I
Puoi davvero
sentire il
mio cuore?
Aveva
piovuto molto in quei giorni ed il fiume era esondato. Con la sua
violenza,
aveva eroso e trascinato via una parte considerevole della campagna in
cui
solitamente scorreva placido e tranquillo. Quell'evento straordinario
aveva
portato alla luce radici d'albero ed alcuni reperti per cui era stato
convocato
d'urgenza l'esperto della zona. L'esperto, in quel caso, era un giovane
archeologo ed ispettore delle belle arti, che iniziò a
scattare molte foto di
quell'oggetto. A prima vista poteva sembrare una semplice lastra di
pietra ma,
osservando meglio, vi si potevano scorgere delle iscrizioni. Agli
operai, che
lavoravano al riassesto del greto del fiume, era stato ordinato di non
toccare
il misterioso oggetto fino a quando l'esperto non lo avesse
riconosciuto e
catalogato. Poteva avere un qualche valore storico che non doveva
essere
danneggiato in alcun modo.
“Allora?”
borbottò un addetto alle ruspe “È un
semplice sasso, vero? Possiamo riprendere
i lavori e buttarlo via?”.
“Ancora
non
lo so" ammise l'archeologo “Sto cercando di capire quel che
c'è scritto
sopra”.
“A me
sembra
un sasso. Comunque basta che la cosa non prenda troppo tempo. Se devo
portarlo
in un qualche tipo di museo, o roba simile, lo voglio fare subito.
L'importante
è non stare qui a cincischiare per puttanate artistiche. Ho
un lavoro da terminare,
io!".
Con un
sospiro, l'esperto usò una piccola spazzola per tentare di
ripulire il fango e
le incrostazioni. Il tempo e l'alluvione avevano profondamente
danneggiato
quelle scritte e l'unica cosa che riusciva chiaramente a leggere era
“Emelrik". Poi scorgeva qualche numero ed altre lettere.
Scattò altre
fotografie.
“Hai
finito?” lo incalzò di nuovo uno degli operai
“Posso togliermelo dai piedi?”.
“Non
ancora!” lo fermò l'archeologo “Devo
interpretare alcune cose".
Ma dal cielo
iniziarono a scendere le prime goccioline di pioggia ed
arrivò la comunicazione
in cantiere che era meglio allontanarsi, perché il fiume
poteva di nuovo
esondare. Sotto l’acquazzone improvviso, furono scattate le
ultime foto.
“Muoviti,
coso!” lo incitò il capocantiere.
“Mi
chiamo
Stephane…” borbottò l'ispettore delle
belle arti, infastidito ma per nulla in
vena di litigare.
Quando ormai
diluviava, tutti lasciarono la zona.
“Che
lavoro
ingrato…” si ritrovò a pensare
l'esperto, rientrando a casa.
Ancora
fradicio ed infreddolito, mandò in stampa tutte le foto
fatte. Con un programma
apposito, osservò per bene tutte le inquadrature al PC.
Ingrandì alcuni
dettagli ed ingrandì ancora. Grazie allo stesso programma,
riuscì a mettere in
evidenza le scritte che più lo incuriosivano. Ora la parola
“Emelrik" si
vedeva benissimo ed erano spuntate molte altre parole. Leggeva
chiaramente “Von
Rigel Kraint". Sotto quel che dovevano essere delle
generalità, nome e
cognome incisi su pietra, vi erano delle date. Aveva tutta l'aria di
essere una
lapide, con giorno di nascita e di morte. Ma perché quel
sarcofago inciso era
sepolto sotto un tale strato di terra e così lontano da
qualsiasi terreno
consacrato? Le incisioni sotto le date erano ormai illeggibili ed
incomprensibili.
Vi era
dunque un corpo sotto quella lastra di pietra? Dalle date riportate,
risaliva
all'inizio del 1700. Non doveva esserne rimasto molto, specie se
l'acqua
dell'alluvione era riuscita ad entrare all'interno di quella bara di
roccia, ma
poteva celare altre informazioni utili.
Il giorno
seguente, l'ispettore tornò ad osservare il reperto, in
cerca di risposte. Che
ci faceva lì? E come mai il portatore di un cognome
nobiliare, forse austriaco,
era finito in un luogo simile? L'alluvione aveva ulteriormente
danneggiato le
iscrizioni ed avevo scostato la lastra in pietra che copriva il
sarcofago.
