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Autore: _Turs_    20/03/2019    5 recensioni
Il rapporto tra i due contrastanti fratelli Holmes negli anni in tre momenti, incentrato su un curioso soprannome che sa di casa.
"Quella stessa insolita quiete venne però presto interrotta da delle dita paffute, comparse al lato delle pagine ingiallite reclamando attenzione, seguite da una massa di riccioli indomabili e da occhi grandi e curiosi diretti alla sua persona, una richiesta inespressa in volto." - dal testo
Questa storia partecipa alla "Challenge delle Parole Quasi Intraducibili" organizzata da Soly Dea sul forum di EFP.
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pochemuchka: una persona che fa molte domande, parola spesso usata affettuosamente dai genitori nei confronti di bambini particolarmente curiosi. - dal russo

Oh, Pochemuchka, what have you done?


A casa Holmes regnava il silenzio, interrotto dal solo fruscio delle pagine proveniente dalla poltrona su cui il maggiore dei fratelli era seduto, le gambe placide e i gomiti fermi sui braccioli imbottiti. Era notte fonda, ma il camino era ancora acceso e scoppiettava irregolare, quasi per tenere compagnia al lettore ancora sveglio e riscaldare l'atmosfera fredda della casa, quasi un conforto per il ragazzo che, solo, si beava di quella quiete.
Quella stessa insolita quiete venne però presto interrotta da delle dita paffute, comparse al lato delle pagine ingiallite reclamando attenzione, seguite da una massa di riccioli indomabili e da occhi grandi e curiosi diretti alla sua persona, una richiesta inespressa in volto.
Con un sorriso mascherato in un sospiro seccato, Mycroft spostò il libro al lato e si ritrovò subito il peso di quel bambino tutto ricci in grembo, racchiudendolo tra le sue braccia e posizionandolo meglio sulle proprie gambe così che non cadesse rovinosamente a terra. Magari anche per evitare che si muovesse, ma per quello, il maggiore aveva perso ormai le speranze.
Sapeva anche che il silenzio che l'aveva cullato come un amico fino a quel momento sarebbe stato infranto e così fu, con il bambino tra le sue braccia che iniziò a parlare velocemente, le mani che, appropriandosi del tomo, indicavano parole su parole. La bocca che si riempì di domande su qualunque cosa quel piccolo cervello riuscisse a captare senza filtro alcuno, mentre la stretta sulla sua vita si faceva più forte, più sicura.
"Leggi e basta, pochemuchka."
Lo riprese Mycroft stesso, la mano libera dalla presa che riapriva il libro dall'inizio. Ormai sapeva che la sua lettura non sarebbe potuta continuare in pace, almeno per quella sera, mentre l'ennesima domanda lasciò la bocca dello curioso Sherlock, che mai aveva smesso di parlare e pareva non aver nemmeno ascoltato il rimprovero, mentre un broncio si faceva mostra sul suo viso infantile, le sottili sopracciglia che si contraevano e l'attenzione iniziava a farsi viva nei confronti del tesoro che tenevano tra le mani.
"Cosa vuol dire pochemuchka?"


 

 
Lo vide aprire gli occhi acquosi con fatica, il corpo scosso da tremiti dolorosi che gli facevano aprire e chiudere le mani con forza, la bocca che fremeva e il sudore lento che scendeva lungo le tempie fino al collo pallido. 
"Cosa hai fatto?" 
Un sibilo sofferente uscì dalle labbra sottili del maggiore degli Holmes, mentre una mano andava a stringere quella del fratello, poggiando un fazzoletto sul proprio viso per evitare di sentire l'odore di putridume che permeava l'aria di quell'edificio in decadenza, lì inginocchiato accanto al suo corpo disteso.
"C...che ci fai- qui?" 
Fu l'unica risposta che ottenne, mentre Sherlock sembrava metterlo a fuoco momento per momento, lo sguardo che si faceva quasi accusatorio nei suoi confronti nel frattempo che l'offuscamento della sua vista scemava e i tremiti che aumentavano facendogli mordere le labbra ora sanguinanti.
"Oh, pochemuchka, non penso sia il momento per le tue stupide domande."
Lo riprese con tono mesto, tenendo stretta la sua mano tanto da farsi venire le nocche bianche. Poi Sherlock chiuse gli occhi in un gemito di dolore e l'ambulanza che arrivava fu l'unico suono. Eppure non sentì quella stretta abbandonarlo.


