Film > Thor
Ricorda la storia  |      
Autore: AranelInFantasy80    22/02/2019    2 recensioni
Loki è stato riportato ad Asgard come prigioniero dopo aver cercato di portare una guerra sulla Terra. Thor decide di recarsi da lui nelle prigioni per parlargli e capire cosa sia accaduto realmente. Entrambi verranno messi davanti ad emozioni e sentimenti troppo a lungo taciuti che li condurranno ad incontrarsi e scoprirsi come mai avrebbero immaginato di fare, in un'estenuante lotta contro le sentenze di Odino e di un Fato crudele.
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


ASGARD


THOR

La verità era che detestava saperlo incarcerato giù nei sotterranei del Palazzo Reale.
Sì, era vero. Si era macchiato del crimine più grave, imperdonabile per qualunque legge in qualsiasi di uno dei Nove Mondi: alto tradimento. Prima, aveva creato un accesso per i Giganti di Ghiaccio , consentendogli di entrare ad Asgard, ingannandoli con la sua maestria per poi tentare di sterminarne l'intera stirpe e assicurarsi così la sempiterna protezione del loro mondo, soltanto per poter eccellere agli occhi di Padre, soltanto per riceverne il tanto agognato riconoscimento e magari, anche quel poco di affetto e calore che sempre gli era mancato. Successivamente si era lasciato andare nel vuoto sotto ai suoi occhi sgomenti, e tutti lo avevano creduto morto, tutti l'avevano pianto, un lutto lungo e cupo che ancora scuoteva il suo cuore di fratello. Infine era ricomparso sulla Terra, portando scompiglio, con l'unico scopo di scatenare una guerra e assoggettare i Mortali al suo dominio. Ed egli era tornato soltanto per trarlo in salvo dalla prigionia dei Vendicatori, i quali plausibilmente proteggevano il loro mondo, ma soprattutto da qualcosa che stava gravando il suo animo e manipolando la sua mente, rendendo Loki non esattamente Loki, o quantomeno non il fratello che, nonostante i loro conflitti, da sempre aveva conosciuto.
Thor, terminata e vinta la battaglia su Midgard, era stato costretto a riportare l'altro in catene ad Asgard, come il peggiore dei criminali, per sottoporlo al giudizio di Padre, in qualche modo per salvarlo e proteggerlo da tutta l'ostilità che era riuscito a crearsi attorno. E quando le loro mani si erano incrociate per venire inghiottiti dal flusso del Bifrost e ritornare a casa, il dio del Tuono aveva intercettato i suoi occhi, di nuovo verdi, di nuovo tristi e smarriti, quello sguardo, quell'espressione del suo volto, capace della più disarmante innocenza... uno di quei rari istanti in cui riusciva a vedere il fratello in tutta la sua sconcertante autenticità, quegli istanti che, non appena colti, gli sfuggivano irrimediabilmente tra le dita. E il dolore era stato, per qualche momento, insostenibile. Perché sapeva che ormai non avrebbe potuto fare più nulla per lui.
La sentenza di Odino era stata crudele e irrevocabile: Loki sarebbe rimasto ad Asgard, ma incarcerato nei sotterranei del Palazzo Reale a vita. Rari, se non nulli inizialmente, dovevano essere i contatti tra il dio dell'Inganno e le persone della sua famiglia, tanto meno i contatti con Thor, il quale avrebbe dovuto continuare la sua esistenza, assolvere ai suoi doveri, adempiere alla strada tracciata dal suo Fato, per poi finalmente, un giorno, diventare re.

E sebbene, nel momento in cui le guardie lo avevano trascinato via, Loki sorridesse a Padre, come di consueto, beffardo, il dio del Tuono si era sentito montare addosso una tale rabbia nei confronti di Odino che aveva compreso che anche quella volta avrebbe disatteso le regole impostigli.

Di certo non avrebbe fatto marcire suo fratello negli anfratti bui dei sotterranei, mentre lui ascendeva alla gloria luminosa di re.
Per quanto spesso non corresse buon sangue tra loro, i due erano cresciuti insieme, avevano giocato insieme, combattuto insieme e in cuor suo, Thor, sapeva che tutto ciò che metteva in atto il dio dell'Inganno non era per crudeltà, ma per un bisogno, un bisogno capace di poter, almeno un poco, lambire le profonde ferite che portava dentro.

Thor sapeva che Padre non avrebbe mai compreso le sue scelte, come non aveva compreso il suo lutto, quando aveva visto il fratello lasciarsi andare nel vuoto del Cosmo, dopo l'ennesimo fallimento della sua impresa. Non c'era stato nulla, in quei giorni tristi, che era riuscito a sollevarlo dal dolore, né le prospettive di gloria, né le distrazioni degli amici e la gola per qualche nuova battaglia, né la tenerezza premurosa di Madre, né il dolce ricordo dei giorni di Midgard, e neanche il pensiero di lei.
No, senza Loki al suo fianco, nulla aveva più senso.

Ed era tutto così assurdo. In conflitto fin da bambini, istigati dallo stesso Odino alla competizione e alla lotta per il trono, entrambi vittime di quella consapevolezza, che doveva gravare sul fratello come un macigno, ovvero che soltanto uno di loro sarebbe, un giorno, divenuto re.
E poi quella rivelazione... gettatagli addosso da Padre con una glacialità più cocente del ghiaccio stesso, del ghiaccio da dove Loki proveniva. Figlio di Jotunheim, prelevato ancora in fasce da Odino per un compassionevole interesse a mantenere la pace tra i due Mondi, un piccolo trofeo da riportare ad Asgard... mai stato realmente suo fratello, cresciuto dal Re sempre un passo indietro a lui.
Ma se né il sangue, né il lignaggio li avessero mai legati, Thor lo sentiva talmente caro a sé come nessun altro al mondo, oltre la stirpe, oltre il rancore che Loki portava dentro, oltre le sue infinite menzogne. Sebbene così poche volte era riuscito a dimostrarglielo e di questo, ora che non era più un ragazzo giovane e arrogante, se ne rammaricava.

