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Autore: Nika L Majere    15/07/2009    3 recensioni
"Sono nato con voi. Forse prima di voi. Da sempre e da mai. Sono uno dei peccati più aberranti con cui l’uomo si possa macchiare: fastidiosa, orribile, sterile Invidia." Pensieri dell'Homunculus, versione manga
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Envy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Serpente.
Cambia pelle in continuazione.
Non lo senti. Non lo vedi. Finché ti trovi inesorabilmente intrappolato tra le sue spire.
E allora non puoi più fare niente.
Serpente.
Acquattato nell’ombra.
Attende in silenzio. Muto predatore. Letale e spietato.
Attende paziente. Non ha fretta, lui.
Serpente.
Si morde la coda. Ricerca qualcosa, che non può trovare.
Cambiando la pelle. Nascendo di nuovo.
Vuole interrompere questo flusso.
Serpente.
Rosso come il sangue. Rosso come l’alba. Rosso come il corallo.
Ha fame di amore, che confonde con l’odio.
Ha fame ed uccide. Ma non riesce a saziarsi.
Serpente.
Maligno. Nocivo. Ingordo. Inatteso.
Incompleto. Distratto. Vorace, serpente.
Di odio. Di morte. Di dolore. Il suo.
Serpente.
E tutto ricomincia. Non comprende l’errore.
Ma ora è stanco.
Inghiottirà se stesso per l’ultima volta.
Serpente.
Vuoi essere libero?

 

E ancora mi stupisco dei vostri piccoli gesti.
Di quelle azioni che per me non hanno un significato ben preciso, ma per voi sembrano essere così importanti. Mi disgustano. Mi urtano profondamente. Voi, povere bestie intrappolate, che tentate in ogni modo di raccattare l’affetto delle bestie altrui. Come se questo potesse in qualche modo salvarvi da tutto il resto. Come se servisse veramente a qualcosa. Scappate inutilmente. Fuggite davanti alle paure più inconsce e quello che vi rimane è il vostro costante e insensato desiderio di una vita lunga, felice, piena di tutte quelle belle favolette che vi raccontate dall’alba dei tempi.
Un involucro. Come me.
Questo bozzolo informe di carne e di sangue. Pensate veramente che contenga qualcosa di più sublime? Qualcosa di più importante, come l’anima?
Guardatevi dentro solo per un secondo: l’avete già persa. Ve la siete giocata tanto, tantissimo tempo fa. Neanche ve ne accorgete.
Povere, povere fiere in gabbia. Mi fate così pena. E mi costringete ad odiarvi: perché continuate a tentare? Perché ci provate, sapendo che fallirete ancora una volta? Non siete altro che concime. Com’è che dite voi? Polvere siete e polvere tornerete…

Tu invece cosa sei, Envy?

Sono nato con voi. Forse prima di voi. Da sempre e da mai. Sono uno dei peccati più aberranti con cui l’uomo si possa macchiare: fastidiosa, orribile, sterile Invidia. Ci nascete con me. Ci crepate con me. Non fate altro che guardarvi, gli uni con gli altri, e desiderate, desiderate, tutto, in continuazione. Basta che sia della roba altrui. L’erba del vicino è sempre la più verde. Andate a creparci in quel giardino, che non è l’Inferno, ma nemmeno il Paradiso.
Siete ingordi fino al midollo. Di cose, di azioni, di sentimenti. Non è mai abbastanza per voi. Non riuscite a riempirvelo quel cuore gonfio che avete, che credete sia così grande, ma non lo è. Non lo è affatto.
Vi calpestate come se fosse giusto così. Ma in fondo lo è. Lo è da sempre.
È come un gioco. Sporco e ingiusto, per niente divertente.
Ma a me fa morir dal ridere.

Forse che tu non giochi, Envy?

