Fanfic su attori > Ben Barnes
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Autore: DumbledoreFan    20/07/2009    2 recensioni
Meike vive a Londra e fa un lavoro molto particolare: è una traduttrice instantanea per le star disperse in premier, eventi o manifestazioni in giro per il mondo. Per questo si trova del tutto indifferente davanti a persone famose, a cui ormai è completamente abituata. Ma quando partirà per un viaggio fra Russia, Italia e Germania con Ben Barnes, la sua pacata professionalità verrà messa seriamente a dura prova. E tornati a Londra, niente sarà più come prima...
Questa è la primissima FF che scrivo seriamente con protagonisti degli attori, perchè volevo aspettare un'idea non banale! Leggete e recensite numerosi!!
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ben Barnes, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai le persone famose non mi facevano più molto effetto. Avevo imparato a considerarle esattamente come tutti gli altri, perché con un lavoro come il mio, sarei collassata più di una volta. Perciò ero fermamente convinta che lui fosse speciale, e non perché era un attore di successo. Era un essere speciale in tutto. Infatti ne rimasi colpita, accecata, abbagliata, impedendomi di ammetterlo. “Lui era come tutti gli altri” mi ripetevo, in continuazione, e facevo finta di esserne certa. Ma a tutto c’è un limite.
Qualche settimana fa Micheal arrivò alla mia scrivania con un bel sorriso.
“Ehi Meike, altro lavoro per te…” disse posando sopra la mia tastiera un foglio con la stampa di un’email. Lessi velocemente.
“Ben Barnes?” chiesi inarcando le sopracciglia.
“Ma certo Mei, il Principe Caspian!” esclamò aprendo le braccia con fare scocciato.
“Aaaaah!!Potevi dirlo prima, io non so mica i nomi di tutti gli attori del mondo…” risposi rileggendo l’email.
“Neanche fosse il tuo lavoro…” ribattè Michael sarcastico.
“Io sono una traduttrice non un paparazzo”
“Sei una traduttrice per le star!” puntualizzò lui. Come se non me ne fossi accorta.
“Sì sì certo…” lo liquidai con fare annoiato.
“Allora dove lo devo scarrozzare il Principe?” domandai concentrandomi di nuovo sul lavoro che dovevo svolgere.
“Mosca, Monaco di Baviera, e Roma” rispose annuendo con il capo. Io sbarrai gli occhi.
“Io lo devo accompagnare in tutti questi posti?!” esclamai interdetta. Solitamente portavo le persone famose in uno stato per volta, per farli partecipare a programmi televisi o iniziative. Spesso in Russia, visto che non era facile trovare una brava traduttrice di russo.
“Sì, a quanto pare si risparmia a prendere una sola traduttrice unica e portarsela dietro che tre diverse” mi rispose il mio collega facendo spallucce. Incrociai i suoi occhi verdastri e inclinai il capo.
“Va beh, almeno torno un po’ a casa…” dissi dopo averci pensato un po’ su. Ero nata a Monaco, anche se la mia vera casa era sempre stata Londra, infatti appena maggiorenne mi ero trasferita nella capitale inglese. Ma tornare a Monaco era sempre bello, un tuffo nel passato, nelle mie vecchie abitudini alle quali ero affezionata, nonostante tutto. I luoghi della mia infanzia, della mia crescita e formazione, i luoghi in cui avevo sognato e imparato ad amare Londra proprio perché le ero lontana.
“Parti lunedì da Heatrow alle 14 e 40, diretto per Mosca”  mi comunicò.
“Prima classe spero…” bofonchiai rimettendomi a lavorare sul pc.
“Beh penso proprio di sì…” fece Michael allontanandosi e tornando alla sua postazione originaria. Presi velocemente la cornetta del telefono e senza guardare composi il numero della mia migliore amica.
