Il mare.
Il mare chiaro e cristallino era davanti a lui. Duccio assaporava l'aria salata e il paesaggio non gli sembrava nemmeno tanto nostalgico. Quel luogo era una reminiscenza di quello che aveva lasciato a Firenze, più convinto che mai che aveva bisogno di staccarsi da tutto, ma proprio tutto. Da Ilario, dalle cortigiane con la gonna alzata, da tutto ciò che erano diventate non più un piacere, ma una malsana e cattiva abitudine. Così visitare tutte le città vicino al mare gli era sembrata un ottima idea, ed era salpato.
All'ennesima tappa, Duccio era sgusciato tranquillamente e senza fretta, in tutti quei vicoli ciechi dove si poteva godere di un diverso pezzo di mare. Ogni ambientazione gli dava la sensazione che il mare fosse diverso. In ognuna vedeva riflessa l'immagine dei suoi pezzi di cuore più importanti al mondo: Tazim e Ilario. Erano presenti ovunque, anche un vecchi palazzi e finestre rotte. Possibile che non riuscisse a toglierli dalla mente, solo per un attimo? Si sedette su una panchina, la cui posizione dava un ampia vista dell'acqua che sciabordava impazientemente poco lontano. Prese dalla sua saccoccia un pezzo di pane e l'addentò, deciso che aveva bisogno di rifocillarsi prima di riprendere a camminare. Forse dopo avrebbe anche fumato. Ma qualcosa attirò la sua attenzione. In una piazzola, dove delle grandi staccionate in legno delimitavano il confine tra l'acqua e il lungomare, una ragazza vestita da una veste corta veniva aggredita da un ragazzo. Duccio si alzò lentamente e rimase a fissare la scena. La ragazza sembrava resistere all'aggressore. E sarebbe stata cosa più che normale a Firenze, perchè era un giochino scontato quello delle cortigiane resistere un pò. Ma la ragazza non sembrava essere ingioiellata di nulla che la facesse apparire come tale. Mentre elaborava questi pensieri, Duccio si era talmente avvicinato che riusciva a carpire pezzi di conversazione.
“Sta lontano da me, non voglio
più vederti!”
“Rosamaria tu mi appartieni e non c'è no che
tenga!”
“Solo perchè hai i soldi e tutta questa parte del
Meridione fa di te un uomo che può avere tutto di diritto?
Mettitelo bene in testa: io non sono un oggetto! E la tua famiglia lo
saprà, eccome se lo saprà!”
L'uomo sembrò avere uno scatto d'ira e
colpì la ragazza in viso, e lei si piegò
rovinosamente sul cemento. Duccio agì. Corse verso i due,
mirando all'uomo che sembrava essere il doppio di lui, ma non se ne
accorse e i suoi pugni colpirono l'uomo. Solo dopo si rese conto che
aveva conciato per le feste il meridionale e quest'ultimo, con la coda
fra le gambe, si defilò, ma non senza aver ricordato a
Rosamaria che l'avrebbe anche uccisa, se non fosse ritornata con lui.
Duccio si guardò le mani, ancora chiuse e rosse, forse
sanguinanti, e poi, come ridestandosi, guardò Rosamaria.
Pelle scura, occhi come il mare, gambe affusolate, ribelli capelli
corvini che si poggiavano sulle spalle, sembrava una sirena.
“Stai bene?” Domandò
Duccio, porgendo la mano alla ragazza. La povera tremava, e le sue mani
erano chiuse a pugno. Forse stava trattenendo le lacrime o qualche
insulto. Duccio non si sarebbe sorpreso se la donna avesse cominciato a
lanciare bestemmie contro l'uomo che l'aveva aggredita.
Però, con grande sorpresa di Duccio, raccolse quel che
rimaneva della sua dignità, sputò in terra e si
lasciò aiutare. Non guardò negli occhi il suo
“salvatore” e si limitò a ringraziarlo
con voce insicura.
“Dovresti lasciare stare tipi come
lui.” Disse Duccio, cercando di avviare uno straccio di
conversazione. Lei sospirò. “Veramente questi tipi
non vogliono lasciarmi in pace. Sembro essere l'unica preda per il loro
ego e sfortunatamente, per la loro futura prole.”
