Storie originali > Commedia
Ricorda la storia  |      
Autore: Lantheros    19/11/2018    1 recensioni
Star, figlio di un bambolotto da crash test e di un manichino da esposizione, decide di cambiare per sempre il proprio destino di cartapesta. Brevissimo racconto ironico, scritto di getto, basato su un fatto realmente accaduto che mi ha fatto sorridere.
Genere: Comico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

    Sierra Sam conobbe la futura moglie nella calda estate del 1971.
Sam non era un manichino particolarmente attraente ma possedeva un fascino retrò a cui Manne Quin non seppe resistere.
Lui era scuro di pelle, color del mogano (forse perché l’industria lignea lo aveva letteralmente cesellato da un ciocco di mogano).
Lei era delicata e soave, dai fianchi stretti e il viso liscio come porcellana. Qualcuno l’avrebbe definita “troppo rigida, specialmente all’altezza tra radio e omero”, ma non fu un dettaglio su cui Sam decise di soffermarsi.
L’amore scoppiò impulsivo e travolgente, trascinando la coppia verso un passionale matrimonio che li unì per sempre.

    Dopo soli due anni, il loro nido diede il benvenuto al frutto di tale invidiabile unione. Il piccolo Star Sam si affacciò nel mondo, suggellando permanentemente i vincoli coniugali dei genitori.
    La famigliola condusse la propria esistenza nella semplicità.
Papà Sam continuò a lavorare presso il dipartimento di ricerca nelle industrie automobilistiche, fornendo importanti risultati nel campo della sicurezza stradale.
Mamma Quin trovò impiego presso una piccola sartoria locale, fungendo da modella per i capi d’abbigliamento rivolti al pubblico.
Il piccolo Sam crebbe vivace e curioso, sebbene avesse una visione troppo statica della propria esistenza, persino per un manichino. Non sapeva cosa avrebbe fatto in futuro, sperduto in un mondo che cresceva e si evolveva troppo velocemente attorno a lui.

    Purtroppo, la crisi di inizio secolo colpì duramente la famigliola.  
Le bollette divennero ben presto una pila di plichi accumulati sulla scrivania.
Sierra Sam dovette adeguarsi a straordinari mal retribuiti, mentre la bottega di Quin fu acquistata e incorporata in una multinazionale di grande distribuzione.
    Il povero Sierra fu costretto ad incessabili turni nei crash test. Il suo vecchio corpo di legno, ormai vetusto ed obsoleto, non forniva più risultati attendibili. A seguito dell’ennesima rottura articolare, Sam venne licenziato con una misera pensione d’indennità.
Manne Quin fu poco più fortunata e venne relegata ad espositrice da vetrina, sopportando infiniti turni in piedi, agghindata con chili e chili di pelliccioni soffocanti. Ogni sera tornava a casa esausta, con la schiena scheggiata e le spalle sverniciate.
    Il piccolo Star non potè far altro che assistere al lento declino dei suoi amati genitori.
Una sera decise di porre una domanda, tutti riuniti attorno al tavolo per la cena. Papà era triste e mogio, mentre mamma si lamentava dolorante ai fornelli.
    - Babbo - esclamò incerto - perché le cose sono diventate così brutte?
    - Star, figliolo mio - rispose il padre sospirando. - Le cose non sono mai state semplici per noi manichini, e ultimamente il mondo è cambiato. La gente ci tratta come oggetti, senza donarci il rispetto che meriteremmo.
    - Tuo papà ha ragione, piccolo Star - si intromise la madre. Sul tavolo posò una padella ricolma di Bostik fumante. - I tempi sono cambiati. Nessuno ci prende più seriamente. Le persone ci considerano poco più di soprammobili dal volto perennemente immortalato in un ghigno... o in un vago disinteresse.
    Star osservò il piatto riempirsi di colla liquida, mentre scivolava dal mestolo della mamma. Prese un cucchiaio ed iniziò a rimestarla con noia.
    - Però non è giusto… - borbottò cupo. - Non voglio vedervi così. Non mi piace.
    - Neanche a noi piace - rispose il padre con un sorriso di legno. - Ma non puoi farci niente, Star. Questo è il destino di noi pupazzi e manichini.
    Quin si sedette e si unì alla cena. Cercò di rassicurare il figlio.
    - Star, non preoccuparti per noi. Pensa a mangiare e a crescere solido e affidabile. Non vorrai mica diventare grande e lasciare che ti si scollino le giunture, vero?
    Il figlio lasciò cadere la posata nel piatto.
Il suo viso si dipinse (letteralmente) di fiera e metodica determinazione. Diede un pugno al tavolo.
    - No, mamma. Questo deve cambiare - dichiarò lapidario.
    Si alzò dalla sedia, gettò il tovagliolo lontano e si incamminò verso la sua stanzetta.
    - Dove vai? - chiese preoccupata la mamma. L’altro non rispose e chiuse la porta alle proprie spalle.
    - Lascialo stare, Manne - borbottò Sam sorseggiando. - Lo posso capire. Anche io sarei montato su tutte le furie… ma non ho più l’energia di un tempo. Sono stanco.
    - Non voglio vedere nostro figlio ridursi come noi, Sam - sussurrò la coniuge, con una mano sulle labbra screpolate.
    - Faremo del nostro meglio, cara. E, anche tu, non stare a preoccuparti troppo. - Trangugiò una sorsata. - Sarà soltanto una fase.