“Hallo meine liebe…” la salutai in tedesco quando dall’altra parte senti un allegro “Hallo?”. Engel era l’amica più cara che avevo, quella che avevo convinto a trasferirsi con me a Londra, per vivere finalmente vicino. Infatti Engel era di Berlino, ci vedevamo poche volte, ma ogni momento possibile cercavamo di passarlo insieme, e quando avevo deciso di andare a vivere nella città della mia vita, della nostra vita, era l’unica persona che volevo assolutamente portare con me. Ora lei era ricercatrice e si faceva stressare 24 ore su 24 dalla sottoscritta.
“Ehi Meike…che succede?” mi rispose lei con tono interessato.
“Che mi dici di Ben Barnes?” gli chiesi mettendo il telefono fra l’orecchio e la spalla. Appena Michael aveva nominato Narnia mi era subito venuto in mente di chiedere ad Eng, grande fan della saga.
“Ti piacerebbe molto” fece prontamente. Avevo dimenticato di dire che Engel era la persona che mi conosce meglio al mondo.
“Interessante visto che lo devo portare in un bel po’ di posti…”  replicai cominciando a cercare su internet qualcosa su questo ragazzo.
“Uh gli fai da traduttrice? Caspita Meike che culo!! Dove lo porti?”
“Mosca, Roma e tadadadaaaan…Monaco!” dissi con un po’ di suspance.
“Wooow amore torni a casa!!Che bello!Dici che ce la fai ad andare all’Allianz?”
“Ma spererei di sì visto che è una vita che non vedo il nostro Bayern…”
Io e Engel condividevamo più di tutto la grande passione per il buon calcio. Lei sospirò.
“Ora devo andare amore…” mi disse con tono dispiaciuto.
“Ok ci vediamo dopo a casa che mi dici qualche altra cosuccia di questo Ben”
“Va beeene…a dopo!”
Buttai giù la cornetta mentre Michael si era messo a sedere vicino a me.
“Quando parli tutta in tedesco con la tua amica mi metti una curiosità…”
“Non ci sono segreti, gli ho solo chiesto un parere su questo Ben visto che è una fan delle Cronache di Narnia…”
“E lei?”
“Ha detto che mi piacerebbe…di buon auspicio no?”
Lui annuì con il capo e mi dette una cartellina.
“Ci sono i biglietti, le prenotazioni, e il numero di telefono dell’agente di Barnes”
Io guardai dentro e tirai fuori tutti i documenti.
“Ok perfetto…sai per caso se sono interviste televise, campagne, premier?” domandai mentre sfogliavo tutti i fogli controllando che fosse tutto apposto.
“E’ la premier del suo nuovo film…ma io dico tu non vai mai al cinema, non leggi mai i giornali di gossip?”
“Stai scherzando?! Con il lavoro che faccio, appena sono a casa mi tengo decisamente alla larga dagli attori!! Leggo, dipingo, faccio shopping, vado allo stadio, ma di certo evito il mondo dello spettacolo!” spiegai senza distogliere gli occhi dal computer.
“Il Capo dov’è?” domandai a Michael dopo un po’.
“E’ alla BBC, doveva sistemare quel casino che è successo, ma non so se ce la farà…” rispose il ragazzo dalla sua scrivania.
“Beh gli conviene se non vogliono andare per le vie legali…anche se quella stupida ritratta, non ci sono solo io come testimone!! Insomma avevano chiesto una traduttrice di spagnolo, gli avevamo detto che non ce l’avevamo e l’hanno chiesta d’italiano!! Pensavo fosse per un lavoro diverso…e invece no!! Quella rimbambita credeva che fossero due lingue uguali!! Così potevo andare benissimo anche io, e gli è andato all’aria tutto! E ora, questa dice pure che siamo stati noi a mandargli la traduttrice sbagliata!! Cioè…non ci sono parole!!” mi sfogai per l’ennesima volta, indispettita da quello smacco che era stato fatto all’ufficio dove lavoravo.
“Non ti preoccupare Meike, si metterà tutto a posto, come è giusto che sia…”
A quelle parole alzai finalmente lo sguardo e guardai negli occhi verdissimi Michael, che lavorava un paio di scrivanie dalla mia.
