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Autore: yewfrost_p    24/10/2018    0 recensioni
Ambientata circa due anni dopo la fine del film, ritroviamo la protagonista Akane Tsunemori alle prese con un nuovo caso. Questa volta, il criminale sembra essere qualcuno che conosce così bene l'analista del dipartimento di Pubblica Sicurezza da sfruttare i punti ciechi del suo programma.
Riuscirà l'Ispettore ad affrontare questa nuova minaccia, pur avendo un cuore spezzato?
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tsunemori, Nobuchika Ginoza, Shinya Kogami, Shion Karanomori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: I personaggi presenti in questa one-shot non sono di mia invenzione, bensì appartengono ai creatori (e a chi ne ha gli effettivi diritti) del'universo di Psycho-Pass. 

One-Shot che si colloca circa due anni dopo il finale del film. Possibili vaghi spoiler per chi non è in pari con la visione dell'anime. 

CUORI SPEZZATI

Akane Tsunemori spense la sveglia con un gesto quasi rabbioso. –Buongiorno! La probabilità di pioggia, per oggi, è dello 0%.- le comunicò Candy, la sua intelligenza artificiale. Akane avrebbe davvero voluta spegnerla, ogni tanto. Al mattino non era una persona che chiacchierava volentieri, anzi... fissò lo sguardo sul posacenere, dove c’era ancora una sigaretta intatta. Una spinel, l’unica cosa che ormai riusciva ad evocare chiaramente il volto di Shinya Kogami. Akane chiuse gli occhi e alzò una mano, quasi pensando di poterlo toccare, di sentirlo vicino. Una sensazione di vuoto e un nodo allo stomaco, ormai così familiari per lei, si rifecero presenti, come ogni volta che pensava a lui. Una sensazione strisciante e fastidiosa, come quella pioggia sottile sottile che ti impregna i vestiti e ti congela l’anima. L’ispettore sospirò pesantemente e trascinò faticosamente le gambe fuori dalle coperte e poi fuori dal letto. Si fece una doccia, ordinò una colazione francese al suo apparecchio e si vestì, pronta per una nuova giornata di lavoro. Come Candy le aveva detto, fuori c’era un tempo luminoso e pacifico: un cielo azzurro senza nuvole. Fece quella strada che ormai conosceva a memoria, fino ad arrivare all’edificio della pubblica sicurezza. Non era di turno, quella mattina, ma non le importava. Il lavoro le permetteva di distrarsi, di non pensare a Kogami. Kogami... si rese conto di essersi fermata, pensando a lui. Possibile che dopo due anni ancora le faceva così male pensarci? Si diede due schiaffetti sulle guance, per riprendersi, il cuore che già galoppava. Alzò lo sguardo sull’enorme struttura, per poi entrare. Salutò gli addetti all’ingresso, prese l’ascensore e andò al suo ufficio. –Ispettore Tsunemori... non è di turno questa mattina.- l’esecutore Ginoza era nel mezzo della stanza, mentre leggeva un rapporto. –Ha-ha ragione... Ispettore, ci-ci siamo noi.- balbettò Hinokawa. –Buongiorno... sapete com’è... cerco di impegnarmi sempre al massimo!- si giustificò la donna con un sorriso. –Ispettore Tsunemori!- la salutò una ragazza. –Ispettore Shimatsuki. Non si preoccupi, sono qui solo per dare una mano. Allora, di cosa ci occupiamo quest’oggi?- domandò, sedendosi alla sua scrivania. Già si sentiva più tranquilla, il cuore calmo e lo stomaco vuoto. –Ci è appena arrivata la notizia di un innalzamento dell’area stress della zona residenziale Kyoche.- La avvisò Ginoza, preciso e puntuale. –Posso occuparmene io, ispettore Tsunemori.- le disse la ragazza. –Ginoza, Hinokawa, al lavoro.- ordinò, facendo alzare i due esecutori. –D’accordo. Faccia un buon lavoro, ispettore.- la salutò Akane. –Certo, senpai!- le confermò, prima di uscire, seguita dai due uomini.

