Videogiochi > Devil May Cry
Segui la storia  |       
Autore: Bloody Wolf    02/05/2019    6 recensioni
AU | Dante & Vergil | Devil May Cry
Due gemelli che non sanno di esserlo, un poliziotto e un criminale che uccide la gente senza alcuna pietà, due fratelli, sangue dello stesso sangue con un passato burrascoso alle spalle e l'incoscienza del non sapere dell'altro.
Cosa succederà?
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dante, Vergil
Note: AU | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa storia nasce senza alcuna pretesa, con un'ispirazione che si è esaurita ma che sono certa torni prima dell'anno prossimo XD Si spera!
Così come spero di riuscire a trovare il tempo di scrivere alias, non sarà per nulla regolare l'aggiornamento ma vi inviterei a lasciarmi un commento, anche breve, a questa storia per farmi sapere che vi piace, davvero mi fareste un immenso piacere <3
Come sempre la grafica è mia >.<

 



Missione 1.

“Dante Tony Campbell è lei?”

L’uomo sorrise allargando le braccia e corrugando le sopracciglia, infastidito da quelle sei persone che avevano osato entrare nel suo ufficio armate e senza alcun riguardo per la sua amata porta. 

“Sì, detective, sono io in carne ed ossa… perchè?”

Il detective guardò quell’uomo e annuì ai compagni armati ordinandogli di afferrare quel pregiudicato e di non lasciarselo sfuggire per nessun motivo.

“Ti dichiaro in arresto per l’uccisione di ventisei persone nell’arco di questi ultimi cinque anni. Ogni cosa che dirai potrà essere usata contro di te, conosci la procedura.”

Dante si ritrovò ad imprecare stranito da quella situazione, era un poliziotto, uno di quelli che veniva mandato in quei luoghi dove nessuno voleva andare, era un cecchino di tutto rispetto e venir prelevato in modo così formale non era concepibile, soprattutto per qualcosa di così assurdo...

“Ci deve essere un errore, capitano, sono Tony avanti abbiamo lavorato assieme per anni!”

Le manette si strinsero sui suoi polsi serrandosi con il classico rumore metallico e lui gemette ridacchiando divertito; invece di seguire quegli uomini si sedette con una mossa veloce ed elegante sulla propria scrivania accavallando le gambe con maestria.

“Per grazia posso sapere che ho fatto di sbagliato? Accusarmi di omicidio mi sembra eccessivo anche per lei che mi odia…”

L’uomo lo fulminò con lo sguardo e, dopo essersi avvicinato con prepotenza al corpo statuario di Dante, parlò con tono basso e minaccioso a pochi centimetri da quel volto perfetto incorniciato da quei capelli candidi.

“Eccessivo? Figlio di puttana che non sei altro, abbiamo una compatibilità del novantacinque per cento con il killer che in questi ultimi anni sta facendo impazzire tutta la nazione: capelli bianchi, occhi azzurri e una strepitosa bravura con qualsiasi arma che si ritrova ad impugnare. Casualmente tutti i pezzi del puzzle combaciano eh?”

Gli occhi dell’albino si spalancarono mostrando quello stupore che stava serpeggiando nella sua testa e nelle sue vene, si lasciò afferrare dagli uomini della SWAT e si lasciò condurre per tutto il distretto, tenne gli occhi bassi, incapace di guardare in volto quelle persone che, di sicuro, ora stavano pensando male di lui: aveva vissuto e combattuto con loro, aveva riso e sofferto con essi e dentro di sè aveva la sensazione di averli ingannati in qualche modo a lui sconosciuto.

Era semplicemente impossibile, deleterio quell’arresto.

“Non sono stato io, sono stato con voi per svariate missioni, non farei mai del male a qualcuno di innocente, mi conoscete.”

Il detective guardò Dante sbuffando e, togliendogli le pistole dalle fondine dietro la schiena e ponendole in una busta che un collega gli stava porgendo per analizzarle con calma, si ritrovò a negare con il capo sicuro di sè.

“Perquisiremo la tua casa, che tu lo voglia o meno… ti porteremo in carcere e lasceremo che gli avvocati analizzino le prove e le controprove fino a quando decideranno se tu sei innocente o colpevole. Fino a quel giorno tu sei un killer e rimarrai in prigione, dove è giusto che tu stia.”

Dante fece per aprire bocca ma si ritrovò a sbuffare e a socchiudere gli occhi, era consapevole della procedura perchè lui in primis si divertiva ad acciuffare i malviventi e spedirli in prigione… ma sentirla, avvertirla su di sè era una follia.

“Parlerò solo con il mio avvocato.”

Credo, era così che si chiamava quel maledetto detective, annuì lasciandosi scappare un leggero sorriso ad incrinare quel volto serio e conosciuto.

“Abile mossa, Tony.”