Arrancate. Cadete. Vi rialzate e cadete ancora. Siete così piccoli e patetici. Pensate che per le vostre azioni, per quanto grandiose o terribili, ci voglia una giustificazione. Che la giustificazione stessa sia un motivo valido per compierle. Penso dunque sono. Giusto?
Ammazzo, dunque sopravvivo.
Io la vedo così. Come il vostro stupido scambio equivalente. L’avete inventato per far sì che ognuno di voi potesse tornare a casa e dormire tranquillo, pensando che sì, anche oggi siete riusciti a cavarvela in qualche modo. Che ogni sforzo speso è stato ripagato.
È così facile per voi quantificare ogni cosa? Dalle cose più stupide alle più complesse. Se qualcuno vi fa un regalo, vi sentite in obbligo di ricambiarlo? Se una donna vi dice ti amo, l’amate a vostra volta, così automaticamente? Credete veramente che sia così facile?
Questo assurdo binomio del dare ed avere.
Voi cosa avete dato al maiale che vi sfama per ripagarlo della sua carne? Lo fate ingrassare per potervi ingozzare del suo lardo. Lo stesso vale per noi, con voi: siete il nostro nutrimento. Il mio disgusto non basta a ringraziarvi per la gioia che mi date. Quando le vostre anime diventano parte di me e io le sento contorcersi dentro il mio corpo. Voi non potete capire quale delizia sia, per noi.
È ancora meglio di una sana scopata.

Tu cosa dai in cambio di quello che ricevi, Envy?

Essere umano… essere umano… no, io non voglio essere umano. Siete così fragili. Morite così facilmente. Vi spaventa la morte, vero? Vi spaventa così tanto che addirittura vi inventate una vita dopo la morte. Che idiozia.
Non si scappa, non c’è una via di fuga. Tanto vale viversela fino in fondo questa cosa dolorosa e sorprendente che ci ritroviamo appiccicati addosso fin dal primo respiro.
Io detesto quell’istante: il momento in cui sento il cuore bloccarsi in uno spasmo di marmo e crollare in quel vuoto di buio e di freddo. Nessun respiro. Nessun odore. Nessun suono. Niente.
Questo nulla mi fa paura più dell’idea stessa di esser morto.
E il dolore. Dio, se detesto il dolore. È quando le lame delle vostre spade o le pallottole delle vostre pistole mi feriscono, quando sento la pelle lacerarsi, strapparsi come carta, le ossa frantumarsi e il sangue che comincia a sgorgare, lì, in quel momento odio esser me stesso più di qualsiasi cosa al mondo. Odio i miei sensi sviluppati, che mi fanno avvertire persino il suono dei muscoli distrutti. Un suono molle, sudicio e devastante.
Ma poi passa. Il dolore come la morte. Riaprire gli occhi, respirare nuovamente. È una bella sensazione.
È un peccato che voi non la possiate provare.
Piccoli, mortali esseri umani.

Ti sei mai chiesto come sarebbe nascere, Envy?

Bisogna guardarsi bene dentro per capire di che cosa si è fatti. Io di tempo ne ho avuto più che a sufficienza. Quattrocento anni. Immagino che per voi siano un’infinità. Per me sono poco più di un respiro. Quattrocento anni… Ma, Dio, non ho ancora compreso.
Non ho capito perché, se è vero che siamo superiori a voi, siamo un qualcosa che vi surclassa in quasi tutto, allora perché abbiamo nomi umani? Perché nostro Padre non ha avuto in mente niente di meglio?
Ci ha chiamato con nomi che avete creato voi, li avete pensati e come al solito appioppati addosso a qualcosa senza che questa ve lo abbia chiesto. Lussuria, Gola, Avarizia,Superbia, Accidia, Ira. E Invidia. I sette vizi, le sette colpe. Come dire: non ci sperate nemmeno, siete già stati marchiati e stop. Non so come la prendono gli altri, ma a me fa incazzare. Siamo già sul piatto sbagliato della bilancia prima ancora di poter scegliere. Non che mi importi poi più di tanto, solo che a volte me lo chiedo: come sarebbe stato se… ?
Peccati. Sì, siamo i suoi peccati, concentrati in una forma che non dovremmo avere se non per il solo motivo che è pratica ai nostri scopi. Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza. Il Padre fece noi a sua immagine e somiglianza. Giuro che ci capisco poco o niente.
Peccato… Peccato per la mia stupida forma. È orribile, non trovate? Ringrazio il Padre per questa meraviglia di corpo cangiante. Che mi basta così poco e vi fotto tutti. Nel senso letterale del termine.
Invidia verde, invidia scura. Meno male che per voi il verde è anche il colore della speranza. Mi viene da vomitare.