Il dio del Tuono si staccò bruscamente dal parapetto del grande balcone a cui era rimasto appoggiato per chissà quanto tempo e, con passo deciso, si diresse lungo il corridoio che l'avrebbe condotto ai sotterranei.

Aveva maturato quell'idea, o forse era meglio chiamarla follia, nelle sue notti insonni, da quando Loki era stato incarcerato. Non ne aveva parlato con nessuno, neppure con i suoi amici più stretti e fedeli.
E per quanto la legge fosse la legge, per quanto il Re degli Dei non facesse sconti a nessuno, neppure a colui che da sempre aveva chiamato 'figlio', per quanto il fratello si fosse comportato miseramente, Thor non riusciva a far altro che detestare Padre in quel momento. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era il modo in cui sarebbe riuscito a far evadere Loki di lì, del tutto indifferente alle conseguenze che si sarebbero abbattute su di lui, e a quel sottile moto di gioia sottopelle nel sapere l'altro ancora vivo e di nuovo a casa, in qualche modo, di nuovo se stesso.
Scese rapidamente l'infinita scalinata a chiocciola, affrettandosi verso i sotterranei e comprese che non sarebbe stato più possibile rimandare quella scelta.
Il giorno precedente era accaduto che anche Madre era morta, a causa di quell'improvviso attacco nemico, proteggendo il Regno.

A Loki non era stato neppure accordato il permesso di partecipare ai funerali e Thor poteva solo immaginare come potesse sentirsi il fratello, amando Madre sopra ogni altra cosa.
Loki doveva soffrire più di chiunque altro e quella consapevolezza gli rattrappì ancor di più il cuore, facendogli affrettare i suoi passi.
Raggiunse infine l'ingresso dei sotterranei e intravide due guardie voltate di spalle. Avrebbe dovuto essere cauto, scaltro ed egli stesso ingannatore per assicurarsi la possibilità di entrare nella cella del fratello, senza destare troppi sospetti. Avrebbe dovuto mentire, contravvenendo palesemente e in maniera definitiva agli ordini di Odino.
Inoltre anche lo stesso Loki non lo avrebbe certo accolto di buon grado, com' era scontato che fosse.
Ma tant'era, ormai la decisione era stata presa.

“Principe!” Saltò su una guardia e, vedendolo arrivare, s'inchinò al suo passaggio.
Thor le oltrepassò con fare deciso, mentre lembi del suo mantello rosso fendevano l'aria attorno.
“Per ordine di mio Padre, aprite la cella di mio fratello. E' necessario che sbrighi una questione con lui.”
“Ma... Signore, il grande Odino non ci ha dato nessuna disposizione in...”
“Sono io suo figlio, nonché futuro sovrano di voi tutti. Le disposizioni le ha date a me, ora, o adesso tu mi apri la cella, oppure sarò costretto a riferire al Re che le sue guardie disubbidiscono ai suoi ordini.”
Non ebbe più bisogno di insistere oltre.
La cella di Loki venne aperta e nel momento in cui Thor vi entrò, il vetro infrangibile che la separava dalle altre prigioni, venne oscurato. Un po' di discrezione... ovviamente sempre per disposizione del Re!
Ma nel fare il suo ingresso, il Dio del Tuono si dovette arrestare un istante di colpo.
Non era assolutamente preparato a vedere ciò che si era appena parato dinanzi ai suoi occhi.
Davanti a sé non c'era suo fratello, il Dio degli Inganni, maestosamente avvolto nei suoi abiti lucenti, né tanto meno un luogo in ordine, come aveva fortemente voluto Madre, una cella che aveva avuto il privilegio di ottenere un letto, un'elegante poltrona, diversi comfort soltanto perché si trattava del figlio del Re. No, ciò che Thor vide fu il caos più completo: il letto era stato ribaltato, le lenzuola e i cuscini strappati via, la poltrona completamente distrutta, le pareti graffiate e annerite dagli sfoghi di rabbia ed energia che l'altro doveva aver esploso fuori. Mentre, a poca distanza da lui, stava Loki, seduto a terra, con le gambe rannicchiate al petto, i lunghi capelli neri sciolti scomposti e arruffati sulle spalle, con indosso un paio di pantaloni e una casacca nera, anch'essa mezza stracciata, il volto quasi esangue, gli occhi lucidi, cerchiati di viola, come chi ha impiegato l'infinito tempo a disposizione per distruggere e distruggersi, piangere se possibile tutte le lacrime rimaste, lasciarsi andare e morire.
Tuttavia, il dio dell'Inganno, non appena lo vide entrare, non evitò di esibire un sorriso sarcastico, sebbene anche in esso si leggesse la stanchezza di ciò che gravava sul suo cuore.
“Mi stupisco di te, fratello,” iniziò “tutte quelle menzogne alle guardie per riuscire ad entrare qui dentro...” fece una pausa e di colpo il suo sguardo cambiò, facendosi cupo e minaccioso “Cosa sei venuto a fare?”
Thor non riuscì a rispondere nell'immediato.
Aveva bisogno di familiarizzare con il caos di quel luogo e con l'assurdità della condizione in cui era stato costretto a versare suo fratello. Poté sentire distintamente dentro di sé il dolore dell'altro...
Mosse qualche passo e si avvicinò a lui, parandoglisi davanti e mettendosi, forse per difesa, a braccia conserte. Lo osservò per un lungo momento. Non l'aveva mai visto in quel modo. Trasandato, vulnerabile, stranamente reale. E un brivido improvviso percorse la sua spina dorsale.
“Sai che ti metti in cattive acque se il nostro Re viene a sapere che hai fatto di testa tua?” Riprese l'altro, seguitando a fissarlo a sua volta. Si strinse nelle spalle “Ma del resto, tu fai sempre di testa tua.”
“Perché tu no?”

