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Autore: La_Birba    06/12/2018    2 recensioni
ciao a tutti, dopo anni di assenza sono tornata. non sono mai stata brava nei riassunti.
il mio contesto preferito in cui mi piace immaginare Bulma e Vegeta è la scuola. in questo caso Vegeta professore di Bulma.
sono passati anni ormai dalle scuole, si sono persi di vista ed entrambi ripercorrono il loro percorso passato.
sperando di avervi incuriosito e di essere migliorata come scrittrice vi auguro Buona Lettura a voi coraggiosi che aprirete questa storia.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Goku, Vegeta, Yamcha | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1 - PARTE VEGETA





Aspirai profondamente dalla sigaretta e sputai fuori il fumo. Erano le cinque di mattina e per qualche motivo a me ignoto ero già sveglio. Mi ero appena bevuto un'enorme tazza di caffè prima di accendermi la sigaretta mattutina. Avevo capito che non sarei più riuscito ad addormentarmi. Mi buttai sulla mia poltrona blu scuro a rilassarmi e ad assaporare il fumo. Sarebbe stato il primo giorno di scuola non solo per centinaia di studenti ma anche per me, professore di matematica da vari anni ormai. Avevo deciso di diventare insegnante perchè avevo un cervello brillante e dotato di ottima memoria. Ero sempre stato il classico ragazzo che stando appena poco attento a lezione, ero diventato il migliore dell'istituto. Inoltre lo stipendio era ottimo, avevo potuto togliermi vari sfizi durante quegli anni. Principalmente avevo un giardino privato dove avevo messo la mia camera gravitazionale. Quanti sacrifici fatti per potermela permettere. Me l'ero fatta costruire appositamente per me dalla Capsule Corporation. Mi era semplicemente venuto in mente di avere una palestra personale, e se avesse potuto modificare la gravità avrei avuto risultati ancora migliori dagli allenamenti. Non ero un malato di dieta e palestra, anzi mi abbuffavo ogni volta che ce n'era l'occasione. Semplicemente mi piaceva tenermi in forma con gli allenamenti. L'unica cosa che ancora non ero riuscito a permettermi era una casa tutta mia. Dovevo condividerla con Radish, un amico dei tempi del liceo. Avevamo preso strade diverse dopo le scuole, io l'università e vari concorsi, lui aveva subito cercato lavoro. Nonostante non fossi mai stato molto socievole lui mi era sempre stato vicino. Avevamo un rapporto strano, era effettivamente l'unica persona che potevo reputare mio amico. Infatti non mi turbava condividerci la casa. Non era molto grande come dimora ma andava bene per noi due. Appena entravi vi era la sala con tavolo da pranzo, a sinistra una minuscola cucina, in fondo e a sinistra le due camere con in centro un bagno esageratamente piccolo. Più di una persona insieme non ci poteva entrare. Avevamo scelto quella casa ognuno per un motivo ben diverso. Io perchè era al primo piano con giardino privato e lui perchè conveniente e vicino al cantiere dove lavorava.

Riuscii ad appisolarmi sulla mia poltrona. Sognai un paio di occhi azzurri. Non ricordo cosa accadeva, ma sapevo benissimo a chi appartenevano. Erano anni ormai che non li incrociavo più. Quand'era stata l'ultima volta? Non lo ricordavo proprio. Ogni tanto mi capitava di pensarci, avevo quasi paura nell'entrare in classe e sentirmi continuamente osservato. Sorridevo sempre a tale idea. Non era stata la classica scappatella, o un qualche sfizio. Era stata qualcosa di più, ma non ero mai riuscito a spiegare cosa. Il mio orgoglio non mi aveva mai fatto ragionare a mente lucida. La mia mente nel dormi veglia viaggiò anni addietro.