    Nei mesi seguenti Star si tuffò in un universo di studio matto e disperatissimo. Passò le proprie giornate tra libri e fogli pieni di scarabocchi, conseguendo incredibili risultati scolastici. I genitori, sempre più emaciati e logori, ne furono orgogliosi, temendo però che i suoi sforzi si sarebbero rivelati vani per il futuro.
    Star (ormai grandicello) ottenne a pieni voti il diploma in medicina, e inviò curricula a tutti gli istituti ospedalieri della zona. La ricerca continuò per mesi, trovando poi impiego come pupazzo da rianimazione nel reparto cardiologia.
Il manichino sperò così di riportare il nome della propria categoria di nuovo sul podio, donando nuova vitalità a mamma e papà delusi.
Per sua sfortuna venne presto rimpiazzato dai più avanzati simulatori medici professionali: veri e propri animatroni di nuova generazione, in grado persino di espellere fluidi corporei da pertugi di cui nemmeno conosceva l’esistenza.

    Fiacco e abbattuto, Star fece ritorno a casa.
Sam e Quin lo attendevano silenti, con un mezzo sorriso di circostanza sulle maschere.
    - Ci hai provato, figliolo - disse il padre. - Non è facile essere noi.
    La mamma si limitò ad abbracciarlo affettuosamente.
    Star si sedette sul divano a guardare la televisione, senza dire nulla. I genitori si scambiarono occhiate di rassegnazione e fecero ritorno alla propria stanza.
Il figlio passò l’intera notte a fare zapping tra un canale all’altro. Dentro di sé percepiva una fortissima delusione. Non era stato in grado di alterare le sorti del suo destino e dei suoi genitori.
Il babbo aveva forse ragione?
I manichini altro non erano che stupidi oggetti al servizio della gente?
    Lo schermo gli rimandò l’immagine di un documentario scientifico. Star ne fu stranamente attratto e dovette risalire a ritroso i canali per capire di cosa parlasse.
Ascoltò assorto le parole del commentatore. Per quasi due ore non fece altro che fissare rapito il vecchio tubo catodico del salotto.
Alla fine spense il dispositivo e fece scivolare la schiena lungo il divano. Rimase nella penombra della notte, con una strana luce riflessa negli occhi.

    Il giorno seguente mamma Quin e papà Sam trovarono un foglietto affisso all’ingresso. Star era scomparso.