“Sempre e unicamente se c'è uno scopo per cui vale la pena fare qualcosa.” Commentò il dio dell'Inganno, riprendendo a sorridere sinistro.
“Certo, uno scopo... come ora, come le tue ultime imprese che ti hanno portato a finire qui dentro!” Com'era facile perdere la pazienza con Loki...
“Stringere un'alleanza segreta con gli Jotun, portarli ad Asgard, condurre Odino in un sonno quasi eterno, fingerti morto, scendere su Migdard, tentando di distruggerla e, non da ultimo, tentare in più modi di eliminare tuo fratello dalla faccia dei Nove Mondi!”
Loki si sporse verso di lui, sempre con quel sorrisetto sul volto.
“Esattamente.” Bisbigliò, divertito. “Grazie per la sintesi, Principe del Tuono!”
Thor ingollò un grido e con un calcio colpì quel che rimaneva della poltrona accanto a sé.
“Non distruggermi la cella!” Commentò Loki, stizzoso “Bifolco!”
Al che l'altro, com'era prevedibile facesse, senza riuscire a contenersi, si avventò su di lui e l'afferrò per i lembi della casacca, traendolo verso di sé.
Si guardarono negli occhi per un lungo momento. Sfidanti e terribilmente prossimi l'uno all'altro. I reciproci respiri si fusero insieme, schiantandosi sulle loro labbra, già dischiuse per un respirare troppo ansioso e veloce.
“Avanti, fratello... colpiscimi. Nessuno ti può vedere. Sono stato privato dei miei poteri e della mia magia. Hai un bel vantaggio! Prenditi la tua vendetta, per gli scherzi e i soprusi che ho tentato nei tuoi confronti in tutti questi anni. Avanti... penso che daresti una grande gioia e un grande onore a tuo padre!” Lo provocò il dio dell'Inganno.
Thor strinse più forte la stoffa tra le mani, come se quella casacca sgualcita e strappata fosse l'unica possibilità di contatto rimasta, l'unico appiglio per evitare uno sfogo di cui si sarebbe subito pentito, o forse per evitare una nuova, ennesima separazione da lui. Gli occhi, suo malgrado, gli si inumidirono di lacrime.
Loki sorrise ancora. Implacabile.
“Lo vedi? La tua forza è solo apparenza. E senza forza reale non si può governare. Un vero re non piange, un vero re non può essere compassionevole, un vero re deve essere in grado di... ferire coloro che ama...”

Quelle ultime parole scivolarono dalle labbra del più giovane in un soffio, come un fiume sdoganato dalla sua diga, qualcosa di strano e trattenuto a lungo, come se la carica rabbiosa ingrossatasi fino a quel momento fosse di colpo scemata via.