Ma adesso, a gioco iniziato, chi è il vero Dio, Envy?

E ora permettetemi una domanda tutta per voi: cosa c’è di diverso tra voi e il resto del mondo? Cosa c’è di così unico che vi rende speciali? Credete di esser superiori, per quale motivo?
La parola? Il pensiero? La morale?
Ma andate a cagare! Voi siete l’unico animale in grado di porre regole, anche giuste e sensate, ed evitarle con la facilità di un respiro. È semplice premere un grilletto, vero?
Lo avete mai provato? A mirare con cura il cuore di un uomo e sparare?
Non ci vuole più coraggio che quello di chiudere gli occhi e lasciarsi andare all’indietro, sapendo e sperando che qualcuno vi prenda prima che vi facciate tanto male alla vostra bella testolina.
Se qualcuno vi prende, sarete tranquilli. Se ciò non avviene, il dolore passerà con il tempo.
Facile, no? Facile e comodo! Tutto passa, anche il ricordo. Soprattutto il ricordo.
Siete a breve termine, questo è il problema. Come il latte in frigo: prima o poi diventa rancido e fa schifo, in qualunque modo si tenti di buttarlo giù.
Marcite più in fretta di quanto crediate.

Cosa si prova ad esser sempre uguale nel tempo, Envy?

Allora, avete mai pensato di farlo? Avete mai desiderato di uccidere?
Sì, che l’avete desiderato. Lo avete desiderato così intensamente che avete avuto paura.
Se c’è una cosa che ho capito osservandovi è che siete sadici. Tutti. Nessuno escluso.
Prendete i mocciosi per esempio: cosa c’è di più sadico di un bambino che brucia un formicaio?
Sono piccole, quelle formichine. Sono così indifese. E voi siete così grandi e forti. Chi se frega di quello che proveranno quando le fiamme le circonderanno e strazieranno i loro piccoli corpi! Bruciano così in fretta!! Cosa vuoi che importi, è solo un buco nel terreno, quel formicaio! A nessuno importerà e nessuno ve la farà pagare per quello che avete fatto.
Bene: le formiche siete voi e il moccioso sono io!
Come la mettiamo? Avete paura? Io sì, ne avrei. Perché non voglio morire. Voi?
No, che non volete morire. E sapete, neanche quelle formiche volevano morire.

E quella bambina a Ishbar? E Huges? Loro volevano morire, Envy?

C’è una cosa di voi che mi spaventa. Mi terrorizza. Il vostro calore.
Voi non ci pensate. Non ci fate più nemmeno caso. La credete una cosa così infantilmente naturale. E come al solito non capite un cazzo.
Il vostro calore è un qualcosa di inafferrabile per noi. Non sto parlando del calore corporeo, quello è facile da imitare se non fosse che per noi è così maledettamente inutile. Sto parlando del calore che emanate da tutto il resto.
Il calore di un cuore che pulsa non solo per se stesso.
Mi spaventa a morte. Mi disgusta. Io quel cuore non ce l’ho. Non ce l’avrò mai.
C’è qualcosa che batte e freme dentro di me. Ma lo so: non è la stesa cosa.
Pietra rossa. Sembra sangue. Sembra un cuore. Mi dona vita. Pompa l’energia nelle mie vene.
Ma non è la stessa cosa.
Ogni battito nel mio petto è una vita non mia che viene consumata. La batteria di un complesso orologio che non si vuole fermare. Non si può fermare. Così fine a se stessa da dare la nausea. Non marcisce, non invecchia. Continua a pulsare, e basta,
Non è quella cosa.
È in questi momenti che vorrei provare a tagliarmi le vene e non svegliarmi più.

Ti manca così tanto l’idea della vita, Envy?