“Le cose non succedono quasi mai perché è giusto che succedano…” dissi con tono appena solenne, lasciandomi poi sfuggire un sospiro. Il resto della giornata passò tranquillamente. Verso le cinque e mezzo salutai Michael e montai in macchina per tornare a casa. Il mio ufficio era nella City, poco distante dal municipio di Londra. Io abitavo dall’altra sponda del Tamigi insieme a Engel. La nostra prima casa era vicino Camden Town, praticamente un buco, ma io ero la persona più felice del mondo. Ora che il mio lavoro andava a gonfie vele (si sa, quando si ha a che fare con le star, il guadagno è sempre notevole) e Eng aveva ormai riscosso un certo rispetto in ambito scientifico, avevamo abbandonato l’appartamento di periferia per trovarne un altro in un bel viale davanti al fiume della città, dove la sera il London Eye illuminato ci regalava ogni volta spettacoli unici. Parcheggiai la mia Mini Cooper blu elettrico proprio sotto casa, e quando finalmente trovai le chiavi nella mia immensa borsa, aprii la porta ed entrai. Non era poi un appartamento così grande, ma era accogliente e grazioso. Non mi erano mai piaciute le case grandi. Adoravo l’essenziale. E la mia concezione di essenziale era un soggiorno non troppo ampio, con praticamente solo un bel divano e una grande televisione, diviso dalla cucina, anche essa non troppo grande, con un solo muretto di cartongesso; due camere da letto piccole, ma: un’enorme stanza armadio direttamente collegata al bagno, e un’altra grande stanza dedicata esclusivamente ai libri e alla lettura. L’arredamento che avevo curato con attenzione era tutto bianco e nero, moderno e tecnologico, che rispecchiava alla grande la mia personalità e quella della mia migliore amica.
Quelle ore della giornata le passavo quasi sempre sola in casa. Engel prima delle 8 non tornava (sapete gli scienziati!!), e io allora mi dedicavo alle mie cose in completa pace; ai miei libri, ai miei disegni…
Misi il giacchetto all’appendi-abiti accanto alla porta e mi spaparanzai sul divano, levando le scarpe senza nemmeno slacciarle. Voldemort, il nostro adorabile gattino di casa, mi venne incontro trotterellando e strusciandosi alle mie gambe in cerca di coccole. Io mi abbassai e gli passai le dita fra le orecchie, grattandogli poi la pancia, mentre lui si rotolava e faceva le fusa. Dopo un po’ però le gambe mi facevano male, così per distrarlo e mandarlo in cerca di altri passatempi, esclamai a gran voce indicando un punto lontano della casa.
“POTTER!!” e Voldemort schizzò di corsa andando a cercare la “preda”, come quando urli ad un cane “gatto”! Mi ci erano voluti mesi per insegnargli a fare una cosa del genere, ma tutte le volte mi riempivo di orgoglio. La passione mia e di Engel per Harry Potter era assolutamente smisurata, e quando, per il mio lavoro, ebbi la fortuna di conoscere il cast, ci eravamo sentite le persone più felici del mondo!! Però della saga preferivamo la parte oscura, fatta di Mangiamort e Serpeverde!
Mi sdraiai comodamente e accesi la tv. Come al solito non c’era niente d’interessante, così la lasciai su un canale a caso (sì la televisione mi rilassava tantissimo, anche se non la guardavo, il suo rumore e la sua luce erano assolutamente tranquillizzanti) e cominciai a divagare con la mente. Poi, mi venne un’idea. Con il sorriso mi alzai e andai a rufolare nello scaffale dove tenevamo tutti i dvd. In prima fila, tenuto quasi come un cimelio insieme a tutti gli altri film che ci stavano a cuore, c’era “Le Cronache di Narnia, il Principe Caspian”. Visto che non avevo di meglio da fare, lo infilai nel lettore dvd e cominciai a guardarlo, per farmi un’idea di Ben Barnes. Solitamente non lo facevo, per me era esattamente come portarsi il lavoro a casa. Ma quando l’inquadratura si strinse sul bel viso dell’attore, contornato da dei bellissimi capelli lunghi castani, dimenticai il lavoro e mi concentrai solo sul film.