Il silenzio ripiombò su di loro, denso e pesante, e il dio del Tuono allentò la presa su di lui, guardandolo sconcertato.
Eccola, di nuovo, quella maledetta espressione, quella capace di confonderlo fin nelle viscere. I lineamenti che si distendono, gli occhi verdi che si sgranano come quelli di un bambino che ha appena compreso un'importante verità, le labbra che tremano impercettibilmente, forse per il timore di aver parlato troppo. Quell'espressione disarmata e disarmante. La maschera che si frantuma e va in mille pezzi. Il suo volto... Loki... il suo vero volto e quel raro e prezioso frammento di verità che sarebbe di certo svanito via ancor prima di poter essere saggiato.
Thor, senza riuscire a comprenderne il motivo, lasciò la sua casacca e portò una mano sul viso del fratello, in un abbozzo di carezza.
Si guardarono ancora, stupiti, attoniti, come se, per qualche arcano sortilegio, si stessero vedendo per la prima volta.
“E' per questo, Loki,” prese a dire, pregando in segreto che quell'espressione restasse ancora, per un ulteriore breve istante, sul suo volto “per questo che non posso non essere compassionevole,” il pollice a sfiorargli dolcemente lo zigomo, un cullarlo come quando erano bambini e il più giovane si rifugiava nel suo letto dopo aver avuto un brutto sogno “è per questo che sono qui, per questo... sguardo che hai adesso... per ciò che sto vedendo in questo momento in te, perché mi sta dicendo che non eri tu su Midgard, perché tu, mio fratello, non avresti mai concepito davvero quelle cose, non avresti mai voluto quel destino per i Mortali, perché deve essere successo qualcosa e c'è dell'altro che ancora non mi vuoi rivelare, perché...” nuovamente una carezza, gli occhi umidi di un'emozione profonda “un po' credo di conoscerti e conosco il motivo per cui sei stato spinto a fare tutto quello.” Gli prese il volto tra le mani, in un gesto istintivo e naturale “E' così che sei, come ti vedo ora. Così... reale e io ho bisogno che tu lo sia!” Le labbra a incrinarsi nella dolcezza di un sorriso “Se per essere un vero re sono obbligato a ferire coloro che amo, allora mi dispiace, ma non voglio esserlo.”
L'espressione sul volto del dio dell'Inganno iniziò a mutare. Lentamente scomparve ogni traccia di smarrimento, lo sguardo tornò ad essere acuto e impenetrabile, le labbra si tesero ancora, trasformando una nuova smorfia beffarda, in sonora risata.
“Sei proprio un idiota!” Ghignò. “Arrogante, saccente come sempre! Tu non sai proprio niente di me! E con... questo cuore vorresti governare un regno?” Lo spinse lontano da sé, facendolo cadere a terra. “Patetico sentimentale!”
Thor con un balzo si rimise in piedi, avvolgendosi nel suo mantello, in un inconscio tentativo di proteggersi... da cosa, neppure lui in quel momento di rinnovato sconcerto, riusciva a comprendere.
“Sta lontano da me!” L'aggredì ancora Loki, fulminandolo con uno sguardo sprezzante “Non ho bisogno della tua pietà. Non ho bisogno di niente da parte tua. Vattene e non tornare mai più quaggiù... Principe degli Dei!”
Il dio del Tuono rimase un istante paralizzato a guardarlo.
Quell' improvviso e raro momento di intima bellezza fra loro era nuovamente già svanito. Sentì ancora, così com'era accaduto infinite volte, qualcosa frantumarsi dentro di lui.
Ebbe voglia di avventarsi di nuovo sul fratello, che restava a terra a fissarlo ansimante e colmo di rancore. Ebbe voglia di scagliarlo contro il muro e contro ogni angolo di quella cella. Ebbe voglia di lottare, di dargliele di santa ragione, di prenderle anche, magari. Ebbe voglia di azzuffarsi, combattere contro di lui e con lui fino all'ultimo respiro. E riconobbe, con sommo sgomento, che c'era qualcosa al di là del semplice conflitto fra loro, ed era brutale, un brutale bisogno di contatto. Carne, sangue e sudore. Carne, sangue e sudore. Indietreggiò di un passo, tentennando, mentre l'altro, a sua volta sconvolto, continuava a fissarlo come un rapace, i capelli selvaggi ricadutigli davanti al volto, la casacca strappata a rivelare la pelle chiara del suo torace, la tensione pronta a scattare a tendere ogni fibra del suo corpo. Si sentì andare in fiamme, la testa prese a girargli, le gambe gli si fecero deboli e una sensazione inattesa e mai sperimentata prima saettò sottopelle, rendendogli difficile persino respirare. Scosse la testa, ma senza riuscire a emettere un solo suono, terremotato da quel turbinio di emozioni scomposte. Fece ancora qualche passo all'indietro e raggiunse il muro sul quale si materializzò la porta della cella. L'aprì e se ne andò il più rapidamente possibile, come qualcuno che ha appena subito una pesante sconfitta.

***

LOKI


La porta si chiuse con un tonfo sordo e metallico. Su di essa scivolò, simile ad una colata di lava incandescente, nuovamente il muro e il vetro infrangibile smise di essere oscurato, permettendo alle guardie e agli altri prigionieri di guardare all'interno della sua cella.

Una guardia si accostò ad esso per controllare se tutto fosse in ordine, poi, con un ghigno che il dio dell'Inganno neppure vide, se ne andò.
I suoi occhi erano rimasti impigliati nel punto esatto in cui il fratello era scomparso, come se ancora riuscisse a scorgere la scia di rosso del suo mantello svolazzante e su di esso, la sfumatura dorata dei suoi capelli che, come di consueto, avevano diffuso le tracce di quell'intenso profumo di grano appena tagliato.

L'espressione sul suo volto mutò ancora e si fece triste. Non cercò di dissimularla, o camuffarla in qualche modo, del resto, ora, non c'era più nessuno a guardarlo negli occhi.

Chiuse le palpebre per un istante, solo per riaprirle un attimo dopo e voltarsi ad indagare, senza vedere nulla, lo spazio vuoto dinanzi a sé.
Serrò con forza la mascella e s'impedì anche di respirare. Sapeva perfettamente che nel momento in cui lo avesse fatto, il bolo di emozioni che spingeva nel suo petto si sarebbe certamente sciolto. E non poteva permetterselo. Non con le guardie che pattugliavano, né con gli altri prigionieri che di tanto in tanto sbirciavano nella sua cella, curiosi, invidiosi, cercando di comunicargli qualcosa d'incomprensibile o soltanto per schernirlo.
Il figlio del Re imprigionato lì sotto! I nemici di Odino dovevano vederlo come una specie di eroe, mentre non era altro che un miserabile per i soldati di suo padre. Ad ogni modo, né agli uni, né agli altri poteva dare in pasto ciò che si agitava in quel momento dentro di lui, e francamente neppure gli interessava farlo.
“Idiota che sei...” mormorò. Scosse la testa e s'impedì ancora, in qualche modo, che quel fastidioso pizzicore debordasse dai suoi occhi “Idiota, idiota, idiota, perché sei venuto qui? Perché?” Si morse le labbra, sospirando sommessamente. Avvertì il sapore del sangue sulla lingua. Sollevò lo sguardo al soffitto, gli occhi verdi umidi, velati di quelle emozioni inaccettabili e immaginò di raggiungere la sala del trono. L'immaginò gremita di gente, inondata di musica, di voci, risate, proclami. L'immaginò impregnata di sole e d'oro, l'oro dei suoi riflessi mentre penetrava dalle grandi vetrate e avvolgeva con la sua bellezza e il suo calore i grandi marmi e le alte colonne della sala. L'immaginò in un giorno di festa e di gloria, mentre il grande portone si apriva e, non lui, bensì Thor, anch'egli scintillante di luce, al culmine della commozione, avanzava, incedendo a grandi falcate, verso il trono su cui Padre sedeva.
Abbozzò inavvertitamente un sorriso, immaginando il fratello sedere lassù. Il sorriso si tinse di dolcezza pensando alle emozioni che egli avrebbe provato quel giorno, alla sua incredulità ingenua, alla sua aria sconcertata, goffa e un po' bambina, ancora impossibilitato a realizzare che si stava compiendo realmente quel passaggio, quell'evento decretato dal Fato per lui. Pensò alla sua gioia, alle sciocchezze che avrebbe certamente compiuto lungo quel corridoio tra le colonne di marmo, che gli sarebbe senz'altro sembrato infinito, ai sorrisi, agli sguardi ammiccanti che avrebbe elargito alle donne presenti nella Sala, alle grida di incitamento ai suoi amici e al suo popolo. Pensò al momento in cui Odino si sarebbe alzato dal trono e avrebbe proclamato la sua successione. Pensò alle lacrime che il fratello non sarebbe riuscito a trattenere in quegli istanti. Ai suoi occhi blu come il mare che s'inumidivano e brillavano, perduti. Pensò alla sua sconvolgente bellezza e si morse ancora le labbra.