 

In una grigia giornata di settembre... Le nuvole lasciavano presagire un temporale in tempi brevi. Radish aveva fatto tardi quella sera e stava dormendo mezzo nudo sulla sua poltrona rossa. Russava terribilmente forte. Ci eravamo trasferiti da pochi giorni, qualche mobile c'era stato lasciato dalla vecchia proprietaria, come i letti. Noi ci eravamo comprati solo una poltrona ognuno del proprio colore e modello desiderata, un piccolo frigobar e un forno a microonde. Il mio armadio era ancora la mia valigia. Mi svegliai poco prima della sveglia, il mio coinquilino sembrava essere un treno in corsa. Dopo aver represso l'istinto di ucciderlo strangolandolo, mi alzai. Dovevo ancora abituarmi a quel bagno minuscolo, mi lavai e preparai per bene. Diedi colpi ovunque, appena mi muovevo toccavo qualcosa, mi stupii che il bello addormentato non sentisse tutto quel baccano.

Non trovando il mio ombrello presi quello di Radish e uscii. Andai a far colazione in un bar vicino casa. Avevo bisogno della mia dose di caffeina mattutina, se no non mi sarei mai riuscito a svegliare per bene. Quello sarebbe stato il primo giorno di insegnamento della mia carriera. I miei voti erano stati così alti che ci avevo messo ben poco a trovarmi lavoro. Ogni tanto la meritocrazia premiava davvero. Uscito dal bar mi accesi la mia prima sigaretta della giornata.

Con calma mi diressi dalla macchina e andai verso la scuola. Vi era già una calca pazzesca difronte alle porte d'entrata. Pieno di ragazzi che guardavano i cartelloni delle classi. Entrai spintonando qualcuno per poter passare e andai dal preside. Mi fece un discorso lunghissimo e noiosissimo. Dopo i soliti bla bla bla ci stringemmo la mano e mi diressi nella mia prima classe, la 4E. Appena entrai, ognuno si mise a sedere al suo posto e calò il silenzio. Mi era sempre piaciuto mettere in soggezione le altre persone. Mi sentivo superiore. Incrociai per un attimo gli occhi con una ragazza del primo banco, occhi azzurri davvero belli. I capelli erano della stessa strana tonalità, mi fissò come se mi dovesse trapassare con lo sguardo. Era strano, durò un istante brevissimo ma provai un certo senso di disagio. Mi vergogno ad ammetterlo. Distolsi poi lo sguardo altrove, arrivato dietro la cattedra feci l'appello e scoprii che la fissatrice si chiamava Bulma Brief. Era figlia di quel genio che aveva inventato le capsule. Avevo preso appuntamento per progettare la camera gravitazionale per quello stesso pomeriggio. Erano anni che avevo quel desiderio e quel folle scienziato era l'unico che poteva crearla. Anni prima ero andato a chiedere informazioni e un possibile preventivo, ma costava davvero troppo per le mie tasche. Dopo anni di studi e vari lavori avevo deciso che era giunto il momento di riprovare a farmela costruire. Avevo risparmiato un bel gruzzolo da quel giorno. La prima ora sembrò durare più di tutte le altre quella mattina. non credo di essermi mai sentito così osservato. Era diverso dallo sguardo attento degli altri ragazzi, non capivo. Anche mentre spiegavo mi sentivo sempre fissato. Non guardai più verso di lei, ma sempre dritto davanti a me. Quando suonò la campanella tirai un sospiro di sollievo. Non era ancora iniziato a piovere, mi parve strano. Avevo un'ora di vuoto ed ero andato a fumare una sigaretta sul terrazzo del tetto della scuola. Ne avevo bisogno, Brief mi aveva esaurito. Era stressante essere fissato per un'ora intera. Mi aveva anche rovinato l'umore e mi aveva provocato una terribile emicrania. Non sembrava un'ottima partenza come anno scolastico.

Il resto della mattinata passò molto velocemente. Una volta finita, presi la macchina e mi diressi alla Capsule Corporation. Venni accolto dal professore in persona, dopo le solite inutili chiacchiere discutemmo del motivo per cui ero lì. Non era un gran proprietario di casa, eravamo poco più avanti della porta a parlare. Poco dopo arrivò quella che avevo intuito essere la moglie, per portare qualcosa ad una persona alle mie spalle.