    “Cara mamma e papà,
so che non capirete. So che sarete preoccupati da morire per me.
So che, qualsiasi cosa io potrò scrivere, non rimarrà altro che paura e smarrimento nei vostri cuori di legno e cartapesta.
Ma non potevo continuare a vedervi soffrire in quel modo, dimenticati e schiacciati da tutti.
Ho detto che questo deve cambiare. E così sarà.
Non cercatemi, perché sarò molto lontano. Ho preso i pochi soldi che ho guadagnato nell’ultimo periodo, lasciandovi qualcosa per aiutarvi in questo mondo difficile.
Non posso garantirvi nulla, se non che farò del mio meglio per rendervi orgoglioso di me… e di noi.

                                            -Star”

* * *

 

    Svariati anni più tardi, nel febbraio del 2018, Sierra Sam rincasò stanco nel proprio appartamento.
Le sue giunture cigolavano come una cancellata arrugginita. Una gamba era stata sostituita dal moncherino di una stampella. Il legno della sua pelle era scolorito e pieno di crepe.
Camminò per il corridoio e chiuse l’uscio. In una mano reggeva una vecchia borsa; nell’altra una manciata di lettere imbustate. Posò la prima e terra e le seconde sul tavolo. Sospirò esausto.
La moglie lo attendeva su una sedia. I segni del tempo e della povertà ne avevano irrimediabilmente desquamato il lucido rivestimento perlaceo, facendola apparire vecchia e raggrinzita. La vernice degli occhi aveva lasciato spazio ad una pallida macchia opaca sul bulbo vetroso.
Quin Stava rammendando alcuni capi sgualciti, utilizzando aghi e rocchetti d’anteguerra.
    - È stata brutta anche oggi? - gli sorrise la moglie, osservandolo con occhi vitrei.
    - Uno schifo - ribattè l’altro, scrocchiandosi il collo. Segatura rotolò dalle vertebre inesistenti. - Mi hanno di nuovo sbattuto in mezzo a un campo, insieme a quel mucchio di stracci dalla coda di paglia dello spauracchio.
    - Forse dobbiamo ringraziare il fato - bisbigliò, concentrandosi sul rammendo.
    - Ringraziare?? - Prese a sbustare le lettere. Sulla maggior parte dei documenti erano riportati avvisi prossimi alla scadenza e parolette tinte di rosso. - Ringraziare per cosa? Per questa vita deprimente?
    - Ringraziare che ancora serviamo a qualcosa, Sam. Pensa se ti sostituissero con uno di quegli spaventapasseri gonfiabili? O con un semplice spago con dei barattoli ciondolanti? Non dico di esultare dalla gioia… ma potrebbe essere peggio.
    - Certo! - si accasciò sulla sedia. L'appartamento era sporco e spoglio. - Può sempre andare peggio, non ricordarmelo. Anzi, ci pensano gli aguzzini a farlo. Guarda qua. - Scosse il capo e controllò i documenti, uno dopo l’altro. - Avviso. Avviso. Sfratto. Bolletta. Tò, qui dice che abbiamo vinto il sorteggio per un cellulare d’ultima generazione. Lo vuoi? - chiese ironico.
    - Perché no?
    - Andiamo, Manne! Sono tutte bufale! Non abbiamo vinto un bel niente. E poi cosa ce ne facciamo di un telefono, se non abbiamo nemmeno la bocca per parlare!
    - Sam, ormai ti lamenti sempre. Lo so che è dura. Ma… - tentennò - ...dobbiamo farci forza.
    - Forza, forza… Dobbiamo farci forza, dice lei... - canzonò. Aprì l’ultima lettera, innervosito. - E questa cos’è? Un’altra minaccia dai creditori?
    Il testone legnoso di Sierra Sam si bloccò all’improvviso. Rimase immobile per quasi un minuto.
    - Che succede, caro? - domandò la moglie preoccupata.
    Sam si alzò tremante, facendo leva sulle braccia. La compagna balzò verso di lui e lo afferrò per non farlo franare a terra.
Il manichino le passò la lettera. Conteneva un lauto assegno a quattro zeri. Era accompagnato da un piccolo cartoncino scritto a mano.

