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Autore: hotaru    24/07/2009    9 recensioni
"Era piuttosto presto per gli standard estivi, il sole non era ancora alto, e Hinata non incontrò quasi nessuno durante il suo percorso solitario. Il gelato di Hanabi le aveva in qualche modo dato un’idea: quella mattina si era infilata un paio di pantaloncini marroni e una canottiera verde oliva, che sperava sarebbero riusciti a mimetizzarla meglio di un vistoso prendisole bianco.
Giunta alla base di un ben noto muro, si sfilò i sandali, attenta a non fare il benché minimo rumore. Li appoggiò a terra e poi, a piedi nudi, iniziò la scalata.
Pensava che si sarebbe vergognata come un ladro- effettivamente, si stava comportando come tale- invece era in preda ad una strana euforia. Non aveva mai fatto qualcosa che andasse contro le regole, prima."
Kiba/Hinata sul modello de "La Bella e la Bestia".
Dedicata a kibachan
Prima classificata al "Naruto Fairytale Contest" indetto da Lalani
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Altri, Kiba Inuzuka
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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9- Come la marea Come la marea


Hinata stava tentando di farsene una ragione. Continuava mentalmente a ripetersi “È meglio così”, “Sono troppo giovane”, “Non saprei come fare in un rapporto simile, non ho alcuna esperienza”.
Ricordava il sorrisetto di Hanabi quando, anni prima, le aveva rivelato di aver baciato Konohamaru, e la sua aria disinvolta ogni volta che tornava a casa la sera. Non avrebbero potuto essere più diverse, e dire che avevano gli stessi geni.
Era sdraiata sul letto, i capelli sparsi sul cuscino perché non le facessero troppo caldo, le braccia e le gambe nude. Guardava il soffitto e si sforzava di non pensare a niente.
Il quadro era voltato verso il muro, perché stesse in silenzio. Aveva come l’impressione che si fosse offeso, mentre prima non se ne stava mai zitto.
Hinata si coprì il volto con le mani. Ma che andava a pensare, stava forse impazzendo del tutto? Avrebbe dovuto alzarsi di lì e fare qualcosa, ma non ne aveva la minima voglia. E forse nemmeno la forza, chi lo sa.
L’estate era ancora lunga, se non avesse fatto qualcosa sarebbe sprofondata in una sorta di depressione opprimente dalla quale sarebbe stata dura uscire. Magari avrebbe potuto andare in America a trovare suo cugino, ma ciò che la bloccava era che non aveva la benché minima voglia di fargli sapere cos’era successo. Perché lui l’avrebbe capito in un secondo, che c'era qualcosa che non andava.
Si girò a pancia in giù, stringendo forte il cuscino. Era circondata da persone che la ignoravano bellamente, come suo padre e sua madre, e altre che riuscivano a leggerle dentro, come Ten Ten e Neji. Ma una via di mezzo non era possibile?
Impegnata in tali, disperate elucubrazioni, ci mise un po’ a sentire un pugno che batteva freneticamente alla sua porta, e la voce di Hanabi che la chiamava:
-    Ehi, Hinata! Hinata, apri!
Si alzò a fatica e quando aprì la porta rimase sorpresa nel vedere lo stato di agitazione in cui era la sorella.
-    Ma cosa succede? – chiese.
-    C’è la Bestia! – esclamò Hanabi, a metà tra l’incredulo e il preoccupato – C’è la Bestia fuori da casa nostra! E c’è anche il suo cane enorme, cosa facciamo? Chiamiamo la polizia?
Il cuore di Hinata ebbe un sussulto. Ma fu qualcosa di enormemente lontano dalla paura.
Ignorò Hanabi, precipitandosi giù dalle scale e ricordandosi a malapena di infilarsi un paio di sandali per non uscire completamente scalza.
Aprì di scatto la porta, e sentì un nodo salirle alla gola quando vide con i propri occhi che Hanabi le aveva detto la verità: in strada, fuori dalla cancellata del suo giardino, c’era Kiba con Akamaru al guinzaglio, apparentemente in giro per una semplice passeggiata.
Le sembrò di volare lungo il vialetto fino al cancello, tanto lo percorse in fretta, ma quando fu fuori non riuscì a spiccicare parola.
-    Ciao – disse Kiba, col suo solito ghigno rassicurante sul viso.
-    Ciao – rispose lei, un po’ ansimante per la breve corsa, un po’ perché sentiva il cuore batterle come impazzito.
-    Stavo portando Akamaru a fare un giro – spiegò, mostrandole il guinzaglio a mo’ di prova – Vieni anche tu?
L’unica cosa che Hinata riuscì a fare fu annuire con un sorriso, dato che si sentiva totalmente incapace di parlare.