Akane si ritrovò nuovamente sola, lei e i suoi pensieri. Andò sulla terrazza panoramica che dava sulla città, prendendo un po’ d’aria fresca. Frugò nella tasca, alla ricerca del pacchetto di sigarette. Ne estrasse una e, con l’accendino che ora aveva sempre con se, la accese. –Ispettore Tsunemori.- Akane chiuse gli occhi nel sentire quella voce. –Lo sa che fumare può far intorbidire lo psycho pass?- le chiedeva. Poi si fermò, come a riflettere sulle sue stesse parole. –Ah, è vero. Il suo è impossibile da turbare. Mi perdoni, ispettore. Torno dentro.- Akane sentì una sola, unica, lacrima solcarle la guancia. Perchè doveva ancora soffrire così? Perchè aveva dovuto conoscerlo così bene da riuscire persino a illudersi che lui fosse lì, con lei? Quelle illusioni, che arrivavano come un fulmine a ciel sereno, le lasciavano un nodo alla gola e un’ulteriore ferita sanguinante. Riaprì gli occhi, puntandoli dritti davanti a sè. Quel senso di nostalgia, quella piccola e persistente mancanza di quel qualcosa che tra loro non c’era mai stato, la tormentava come un tarlo. Eppure Akane si chiedeva spesso come poteva mancarle qualcosa che non era mai esistito, qualcosa che mai si sarebbe avverato. Tornò dentro, recandosi all’ufficio dell’analista. –Shion.- la salutò, breve. –Ehi, Akane. Stavo giusto per chiamarti. Ho trovato un’anomalia negli scanner dell’edificio abbandonato dell’area 9. Un trucco tanto vecchio quanto semplice eppure ancora efficacie.- le disse, mostrandole le immagini. Lo schermo le fece vedere un ambiente abbandonato a se stesso, pieno di polvere e oggetti così usurati dal tempo da essere inutilizzabili. –Cosa te lo fa pensare, Shion?- le domandò la mora, incrociando le braccia sul petto. –Osserva.- le disse solo, la sigaretta tra le labbra. –Queste immagini sono risalenti a qualche mese fa. Facendo qualche scanner non vi sono differenze, di nessun tipo.- le spiegò. –Beh, se è un ambiente abbandonato non cambia, no?- ipotizzò l’ispettore. –Quello che dici, Akane, è logico. Ma come è possibile che non ci sia neanche l’aumento di polvere?- ribattè la bionda, accavallando le gambe, cosciente di aver fatto centro. Gli occhi di Akane si risvegliarono, colti dall’entusiasmo di una nuova sfida. –E non puoi vedere cosa c’è sotto?- le chiese. Shion si rimettè all’opera, cercando di scollare quell’immagine. –No. E’ come se chiunque ci sia dietro sappia quali siano i punti ciechi e come utilizzarli. Da qui, non posso fare nulla.- le spiegò. –Capisco. Grazie, Shion. Vado a controllare.- decise sul momento l’ispettore. –Akane! Gli esecutori sono fuori, con chi vai?- le urlò dietrò Shion. –Non farò nulla di azzardato!- rispose lei. Shion scosse la testa. Qualcuno che mi conosce così bene da sapere quale siano i punti ciechi del programma. Riflettè. Eppure, lei sapeva bene la risposta a quella domanda. Sapeva già chi si celava dietro quell’anomalia.

Akane aveva preparato il suo Dominator e ora si stava addentrando nell’edificio. Sin da subito, aveva intuito che qualcosa non andasse. L’immagine che lei aveva visto e quella che aveva davanti gli occhi era leggermente diversa, una sensazione inspiegabile e istintiva. Sentì il proprio cuore accellerare, l’adrenalina che entrava in circolo. Cercando di essere il più silenziosa possibile, avanzò di qualche passo. Oltrepassò una porta, quella che dava sull’immagine principale su cui si era concentrata Shion. Davanti a se, uno spazio completamente diverso da quello che ricordava: c’era un divanetto, un letto di fortuna, un apparecchio per i pasti e qualche altro oggetto d’arredamento trovato qui e là. Un odore familiare impregnava l’aria, ma non riuscì a recuperarlo dalla memoria: uno spostamento d’aria la avvisava di un calcio alto in arrivo che, prontamente, schivò. Si ritrovò invischiata in un corpo a corpo di cui non conosceva l’aggressore. Lei finiva di spalle o lui abbassava il capo, entrambi troppo concentrati sul difendersi per capire chi avevano di fronte. Akane sentiva il sangue pulsare nelle vene, si sentiva viva come solo in quei momenti le succedeva. In un momento e con un attacco improvviso fece capitolare il suo avversario a terra, sfruttando la sua altezza contro di lui. In quel momento, un’ondata di odore di sigaretta le arrivò al naso. Spinel. Sbarrò gli occhi nel vedere il volto dell’uomo con il quale stava combattendo. Ebbe una incredibile sensazione di deja-vu. –Ispettore Tsunemori, mi hai trovato.- quella voce... il cuore di Akane si fermò. La donna sentì diverse emozioni passarle addosso: stupore, gioia, rabbia... il tutto condensato in quelle poche lacrime che sgorgavano dai suoi occhi. –Kogami.- mormorò, con voce strozzata. Si concentrò su quell’ultima emozione, la rabbia, e gli sferrò un pugno, prontamente parato dall’altro. Ne seguì un altro, un altro ancora, tutti pugni che avrebbero potuto fratturargli il naso e che l’uomo parò ed evitò. –Ora basta, ispettore!- le disse. Aveva dell’incredibile che quella piccola donna gli avesse dato del filo da torcere in un corpo a corpo, ma non poteva dirsi non orgoglioso. La signorinella era cresciuta, una nuova sicurezza negli occhi e il fiuto dell’investigatore. Solo quando lo aveva atterrato, sentendola su di se e percependo il suo profumo, si rese conto di quanto le fosse mancata quell’ispettore senza un briciolo di esperienza. Ma lei, come se avesse trovato una nuova carica nel sentirlo parlare, riprese a combattere. –Akane!- la chiamò e, non ottenendo risposta, la fece rotolare, invertendo le posizioni. Ora era lui che la sovrastava, bloccandola. In quel momento si accorse delle sue lacrime e del dolore che emanava la sua espressione, un dolore profondo e costante. Si sentì spezzare il cuore all’idea che potesse essere stato lui a provocarglielo. –Se è solo un’altra illusione... giuro... giuro che ti uccido, Kogami!- disse lei, la voce spezzata da quel groppo alla gola che proprio non voleva sapere di andarsene. –Ispettore Tsunemori...- al contrario del tono formale, l’uomo le passò un pollice sulla guancia, portando via una lacrima. –Akane...- la richiamò, attirando la sua attenzione. Lei finalmente lo guardò, puntanto gli occhi nei suoi. Shinya si sentì pervaso da un brivido: lei era lì, era reale... non come il fantasma che si era portato dietro dopo che l’aveva lasciata tornare in Giappone. E, come se si fosse appena reso conto della cosa, realizzò che il corpo minuto di lei aderisse completamente al suo, i loro volti vicinissimi... puntò i suoi occhi sulle sue labbra screpolate per il freddo autunnale, le gote rosse, gli occhi rossi per il pianto. –Akane...- mormorò ancora, con fare ossesivo, prima di avventarsi sulla sua bocca e strapparle un bacio. La donna rimase ferma, inebetita da quel contatto così inaspettato e improvviso. Kogami pensò di aver oltrepassato il limite quando non la sentì più dimenarsi eppure non riuscì a smettere, quelle labbra screpolate che quasi gli facevano male erano diventate per lui una droga e, come tale, ne voleva una dose, poi un altra, poi un’altra ancora e, infine, voleva di più. Sentì un brivido passare per la sua spina dorsale. Akane riuscì a riprendere controllò di se solo quando sentì la lingua di lui provare a schiudere le sue labbra e, in un attimo, il suo corpo sembrò andare a fuoco. Iniziò a ricambiare il bacio che da passionale divenne un concentrato di emozioni: rabbia, frustrazione, malinconia... gli passò le mani tra i capelli, per poi farle scendere lungo il collo, le spalle, il petto. Voleva accettarsi che lui era lì, era lì per davvero e non era solo un sogno. Ma quelle sensazioni erano troppo vere per poter essere solo un sogno, quei brividi la scuotevano fin troppo nel profondo, per poter essere un sogno. Le mani di Kogami erano ovunque: sul suo viso, sulle sue braccia, esisteva solo lui in quel momento. Si lasciò sfuggire un gemito quando le sue mani entrarono sotto la maglietta e azzardarono ad andare oltre al reggiseno sportivo che indossava in quel momento. Quello fu il momento in cui si abbadonò completamente a lui.  