Infine lo immaginò salire le scale, soffermarsi a baciare la mano di Madre, e prima ancora di salire sul trono, raggiungere lei, la Mortale. Quella Jane Foster, quella donna che diceva di amare e che aveva condotto su Asgard qualche tempo prima, nonostante i divieti e le resistenze di Padre.
Ma in fondo, il dio del Tuono aveva sempre spezzato i divieti e Odino non gli aveva mai negato nulla. Tutto, a Thor, era stato concesso. E Loki sapeva che quando il Re degli Dei lo aveva esiliato su Midgard, la speranza coltivata nel suo cuore era che il primogenito fosse un giorno potuto tornare a casa. Per il fratello c'era e ci sarebbe sempre stato perdono.
A quelle immagini e a quei pensieri il cuore gli si rattrappì in una morsa e non seppe distinguere se si trattasse del dolore provocato dall'invidia, o da un dolore meno acuto, ma ben più profondo, quello della certezza di averlo definitivamente perduto.
Per un istante odiò con tutto se stesso il Padre degli Dei, odiò il giorno in cui Odino lo aveva salvato dai ghiacci e condotto al palazzo, odiò Midgard e tutti i Mortali, odiò Jane Foster e tutte le cose che Thor aveva amato e che... lo avevano distratto e allontanato da lui. Odiò se stesso, quei suoi pensieri indicibili e il semplice fatto di essere venuto alla vita.
Colpì con un pugno la parete alle sue spalle, facendola tremare e mozzò un grido di dolore. Non dolore per il gesto appena fatto o per il rivolo di sangue sulla sua pelle diafana, ma per tutto ciò che lo stava tormentando dentro e di cui mai si sarebbe liberato.
Aveva cacciato suo fratello, intimandogli di non tornare più e ora già gli mancava più della stessa aria.
Inghiottì un bolo di saliva invisibile e cercò di sintonizzarsi con il proprio respiro, ormai del tutto spezzato. Il volto del fratello, i suoi occhi blu e il suo sorriso gli tornarono crudelmente davanti e avvertì che il giuramento che, in tempi lontani, aveva fatto a se stesso, iniziava ad incrinarsi in modo irrimediabile.
Si portò la testa fra le mani. Più che mai in quel momento avrebbe avuto bisogno della sua magia, delle sue maschere, mentre la potenza delle emozioni che portava dentro lo rendevano simile ad un nervo pericolosamente scoperto. Si chiese se sarebbe stato in grado di mentire ancora. Di mentire per sempre.

Tuttavia non ebbe il tempo di darsi una risposta che avvertì un rumore alla sua sinistra, il muro sulla porta svanire via e la cella riaprirsi una seconda volta, mentre il vetro veniva nuovamente oscurato.
Loki sussultò e fece per alzarsi in piedi, ma nessuno dei suoi muscoli ubbidì al suo comando.

Guardò il fratello rientrare e avvicinarsi di nuovo a lui, posizionandosi davanti, piedi saldi a terra, braccia conserte, il mantello ad ondeggiare dietro le sue spalle, cipiglio severo, minaccioso, di qualcuno che ha deciso di andare fino in fondo.
Per un istante il dio degli Inganni si chiese quanto tempo fosse trascorso da quando l'altro se ne era andato. Era forse rimasto in quello stato di trance per ore? Giorni? Oppure era passato solo qualche minuto? Si chiese se non si trattasse di uno scherzo della sua mente provata, o forse, della strana rete di un sogno alla quale era probabilmente rimasto impigliato.

Cercò di sferrare uno dei suoi sorrisi beffardi, ma anche lì, nulla obbedì al suo volere. Riusciva solo a guardare Thor con quell'aria smarrita e vulnerabile che sembrava tanto piacere all'altro e che lo faceva sentire ancora più in trappola di quanto lo fosse veramente.

Poi vide il fratello inginocchiarsi davanti a lui e senza dargli il tempo di dire o fare qualcosa, venne schiacciato contro il muro dietro di sé.
“Ma cos...”
Non riuscì a terminare la frase, né poté difendersi, colto completamente in contropiede, che avvertì un improvviso e devastante calore invaderlo nel profondo. Quegli occhi blu conficcati nei suoi, caparbi come poche volte li aveva visti e sfumati di un qualcosa di nuovo e di indefinito, il suo odore a insinuarsi nelle sue narici, destabilizzando i suoi sensi già messi a dura prova dalle fantasie che si era provocato poco prima, il suo respiro nel proprio, l'impossibilità a muoversi, braccato tra il corpo possente del fratello e il muro, e quella salda presa sulle sue spalle che altro non reclamava che un docile arrendersi.

“Cosa... cosa stai facendo...?” Riuscì soltanto a sussurrare in un soffio, completamente sgomento.