 


Si sentì scuotere le spalle con forza, prima di aprire gli occhi e incontrare quelli delle tre figure che formavano come una cupola su di lui, i volti evidentemente preoccupati. 
L'aereo, Magnussen, gli tornò tutto in mente in una serie di immagini. Non c'era nessun caso Ricoletti, nessuna Londra del 1895, solo lui in preda alle convulsioni della droga. 
Lo sguardo del fratello lo perforò da parte a parte, seduto sul sedile accanto al suo, come una lama affilata che si spingeva con forza nel suo cervello già dolorante per la luce che prepotente inondava l'abitacolo. Perfino il silenzio in quel frangente divenne una fonte di sofferenza per i timpani.
Si rimise seduto lentamente, il corpo che non sembrava voler davvero rispondere ai comandi, aspettando la domanda che non tardò ad arrivare.
"Hai la lista?"
Non rispose comunque, preferendo liberarsi in una risata baritonale dal profondo della gola, gli occhi rossi fissi sul pavimento incolore.
"Adesso chi è che fa tante domande, Mycroft?"
Lo schernì debolmente, sentendo la gola secca.
"Pochemuchka, c'ero per te già allora, ci sarò ancora e ci sarò sempre."
Le altre due figure, sfuocate e sullo sfondo, sembravano essere diventate parte dell'arredamento in quel momento. Sherlock si dimenticò perfino della loro presenza.
"Mi dispiace, è colpa mia alla fine."
Il mormorio di Mycroft non lo fece voltare comunque, anzi, sollevò il capo stendendosi sul sedile scomodo fino a portare gli occhi al basso soffitto.
"Era da tempo che non mi chiamavi in quel modo."
Lo interruppe. Quella parola sembrò inondarlo di quel senso di familiarità che tanto era legata alla sua infanzia, il calore del camino e il fruscio dei libri vecchi, una voce che leggeva ad alta voce. La stessa che si liberò in una risata lievemente più acuta della propria e che, insieme a quella soffusa sensazione, lo accompagnò nel buio che lo riavvolse, portandolo al sonno.

"Non dovresti fare qualcosa, da bravo fratello maggiore?"
Un attimo prima che scendesse dalle scaline dell'aereo, Sherlock si fermò, un piede all'esterno, ma senza voltarsi.
"Ho smesso di farti domande molto tempo fa, Mycroft." 
Fu la sua unica accusa, sputata da quelle labbra martoriate, che fece sbattere le palpebre alla coppia di coniugi lì presente, tanto sembrava senza senso in quel contesto tale frase. Eppure per Mycroft fu l'ennesimo motivo per deglutire, sentendo una sofferenza simile al colpo di una pistola dritto al centro del petto, dove immaginava si trovasse il cuore, seppur ben sapesse di non averne uno.
"Dottor Watson."
Sentì i passi del medico fermarsi e alzò lo sguardo con quella maschera di fierezza che contraddistingueva la sua famiglia, ma dalla sua voce si sentirono i frammenti del suo animo infranto.
"Lo tenga d'occhio, per favore, tenga d'occhio il mio pochemuchka."

 









Angolo Autrice:
Amo le parole intraducibili, sono quanto più simile ad una droga per me e quando ne scopro una nuova, devo per forza segnarmela da qualche parte. Per questo ho adorato l'idea della challenge appena ci ho messo gli occhi sopra, e mi sono innamorata della parola Pochemuchka dal momento stesso in cui l'ho letta.
E nessun personaggio mi è venuto in mente se non il piccolo Sherlock. 
Ben sapendo che Mycroft parla tante lingue, ho pensato che fosse abbastanza normale che potesse conoscere una parola del genere, e considerato il rapporto che, secondo me almeno, nell'infanzia degli Holmes era molto forte, l'ho voluto far diventare un dolce soprannome tra i fratelli.
Diviso in tre momenti (quattro tecnicamente, ma tre perchè la prima parte del terzo è solo un sogno), il primo è l'infanzia, il secondo è durante la prima overdose di Sherlock, mentre il terzo, l'unico che ha base nella serie, è durante The Abominable Bride. 
Spero comunque vi piaccia questo "specchietto" su questo rapporto e che possiate lasciare una recensione, positiva o negativa, così da farmi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima,
_Turs_

 
   
 
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