-No,
non così.
Un sussurro ovattato, distante quasi miglia, nonostante i pochi
centimetri che
li tenevano separati. Marik non riusciva a stare tranquillo, tra le sue
braccia, e quel respiro caldo sulla pelle sensibile del suo collo non
lo
aiutava di certo.
Non sapeva cosa diamine gli fosse passato per la testa, non sapeva
nemmeno come
fossero arrivati a quel punto. Tutto quello che riusciva a ricordare
erano
un’astuta bottiglia di saké, infiltratasi a bordo
di quel dirigibile in modi
che Marik non aveva nemmeno voglia di chiedere, il suo letto illuminato
dalla
luce della luna, chiacchiere partite da desideri di conquista ed ora
arrivate a
discorsi su lenzuola e gente che ci sta sotto, specialmente in
compagnia, con
tutto il disagio che il volto giovane ed inesperto di Marik poteva
esprimere, e
la voce roca di Bakura che gli sussurrava, con un irresistibile,
perfido
ghigno, “Vuoi provare?”.
E ora si ritrovava in piedi, bloccato tra quel corpo quasi irreale,
pallido
come la luce della notte, ed il muro dietro di sé, accanto
al quale la città
faceva capolino dall’oblò, scorrendo lenta, pronta
a sbirciare qualora la
situazione si facesse interessante.
O almeno, così Marik credeva.
Si sentiva tremendamente osservato e giudicato, nonostante davanti a
lui ci
fosse solo Bakura. Beh, come poteva non essere nervoso? Era il suo
primo bacio.
E aveva deciso di concederlo al suo partner
in crime mosso dalla curiosità e da una strana
sensazione nello stomaco che
continuava a bruciare e a fargli arrossire le guance ogni volta che lo
fissava
troppo a lungo –non che lo avesse mai fatto. No, no.-, per
quanto quasi
impercettibile attraverso la sua pelle ambrata. Bakura lo teneva fermo,
una
mano a sollevargli il mento, l’altra poggiata sul suo
bassoventre per avere un
maggior controllo.
Si trattava pur sempre di un ladro. Il bottino doveva esser sempre
tenuto
d’occhio, per quanto la vittoria possa ritenersi assicurata.
Marik, d’altro
canto, sembrava pronto a scattare da un momento all’altro e
darsi alla fuga. Ma
Bakura aveva ciò che voleva proprio lì, davanti a
sé. Il respiro di Marik era
notevolmente accelerato, il viso abbassato quasi a voler evitare il
destino in
cui lui, ingenuamente, si era ficcato da solo. Allo Spirito non
importava nulla
dei rimorsi, e di certo non gli avrebbe concesso un ripensamento.
E a giudicare dal luccichio nei suoi occhi e da quel sorriso
soddisfatto, era
piuttosto orgoglioso di quanto era riuscito a rubare quella
sera…
-Se tieni troppo strette le labbra, non posso baciarti.
-N-non le tengo strette. Sicuro di essere capace?
-Ragazzino, non ho passato la mia vita a rubare solo
tesori. Se capisci cosa
intendo…Vuoi smetterla di tremare?
-NON STO TREMANDO!
-Shhh, c’è il tuo fratellino nell’altra
stanza…vuoi che entri e veda le brutte
cose che stai facendo?
-Q-quali brutte cose? È solo un bacio, no?
-Beh, sì…ma sei tu quello che sta arrossendo.
Lo
sguardo indignato di Marik fu, per Bakura, ancora
più soddisfacente dell’atto in sé per
sé. Oh, quanto adorava arruffargli le
penne. Il principino d’Egitto, carico d’oro e
arroganza, ora si scioglieva tra
le sue braccia per un semplice bacio. Che, tra parentesi, non
c’era ancora
stato.
Quando Bakura si strinse ancora di più a lui, negli occhi di
Marik tornò il
panico.
-Schiudi le labbra, ho detto.
Accompagnò quell’ordine appena sospirato
accarezzandogli il labbro inferiore
col pollice, prima di costringerlo ad obbedire, con
un’inaspettata delicatezza.
C’erano modi e modi di rubare qualcosa di così
prezioso.
La pazienza era una virtù, per un ladro.
Marik si strinse alla sua maglietta a strisce, le dita che venivano
avvolte da
quella stoffa impregnata del suo profumo, disperate come se da quella
dipendesse
la sopravvivenza. Strizzò gli occhi, in un vano tentativo di
fuggire almeno col
pensiero, negare di trovarsi in quella situazione. A Bakura
scappò un’altra
risata.
-E tu sei quello che vorrebbe uccidere il Faraone? Se decidesse di
baciarti,
saresti finito.
-CHE RA MI PRENDA, PIUTTOSTO.
-Perdo il mio tempo qui, Ishtar. Vuoi che ti insegni o no?