Nuovamente non ebbe risposta, se non il fatto che il dio del Tuono gli si avvicinò ancor di più, infilando un ginocchio tra le sue gambe e, senza attendere alcun assenso, gli pressò le labbra sulle sue.

Loki spalancò gli occhi, mugugnando qualcosa d'incomprensibile. Fece resistenza, soltanto per venire sbattuto con ancor più decisione al muro, le mani di Thor ad afferrargli i polsi, trattenendoglieli contro la parete e per ricevere un secondo bacio ancora più richiedente.

Loki sentì ogni parte del suo corpo farsi improvvisamente debole, come se i suoi muscoli e le sue nervature avessero perso di consistenza. Uno stato simile alla morte, forse, o al contrario, qualcosa che, suo malgrado, lo stava riportando alla vita.

Oppose ancora una cedevole resistenza, cercando di scostarsi quelle labbra di dosso, ma per tutta risposta, il dio del Tuono, le lambì crudelmente con la punta della lingua, forzandogliele in un' oscena apertura.

Un primo gemito morì nella bocca del fratello.

Loki si sentì invadere da un bolo di calore ben più brutale di quelli provati fino a quel momento e gli fu impossibile nascondere la sua resa. Dischiuse ancor di più le labbra e concesse alla lingua dell'altro quell'arrogante invadenza. Ne accettò le conseguenze e quando ne avvertì la carezza contro la propria, a sua volta, rispose.
Dimentico di sé, dimentico del dolore provato poco prima nel momento della loro ennesima separazione, dimentico di ogni suo rancore, limpido e autentico come un bambino incapace di concepire alcun inganno, dimentico di cosa fosse giusto o sbagliato, dimentico delle crudeltà e delle ingiustizie di Padre, della sofferenza provata per la morte di Madre, dimentico di ogni conflitto e di ogni guerra, di ogni cattiveria perpetrata, solo per colpa di quel dolore che come un morbo aveva invaso la sua mente, quel dolore di non poterlo avere come avrebbe da sempre voluto e di non poter essere così come ora erano, allacciati, uniti, l'uno fuso all'altro, sotto al corpo di Thor, perso nel suo profumo e in quel calore bagnato, Loki sentì che ogni sua ferita veniva curata e, per la prima volta in quell'istante di puro delirio, trovò pace.

***

THOR


Quando si staccò da lui, al solo scopo di riprendere almeno a respirare, il dio del Tuono rimase per un istante immobile a fissarlo. Non per lo sgomento di ciò che aveva appena fatto, baciare suo fratello, ma perché Loki, in quel momento, era di una bellezza inaudita.
Gli sfiorò ancora una volta il viso con una carezza, un gesto che, in quei rari momenti di tregua, in cui l'altro glielo concedeva, amava così tanto fare. La pelle chiara gli si era tinta di rosso, ogni fibra del suo corpo tremava sotto di lui, il petto glabro e ormai del tutto privato della casacca si sollevava e si riabbassava in un ritmo costipato, gli occhi nuovamente sgranati, carichi di emozione e stupore, le labbra sottili gli si erano ingrossate, gonfie di sangue, umide e dischiuse in un respiro ansioso, ammalianti, richiedenti per averne ancora e ancora.
Thor non attese e si chinò nuovamente su di lui, prendendogliele tra le proprie, in una dolce suzione, a cui l'altro sembrava non volersi opporre.
Un bacio diverso dai precedenti, un bacio in cui rabbia e terrore per una nuova, imminente perdita, vennero sostituiti dalla dolcezza e dalla cura.
I capelli color oro del dio scivolarono tra quelli corvini del fratello, fondendosi insieme in una perfetta sfumatura.
Restarono così, per un lungo momento, a baciarsi senza fretta, respirandosi e conoscendosi come mai era accaduto prima. Le mani di Loki, liberate da una presa non più necessaria, si erano aggrappate alla sua schiena, insinuandosi tra gli spazi lasciati liberi dall'armatura che, senza un motivo, continuava a portare addosso. Thor si sospinse pericolosamente contro di lui, assestandosi in ginocchio tra le sue gambe, per rendere quel contatto e quel bacio più profondi.