Diverse ore dopo, Kogami era steso a pancia in su sul letto, le mani dietro la testa. Akane era proprio al suo fianco, rannicchiata su se stessa e che gli dava la schiena. Quel sesso selvaggio e frustrato aveva dominato quei primi momenti, per poi scemare in un rapporto più dolce e delicato. Una routine che si era ripetuta diverse volte, finchè i due non erano crollati stremati nel letto. Kogami si alzò e si accese una sigaretta, per poi tornare alla posizione di partenza. Si trovavano così da diversi minuti ormai, nessuno dei due sapeva cosa dire. Soprendendola, fu proprio Kogami a spezzare quel silenzio. –Akane...- la chiamò, piano. –Akane, di qualcosa.- la pregò. Ma lei rimase muta. –Non vuoi sapere cosa ho fatto, dove sono stato?- le domandò. –Sei stato lontano da me.- rispose lei, lapidaria. Kogami sospirò. Quella nuova Akane la trovava difficile da gestire, quel suo carattere che da timido e impacciato era diventato forte e determinato. Si voltò su un fianco, osservando quella schiena così candida e scolpita dagli allenamenti e dalle piccole battaglie di un ispettore della pubblica sicurezza... non riuscì a resistere e con la mano passò sulla sua spina dorsale. La vide rabbrividire sotto il suo tocco e la cosa gli provocò un sorriso. Poi lei si voltò, gli occhi ancora leggermente arrossati dal pianto. –Potrebbe non importarmi cosa hai fatto fino ad ora, Kogami, se mi prometti che resterai.- gli disse, in una velata richiesta. Kogami le mise una mano sulla guancia, notando come quel visino minuto e bello fosse grande quasi quanto la sua mano. La fece avvicinare fino ad abbracciarla e sentirla vicino a se, come non aveva fatto con nessun’altra durante quell’assenza. Avvicinò il viso al suo, respirando il profumo della sua pelle prima di appoggiare nuovamente le labbra sulle sue. –Ci riuscirò mai?- le chiese in un sussurro, il cuore stretto in una morsa. –A fare cosa?- Akane era perplessa. –A sentir pronunciare il mio nome dalle tue labbra. Ci riuscirò prima di ripartire?- le chiese. Akane sentì il suo cuore, appena sistemato e ancora sanguinante, saltare un battito.
   
 
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