Quando Engel rientrò non avevo ancora finito di guardare Narnia. Lei mi osservò con uno sguardo stranito.
“Tu non ti porti mai il lavoro a casa” affermò incrociando le braccia. Io non distolsi gli occhi dalla televisione.
“E’ bellissimo” mi giustificai. Eng sorrise e si sedette accanto a me.
“Sì, il film è assolutamente stupendo” disse annuendo con il capo. Io la guardai inarcando le sopracciglia.
“Io intendevo Caspian!! Anzi, Ben…è bellissimo!”
Engel si mise a ridere di gusto, e io la imitai immediatamente.
“L’avevo detto che ti sarebbe piaciuto…io personalmente preferisco William…” rispose la mia migliore amica.  Io la guardai interrogativa.
“Peter, il fratello grande, quello biondo…”
“Aaaah capito…sì è molto carino…” risposi per poi tornare a concentrarmi sulle ultime scene del film.
“Andiamo a cena fuori stasera?” gli chiesi quando sullo schermo apparsero i titoli di coda.
“Sì, perché no…ma mi sa che siamo solo io e te…”
“Perfetto, almeno mi rilasso stasera…e parlo solo una lingua!”
La maggiorparte dei miei amici, che avevo conosciuto all’università, non erano inglesi, e avendo frequentato la facoltà di lingue, spesso parlavamo in tante lingue differenti. Ci preparammo velocemente e ci avviammo verso la metropolitana, visto che avevamo deciso di andare a mangiare in centro. Scendemmo a Piccadilly, e quando uscimmo dalla metropolitana, le luci dei cartelloni luminosi ci accolsero in quel caos musicale, dove le persone si mescolavano per le strade e le parole si confondevano fino a formare un’unica melodia. Svoltammo l’angolo e ci avviammo verso Trafalgar Square. Passeggiare per quelle vie di Londra la sera era uno spettacolo irrinunciabile. Appena prima di arrivare davanti all’imponente e maestosa National Gallery, trovammo il ristorante dove volevamo cenare, a mio avviso il miglior messicano dell’intera città.
Il cameriere alla porta ci aprì e mi riservò un sorriso, ormai andavo lì spesso e lui era sempre molto gentile. Ci indicò un tavolo e ci chiese se prima di mangiare volevamo qualcosa da bere, ma noi reclinammo l’offerta. Ci portò il menù e io nemmeno l’aprii, sapevo che cosa volevo. Tornò a chiederci le ordinazioni con un vassaio di nachos e dell’ottimo guacamole. Quando si allontanò io e Engel ricominciammo a parlare fra di noi. Dopo un po’ mi chiese.
“Hai già i biglietti per domenica?”
“Certo che ho già i biglietti per domenica, oggi è venerdì, e a me non li vendono a due ore dalla partita solo perché sono carina! Tra l’altro è pure il derby!” ribattei scherzosamente. Ovviamente la mia migliore amica stava parlando dei biglietti per il Chelsea, la nostra, beh non vorrei dire seconda squadra del cuore, visto che la seguivamo sempre e con lo stesso amore con cui seguivamo il Bayern. L’occasione di vedere uno dei miti del calcio tedesco quasi ogni settimana ci aveva fatte affezionare in una maniera incredibile a quegli undici ragazzi in maglia blue, che ormai coloravano i nostri weekend.
“Beh ho una brutta notizia amore…non posso venire…” disse sospirando dispiaciuta. Io spalancai gli occhi.
“Come non puoi venire?!” esclamai contrariata. Lei scosse le spalle.
“Ho una convention su delle nuove forme di virus che stanno studiando in America” spiegò.
“Cioè fammi capire…te molli me, Micha, e tutti i Blues, per dei VIRUS?!” feci indignata, facendole sfuggire un sorriso.
“Mi dispiace ma il lavoro chiama…e poi Micha avrà te, sarai sufficiente a fargli da supporto…”
Beh su quello poteva giurarci. Michael Ballack era il mio mito, il mio eroe, e il mio amore.