Dante si ritrovò ad annuire, come diavolo era possibile quella percentuale di compatibilità così alta? Era incredibile, non gli era mai successo nulla di simile, erano ormai dieci anni se non di più, che lavorava all’interno del corpo di polizia speciale e non aveva mai avuto nessun problema, forse qualche rissa da ubriaco e qualche denuncia per la velocità con cui guidava ma null’altro…

Non aveva mai imbracciato un fucile o una pistola verso qualcuno di innocente ed era certo che mai l’avrebbe fatto perchè era consapevole del motivo per cui era diventato un poliziotto.

“Erano innocenti?”

chiese a bruciapelo, il suo subconscio poteva davvero avergli fatto quello scherzo meschino portandolo ad uccidere senza che lui se lo ricordasse?

Stava forse impazzendo senza accorgersene?

Quel silenzio era pesante, insopportabile per quella situazione che meritava ed esigeva delle risposte.

“Rispondimi!”

Sferrò un calcio alla parete del vagone creando un rumore metallico e sordo, tutti e cinque gli uomini lì presenti impugnarono le armi e gliele puntarono contro senza alcuna remora.

“Fermo dove sei o siamo obbligati a sparare!”

Ringhiò quasi mentre guardava negli occhi calmi di quell’uomo che si trovava di fronte a lui che, senza emozione alcuna, rimaneva fisso a guardarlo negli occhi come se avesse di fronte il peggiore dei criminali mai esistiti.

“Credo, non starai pensando davvero che sia stato io….”

L’uomo ridacchiò nuovamente, per nulla spaventato da quella reazione violenta che l’albino aveva appena mostrato, era forte ed era consapevole che quegli uomini sarebbero stati in seria difficoltà se quel “mostro” avesse deciso di liberarsi da quelle manette.

“Calmati. Credo in ciò che vedo e fidati che le due foto che sono riusciti a rubare a quell’essere ti ritraggono in maniera perfetta.”

+++

“Queste sono le sue foto e queste sono le foto delle vittime che lei ha brutalmente ucciso.”

Dante era seduto su quella scomoda sedia di metallo, era stato ammanettato a quel tavolo affinchè il suo avvocato potesse parlargli in completa libertà senza correre alcun rischio ma la consapevolezza di quelle foto faceva male, era logorante.

“Non sono io.”

Tre parole, una negazione impassibile mentre davanti ai suoi occhi si mostrava in maniera parziale la fotocopia di se stesso in quella foto, un pò sgranata certo ma con i dettagli principali in mostra: un uomo sulla trentina con i capelli bianchi calati sul volto in maniera disordinata e il corpo inguantato in un completo nero.

Nella seconda immagine gli occhi erano fissi su quella telecamera mentre quell’uomo sparava con il braccio teso verso di essa mostrando quegli occhi perfettamente identici ai  suoi: ghiaccio fuso.

Tra le mani quello sconosciuto reggeva una pistola, aveva del sangue che gli macchiava la parte sinistra del volto ma nonostante quello aveva un’espressione soddisfatta, come se quello che stesse facendo fosse del tutto normale, giusto nell’intero complesso.

“Dante non negare ciò che è palese! Se confessi possiamo ancora giocare con la gravità della pena!”

Si ritrovò ad imprecare senza alcuna remora per quel dio che sembrava essersi volatilizzato per lui in quel momento, per quell’entità che, a quanto pareva, aveva appena deciso di voltargli le spalle per sport o forse per divertimento.

Era sempre così difficile avere a che fare con quegli odiosi avvocati che, forse, era l’unica parte del suo lavoro che non aveva mai sopportato.

“Su che pena dovrebbe lavorare se alle spalle ci sono ventisei omicidi? Forse invece di cinque ergastoli me ne daranno tre? Ottimo lavoro avvocato, continui così.”

Ridacchiò mentre lo diceva accavallando le gambe ed poggiandole sul tavolo in una posizione estremamente indecente e menefreghista, usando i talloni come un appoggio sul piano.

L’avvocato si sistemò gli occhiali con due dita prima di parlare nuovamente con tono serio e politicamente sbagliato.

“Dante, non dovrei dirtelo ma quelle ventisei persone erano tutte collegate alla mafia e alla camorra, erano qualcosa di più vicino all’Ordine del Cavaliere che alla malavita... ”

Nell’udire quelle parole l’attenzione e l’odio dell’uomo verso quella situazione si placarono amplificando la sua attenzione su di essa; conosceva quella setta e non solo per il nome, erano dei folli che spacciavano droga e armi facendoli passare come cimeli di un immenso valore, non c’erano prove concrete ma sacrificavano anche umani a delle ipotetiche divinità demoniache.