Cosa avete in quel vostro cuore? Che sapete rendere della pietra più dura o dolce come il miele. Con l’ipocrisia che solo voi umani sapete usare. Sapete amare ed odiare contemporaneamente, ma non sapete la differenza sostanziale che intercorre tra amore e odio.
Cosa ci mettete in quelle carezze? Cosa vi fa vibrare così forte che sembrate volare?
Non ho mai ricevuto quel tipo di attenzione che vi donate l’un l’altro. Non so cosa voglia dire ricevere un bacio vero. Dopotutto non credo che nemmeno mi serva a qualcosa saperlo. Però, ecco, credo che non sia tanto distante dalla sensazione di sentirsi veramente appagati. Questa sensazione la provo solo quando uccido. E capirete che non è proprio uguale a fare l’amore.
Non so nemmeno come sia festeggiare un compleanno. Nessuno ha mai pensato a festeggiare uno come me. Invidia rossa e vischiosa appiccicata in questo corpo. Sono nato, sì questo è vero. Sono nato perché l’anima del Padre mi ha rigettato, sputato fuori, e di punto in bianco io esistevo. A volte mi chiedo come sarebbe stato essere partorito. E prima ancora crescere protetto tra le carni di una donna. Con il battito cardiaco di una madre che mi culla. Ma in fondo cos’è una madre?
È solo un altro essere umano. Non te lo scegli, non lo sapevi che sarebbe stata lei, ma la ami come se fosse la sola cosa al mondo per cui ne valga la pena. E lei è solo per te, tutta per te.
Vi odio anche per questo. Attenzione gratuita che ricevete senza aver fatto nient’altro che mangiare e defecare.

Sai che questo è un atteggiamento tipicamente umano, Envy?

Mi manca la caducità dell’Essere Vivente. La sensazione del tempo che passa e che si trascina tutto via, inesorabilmente, senza via di scampo. Voi trovate ripugnante l’idea di invecchiare. Io non so cosa darei per vedere un paio di rughe sul mio volto. Permanenti, non fittizie. Mi sono finto vecchio, per un po’ ti tempo. Parlo di tanti, tantissimi anni fa. Quando ero ancora, passatemi il termine, un bambino. Quando guardavo voi umani e non capivo perché voi morivate e io restavo vivo. Pensate che noi homunculus nasciamo con la conoscenza infusa da subito? No, appena nati siamo paragonabili ad un cucciolo, ancora con gli occhi chiusi, che tutto voleva vedere fuorché quello che ora lo circonda.
A quel tempo volevo provare la differenza. Volevo sentire cosa significa vivere e morire. Ho simulato una crescita che non ho.
Ma ho smesso subito.

Fingersi umano era più facile di quanto pensassi, Envy?

Uomini, Homunculus. Vita in pieno delirio sotto forme diverse, ma pur sempre viva. Me lo chiedo da sempre cosa c’è di diverso. Me lo continuo a ripetere, ma non la trovo quella risposta.
Forse che non siamo fatti degli stessi elementi? Che non viviamo della stessa aria? Forse che noi non mangiamo, non beviamo, non dormiamo e scopiamo come fate voi? Forse che noi non ridiamo? E nemmeno piangiamo?
Non è in una definizione che si può chiudere la differenza. Non è in una parola. Homunculus. Uomo. Non è così facile. Come non è facile l’intera, dannata, difficile vita che siamo tutti tenuti a portare avanti. Come una maschera. Come una menzogna. Nessuno più di me può affermare una cosa simile.
Cosa c’è di diverso tra voi e una bestia?
Cosa c’è di diverso tra voi e me?
Cosa c’è di sbagliato? Cosa c’è di ingiusto?
[ c o s a c ‘ è d i c o s ì p r o f o n d o e b u o n o d a f a r m i m a l e ? ]
Cosa dovrei invidiare, io, a voi?
Niente…
Siamo tutti piccole formiche…
Eppure… Eppure…

Cosa si prova ad amare ed essere amato?
Rispondimi, essere umano…





Parole dall’Autrice: Envy. Sì, proprio lui. Il personaggio in cui mi identifico più che in qualunque altro. Sono di natura invidiosa e questo è quanto. Anche questa è una fic a cui tengo molto, un po' perchè è la prima fic seria che scrivo sul mio Homunculus preferito, un po' perchè l'ho scritta "a quattro mani" con un mio carissimo amico (nel senso che TRE erano mie e la quarta era sua). Beh, che altro... ah, già: Envy è complesso, molto più di quanto qualcuno creda @_@

  
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