“Lo so che Micha avrà me, è ovvio, ma ora io con chi ci vado?”
“Beh con qualche tuo altro amico…” rispose Eng mentre il cameriere arrivava con le nostre ordinazioni. Io mangiai una forchettata del burrito più buono che avessi mai assaggiato, e poi la guardai con le sopracciglia inarcate.
“Gli altri miei amici?! Allora quelli dell’università sono tutti troppo impegnati in attività sociali o artistiche…quelli che mi hai presentato tu sono tutti troppo schizzinosi e più di una volta ci hanno espresso il loro disappunto verso il calcio. Non ricordi quando Sarah se ne uscì dicendo “il calcio non è uno sport” e io gli risposi “infatti, il calcio è vita!”? Credi che verrebbe allo stadio con me?”
“Hai ragione, hai ragione…sai come sono fatti gli scienziati” disse bevendo un sorso di birra. Mi concentrai per qualche minuto sul mio delizioso burrito, poi mi venne un’idea.
“Michael tifa Chelsea!! Potrei chiedere a lui…certo non è un fan accanito tipo noi, ma meglio di niente…” feci per poi prendere la borsa e cercare il cellulare.
“Michael quello che lavora con te? Che è uscito con noi un paio di volte?” chiese Engel.
“Sì lui…proprio lui!” risposi mentre finalmente trovavo il telefono e cercavo fra la rubrica il suo numero.
“Secondo me gli piaci anche un po’…” se ne uscì lei con tono indifferente. Io mi bloccai e la guardai interdetta.
“Secondo me tu sogni…” ribattei aggrottando la fronte.
“Beh ti guarda in un modo un po’ strano…” insistette per avvalorare le sue teorie.
“Ma va è una tua impressione, tutto qui…” me ne tirai fuori velocemente riposando gli occhi sul cellulare.
“Sarà…” si arrese Eng tornando ai suoi tacos. Io intanto chiamai Michael. Dopo tre squilli mi rispose.
“Pronto?”
“Ehi Michael, sono io Meike…”
“Ciao Mei!! Che succede?”
“Ti volevo chiedere una cosa…” cominciai con aria vaga.
“Vai spara…” m’incoraggiò lui.
“E ti preannuncio che non accetto risposte negative…” precisai con un sorriso.
“Viva la democrazia!” ribattè con sarcasmo.
“Lo sanno tutti che è solo una moda!” dissi io e lo sentii ridacchiare dall’altra parte della cornetta.
“Comunque, domenica c’è Chelsea – Arsenal, avevo preso due biglietti, uno per me e uno per la mia migliore amica, ma lei ha da fare con dei virus o non so cosa…ti andrebbe di venire con me allo stadio?” gli domandai.
“Ma certo, molto volentieri!! E tantissimo che non vengo a vedere i Blues!” rispose entusiasta.
“Perfetto!! Allora guarda, la partita comincia alle tre, ci troviamo verso le due e mezzo al Bridge, davanti al baracchino che vende i programmi della partita…ok?”
“Certo, alla grande!”
“Benissimo, ci vediamo lì allora! A domenica!! Ciao!”
“Grazie Meike, allora ci vediamo domenica! Ciao ciao!”
Con un lieve tocco chiusi la conversazione e appoggiai il telefono sul tavolo.
“Tutto risolto…ma tu vedi di non darmi più buca per dei virus, intesi?!”

Spazio dell'Autrice:

Salveee!! Sono completamente nuova in questa sezione, infatti tutte le storie che ho scritto fin ora riguardano Harry Potter! (Che ovviamente troverete anche un po' qui perchè non riesco a farne a meno). Ho aspettato un bel po' a scrivere qualcosa con protagonista un attore, perchè personalmente trovo la maggiorparte delle storie banali, e io volevo un'idea più originale, e penso di averla trovata!! Più avanti noterete infatti anche come il rapporto che si creerà fra Ben e Meike sarà...particolare.
Spero che questo incipit della storia vi abbia incuriosito e che mi seguirete!!
RECENSITE NUMEROSI!!

Vostra DumbledoreFan
   
 
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