Ogni volta che pensava di essere vicino a saperne qualcosa in più su di loro o era vicino a smascherare qualche loro mossa, si ritrovava a scontrarsi con un vicolo cieco, erano tre anni che gli dava la caccia ma erano anche tre anni che non ricavava assolutamente nulla da quelle ricerche…

Sembravano quasi fantasmi, loro non esistevano.

“Giuro che non c’entro nulla, ma se mi dici questo vuol dire che gli sta solo che bene.”

L’avvocato spostò la testa come per ammonirlo di quella frase irrispettosa e meschina che le sue labbra sorridenti si erano lasciate sfuggire.

“Tony cosa ci guadagni da tutto questo?”

Ammanettato e prigioniero per qualcosa che non aveva mai fatto e al quale non si era mai nemmeno avvicinato per sbaglio, sembrava un enorme scherzo organizzato dal migliore dei trickster [1].

“Ci guadagnerò quando vedrò quella tua bellissima faccia da culo quando si accorgerà che io non c’entro nulla.”

Ridacchiò lasciando l’altro infastidito e con un’espressione piccata sul volto, Dante sapeva essere fastidioso e strafottente, non lo aveva mai negato e mai lo avrebbe fatto.

“Stai giocando con il fuoco, stai attento, non sei nella posizione del favorito questa volta.”

Cercò di spalancare le braccia ma le catene lo obbligarono a fermarsi da quel semplice quanto strafottente gesto, si leccò le labbra e, con una passata tra i fili albini, si portò i capelli all’indietro con fare teatrale.

“Allora giochiamo, avvocato dei miei stivali, non senti caldo anche tu?”

+++

“Come si sta in prigione, piedi piatti di merda?”

Dante ignorò quel commento socchiudendo gli occhi e ridacchiando quasi divertito per l’intraprendenza di quell’essere che aveva catturato qualche mese prima e al quale aveva spaccato il setto nasale con il calco del fucile.

“Jester è un piacere rivederti, dico sul serio, avevo giusto bisogno di qualcuno da prendere a pugni.”

Le guardie si mossero nervose nel sentire quel breve quanto mirato commento, era da nemmeno quarantotto ore che era in cella e avevano già dovuto sedare ben due risse da lui provocate.

“Dante, Dante, Dante, qui non comandi tu anzi, sei al nostro stesso livello e la cosa mi fa godere da matto e sai il perchè?”

Dante si portò le mani al petto incrociando le braccia e assumendo una posa molto virile che portò quell’uomo dal naso adunco ad arretrare, impaurito ma con il sorriso di chi pensava di avere la vittoria tra le mani, si portò dietro ad un paio di grossi uomini in divisa e ridacchiò. Alzò gli occhi al cielo l’ex poliziotto prima di sbuffare e portare quelle braccia al bacino, si mosse facendo un paio di passi e muoversi con finto menefreghismo, osservando con la coda degli occhi quegli energumeni che si avvicinavano a lui con aria torva.

Bloccò il pugno che venne scagliato con forza verso il suo volto con maestria prima di sorridere e schivare anche il ginocchio che si era diretto verso il proprio stomaco; spostò il peso verso destra portando con sè, con un leggero movimento, il braccio di quella guardia, fece pressione al di sotto della spalla fino a  far uscire dalla propria postazione l’articolazione con un rumore sordo seguito da un leggero urlo.

“E io che pensavo di divertirmi…”

Il secondo uomo si avventò su di lui stringendolo al proprio petto dal dietro, si ritrovò a spingersi indietro fino a far collidere le spalle del gorilla contro le sbarre di ferro per poi ribaltarlo con prepotenza mandandolo K.O. ruotandogli il polso e il braccio fino a spaccarglieli senza alcuna fatica.

“Prigioniero numero 021, faccia a terra o sarò obbligato a spararti del tranquillante.”

Dante alzò le mani in bella vista e indietreggiò con passo lento, appoggiò le spalle al muro e, una volta che una delle guardie gli fu vicino, allungò i polsi verso di lui lasciandosi ammanettare con relativa calma.

“Sono stati loro ad attaccarmi per primi, mi sono solo difeso…”

Era stato militare prima di diventare un semplice poliziotto e se l’era sempre cavata egregiamente nel difendersi, non avrebbe smesso proprio in quel momento in cui aveva bisogno.

“Se qualcuno dei prigionieri ha voglia di fare a botte, che si faccia avanti, mi manca un pò di sana palestra.”

 

“Si può avere dello Stawberry Sundae?”

Il cuoco guardò Dante con uno sguardo interrogativo e quasi schifato, il volto dell’uomo era illuminato da una luce strana, come se il richiedere quel semplice dolce ricco di zucchero fosse la sua unica ragione di vita ma alla negazione da parte dell’uomo, l’albino sospirò sconfitto da quella mancanza.

“Potrei procurartelo, Tony. Dicono che eri un poliziotto…che ci fai qui?”