Al tono così infastidito del ragazzo, Marik non
poté fare altro che aprire gli
occhi, in un’espressione che Bakura non poteva definire in
altro modo che non
fosse adorabile. Seriamente, aveva
visto quel moccioso tentare di comportarsi come il più
cinico ed astuto dei
criminali, e aveva tutte le carte in regola per farlo. Sguardo
tagliente,
lingua biforcuta, astuzia da vendere e carisma degni di un killer. E
ora quasi
temeva di perderlo per arresto cardiaco, a giudicare dai battiti
assordanti di
quel cuore forse non troppo maligno come voleva sembrare. Sul serio gli
faceva
quell’effetto?
Insomma,
sapeva di avere del fascino, ed il bel
faccino del suo proprietario lo
aiutava moltissimo in parecchie sessioni in cui era fondamentale un
buon lancio
di persuasione, quando era necessario. Ma nessun sospiro adorante di
fanciulle
in visibilio poteva competere con la guardia completamente crollata di
Marik.
Il profumo del ragazzo si mescolava a quello dolciastro del
sakè, in un mix
letale che aveva un qualcosa di afrodisiaco. Per un istante, ebbe il
desiderio
di divorarlo: stringere le unghie nella sua carne fino a liberare
rivoli rossi
su quella pelle perfetta, tirarlo a sé solo per il gusto di
udire un suo
sussulto spaventato, risvegliato da una fame rimasta sopita per troppo.
Bakura
si strinse così tanto da poter sentire ogni curva del suo
corpo sotto di lui.
Un altro fremito impaziente. Maledizione a
questo corpo da adolescente.
Temeva di perdere il controllo da un momento all’altro, e a
quel punto Marik
non sarebbe stato l’unico da dover prendere in giro.
Meglio, quindi, mettersi in posizione di attacco e mirare ai suoi Life
Points
direttamente, prima che l’animo da predatore prendesse il
controllo e Bakura si
trovasse, senza troppi complimenti, a spogliare Marik.
E senza neppure accorgersene, si ritrovò a fantasticarvi su.
La mano che gli bloccava il mento ora scese sul collo del ragazzo,
sfiorando i
suoi vestiti ed immaginandosi cosa stessero coprendo, con estrema
lentezza, godendosi
i suoi brividi, se di panico o di altro, non gli era dato sapere al
momento.
Di certo, stava per scoprirlo.
Ora a quelli di Marik iniziarono ad unirsi anche i battiti del cuore di
Bakura,
inaugurando un concerto di strane sensazioni che non si dovrebbero
poter
provare mentre si organizza un piano omicida a discapito dello spirito
di un
faraone adolescente morto 3000 anni orsono e rinchiuso in un artefatto
millenario.
Non importava davvero, in quel momento. Importava Marik. Quegli occhi
color
fioritura in primavera, impensabili da trovare nel deserto egiziano.
Quella
pelle dipinta dal dio del sole che gli ricordava tanto quella della sua
gente.
Quei capelli sottili, come sabbia tra le dita.
Importava la distanza tra loro, che a poco a poco si annullò.
Importavano quelle labbra morbide, incerte, tremanti sotto le sue.
Dapprima
le sfiorò solo, aspettando che il ragazzo
smettesse di sussultare.
Un tremito lo avvolse, e non poté più attendere
che lui fosse pronto.
Finalmente
Lo stava baciando.
…o qualcosa del genere, siccome Marik continuava a rimanere
rigido come una
sfinge. Quell’inesperienza era tanto imbarazzante quando
esilarante. Se non
fosse stato impegnato a rubare l’innocenza dalle sue labbra
e, sperava, dai
suoi sogni notturni, probabilmente sarebbe scoppiato a ridere.
Ma doveva contenersi. Lui era quello esperto, quello posato, quello che
aveva sex appeal da vendere, quello
che aveva
sedotto centinaia di fanciulle perse tra le dune e…
…e le ricordava bene, tutto ad un tratto, per qualche
motivo. Strano, credeva
di aver rimosso certi tipi di piaceri dalla sua memoria per lasciar
spazio solo
all’incessante desiderio di vendetta…
Ricordava le loro vesti fruscianti, tra le sue mani, di sete preziose,
che
scoprivano a poco a poco terre che sarebbero dovute rimanere proibite
ai suoi
occhi. Ricordava onde ora di rosso, ora di bianco, a rivelare isole e
tesori
che Bakura non si faceva troppi scrupoli ad agguantare, ladro di
molteplici
notti cedute, tuttavia, senza rimorsi.
Quella sensazione calda e morbida sotto alle sue dita, mentre le sue
mani
esploravano, ripagate da sussulti e gemiti e preghiere…
Iniziò ad immaginare lo stesso, a desiderare di nuovo quei
tocchi, ma stavolta,
al posto delle sue odalische per una notte, c’era qualcun
altro.
C’erano capelli biondi, occhi lavanda, e spalle non troppo
decise. Tra le sue
mani quei fianchi sottili, quelle forme lisce, timide, ancora immature,
che
tentavano di sfuggirgli, che tremavano al suo tocco, e si rivelavano,
poco alla
volta, squarciando veli di virginea paura che gli si concedeva, con una
lieve
nota di riluttanza dovuta all’inesperienza, arrendendosi poi
alle sue mani e al
suo volere, orgoglio in frantumi come vetro sulla pietra.
