non penso che Cullen… cioè, il comandante… possa essere d’accordo.
Un inserviente avvisò l’Inquisitore che Josephine aveva bisogno di lei, così Saoirse si congedò da Solas. L’elfo rimase a pensare a lungo, poi si diresse verso l’ufficio del comandante.
 
Quando trovò l’ufficio vuoto Solas stava per uscire, ma all’improvviso sentì un tonfo provenire dalla stanza superiore.
“Qualcosa non va” pensò l’elfo, e salì velocemente la scala a pioli. Appena si sporse dal pavimento della camera vide il comandante a terra, sul lato del letto. Si affrettò verso di lui: il suo corpo era rigido, gli occhi sbarrati e il respiro affannoso.
Solas si chinò e gli prese una mano: -Resisti comandante, sto arrivando!- e chiuse gli occhi mentre pronunciava un incantesimo del sonno. In breve tempo l’elfo si ritrovò nell’Oblio, precisamente in un Circolo dei Magi. Attorno a lui c’erano decine di cadaveri orrendamente massacrati, e da lontano sentiva urla spaventose.
“Abomini.” dedusse Solas. Poi sentì un lamento provenire poco lontano da lui e finalmente trovò Cullen: era coricato su sé stesso, le mani a coprire le orecchie nel tentativo di non sentire le urla di disperazione dei suoi compagni.
Solas si avvicinò a lui: -Cullen!- lo chiamò. L’uomo alzò di scatto la testa.
–Solas?! Cosa ci fai qui? Come…
-Ne parleremo dopo. Ora devi uscire da qui- gli disse l’elfo.
-Non posso! Ci sono abomini ovunque, hanno ucciso tutti e io… Oh Creatore!
Cullen era disperato, ma Solas si avvicinò e gli disse con empatia: -Lo so cosa si prova. Anch’io ho perso qualcuno a cui tenevo. Ma bisogna essere forti, devi essere forte. Hai già vissuto questo momento, sai cosa devi fare.
Cullen guardò l’elfo e notò che gli porgeva una spada. Nello stesso momento apparve un abominio che si stava avvicinando a lui. Il soldato afferrò la spada e con un urlo di rabbia la abbatté sul mostro, che si frantumò come fosse stato di vetro.
In quel momento l’incubo terminò e i due uomini si svegliarono. Cullen era madido di sudore, ma solo allora notò Solas vicino a lui, mentre lo guardava con uno sguardo triste.
-Mi dispiace per ciò che avete subito- gli disse gentilmente l’elfo. L’uomo si passò una mano sul volto e asciugò velocemente alcune lacrime.
-Grazie Solas. Per tutto. Ma come…?
-Non è stata una mia idea. Per questo dovete ringraziare l’Inquisitore. Lei mi ha dato questo suggerimento, e io ho fatto un tentativo.
-Lady Trevelyan?- disse il comandante sorpreso. Non immaginava che la giovane potesse essere così preoccupata per lui.
Solas sorrise leggermente. Era così palese che quei due provassero qualcosa l’uno per l’altra, ma la timidezza di entrambi era un ostacolo all’apparenza insormontabile.
-Fossi in voi- riprese l’elfo – andrei a ringraziarla di persona, ma forse è meglio se adesso riposate. Senza incubi stavolta.
Solas aggiunse che avrebbe potuto procurare al comandante alcune pozioni per avere un buon sonno, e Cullen lo ringraziò dicendogli che ci avrebbe pensato. Non tutta la magia viene per nuocere, forse.
 
Quella notte Cullen non riusciva a dormire. Chiudeva gli occhi per qualche minuto e si rigirava continuamente nel letto, ma niente. Non aveva avuto nessun incubo, e allora perché non riusciva ad addormentarsi? Decise di andare a prendere un po’ d’aria sui bastioni. L’aria era frizzantina, il cielo era sgombro e la luna splendeva quasi piena. Il comandante si stava godendo la brezza notturna, quando notò una figura scendere le scale che portavano al castello. Un altro abitante di Skyhold che non riusciva a dormire? E non una persona qualunque: un leggero bagliore verde  indicava che si trattava dell’Inquisitore.
“Chissà cosa ci fa in piedi a quest’ora.” pensò Cullen. Poteva essere l’occasione per parlare con lei e ringraziarla; meglio adesso che di giorno, con tutta la gente in giro pronta a spettegolare. Scese le scale che portavano allo spiazzo e poi seguì da lontano lady Trevelyan, che si stava dirigendo verso il giardino.
La vide avvicinarsi ai vasi delle erbe medicinali e maneggiare con i semi. Cullen si avvicinò ancora, poi la sentì cantare fra sé e sé: era una delle canzoni che Maryden suonava alla taverna, Enchanter. Non sapeva che Saoirse sapesse cantare così bene! Aveva una voce molto dolce, così delicata… Cullen chiuse gli occhi per godersi le strofe della canzone.
 
Enchanters!
A time has come for battle lines.
We will cut these knotted ties,
And some may live and some may die.
 
