Capitolo 1
*Prefazione*
Per
millenni
vincolata in un’oscurità che non dà
speranza,
rinchiusa
ed incatenata,
amica solo di lacrime scarlatte.
Ora
nel cielo scorgi, di
quelle due sorelle, la vorticosa danza
Che,
lenta e forte, il buio
terrore con parsimonia abbatte.
Doppia
stella, binaria
luminosa, unita solo dall’energia cosmica
Gira
incessante intorno al
fulcro che è una gravità in comune.
Luce
di gemma, illumina
gentile quella realtà acromatica
E,
con ardore, fa da
madrina al risveglio di un cuor immune.
Stella
fulgida, luminosa
luce della vergine celeste
In
Primavera sorge,
sancendo, della natura, l’inizio.
Essa
porta con se il grano
di cui la vita si riveste.
Dirompente
stella binaria,
bonaria nel suo vital giudizio.
La
piccola delle sorelle,
che brilla di banca purezza
E’
il cuore sfavillante,
dolce, di una fata immacolata.
Bambina
e adulta, forte
nella sua caparbia gentilezza.
Nell’anima
arriva, pulsando
con tenera voce stellata.
La
maggiore, al contrario, di
cobalto fuoco s’accende.
Indomita guerriera rombante,
coperta di fiamme
potenti.
È
l’anima feroce del drago
che, nell’empireo, le ali distende,
è
la maestosa forza del
cielo che fa, delle sue armi, i venti.
Senti
finalmente la tua
sorella essere giunta nel mondo
Finalmente
la doppia stella
potrà girare per quella meravigliosa terra
Risorgerai
dalla prigione
che ti incatenò nel profondo
E ruggendo, oh regina, sarai
la pace dopo questa spaventosa guerra.
Nell’oscurità della caverna, tra le ombre che la formavano, una piccola luce, fioca, incominciò a brillare debolmente.
Aprì gli occhi di scatto, richiudendoli subito dopo per il fastidio che quel piccolo bagliore dava alla sua vista ormai poco abituata. Sbatté la doppia palpebra per abituarsi a quell’anomalia che da innumerevoli secoli non vedeva più, vivendo in quell’oscurità che tutto inglobava, da troppo tempo. Quando riuscì a mantenere gli occhi abbastanza aperti, cercò di trovare la fonte di quella luce, ma per un attimo vide solamente le pareti della sua millenaria prigione.
Poi spalancò le palpebre, facendo vorticare i viola e i blu che creavano il vortice delle sue iridi, mentre la pupilla si assottigliò fino a divenire una fessura verticale, trattenendo il respiro, scioccata, in quanto capì che quel bagliore non aveva una fonte esterna, ma la gemma che aveva incastonata sulla sua fronte.
Alzò di scatto il capo, facendo tintinnare le molteplici catene che le bloccavano il collo al terreno. Spostò lo sguardo per un secondo al suo corpo, facendo una smorfia di fastidio nel vedere quelle ombre che circondavano le sue membra e la bloccavano a quella prigione oscura, per poi portarlo verso l’alto, in quella minuscola fenditura che portava verso il cielo, l’unica porta al mondo esterno. A quel mondo che continuava a chiamare il suo cuore e faceva fremere le sue ali, quel mondo a cui era stata strappata, per poi relegarla in quella dimensione soffocante e buia da troppo tempo. Una dimensione sempre uguale, fredda e stantia… fino a quel momento.
Nel firmamento che riusciva a scorgere da quella piccola finestra sul soffitto, brillavano le stelle, luminose e chiare. Ma la sua attenzione era rivolta ad una in particolare, che splendeva più di tutte, di una luce azzurra e calda al tempo stesso. La richiamava e le faceva vibrare ancor di più la sua anima, mentre l’opale sulla sua fronte pulsava sempre più ferocemente, aumentando il suo fulgore, seguendo il ritmo del corpo celeste che l’aveva ammaliata.
Quella doppia stella che sfavillava con forza e faceva risplendere l’intera costellazione della Vergine.
Sospirò, richiudendo gli occhi, mentre pian piano la luminosità della sua gemma scemava lentamente.
E ascoltò la voce che proveniva dal cielo, la sua vecchia casa, che cantava, vivacemente e allo stesso tempo con dolcezza estrema, la nascita di un astro terrestre. Di un neonato che portava in se la forza di due stelle gemelle dal grande calore, dal cuore fatato e l’anima di un drago.
E comprese.
Comprese che la sua attesa era finita, che finalmente la sua anima divisa era tornata nel mondo, sottoforma di una bambina dagli occhi blu come il cielo che le mancava terribilmente, sottoforma di una nuova vita che si sarebbe ricongiunta a lei. E seppe che la sua solitudine, ora, era destinata a finire.
Finalmente sarebbe ritornata a volare, ad amare il mondo che le era stato strappato. Ritornare a ruggire la sua libertà, cavalcando le correnti, sotto il Sole che le avrebbe nuovamente riscaldato le sue ali e illuminato la sua esistenza.
Questo cantavano quelle due vorticanti stelle sorelle, una piccola e bianca, la purezza di un cuore immacolato e luminoso, l’altra enormemente più grande e azzurra come lo zaffiro più puro, l’anima bruciante di un fuoco immortale e travolgente, rappresentante suprema della forza del più alto degli elementi.
Sarebbe ritornata a vivere, presto, molto presto.
E, finalmente, la Luce sarebbe risorta più forte che mai, scacciando una volta per tutte il Buio che ancora imperversava nel mondo, relegandolo nella dimensione da cui era stato creato.
Ringhiò con forza, piantando gli artigli nella roccia che faceva da pavimento a quella prigione, raschiandola con rabbia.
“Sei riuscito a rinchiudere il mio corpo, ma alla Vita non potrai mai scappare. Ritornerò! Trema per quel momento, perché non avrò pietà! Quando sarò riunita, TU, sarai distrutto!” Lanciò la sfida, facendo scuotere l’intera caverna.
Questa era una promessa.
Era il ruggito di una Regina.