Non si inoltrarono nelle strade principali, non andarono fino alla piazza dove c’era la gelateria delle pettegole. Si limitarono a rimanere sul ciglio dei campi coltivati, dove c’erano terra e alberi e l’odore della vegetazione era fortissimo.
Chiacchierarono d’arte e posti da visitare, come non avevano mai fatto prima d’ora, senza timore o ritrosia. Sembrava tutto diverso rispetto al giorno prima.
Dato che il luogo era pressoché deserto Kiba tolse il guinzaglio ad Akamaru, e mentre accarezzava le orecchie vellutate del cane a Hinata tornò in mente la strofa di un’altra canzone del film.

Qualcosa in lui
Si trasformò
Era sgarbato, un po’ volgare,
ora no.
È timido, piacevole,
non mi ero accorta che ora è incantevole.

-    Ehi, cos’hai da ridere? – le chiese Kiba vedendola sorridere con tanto divertimento.
-    Niente, stavo solamente immaginando come staresti con uno stormo di uccellini addosso.
-    Eh?
Hinata rise di gusto alla sua espressione sbigottita, una risata cristallina che la fece sentire su di giri.
Pazzesco come poco prima si sentisse in fondo al baratro, e ora una folata di vento caldo l’avesse fatta risalire fino a toccare il cielo.
Mentre lei rideva, Kiba si fece serio.
-    Ho trentun anni – le ricordò – Tu diciannove.
Hinata smise di ridere e ricambiò dolcemente il suo sguardo.
-    A dicembre ne faccio venti – rispose.
Lui si avvicinò, passandole un braccio attorno alla vita e attirandola a sé, infilandole l’altra mano tra i capelli.
-    Giusto – mormorò, respirando a fondo il loro odore – Il mio spirito dell’inverno...
Hinata sorrise piano. Avrebbe dovuto rivoltare il quadro, una volta tornata a casa.
-    … che in realtà è piuttosto dispettoso, sai? Ha un caratterino…   
-    Come? – chiese Hinata alzando la testa, ma smise di porsi domande quando sentì una bocca posarsi sulle sue labbra.
Aveva iniziato a chiedersi come fosse da quella sera delle confidenze di Hanabi. Aveva cercato di immaginarselo, quando era sola da qualche parte, e non c’era nessuno che potesse vederla arrossire.
Non aveva mai pensato che potesse essere così caldo, anche se sentì la pelle d’oca sulle braccia e perfino alla radice dei capelli. Gli passò inconsciamente una mano tra i capelli ispidi, molto più del pelo di Akamaru.
Era una fortuna che la stesse tenendo per la vita, perché quando Kiba osò di più sentì le ginocchia tremarle pericolosamente. La sua guancia ruvida sul proprio viso la fece rimescolare dentro, in un modo che non avrebbe mai creduto possibile.   
Ad un certo punto una montagna di pelo si insinuò a forza tra di loro, dividendoli. Forse fu meglio così, perché Kiba si rese conto di stare entusiasmandosi fin troppo. Doveva darsi una calmata e cercare di controllarsi. Sarebbe stata una bella impresa la loro, difficile sotto ogni punto di vista, dentro e fuori, tra loro e di fronte agli altri.
Ma quando Hinata gli sorrise, scansando Akamaru e appoggiandosi fiduciosa al suo petto, si rese conto che quell’impudente dello spirito dell’inverno aveva ragione. Non era vero che non credeva più a nulla.
Akamaru guaì offeso, incredulo che nessuno gli badasse. Si erano dimenticati che era tutto merito suo? Ma non servì a nulla, perché entrambi continuarono a ignorarlo bellamente.
Kiba appoggiò la guancia ruvida sulla sua testa e Hinata si strinse a lui, incapace di credere che tutto ciò fosse reale. Mentre respirava a fondo il suo odore pungente, si rese conto che era proprio vero. Era come la marea.  

Ti riporta via
Come la marea
La felicità…




Direi che, come storia nata sul modello di una fiaba, dovesse proprio avere un lieto fine, no? E poi tiriamoci un po’ su, và.
Uhm… stavo pensando di scrivere un capitolo speciale di questa storia, magari sulla prima notte di Kiba e Hinata. Che ne dite? Potrebbe interessarvi? Fatemi sapere!

Aurychan: grazie infinite! Spero che anche l’ultimo capitolo ti sia piaciuto!
kibachan: se la mia storia ti ha fatto emozionare sono felicissima! Inoltre sono contenta di non essere l’unica preda dei “raptus creativi” (a proposito, ottima definizione), perché ogni tanto ne ho uno... il che non mi fa sembrare molto normale, ma a casa mia ci sono abituati.
evechan: cosa vuol dire che Kiba “si reffa”? O_O  Me non capisce…
Niggle: tranquilla, è filato tutto liscio… in fondo per il finale mi sono attenuta al modello originale. ^^ Sono contenta che il capitolo su Kiba ti sia piaciuto, ho pensato che il “mistero” non potesse durare per sempre. Volevo far capire che, prima che una “Bestia”, Kiba era soprattutto un essere umano.
   
 
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