Lo sentì rispondere con un sussulto e un sospiro, probabilmente un sorriso ad affondare nella sua bocca.
Infatti, quando dopo qualche istante il dio del Tuono si staccò da lui, era questo ciò che il fratello stava facendo: sorridere. Non un sorriso beffardo, com'era solito regalargli, ma un sorriso dolce, in parte amaro.
“I tuoi occhi mi mettono sempre in riserva...” iniziò, Loki, non smettendo tuttavia di farsi carezzare.
“Che intendi dire?”
“Non lo so... è come se, quando mi guardi, mi tenessi un passo dietro a te, come del resto ha sempre fatto nostro padre.”
“Ti sbagli!” Avrebbe voluto replicare Thor, ma al contrario gli prese il volto tra le mani e lo baciò ancora, lentamente, con cura “Anche in questo momento?” Chiese poi, con dolcezza.
Il dio dell'Inganno lo osservò per un lungo momento, poi scosse la testa, distogliendo lo sguardo da lui.
“No, ora forse no, forse è solo... è solo quello che è accaduto in passato, solo la mia percezione distorta...”
Al che Thor gli poggiò la fronte contro la sua, inspirando profondamente il suo odore.
“Se ti ho fatto sentire in questo modo, e indubbiamente l'ho fatto, troppe, innumerevoli volte, io, adesso, ti chiedo solo di perdonarmi, Loki...”
Il più giovane lo guardò, maliardo.
“Sai che non è nella nostra natura il perdono, Principe di Asgard!” Mormorò, prendendogli il mento fra le dita e facendogli rialzare il volto “Ma forse, per questa volta, potrei fare un'eccezione...”
Gli occhi di Thor s'inumidirono e un'ombra transitò in essi.
“Non prenderti gioco di me, fratello...” disse, senza riuscire a frenare quell'accento di paura nell'inflessione della sua voce “non ora, ti prego.”
“Perché pensi questo?”
Il dio del Tuono fece per tirarsi su, ma l'altro lo trattenne contro di sé.
“Perché anche questo è accaduto troppe volte.” Rispose Loki per lui.
“Sì, è... è accaduto troppe volte. Io che tornavo a fidarmi di te e tu che mi tradivi, in un gioco infinito al massacro.” Fece una pausa, guardando il fratello profondamente negli occhi, al fine di scovarvi qualche subdolo trucco, ma non ne scorse. “Perché abbiamo fatto questo? Perché io ti ho sempre gettato nell'ombra e tu hai sempre cercato d'ingannarmi? E' forse per la natura del nostro destino di Dei? Fato crudele... Io, il dio del Tuono con il bisogno di arrivare sempre per primo su ogni cosa, tu il dio dell'Inganno che hai fatto della gestione del tuo dolore, un'arte.”
Loki scosse la testa.
“Ora mi aduli, fratello...” Mormorò “Ma stavolta ti sbagli. Noi abbiamo fatto tutto questo, perché non ci siamo mai concessi di avere...” si sfilò inaspettatamente di dosso la casacca nera, esponendosi ai suoi occhi “questo.”
“Loki...” ansimò l'altro, sentendo la testa e le membra farglisi irrimediabilmente pesanti. L'avvinghiò con un braccio e lo trasse a sé, mentre con l'altro cercava di sostenersi a terra in un equilibrio precario.
Scivolò istintivamente con le labbra lungo il suo collo e gli appose baci lenti e piccoli morsi, tracciando sentieri umidi con la lingua, e sorrise, quando avvertì il fratello tremare e farsi morbido nel suo abbraccio.
“Non ingannarmi...” gli ansimò all'orecchio.
Lentamente, l'altro si mosse, facendo per distendersi a terra e trascinando il dio del Tuono su di sé. Una lingua di fuoco invase entrambi, non appena i loro ventri si sfiorarono, scoprendosi duri ed eccitati all'inverosimile. Eppure, nessuno dei due parve stupirsene, come se quanto stava accadendo fosse la cosa più naturale del mondo, o quantomeno un qualcosa molto a lungo atteso.
“Non ingannarmi...” ripeté Thor, continuando a baciarlo e a sfregare e pressare il proprio sesso contro il suo, al solo scopo di sentirlo gemere.
“L'unico inganno... fratello mio... è... il tuo stesso volerti ingannare...” ansimò Loki, facendosi ancor più accogliente “se vuoi ancora resistere a qualcosa che non puoi più negare di vedere... di...” sussultò, tendendosi “sentire.”
Thor abbandonò il collo dell'altro, strappandogli un gemito di frustrazione, e scivolò giù, cospargendo quel torace nudo di piccoli baci, fino ad arrestarsi all'altezza dei suoi pantaloni.
Ne osservò il cavallo rigonfio con occhi umidi di un devastante piacere, si passò la lingua sulle labbra e lanciò un'ultima occhiata al dio dell'Inganno, bellissimo e perduto, mentre un brivido caldo stilettava la sua spina dorsale nel vederlo così esposto, così disponibile e vulnerabile.
“Non ho più alcuna intenzione di resistere.”
Quindi si chinò su di lui, lasciando che, al primo contatto, s'inarcasse violentemente all'indietro, ansimando il suo nome.

***

LOKI
 

Loki chiuse gli occhi, muovendo la testa da un lato e dall'altro, come in un ultimo tentativo di difesa o forse con lo scopo di espellere quel demone che lo stava aggredendo da dentro. Sentì distintamente la superficie solida alle sue spalle e il piacere acuto, al limite del dolore, che stava soggiacendo l'intero suo corpo.

“Fra..fratello...” mugolò, inabile ad arrestarsi “Thor...” ansimò fuori, mentre il calore cresceva brutale.
Sentì il suo sesso gonfiarsi ancora, si morse le labbra, reprimendo un moto di vergogna per quanto fosse bastato poco per ridurlo così, laddove i suoi pensieri e i suoi comportamenti si sarebbero dovuti dirigere altrove. Ma ormai era stato vinto, per giunta da colui che odiava così tanto vederlo sempre vincitore e l'unica cosa che gli era rimasta da fare, dinanzi a quell'evidenza, era stato arrendersi.
Un brivido lo travolse e si sentì vicino, soltanto un ultimo istante e si sarebbe liberato, cospargendosi e riscaldandosi del suo stesso seme, ma proprio in quel momento, il muro alla sua destra si sciolse nuovamente e comparve al suo posto la grande porta di ferro che si spalancò con violenza.
Loki spalancò gli occhi, sobbalzando, vide due guardie avvicinarsi a lui e soltanto allora comprese che quanto stava credendo di vivere, ciò che aveva ascoltato dal fratello e ciò che si era concesso di dirgli, non era stato nient'altro che un sogno. Un inganno della sua mente ingannevole. Un'illusione.
La cella era ancora devastata dalla sua rabbia precedente. Lui era semplicemente rimasto seduto contro la parete per tutto il tempo. Nulla era cambiato da quando suo fratello era entrato là dentro chissà con quale ridicola intenzione, aprendogli quel suo dannato cuore capace di scuoterlo nel profondo, e lui? Che cosa aveva fatto? Mettendo in atto l'esatto contrario di ciò che sentiva, l'aveva cacciato in malo modo.
No, Thor non era tornato.
Thor non gli si era avventato contro per fargli sentire con la pelle e con il sangue quanto per lui contasse, quanto fosse importante, quanto non riuscisse a restarsene separato. Non aveva ghermito le sue labbra sorprese tra le proprie, non l'aveva assaggiato, mondato, succhiato, soltanto per osare più a fondo, più audace. Soltanto per dirgli e sentirsi dire, finalmente, dopo anni di conflitti e di lotte, la verità dei propri cuori... il dio del Tuono e il dio dell'Inganno, fratelli e rivali, per sempre in conflitto, l'uno timoroso e attento a non inciampare nelle ambiguità dell'altro e l'altro, timoroso e attento, sempre cauto per non essere travolto da quella veemenza inarrestabile. Fratelli e rivali, ostili tra loro e, una volta separati, impossibilitati a restare lontani.
Non era accaduto niente del genere, se non nella sua mente, o forse, nelle sue distorte speranze.

