È un colpo di tosse a segnalare a Ray che Peter ha finalmente trovato in quel suo libricino maledetto una poesia che ritiene meritevole di essere narrata ad alta voce, un pensiero che vuole condividere con lui. Ad occhi chiusi avverte la forma del suo corpo sistemarsi meglio, convessa, alla sua; lo visualizza piegare il libro in due per tenere la pagina ben aperta, bestemmia ed incubo di qualsiasi bibliotecario.
Il sole filtra attraverso le fronde degli alberi, si insinua sotto le sue palpebre chiuse – tatuandovi addosso frammenti di luce.
« Brancollando verso il letto dopo una pisciata, », comincia; non fa in tempo a finire il verso che Ray sta già ridendo, accucciandosi su un lato per stringere la pancia tra le mani. Apre gli occhi per constatare quanto Peter si sia offeso per quella sua reazione e lo trova intento a sorridere, consapevole. « Che c’è, che hai da ridere? »
« Brancollando verso il letto dopo una pisciata? Sul serio, Pete? », domanda, la voce frammentata da singhiozzi divertiti. « Ma che cazzo di verso è? »
« Sei un poeta, tu? Direi di no. », borbotta, voltandosi anch’egli su un lato – gli da le spalle, puntiglioso. « Philip Larkin era un poeta, Garraty. L’ultimo libro di poesie che hai letto tu era di Dr. Seuss. »
« Vuoi prosciutto e uova verdi? », domanda Ray, avvicinandosi per abbracciarlo da dietro. Unisce le dita di una mano e la solleva perché Peter possa vederla, muovendo l’immaginario becco in sincronia alle sue parole: « Non li voglio, detto Ferdi! »
« Deficiente. », borbotta Peter. « Insomma, vuoi che la legga o no? »
« E leggila. »
« Bene. », Peter si schiarisce la voce, di nuovo. Attende un istante, e a Ray piace pensare che sia la mano che ha posato sul suo fianco ad aver determinato l’esistenza di quell’istante di pausa, di anticipazione.
« Brancollando
verso il letto dopo una pisciata,
schiudo le tende spesse: le nuvole veloci
e il lindore della luna mi fanno trasalire.
Le quattro: l’intaglio delle ombre si stende nei
giardini
Sotto un cielo cavernoso, netto di vento.
C’è qualcosa di ridicolo in tutto questo,
nel modo in cui la luna se la fila tra le nuvole, che soffiano
sfilacciate come fumo di cannone, per mettersi in disparte –
in basso una luce color pietra affila i tetti
alta, assurda e distaccata… »
Si prende un momento, voltandosi appena a guardare Ray. Dubita della sua attenzione, forse: Garraty fa per aprire la bocca per incitarlo a proseguire – ma non appena lo vede muovere Peter getta le braccia al cielo e prosegue nella lettura:
« Losanga d’amore! Medaglione d’arte! », trilla, degno d’un drammaturgo; Ray sgrana gli occhi, genuinamente spaventato. « Oh, lupi della memoria! Immensità! »
« PIANTALA! », strilla Garraty; ha le lacrime agli occhi. « Piantala, Pete, non respiro! »
« No, », riprende a parlar piano, enfatizzando comunque quell’unica parola.
« Ti prende un brivido sottile a guardare lassù in
alto.
La durezza, lo splendore e la semplice
E vasta unicità di quello sguardo
Sono un ricordo della forza e del dolore
della gioventù; non potrà tornare, »
Finalmente torna a girarsi verso Ray. Chiude il libro e posa una mano contro la sua guancia, sentendola calda e rosea sotto le proprie mani ruvide. Ray lo osserva con gli occhi non più pieni di lacrime, ma d’amore; la luce sembra essere stata creata per baciare il viso adulto e stanco di Peter, le ombre per scavare il solco della cicatrice sul suo viso.
« Ma in qualche parte resta, per gli altri. », conclude in un sospiro. « Intatta. »
« Ti odio. Sei imbarazzante. », borbotta Ray. Ride quando Peter preme le labbra sul suo volto, ovunque tranne che dove vorrebbe. « E non l’ho neanche capita. »
« Strano. », è la sua sardonica risposta. Ray alza gli occhi al cielo – ma tace; sente le sue dita che sfiorano il suo collo, e scendono, e tace. Il sorriso di Peter McVries si pone tra il suo sguardo e le fronde, occupa il mondo intero. « Lascia che te la spieghi. »
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Grazie a Sora per il prompt!
Se volete anche voi una storia breve su commissione potete
averla collegandovi al mio account Ko-fi (link in
cima alla bio!)
Alla prossima!
-Joice