Vedere quel faccino ornato di oro ed arroganza sgretolarsi in un
capolavoro
gemente.
Ricordava quanto adorasse essere pregato dalle proprie vittime.
Sentire Marik pregare per il proprio
piacere. E solo lui poteva accontentarlo…
…male, molto male. Bakura sentì il sangue
scorrergli violento, più velocemente,
ora alla testa, mentre le dita affondavano nelle sue braccia,
imprigionandolo,
tanto era inutile che indietreggiasse ancora, insomma, la parete dietro
Marik
era sua alleata…e forzando l’accesso con la
propria lingua in quella bocca che
di solito parlava troppo, ma che ora cercava in tutti i modi di
sfuggirgli, e
dalla testa, il sangue stava iniziando ad arrivargli al…
Squick!
…era
appena riuscito a sfiorare la lingua di Marik,
quando improvvisamente sentì un…gemito? No,
più uno…squittio. Oh cielo, Marik
aveva squittito? Mentre lo baciava?
Per lo spavento?
Aprì
gli occhi, per un attimo confuso, come se
stesse cercando di capire se davvero quel suono fosse provenuto da
quello che
tecnicamente doveva essere una minaccia omicida.
Ma a giudicare dal suo sguardo imbarazzato e dagli occhi spalancati e
dal suo
rossore accentuato, non potevano esserci malintesi.
Marik era ancora più teso. Come se stesse aspettando lo
scoppio di una bomba.
Come se stesse pregando gli dei che Bakura non avesse sentito.
Tutta la carica erotica che stava iniziando ad intossicargli il
cervello svanì,
come in una nube di fumo. E Bakura dovette fermare la sua opera in
corso, per
staccarsi e lasciarsi andare nuovamente, ma stavolta ad una fragorosa risata.
-OH CIELO, OH CIELO.
-STAI
ZITTO, IO…! MI E’ SCAPPATO, OK?-
Marik arrossì ancora più violentemente, provando
a colpirlo senza troppa
convinzione, indignato da quelle maldestre risate. Bakura semplicemente
scansò
quella specie di carezza a forma di pugno, tenendosi la pancia per il
gran
ridere. Troppo tenero. Troppo buffo. Assolutamente non da Marik.
-Cielo,
se fai questo per un bacio, non immagino
quando finalmente farai sesso!
-PER
ALLORA SARò Più BRAVO DI TE, PUOI CONTARCI!
-Mi
stai dicendo che ci sarò anche alla tua prima
volta, Marik?
Il
ghigno beffardo di Bakura lo mise a tacere, una
volta per tutte. Marik strinse i pugni, ringhiando quasi. Che voglia
che aveva
di sfilare il suo scettro e rivelargli la parte meno conosciuta e
più pungente
dell’artefatto. Si limitò a tentare di prenderlo a
pugni di nuovo, ancora ed
ancora, mantenendo quell’aria furiosa ed imbarazzata.
Impossibile da prendere
sul serio.
Riuscì, comunque, ad indirizzare lo Spirito alla porta,
quasi non intenzionalmente.
-BEL
MODO DI ROVINARMI LA SERATA, IDIOTA. ORA VAI A
DORMIRE CHE ABBIAMO UN PIANO A CUI ATTENERCI.
-Oh,
senz’altro, lord Ishtar. Non posso che sottomettermi.
Certo, sostanzialmente aveva detto così. Ma Bakura si
fermò all’uscio della
porta, fronteggiandolo, arrogante e beffardo a discapito di quel
delicato
aspetto in prestito. Non sembrava affatto qualcuno intenzionato ad
obbedire.
Marik si fermò davanti a lui, a braccia incrociate,
affilando i possibili
coltelli mentali da scagliargli contro.
-Beh?
Quando te ne vai?
-Ingrato. Nemmeno un bacio della buonanotte?
-Ti ho detto di andartene. Ho…ho da fare!
-Tipo, pensarmi?
Marik
stava per ribattere, senz’altro con una
risposta talmente velenosa da ledere l’orgoglio di Bakura. Ma
al ladro,
talvolta, piaceva giocare sporco. E così ancor prima che
potesse aprir bocca,
gliela chiuse. Con la sua.
Giusto un paio di secondi. Veloce. Letale. Come una pugnalata.
Marik stette immobile a fissarlo, come sotto un incantesimo.
-…almeno
stavolta non hai squittito!
Il
legno della porta gli urlò contro tutta la
disapprovazione, rimbombando nei corridoi di quel maledetto dirigibile.
E
Bakura rispose con un derisorio schioccare della lingua, sparendo nella
notte.
Certo, era stato divertente.
Molto divertente.
…oh, dei. Bakura dovette realizzare qualcosa, con stupore.
Troppo divertente.
Note:
"Secrets I have held in my heart
Are harder to hide than I thought
Maybe I just wanna be yours
I wanna be yours, I wanna be yours"
Quanto è bella "I wanna be yours" degli Arctic Monkeys?
Da quanto non scrivo una roba semi-innocente.