“Andiamo nello studio a parlare meglio di questa camera gravitazionale signor Sayan. Bentornata Bulma!”

Mi voltai, la signora Brief aveva portato un asciugamano alla figlia che dalle condizioni in cui era si poteva dedurre l'essere iniziato a piovere. Mi guardava con stupore, era uno sguardo diverso da quello che mi aveva riservato per tutta la mattina. Mi soffermai a guardarla anch'io, tutta bagnata, i capelli zuppi attaccati al viso tutti scompigliati, la camicia bianca appiccicata alla pelle lasciava poco spazio all'immaginazione di cosa c'era sotto, anzi si intravedeva del pizzo rosa. Mi resi conto solo dopo che stavo trovando eccitante una mia studentessa. Voltai poi lo sguardo altrove. Diedi la colpa all'astinenza. La cosa negativa dell'essere professore era proprio quella, se lei non fosse stata una mia allieva ci avrei di certo provato. Seguii poi lo scienziato in un piccolo ufficio. Mi spiegò varie cose, avrebbe dovuto progettare il marchingegno della gravità, che ancora non esisteva. Gli sarebbe servito tempo, sicuramente dei mesi, voleva un acconto e avrei poi pagato il tutto a fine lavori. Se non fosse riuscito a crearla mi avrebbe restituito l'acconto entro due anni con qualche trattenuta. Mi sembrava molto onesto, prese varie scartoffie che erano il contratto, mi disse di leggerlo bene e con attenzione e che ci saremmo visti tra una settimana. Acconsentii. Ci stringemmo le mani e mi accompagnò all'uscio. Brief si era cambiata, notai che fosse davvero un peccato. La gonna le donava molto più di quell'orribile tuta. Aveva davvero capelli lunghi e lisci. Avevo sempre preferito le ricce, eppure lei mi attirava più di quanto volessi. Lei mi fece un semplice cenno con la mano e un sorriso. Io la ignorai e andai dalla porta.

“Bulma cara, perchè non lo accompagni fino alla macchina?” parlò la signora guardandomi con gli occhi a cuoricino. Vidi Brief guardare con furia omicida la madre. Si scambiarono qualche sguardo e magicamente mi ritrovai sotto un enorme ombrello fucsia con accanto una mia studentessa che mi accompagnava alla mia macchina per non farmi bagnare. C'era qualcosa di anormale in tutto quello ma non opposi resistenza alcuna. La ragazza sembrava perplessa, se quella mattinata mi aveva fatto una bruttissima impressione, così accanto a me sembrava minuscola. Odorava di vaniglia, mi piaceva quel profumo. Anche se andava a mischiarsi con l'odore della pioggia.

“Ti ringrazio Brief. Ci vediamo domani”.

“Arrivederci”.

Salii in macchina e appena uscito dal parcheggio clienti mi accesi una sigaretta. A casa mi aspettava Radish tutto nervoso per avergli rubato l'ombrello senza neppure usarlo. Lui era uscito a fare la spesa e si era completamente inzuppato. La fantomatica spesa era formata da due panini, un pezzo di formaggio, dei biscotti e delle birre. Inarcai un sopracciglio. Sicuramente dovevamo migliorare e dovevamo trovare un equilibrio nostro. Quella sera ordinai qualcosa da asporto e Radish mi imitò. Brindammo per l'inizio di entrambi del nuovo lavoro. Dopo aver detto una stronzata dietro l'altra andammo a dormire fin troppo tardi. Prima di addormentarmi dovetti assolutamente masturbarmi, pensando a dei lunghi capelli azzurri con un fantastico pizzo rosa. Mi addormentai poco dopo l'orgasmo.




*****
TA TA TA TADANNNNNN
ecco il secondo capitolo....ammetto che man mano che scrivo i capitoli li sto facendo sempre più corti...mannaggia  a me! xD comunque intanto grazie  a tutti davvero per aver letto/recensito il primo capitolo e un altro grazie gigante per aver letto anche questo :D
la sto rileggendo mille e mille volte... ma se ci fossero errori vi prego di dirmelo :D grazie a tutti e alla prossima :D

  
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