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Autore: Lucciola 67    27/04/2019    20 recensioni
Dopo il processo, il supplizio e la prigionia nell'Ospizio della Salpetriere l'ultimo giorno di reclusione di Jeanne Valois Contessa de la Motte tra rabbia, ricordi e voglia di riscatto. La realtà storica si unisce alla fantasia.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeanne Valois
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Parigi, cella di Jeanne Valois Contessa de la Motte, mattina del 5 giugno 1787.
Ospizio della Salpetriere. *


Sono qui, nell'anticamera dell'Inferno, da 344 giorni. Io sono l'ultima discendente di Enrico II, eppure sono qui, condannata a restarci per il resto dei miei giorni.
Fin da bambina ero a conoscenza delle mie origini, ed ero cosciente del fatto che nessuno ti regala nulla, per tornare a brillare, per tornare a riottenere il posto che mi spettava, sapevo che avrei dovuto sporcarmi le mani.
E io l'ho fatto. Ho ucciso, tradito, rubato, blandito, corrotto più persone possibili. Ho trovato tanti sciocchi che hanno subito il mio fascino sulfureo.
Mio marito Nicolas ha ucciso e mentito per me. Mi ama. Io non lo so, mi è servito, certo. È un ottimo amante. Ma l'amore, quello vero, forse non fa per me.
Io preferisco il potere e la ricchezza. O meglio il potere che la ricchezza ti permette.
Il cardinale di Rohan è un animo semplice, voleva essere perdonato dalla Regina, e io ho fatto in modo che accadesse. Questo servizio di incalcolabile valore io, che sono magnanima, gliel'ho fatto pagare solo con montagne di monete d'oro. Ma vuoi mettere la soddisfazione?
È stato così facile blandirlo, bastava dirgli ciò che voleva sentirsi dire, ogni tanto dare vita alle sue fantasie, ché è anche lussurioso, il principe. Il resto l'ha creato la sua mente.
Nicolette d'Oliva è stata quella più semplice da soddisfare, aveva bisogno di denaro e non aveva più voglia di vendersi. Ecco trovata la "mia" Regina.
Solo su una persona mi sono sbagliata, solo una persona è andata contro ogni mia aspettativa: il comandante delle Guardie Reali, Oscar Francois de Jarjayes. Quella donna vestita da uomo, bella, altera, glaciale, non si è fatta corrompere da due otri colmi di monete d'oro che avevo faticosamente sottratto al cardinale.
Mi ha guardata con disprezzo e supponenza, arrogante e mi ha congedata.
Mi sono quasi sentita offesa dalla sua algida perfezione.
Poi ho deciso cosa farne di tutte quelle monete: tenermele. Quello sciocco di Nicolas voleva restituirle, ma io gli ho fatto vedere come usarle, prima di spenderle in cavalli, livree, carrozze, cristalli e abiti: quell'oro è stato il nostro talamo per una notte.
Nicolas ne prendeva a manciate e le faceva scendere lentamente sul mio corpo nudo, e intanto mi baciava dappertutto.
Forse la più bella notte di amore e lussuria che io ricordi.
Non so dire, in verità, se preferivo il tocco delle mani e delle labbra di mio marito, oppure il tocco gelido ed eccitante dell'oro.

Volevo di più, dopo il potere, il rispetto.
Forse è stato quel desiderio a portarmi alla rovina.
Avevamo già ottenuto tutto, Nicolas aveva già venduto i diamanti in Inghilterra, dovevo lasciare la Francia.
Ma non ho fatto in tempo, proprio grazie alle indagini di de Jarjayes gli arcieri sono arrivati nella mia magione e mi hanno arrestata.
La Regina, stolta, ha voluto un processo pubblico. Poteva accontentarsi di una Lettre de Cachet, invece voleva distruggermi pubblicamente. Non ha capito che ha firmato la propria condanna a morte.
Non subito, per ora solo io ho pagato il fio dei miei gesti.
Ma pagherà.
Il popolo è dalla mia parte, persino i suoi fratelli hanno dubitato di lei.
Non ci vorrà molto che una sollevazione popolare spazzi via i Capeto dalla cartina d'Europa.
Il Re, però, ha voluto fare di me un esempio.
Il 23 giugno del 1786 è iniziato il mio supplizio, alle cinque del mattino i carcerieri sono venuti a prendermi.
Sul patibolo ho subìto la tortura della corda al collo, poi ben quattro uomini mi hanno spogliata, mi hanno tagliato i vestiti, perché non riuscivano diversamente, e mi hanno percossa nuda con le verghe.
Dolore, umiliazione, rabbia. Mi dimenavo come una pazza, non volevo assolutamente che riuscissero a compiere il mio supplizio, non volevo che mi marchiassero a fuoco le spalle con la "V" di voleuse.
Io non ho rubato niente, volevo solo ciò che era mio per diritto di nascita.
Ma non c'è stato niente da fare, nonostante la mia strenua lotta, nonostante io abbia morsicato a sangue uno dei miei aguzzini, nonostante i calci, gli sputi, le bestemmie, quei maledetti bifolchi ce l'hanno fatta: sono stata marchiata.
Un marchio è su una spalla, l'altro, nella concitazione, il boia me l'ha fatto sul petto. E sono svenuta.
Priva di sensi mi hanno portato qui.
Mi sono svegliata nella cella che dovrei occupare tutta la vita, e ho rimpianto di non essere stata condannata a morte.
Qui il sole non arriva mai, è freddo, umido. Ho la fortuna di essere da sola in cella e di non essere incatenata.
Con qualche favore dato alle guardie ho ottenuto una candela, carta, inchiostro e penna da scrittura.
Per non impazzire del tutto ho iniziato a scrivere il mio memoriale.
Io non resterò qui per sempre, Nicolas mi farà fuggire appena i tempi saranno maturi.

Dei rumori molesti mi distraggono dai miei pensieri, urla soffocate, trambusto.
Di colpo la porta della cella si spalanca e un uomo avvolto in un mantello nero, con un cappello calato sul volto, entra come una furia, io balzo in piedi. Sarà qui per eliminare la mente "dell'affare della collana"?
Ma quello mi fa un inchino scenografico e mi dice -" Jeanne Valois Contessa de la Motte siete libera. Vi porto in Inghilterra da Vostro marito".
Si mette nuovamente in posizione eretta e mi lancia degli stivali, un mantello e un cappello.
Lo guardo inebetita, ancora stupita.
Lui mi incalza -" Presto Contessa, abbiamo poco tempo!"-
Mi riscuoto, ma allora è vero! È sorta di nuovo la mia buona stella!
La Regina degli inganni è tornata libera, finalmente.


* Chiedo scusa per gli accenti mancanti, purtroppo scrivendo con il cellulare non riesco ad inserirli.
   
 
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