Stephane tentò di aprire ulteriormente la tomba, con
cautela, senza però
riuscirci. Era chiaro però che l'acqua era penetrata
all'interno. Tentando di
nuovo, udì chiaramente un suono. Era simile ad un risuonar
di tamburi, debole e
ritmato. Il battito di un cuore?
“Me lo
sono
immaginato" disse a se stesso “Non può esserci un
cuore che batte qui
dentro!”.
Era meglio
avvisare l'ufficio di competenza, per far rimuovere quel loculo e
spostarlo
altrove. Così avrebbe avuto più tempo per
esaminare il tutto, senza rischiare
un’ulteriore alluvione e permettere agli operai di sistemare
il corso del
fiume. Forse non aveva alcun valore ma voleva capirci qualcosa in
più.
Ignorò
gli
operai che lo derivano mentre “fotografava un sasso", e
rientrò a casa.
Decise di
iniziare qualche ricerca, digitando il nome inciso sulla lapide su vari
motori
di ricerca. Il cognome, a quanto pare, apparteneva ad una famiglia
nobiliare
ormai estinta. Però nessuno dei suoi membri si era mai
chiamato Emelrik. Che
stranezza… E se fosse stato rinnegato o cancellato dalla
famiglia? Strano però
che non fosse narrato nulla a riguardo. Doveva assolutamente fare delle
ricerche approfondite! Forse altri del suo stesso settore, altri
ispettori
delle belle arti e studiosi di storia, potevano aiutarlo!
Inviò diverse mail,
descrivendo la situazione ed allegando qualche foto. Amava quel tipo di
situazione, in cui doveva scoprire aspetti misteriosi di un reperto.
Voleva
scoprirne la storia, le origini… finalmente un pochino di
mistero, al di fuori
della noia d'ufficio! Era il lavoro che sognava ma purtroppo era raro
che
avesse occasione di dedicarsi a ricerche e scoperte.
Chiamò
qualche collega, rimanendo alquanto perplesso dalle risposte di alcuni
di essi.
A quanto pare, per molti, era inutile buttare via altro tempo per una
cosa del
genere. Ma Stephane era testardo, e continuava a guardare e riguardare
quelle
foto.
“Emelrik…
chi eri in realtà? E perché sei finito in un
posto simile per l'ultimo
riposo?”.
Dalle
iscrizioni, doveva essere morto a ventisette anni e la cosa rattristava
l'archeologo. Fuori pioveva di nuovo e, probabilmente, la bara in
pietra a
quest'ora doveva essere piena d'acqua ed ancor più rovinata.
All'ennesimo
lampo, Stephane decise di spegnere ogni dispositivo elettronico ed
andare a
dormire. Sbadigliando, scansò un ciuffo di capelli biondi
dagli occhi e si
avviò verso la camera.
Un bussare
insistente alla porta lo riportò sui suoi passi. Chi mai
poteva essere? Forse
qualche collega nottambulo che passava per lì? Aprendo i
chiavistelli, riuscì
finalmente a scoprire la verità. Sotto la pioggia, con
l'espressione sul viso
di chi non ha trascorso la più bella delle giornate, stava
un giovane uomo.
Fradicio, con abiti logori e grondanti di acqua e fango, rimase
immobile su uno
degli scalini che precedevano l’ingresso. Aveva la pelle
estremamente pallida,
che i capelli corvini rendevano ancor più bianca, e nella
notte sfoggiava un
bel paio di occhi che parevano fiammeggianti.
“Desidera?”
chiese Stephane, alzando un sopracciglio.
“Perdonate
l'intrusione. Sono Emelrik Von Rigel Krain".
Dopo il
primo momento di incredulità, l'archeologo lasciò
entrare quello strano
individuo. Che fosse o meno un pazzo con uno contorto senso
dell'umorismo,
fuori stava diluviando e non era il caso di lasciarlo all'aperto.
Evidentemente
qualche collega si era divertito, dopo aver ricevuto la mail con le
foto della
lapide. Seduti entrambi al tavolo, il padrone di casa versò
del tè caldo che
però l'ospite rifiutò.
“Perdonate
l'ora tarda" parlò l'intruso “Ma io mi posso
muovere solo di notte".
“Capisco…”
storse il naso Stephane “E tu saresti…?”.
“Mi
sembrava
di averlo già detto. Sono Emelrik Von Rigel Krain”.
“Divertente.
Sarebbe morto da tipo 300 anni o giù di
lì…”.
“Ne
sono
perfettamente consapevole" sospirò l'ospite, fissando il
tè quasi con
malinconia.