Perché lui invece si era sciolto, sì, ma tra le spire crudeli di un sogno. E quanto il fratello era giunto nella sua cella mosso da chissà quale buona intenzione, il suo cuore aveva perso un battito. Ma per tutta risposta, invece di accoglierlo, lo aveva cacciato.
Si mise a ridere, per un istante, Loki, maledicendo se stesso, preda dei suoi stessi inganni. Si portò una mano al volto, quasi a volersi nascondere, mentre le guardie lo sollevavano in piedi senza troppa grazia e lo imprigionavano in nuove catene, sospingendolo fuori.
“Una gita fuori porta?” Chiese, con la sua tagliente ironia, mentre il suo cuore già s'ingrossava pesante, avendo compreso subitaneamente cosa stava accadendo.
“Per nuovo ordine del Re, Principe Loki, dovete essere trasferito.” Disse una guardia.
“Trasferito?” Gli fece eco lui, fingendo stupore “Esiliato, vorrete dire.”
Una grande porta si aprì e il dio dell'Inganno fu condotto all'interno di una navicella pronta per il passaggio.
“Come volete chiamarlo... ad ogni modo vi consigliamo di salutare Asgard, diciamo per sempre.”
Non rispose. Quei due sadici bastardi non meritavano più alcuna parola da parte sua.
Quando il portellone sul soffitto si aprì e la navicella fu risucchiata verso l'alto, Loki non poté far altro che guardare giù, guardare la sua terra allontanarsi irrimediabilmente, i colori sgargianti puntellati dell'oro del sole, i campi ridenti, il grande fiume che non cessava mai di scorrere sotto il ponte che collegava i Mondi, il Palazzo Reale... il suo volto di bambino, le carezze di Madre, la sua giovinezza e le prime battaglie, le imprese incoscienti, il volto di Thor, i suoi occhi che non lo perdevano mai di vista, la voce di Thor a incitarlo a rialzarsi e ad andare avanti, il suo sorriso baldanzoso che aveva detestato così tante volte e subito dopo ricercato in uno spasmodico bisogno, le loro gare, le loro lotte, le feste e i banchetti, gli istanti di quiete. Tutto che gli veniva strappato via, in un rapido, irrevocabile istante, privandolo di tutto ciò che aveva amato, privandolo di se stesso e dei suoi doni, senza lasciargli possibilità di scelta, allontanato, disconosciuto come se non fosse mai esistito, condotto verso una meta ignota.
Un tempo, al contrario, tutto questo si era fatto più vicino e, sebbene fosse soltanto un neonato tra le braccia di Odino, se lo ricordava bene. Ora, dopo aver trovato un padre e una casa ad accoglierlo per la seconda volta, anche questi lo stavano nuovamente abbandonando.
Guardò giù. Il Re degli Dei doveva aver compreso ogni cosa. Doveva aver saputo. Doveva aver scoperto che suo fratello era contravvenuto ai suoi ordini per scendere nei sotterranei e tentare un contatto con lui.
Odino decideva ogni cosa. Odino sanciva sentenze per tutti. E come li aveva resi fratelli, ora si sarebbero dovuti separare per sempre.
“Idiota...” mormorò, portandosi la mano chiusa a pugno alla bocca, spingendo forte, nel tentativo di reprimere quelle dannate lacrime e non farsi vedere da coloro che lo stavano conducendo via “Idiota...” ripeté, come se quella parola fosse l'unica che conoscesse, capace di descrivere quel tutto che suo fratello era per lui. E mentre quell'unica lacrima scivolava lungo la sua guancia, insinuandosi tra il ferro della catena e la pelle del suo polso, l'immagine del volto di Thor riempì i suoi occhi.
Guardò di nuovo istintivamente fuori dal finestrino della navicella, il palazzo era ormai lontano, ma gli parve tuttavia di scorgere un piccolo puntino rosso sul grande balcone regale.
Lo immaginò lì, il dio del Tuono, con il suo mantello svolazzante, a guardarlo andar via. Inerme e inerte, impossibilitato a fare qualsiasi cosa. Ne immaginò lo sgomento che avrebbe lasciato il passo, poco dopo, alla furia.

Il suo cuore perse un battito. I suoi occhi si asciugarono, ricacciando indietro l'evidenza delle sue fragilità. L'espressione sul suo volto mutò ancora, definitiva. Strinse i pugni negli anelli di acciaio. Il suo sguardo divenne vuoto.

“Addio, fratello.”
 

Pochi istanti dopo, il cielo di Asgard si fece cupo, il fiume si fece pieno, i fulmini saettarono sul Regno degli Dei e il boato di un tuono echeggiò violento nell'aria.

***

TBC

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: AranelInFantasy80