    “Per adesso non posso fare di più, ma aspettatevi altre lettere come questa, potete starne certi! Avrei voluto parlarvi personalmente. Il problema è che…
Beh, se il postino non è in ritardo, in data 6 febbraio 2018 sintonizzatevi sull’emittente nazionale (spero non vi abbiano pignorato anche la televisione, nel mentre…). Aspettate una notizia in diretta, sono sicuro che saranno in molti a volerne discutere. Così capirete perché mi è difficile venirvi a trovare.
Con i migliori auguri.

                                            -Star”

    La coppia si guardò spaesata.
Sam notò la televisione in un angolo della stanza, vecchia e polverosa. Non l’accendevano da anni, ormai. Marito e moglie si gettarono nell’affannata ricerca del telecomando, trovandolo infine sotto un cumulo di bucato sporco.
Con mani tremolanti lo puntarono verso il dispositivo e accesero l’elettrodomestico. Pigiarono convulsamente sul tastino dei canali, finché non sintonizzarono l’emittente nazionale.
    Un tizio dal faccione sorridente stava commentando una diretta televisiva, tenendo schiacciato l’auricolare nell’orecchio tramite il dito indice.
Sul margine inferiore dello schermo era impressa una grossa scritta a caratteri cubitali: Falcon Heavy.
    - Ci siamo, signori e signore! - esclamò eccitato il presentatore. - Il meteo non è stato clemente con noi, ma ora le condizioni sono migliorate! Il Falcon Heavy è pronto per il lancio, con ultima destinazione l’orbita marziana, più precisamente lungo la fascia d’asteroidi compresa tra Marte e Giove!
    Gli sposi si lanciarono occhiate sbigottite.
    - Nel vano del razzo spaziale è presente un carico simbolico, rappresentato da un manichino in tuta d’astronauta alla guida di un’auto elettrica. Il temerario pupazzo è stato soprannominato dai tecnici col nome di “Starman”!
    - STAR!! - urlò la coppia all’unisono.
    Un countdown vocale diede il via all’inesorabile avvicinamento allo zero numerico.
I genitori si sedettero sul divano, ognuno con le mani nel grembo dell’altro. Spalancarono le bocche sintetiche, completamente incantati.

    Dall’altro capo del globo, un manichino immerso nell’oscurità si assicurò che il casco tondeggiante fosse ben saldo sulla tuta spaziale.
Fece scricchiolare le natiche sul sedile in pelle e diede uno strattone alla cintura di sicurezza.
Sporse il braccio sinistro dalla portiera, manipolando lo specchietto affinché fosse ben allineato alla fiancata color rosso fuoco.
Diede un’ultima occhiata alla carenatura refrattaria in cui si trovava.
    Udì delle grida esterne, quindi un rombo terrificante.
L’intera struttura fu soggetta ad un terremoto assordante.
Il telaio vacillò e sussultò per attimi interminabili.
Il frastuono divenne insopportabile.
La forza dell’accelerazione schiacciò l’occupante contro la postazione, e per poco non vi sprofondò all’interno.
    La cupola protettiva venne fatta saltare, eiettando le placche nell’alta atmosfera terrestre. Il carico venne così liberato.
   
    Starman si trovò sospeso nell’universo, alla guida di una macchina nuova e scintillante.
Controllò lo specchietto, in cui fluttuava la splendida figura celeste della Terra ormai alle sue spalle.
Star osservò una telecamera posta di fronte a lui. Sorrise, sicuro che nessuno lo avrebbe notato attraverso la nera superficie riflettente del casco spaziale.
    La sua immagine raggiunse il debole segnale di una televisione antica e obsoleta, collocata all’interno di un appartamento altrettanto vecchio e malandato. Due manichini si strinsero forte tra loro, travolti dalla commozione e dall’orgoglio.
Videro Starman. Videro il pianeta dietro di lui. Lessero la scritta sul cruscotto della macchina. “Don’t panic!”, recitava.
Le parole di una famosa canzone glam rock riecheggiarono dall’autoradio fino alle casse della televisione.

 

“Oh man, wonder if he'll ever know

He's in the best selling show

Is there life on Mars?”

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Lantheros