Duccio si mise le mani in tasca, cercando un
fazzoletto, per pulirsi e magari aiutare a togliere il sangue dalla
mascella di lei. E la storia di Rosamaria si annunciava dolceamara, ma
era curioso di sentire. “E cosa desideri, allora, se non
essere presa di mira da questi bell'imbusti?” Quando
riuscì a trovarlo, prima lo porse alla ragazza. I suoi occhi
mare si sbarrarono a quel gesto, ma le spalle si ammorbidirono. Era
evidente che aveva bisogno di un gesto non comandato. Mentre lei si
tamponava leggermente, le onde del mare continuavano ad infrangersi
rumorosamente sugli scogli. Il vento si era alzato leggermente e la
veste di Rosamaria danzò secondo il volere del vento.
“Vorrei navigare. Vorrei vedere le meraviglie del
mare.” Duccio sorrise, ma allo stesso tempo rimase
ammalliato, forse Rosamaria era davvero una sirena.
“E tu, straniero? I tuoi vestiti sembrano
arrivino da Firenze, perchè mai hai viaggiato fin nei
profondi meandri dell'Italia?” “Per vederne le sue
meraviglie.” Rispose il ragazzo immediatamente. Ed era vero.
Rosamaria non arrossì, ma accennò ad un sorriso
malizioso e si voltò verso la burroscosa sfuriata che il
mare aveva deciso di esibire. “Sei fortunato allora! Sei
libero e chissà quante ne avrai viste finora, di bellezze e
meraviglie tanto preziose.” Duccio scrollò le
spalle “In realtà non sono libero come
vorrei… Ho un compagno e un figlio che mi aspettano, su a
Firenze.” Rosamaria non fece una piega sulla parola compagno.
“E perchè li hai lasciati?”
“Dovevo disintossicarmi.” “Da
loro?” Duccio si ritrovò imbarazzato, ma
tentò ugualmente di rispondere. Quella straniera sapeva fare
le domande giuste e toccare i punti più sensibili senza far
male… “Io… Forse un pò.
Forse per niente. Ma erano parte di una brutta abitudine che mi stava
consumando, come la schiuma del mare sulla spiaggia. Mi entravano nella
pelle senza lasciarmi respirare, in ogni punto scoperto che ho. E
più mi si imbattevano nel corpo, più la loro
schiuma mi invadeva l'anima. Ma non per questo ho smesso di
amarli.” “Sei davvero un uomo che si sacrifica
volentieri ai loro amori. Vorrei aver conosciuto almeno una volta nella
vita qualcuno che mi descrivesse con lo stesso tuo ardore,
straniero.” Rosamaria si avviò verso la
staccionata e si sedette, ammirando ancora il mare. Invitò
Duccio a fare lo stesso. Il mare ora era calmo e il sole illuminava la
spiaggia. La sabbia sembrava pitturata di un delicato color ocra.
“Lo conoscerai, te lo posso assicurare.”
“Non in questa terra dominata da subdole tradizioni. Se fossi
uomo, prenderei il mare e mi lascerei tutto alle spalle.” A
quelle parole, Duccio prese il suo basco e lo mise in testa alla
ragazza. Lei subito si portò le mani alla testa, toccando il
tessuto ruvido e consunto del basco. Aveva un buon odore. Di sale e
qualcos'altro che non sapeva riconoscere. Duccio sorrise.
“Cosa fai?”
“Travestita da uomo non staresti male. Il basco potrebbe
essere un modo per nascondere i capelli. Poi credo che il resto
riuscirai a trovarlo facilmente, no? E adesso va, e rincorri il tuo tuo
desiderio. Non lasciare che la marea lo faccia affondare.”
Lei sbarrò gli occhi dalla sorpresa.
Guardò il mare e poi di nuovo Duccio, che si stava per
avviare verso la sua fidata barca.
“Grazie..”
“E’ stato un onore, Rosamaria.”
Duccio era arrivato quasi al punto in cui aveva
deciso di riposarsi, quando Rosamaria gridò “Hey!
Non mi hai detto il tuo nome!”