“E
allora?”.
“Lasciatemi
spiegare tutto".
L'ennesimo
sospiro interruppe l'accento lievemente tedesco del narratore. Poi
qualcosa si
mosse sulla sua spalla e Stephane sobbalzò. Una piccola
creaturina trasparente,
simile ad una goccia d'acqua e non più grande di un pollice,
scivolò lungo la
manica e raggiunse la tazza di tè. Bevve qualche sorso,
cambiando leggermente
colore, e poi sedette sul tavolo salutando con la mano.
“Cos'è
quella roba?!” esclamò l'archeologo.
“È
il mio
elementale”.
“Il
tuo…
che?”.
“Io
sono
Emelrik Vor Rigel Krain, nato nel 1704 e morto nel 1731. Prima di
morire mi ero
dedicato allo studio alchemico. Sono in grado di controllare gli
elementi, in
particolare l'acqua, e questo piccolino è un elementale.
È stato lui a condurmi
qui da te".
“E…
perché?
Cioè… che fate qui?!”.
“Tu
hai udito
il mio cuore! Puoi davvero sentire il mio cuore?”.
“Ma di
che
parli?!”.
“Tu…
non sei
tu che hai fatto tante foto alla mia bara? Non sei tu colui che ha
tentato di
aprirla e scoprire chi fossi? E non sei stato tu a parlare, dicendo che
era
impossibile che un cuore battesse lì dentro?”.
“Io…
può
essere. Non ricordo quel che ho detto. Ma quindi… tu cosa
sei? Uno zombie? Un
fantasma?”.
“Un
vampiro”.
“Sì…
certo…”.
“Come
ti
dicevo, mi sono dedicato agli studi alchemici. Essendo il fratello
minore, e
non avendo un casato da dover mandare avanti, sono stato libero di
dedicarmi a
quel che mi piaceva. Volevo essere più forte, più
potente. Poi mia madre si
ammalò gravemente ed io tentai in ogni modo di salvarla.
Purtroppo mi sono
imbattuto nel libro e nell'insegnante sbagliato. Ma potrò
raccontarti tutto un
po' alla volta".
“Come
riesci
a parlare così bene nella lingua corrente?”.
“Sono
rimasto sveglio, cosciente, imprigionato in quella bara. Udivo ogni
cosa, ma
non riuscivo ad uscire. L'alluvione mi ha permesso di sfruttare le mie
conoscenze per riavere la libertà. Poi ti ho udito
parlare…”.
“Cosa
ho
detto di così speciale?”.
“Io
sono
morto. Il mio cuore non batte. Ma tu sei riuscito ad udirlo e questo mi
fa
sentire… vivo! Inoltre non credo alle coincidenze.
C'è una ragione se ti sei
interessato alla mia prigione di roccia”.
“E che
cosa
dovrei fare, secondo te?”.
“Per
ora ho
bisogno di un posto dove stare. Non voglio tornare in quella prigione
di
pietra. Saprò ripagarti, te lo prometto! Mi serve solo il
modo di terminare dei
miei studi e stare al sicuro”.
“Al
sicuro
da cosa?”.
“Da
colui
che mi ha reso un vampiro. Ti prego…”.
Il padrone
di casa non era convinto ma lo sguardo dell'ospite era spaventato e
supplicante. Non era di certo la faccia che ci si aspettava di vedere
su un
vampiro!
“Intanto
direi che devi darti una ripulita. I vampiri si lavano? Sei tutto pieno
di
fango. Ti porto degli abiti puliti, puoi farti un bagno e poi vediamo.
Io sono
stanco morto".
“Ti
ringrazio".
“Sappi
che
non credo molto alla tua storia. Ma ho bisogno di dormire. Ne parliamo
domani".
“Però…
il
sole…”.
“Ah,
giusto.
Puoi sistemarti nella mia camera oscura".
“La
tua…?”.
“Camera
oscura. Dove sviluppo le foto”.
“Foto?”.
“Ah…
Fa
niente. La stanza è quella. Io ora vado a letto, domani devo
essere in ufficio
alle otto. Fai quel che credi. Ne riparleremo”.
“Grazie
infinite. Buonanotte”.
“E non
mordermi, intesi?”.
“Intesi…”.
Ciao a tutti!
Benvenuti in questa
nuova avventura. Ringrazio le ispirazioni ricevute da Yuki EFP, Aris
Parker EFP
e Selene Piana con la Promp Challenge del Giardino di EFP.