Enchanter, come to me
Enchanter, come to me
Enchanter, come to see
Can-a you, can-a you come to see,
As you once were blind
In the light now you can sing?
In our strength we can rely,
And history will not -
 
Un brusco singulto interruppe il canto. Saoirse stava…piangendo? Che cosa la turbava? Con queste domande nella testa, Cullen si avvicinò alla giovane maga.
–Lady Trevelyan?- la chiamò a voce bassa. Saoirse sobbalzò dalla sorpresa e si girò verso di lui. Cullen notò che i suoi occhi erano leggermente umidi, così le chiese se si sentisse bene.
-Nessun problema, comandante. Mi ero ricordata che bisognava piantare un po’ di radice elfica, e la luna crescente è il periodo migliore per la semina- rispose la donna con un sorriso. Ma Cullen vide come quel sorriso fosse tirato, nel vano tentativo di nascondere qualche tormento.
Preferì non insistere, quindi cambiò argomento: -Inquisitore, io…volevo ringraziarvi-
-Per cosa?- chiese la maga.
-Per aver “suggerito” a Solas di aiutarmi con i miei incubi. Ho sempre evitato di ricorrere a mezzi magici, ma devo ammettere che… è stato utile- confessò l’uomo.
Saoirse ringraziò il Creatore che fosse notte, perché altrimenti Cullen avrebbe notato come il suo volto fosse diventato rosso dall’imbarazzo. Visto che nessuno dei due proferiva parola, il comandante pensò che forse era meglio tornare nei suoi alloggi, tuttavia decise di fare un ultimo tentativo per parlare ancora con Saoirse: -Siete sicura di sentirvi bene? Mi sembrate preoccupata.-
Saoirse si torse le mani nervosamente, poi disse a voce bassa: - Ho fatto…un brutto sogno-
Cullen le chiese se ne voleva parlare e lei annuì, quindi si sedettero su una panca lì vicino. Per qualche minuto ci fu solo silenzio, poi Saoirse cominciò a raccontare: - Ero in uno spazio aperto, da sola, e avevo appena sconfitto Corypheus. Poi all’improvviso mi sono ritrovata nel Circolo di Ostwick, e c’erano templari ovunque-
Cullen notò come la maga diventasse sempre più triste man mano che raccontava.
- Avevano raccolto tutti i maghi, come se fossero stati dei prigionieri, e li stavano rendendo tutti Calmi…e chi si ribellava veniva ucciso sul colpo.-
La voce della donna cominciò a incrinarsi, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime: -Ho visto i maghi di Redcilffe, Fiona, Dorian… persino Vivienne, tutti col simbolo della Calma in fronte. E intanto c’erano dei templari che uccidevano gli altri come cani! Poi ho visto Solas davanti a me, mentre veniva trapassato da una spada! E quella spada…la tenevi in mano tu…e dicevi cose orribili come… “i maghi non sono persone”-
Saoirse stava piangendo in silenzio, con qualche singulto ogni tanto. Poi sentì la mano di Cullen sulla sua spalla e si girò a guardarlo. L’uomo aveva gli occhi tristi, come se stesse nascondendo una colpa: - Saoirse, io…ho fatto molti errori in passato. Per anni ho creduto che i maghi fossero un pericolo per gli altri e per sé stessi, e che per questo dovessero essere controllati. Ma a Kirkwall la situazione era drammatica, quasi da guerra civile; e solo allora, dopo che l’alto-comandante Meredith si rivelò essere una pazza fanatica, ho capito che la situazione era sfuggita di mano da troppo tempo, sia alla Chiesa che all’Ordine dei templari. Se solo allora ci fosse stata più comprensione, se solo avessimo ascoltato le ragioni dei maghi… forse quello che successe non sarebbe mai accaduto-
Poi Cullen la guardò negli occhi: -Ma ora lo Squarcio ha cambiato tutto. Tu hai cambiato tutto. Hai mostrato a tutto l’Orlais e il Ferelden la tua volontà e il tuo coraggio. Hai dato speranza ai maghi di Redcliffe e a chiunque combatta per la nostra causa. E ti prometto che non ti lascerò mai sola.
L’uomo aveva detto le ultime parole guidato dall’istinto, e si accorse che forse era stato troppo impulsivo. Ma lui era sincero, e quello che sentiva per Saoirse era altrettanto sincero.
- Cullen…- disse timidamente la giovane. Il comandante le sfiorò una guancia, poi si avvicinò al suo viso e la baciò delicatamente. La guardò negli occhi e finalmente diede un senso alla frase enigmatica di Cole. Saoirse rimase inizialmente bloccata, ma poi si rilassò per godersi meglio quel bacio e desiderò che il tempo si fermasse. Seguirono altre carezze e altri baci, ogni volta un po’ più lunghi, poi restarono abbracciati. Finalmente, dopo tanto tempo, avevano trovato quell’amore che a lungo era stato loro interdetto.
Cullen accompagnò Saoirse all’entrata del castello, poi le baciò le mani e la maga ricambiò con un altro bacio, infine entrambi ritornarono ai rispettivi alloggi. Quella notte Cullen si addormentò felice: ora aveva un motivo in più per sconfiggere i propri incubi.
   
 
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