Sorrise con la malinconia a colmargli l’anima prima di grattarsi il capo con calma e rispondere a quell’uomo che gli stava parlando con una voce pacata nonostante tutto.

“Sì, sono in carcere per qualcosa che non ho mai fatto ma che casualmente è qualcosa che stavo cercando di fermare da anni.”

Il cuoco si lasciò scappare un leggero sorriso, quella frase era ambigua, non chiara ma si ritrovò a parlare mentre si toglieva il camice con movimenti conosciuti e stanchi.

“Io sono dentro da dodici anni perchè ho vendicato l’uccisione di mia figlia…”

Dante si ritrovò ad appoggiare una mano sulla spalla di quell’uomo e stringerla in maniera affettuosa come se fosse un modo carino per dirgli che lo capiva, che gli dispiaceva con il cuore.

“Sono diventato poliziotto solo per riuscire a catturare e massacrare di botte il capo della banda che uccise mio padre… devo dire che la soddisfazione nel fracassargli qualche osso quel lontano giorno è stata impagabile.”

Ridacchiarono di quelle sue ultime parole, consapevoli che quello fosse solo un modo come un altro di sorvolare quella situazione spinosa che era la prigione.

“Comunque mi chiamo Peter.”

L’albino annuì facendogli l’occhiolino e afferrando il proprio vassoio che aveva momentaneamente appoggiato lì vicino.

“Conto su di te per lo Strawberry! Mi raccomando, Pete!”

+++

“021 hai una chiamata.”

La guardia si era fermata sulla soglia della sua cella, aveva aperto quel cancello e lo stava guardando con un sopracciglio alzato, in attesa di una qualche risposta.

Il carcerato si ritrovò a continuare quella serie di addominali che aveva iniziato e, con noncuranza, continuò senza alcuna esitazione contando ad alta voce.

“Cinquecentododici. Cinquecentotredici. Cinquecentoquattordici.”

Si schiarì la voce l’uomo in divisa, sospirò e tornò a parlare con voce sicura e piccata.

“Vorrei un poco di considerazione, Dante.”

Finalmente lo aveva chiamato con il suo nome, non era un numero e non lo sarebbe stato.

“Ed io vorrei dello Strawberry Sundae, comunque sia finisco la serie e sono tutto tuo.”

Camminò con passo pacato fino a raggiungere quel telefono che era ancorato al muro, sembrava quasi una di quelle vecchie cabine telefoniche riutilizzate e riadattate lì in quel posto dimenticato da dio.

“Pronto?”

Dopo un attimo di silenzio una voce giunse all’orecchio di Dante con malcelata preoccupazione, tremava quasi quella leggera voce femminile che lo stava chiamando per nome…

“Tony… Tony che diavolo è successo? Sono venuti anche qui a cercare qualcosa e mi hanno detto ciò che hai fatto… Tony io ti conosco e…”

Non era vero, era tutto un grande equivoco e lui lo sapeva, sua madre lo sapeva, glielo leggeva nella voce che non poteva crederci perchè lo conosceva fin da quando aveva deciso di adottarlo da quell’orfanotrofio salvandolo dallo schifo della strada.

“Non è vero mamma, non sono stato io, te lo giuro.”

Il sospiro della donna raggiunse il cuore e l’anima di Dante, gli fece ripartire quel battito che nemmeno si era accorto che si fosse fermato, chiuse gli occhi appoggiando la testa sul metallo freddo di quel telefono, quanto poteva essere bello sentire la voce di qualcuno che ti ama e che ti crede solo perchè ti conosce meglio di chiunque altro?

Quando poteva lenire quel vuoto nell’anima?

“Sei mio figlio, la mia unica gioia e non crederò mai ad una cosa simile, ti ho visto crescere e diventare ciò che sei, non un mostro ma una creatura con più cuore che testa… Ti tireremo fuori di lì, Tony.”

Un sorriso dolce e carico di quel sentimento si mostrò sulle labbra dell’albino, lei gli credeva e questo bastava a rialzare quel morale che, di tanto in tanto, si lasciava cadere nel baratro più oscuro.

“Tony, vedrai che andrà tutto bene… Io devo dirt... Chiamata interrotta, fine tempo.”

Gemette rimanendo per alcuni preziosi secondi appoggiato con la fronte contro il muro, lei lo conosceva, lei lo aveva capito fin dal primo giorno e i risultati erano lì, palesi per come lei attraverso il telefono era riuscita a capire che sotto lo strato di strafottenza e di menefreghismo, c’era ancora quel bambino che piangeva durante la notte urlando qualcosa che nemmeno in quei lunghi venticinque anni aveva compreso.

[To Be Continued..] 

[1] Trickster = è una figura mitologica che rispecchierebbe l’imbroglione, un essere che non segue le morali ed è al di fuori delle regole.

 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Devil May Cry / Vai alla pagina dell'autore: Bloody Wolf